Los Angeles – Non che avessimo particolari dubbi, ma sono bastati dieci minuti in compagnia di Last Day of June per farci uscire dalla permanent room di 505 Games con un macigno sulle spalle. Uno di quei macigni che è difficile persino descrivere, tanto è un mix di malinconia, poesia, musiche meravigliose e tinte pastello dall’arancione al viola che sembrano rubate da un quadro impressionista di Monet. I ragazzi di Ovosonico, istrionici conduttori di questa veloce presentazione e hands on di questa nuova IP destinata entro la fine dell’anno a PS4 e PC, del resto, ci avevano avvisato da subito: “Sai di cosa parla Last Day of June, vero? Hai presente chi ha fatto la colonna sonora, vero?“… Sì, avevamo tutto ben presente già da parecchi giorni, ma mai avremmo previsto che 900 secondi totali di prova avrebbero potuto pigliarci letteralmente a schiaffi, catapultandoci dall’armonia di un amore perfetto al dramma esistenziale della solitudine, dell’anima logorata dall’amore perduto e dalla volontà di tornare indietro nel tempo, per cambiare il corso degli eventi.
Carl e June, due persone come tante altre (non fosse per quello stile quasi grottesco che tanto ricorda Tim Burton, e per l’assenza dei bulbi oculari) legate da un profondo amore; un pomeriggio di Giugno, uno di quelli caldi, perfetti per fare un picnic al tramonto. E poi le piccole cose: un fiore rubato ad un prato da regalare all’amata, che lo infila sorridente tra i capelli a mo’ di diva del cinema anni 50, oppure quella brezza fresca che arriva a tradimento, che ti fa correre alla macchina alla ricerca di una coperta con cui riscaldare la compagna.
Siamo all’incirca a tre minuti di gioco, e abbiamo stampato in volto un sorriso un po’ ebete. Gli occhi non ve lo dico nemmeno, stanno già iniziando a inumidirsi. Camminiamo un po’ nella piccola area di gioco allestita per questa demo, una reinterpretazione meravigliosa del Lago di Monate (ebbene sì, è tutta roba italiana) così sublime che sembra fatta con un acquerello. Raccogliamo un altro fiore, e rivolgendosi alla telecamera Carl inizia a strapparne i petali a mo’ di “m’ama, non m’ama”; ci allontaniamo da June, per essere fermati da un tozzo cagnolone (dallo stile affine a quello dei protagonisti) che ci obbliga moralmente a tornare da lei, quella persona capace di fermare il nostro tempo e di fronte alla quale non c’è nulla di più importante. Poi di colpo la pioggia, e allora via, di corsa alla macchina. Insieme per un’ultima volta, prima che la sorte beffarda ci riservi una sorpresa destinata a cambiare per sempre la nostra vita.
Buio, silenzio assordante. L’arancio e il viola lasciano il posto al grigio, ad un azzurro così dannatamente freddo da farci gelare il sangue. Carl è seduto, da solo, in un salotto lasciato a sé stesso; una sola poltrona, una carrozzina su cui l’uomo si arrampica a fatica, e ancora silenzio. Non abbiamo assistito direttamente alla scena, ma sappiamo tutti com’è andata: la pioggia si intensifica, Carl perde il controllo della macchina e succede l’irreparabile. June muore, Carl perde l’uso delle gambe e, del tutto indifferente alla paralisi, perde anche la propria voglia di vivere. Quel pomeriggio dell’ultimo giorno di Giugno rimane un ricordo, doloroso e lancinante nella sua imperturbabile poesia: una scena di un passato che non esiste più, che non potrà mai più ripetersi per ovvi motivi.
O forse no, c’è ancora una possibilità. Folle, assurda, scriteriata. Ma se solo fosse possibile tornare indietro nel tempo e cambiare il passato …. La demo finisce qui, lasciandoci quasi col fiatone e con gli occhi, precedentemente inumiditi, ora ragionevolmente bagnati. I ragazzi di Ovosonico se la ridono, consapevoli di aver fatto breccia nel cuore di un vecchietto che ancora si emoziona di fronte a queste cose. Perché, come lo stesso Mattia Traverso – game designer di Ovosonico – ci ha detto, “non puoi non amare la musica, e nemmeno non amare il cinema. Allora non puoi nemmeno non amare un videogioco, quando la scarica di emozioni che ti trasmette ti lascia senza parole“. Ed è proprio così che siamo rimasti di fronte a Last Day of June, senza parole, vittime dei nostri stessi ricordi e di quelle occasioni passate per le quali, in qualche occasione, avremmo voluto riavvolgere il tempo e cambiare. Per noi, per gli altri, per salvare qualcuno o qualcosa.
Semplicemente stupendo.
Dopo quindici minuti, forse i più intensi di questo E3 2017, abbiamo salutato i nostri connazionali, complimentandoci a più riprese per la direzione artistica sublime, per la colonna sonora che vabbè, è firmata da Steven Wilson ed è una delle cose più belle che abbiamo sentito in vita nostra, e per la botta emotiva che sono stati in grado di regalarci. Non c’è nulla di fuori posto in Last Day of June: poetico, incantevole da vedere e ammaliante da ascoltare, mescola gioia, malinconia e depressione con una classe ed un tatto che davvero, difficilmente abbiamo riscontrato in altri titoli. L’unico limite del titolo, al netto di una longevità che varia dalle 4 alle 6 ore, è il pubblico verso cui si rivolge: quei pochi rimasti ancora capaci di commuoversi, di lasciarsi abbracciare dalle emozioni senza cercare per forza di cose azione o eventi spettacolari. Dietro alle sagome quasi grottesche di Carl e June si nasconde un libro meraviglioso che aspetta solo di esserlo letto: lasciatevi ammaliare dalle sue pagine, e non ve ne pentirete.
In conclusionE3
Last Day of June è una di quelle opere che, in una presentazione privata tenuta da italiani, un certo moto d’orgoglio te lo fa sentire – e credeteci, non capita così spesso. Delicata, poetica e meravigliosa da osservare, la storia di Carl e June è un climax di emozioni devastante e dirompente, che trascende le barriere del videogioco stesso fino ad esercitare una morsa nei cuori di chi gioca impossibile da non ravvisare. Non serve spendere troppe parole sulle meccaniche di gameplay (pertanto abbordabilissime e illustrate da appositi tutorial in game), né tantomeno disquisire in sofisticate discussioni tecnologiche relative ad una fantomatica customizzazione di una recente versione di Unity. Last Day of June è semplicemente stupendo, anche soltanto dopo 15 minuti di prova. Così stupendo che non vediamo l’ora di provarlo ancora, consapevoli del fatto che, questa volta, fingere di sbadigliare per nascondere i nostri occhi lucidi non basterà affatto.