Non è facile lavorare con gli open world: un mercato famelico, quello dei free roaming, dove la concorrenza è spietata e il pubblico, difficilmente, te ne perdona un paio. Dove o sei davvero diverso dal solito o ti giochi la carta più fuori di testa che hai nascosto nel tuo mazzo migliore, altrimenti finisci per essere etichettato come un clone depotenziato di GTA senza inventiva e senza guizzi, carino da giocare ma alla lunga “anche no”. Volition, dal canto proprio, non è proprio una pivellina del genere: il curriculum dello studio con base nel ventoso Illinois, del resto, parla benissimo da solo. Summoner, Red Faction, e ovviamente Saints Row rappresentano le saghe più illustri dello sviluppatore, sopravvissuto al famigerato “Black Monday” di THQ e, nonostante tutto, capace di tirare fuori dal cilindro un prodottino mica da ridere come Saints Row 4 – e ok che il terzo era una buona spanna sopra, ma allora erano davvero tempi migliori. Perché tutto questo preambolo, vi chiederete. Semplice: per dire che, dietro ad Agents of Mayhem, c’è gente che non solo si è fatta il proprio mazzo sul campo, ma che ha ancora parecchie cose da dire. Anche al di fuori delle lande sicure (e scollacciatissime) in cui scorrazzano Gat e compagni di merende.
Che poi, diciamocelo, difficilmente potremmo guardarci ancora allo specchio affermando che in Agents of Mayhem il DNA della celeberrima gallina dalle uova d’oro di Volition/Deep Silver non è evidente anche a televisore spento. È altresì palese la maturazione del team di sviluppo, che corregge il tiro narrativo delle produzioni precedenti ridimensionandone le sboccataggini e le esagerazioni – che tanto ci hanno fatto ridere – senza tuttavia rinunciare ad una propria eccentricità di fondo. Eccentricità che, legata ad un gameplay interessante e ad un gunplay tanto immediato quanto divertente e frenetico, un po’ a sorpresa lascia il segno. Quindi sì, c’è vita oltre Saints Row: è a Seoul, è piena zeppa di cattivi ed è incasinatissima come sempre, ma così male non lo è affatto.
Ancora una volta bene contro male, ceffi terrificanti che mirano alla conquista del mondo da una parte, eroi senza macchia e paura – beh, quasi – dall’altra. Messa in questi termini, l’idea alla base di Agents of Mayhem non è certo la più innovativa vista nel mercato: assolutamente positivo è però lo stile narrativo, scanzonato e bellamente autoreferenziale, con cui ci vengono snocciolate al giocatore le missioni degli operativi Mayhem (Multinational Agency for Hunting Evil Masterminds) in quel di Seul, vittima sacrificale di un’assurda lotta senza esclusione di colpi contro l’esercito Legion (League of Evil Gentlemen Intent On Obliterating Nations). Già dagli acronimi appena citati traspare chiarissimo il sense of houmor alla base di Agents of Mayhem, che non lesina affatto in quanto a giochi di parole, battute che spaziano dallo stupido all’esilarante o altre trovate istrioniche capaci di attrarsi le simpatie di chi stringe il pad tra le mani: toni decisamente meno dirompenti degli ultimi Saints Row (con cui Agents of Mayhem condivide parte del proprio universo, seppur stavolta traslato in terra coreana), ma ugualmente incisivi e spassosi.
La parte più interessante di Agents of Mayhem risiede tuttavia nel proprio charachter design: ancora una volta, Volition è maestra nel creare personaggi unici e del tutto riconoscibili, dotati di un carisma in alcuni casi capace persino di bucare lo schermo e caratterizzati in maniera intelligentissima, giocando con stereotipi o luoghi comuni. Basta guardare le frange esecutive nemiche, dove il famigerato Dottor Babylon orde il proprio intricatissimo piano per ingraziarsi il potente Morningstar e dare l’ultimo benservito alla terra – il classico cattivone che viene cazziato dal relativo capo per le evidenti incapacità – avvalendosi dell’aiuto di personaggi poco raccomandabili come quel belloccio di August Gaunt, l’esperto di armi Hammersmith o il super feticista Steeltoe. Oppure osservare le file dei buoni, capitanate dall’affascinante Persephone Brimstone (una ex Legion passata dall’altro lato della barricata), da Friday e dal restante team dell’Ark (il quartier generale degli Agents), a cui si affianca quella buona dozzina di personaggi assurdi a cui tocca il lavoro sporco: il narcisista Hollywood, la scatenata Daisy (che, dopo il primo rutto, è diventata in assoluto il nostro personaggio preferito), la letale e seriosissima Sherazade o quel tipico gangsta da quartiere che risponde al nome di Kingpin.
Volition è maestra nel creare personaggi unici e del tutto riconoscibili
Calcolatrice alla mano, saranno dodici i personaggi giocabili di Agents of Mayhem – alcuni verranno sbloccati obbligatoriamente dalla progressione nella storyline principale, altri saranno ottenibili soltanto completandone le relative side quest. Appare dunque fisiologico che la narrazione principale, per quanto divertente, soffra di un certo spezzettamento legato alla presenza di così tanti attori in scena – il cui background narrativo, per forza di cose, non potrà essere più lungo di un veloce cartoon introduttivo. Il paragone con altri illustri open world, indubbiamente più coerenti e approfonditi nei propri livelli di narrazione, potrebbe essere svantaggioso per un titolo “a protagonisti variabili” come quello di Volition: diciamo che, seppur non così originale, la narrazione di Agents of Mayhem se la cava tutto sommato bene, regalando momenti assolutamente memorabili in un paio di passaggi e sfruttando la simpatia e la forte componente caricaturale di ciascun personaggio per far breccia nel cuore dei giocatori. Giocatori che, difficilmente, creeranno una sorta di legame empatico con l’alter ego prescelto: ma di fronte ad una squadra di smidollati come gli Agents è impossibile rimaner impassibili e non scegliere i propri preferiti.
Parlando più da vicino di gameplay, Agents of Mayhem è un tradizionale action shooter in terza persona, impreziosito da una meccanica di switch del personaggio in tempo reale che permette di alternare tra tre agenti per ciascuna missione. Salvo alcune missioni in cui la formazione è obbligata, in sede di briefing saremo dunque chiamati a comporre il nostro terzetto di agenti (inizialmente composto da Hollywood, Hardtack e Fortune), equipaggiandolo al meglio con quanto disponibile all’interno dell’inventario per poi scendere nel vivo della battaglia. Ciascun personaggio gode di un triplice salto (ideale per allontanarsi o per coprire rapidamente le lunghe distanze sull’asse verticale, particolarmente apprezzato dalla Seoul di Volition) e di uno shift da utilizzare in termini sia offensivi che difensivi: questo esaurisce la base comune degli agenti Mayhem, ciascuno caratterizzato da skill, attitudini e gestione del fuoco univoche la cui peculiarità, in più di qualche occasione, può fare la differenza sul campo di battaglia. Hardtack, ad esempio, è il classico tank lento come una lumaca ma con parametri di forza e resistenza elevatissimi, dotato di un fucile a pompa che infligge un damage devastante al nemico; Fortune è l’esatto contrario, velocissima e agile ma decisamente meno incisiva quando si tratta di sputar proiettili, nonostante una gittata di questi ultimi maggiori; chiude il cerchio Hollywood, l’egocentrico bellimbusto dell’Ark le cui skill, almeno inizialmente, si collocano a metà strada tra quelle dei due colleghi.
Ogni personaggio ha a disposizione una mossa Special, il cui utilizzo è soggiogato dall’attesa di un tempo di cooldown tra un utilizzo e l’altro: per ciascun PG le special a disposizione sono numerose, essendo legate al reperimento di specifici Gadget (di norma, ricevuti in premio al termine di ciascuna missione), e permettono di barcamenarsi tra attacchi ad area di potenza devastante – ideali per spazzar via nemici più deboli in un sol colpo, o tra combinazioni offensive magari meno potenti, ma in grado di infliggere ai nemici malus temporanei come congelamento, terrore o disorientamento. Non esiste chiaramente la scelta migliore, laddove sarà compito del giocatore capire quale Special sia più indicata per aumentare le possibilità di successo della missione corrente: c’è dunque un leggero approccio tattico al gunplay di Agents of Mayhem, che pur dimostrandosi semplice ed alla portata di tutti – complice anche la possibilità di scegliere tra dodici livelli di difficoltà per ciascuna missione – va a braccetto con un meccanismo di personalizzazione convincente ed efficiente.
C’è un piacevole approccio tattico al gunplay di Agents of Mayhem
L’utilizzo ripetuto della Special e una ragionevole distruzione degli scenari, Legion inclusi, permetteranno al PG di utilizzare la propria Mayhem, tecnica devastante che amplifica il livello di damage inflitto ai nemici e, variando significativamente a seconda del personaggio controllato, permette di ribaltare gli esiti di uno scontro all’apparenza destinato alla sconfitta se utilizzata col giusto tempismo. Gli effetti delle Mayhem, fisse a differenza delle Special, variano enormemente da PG a PG: Daisy sarà in grado di sparare dal proprio Gatlinger a velocità inumana senza incorrere nel pericolo di surriscaldare l’arma; Hollywood, dal canto proprio, verrà attorniato da esplosioni e il colpo inferto dai suoi proiettili sarà decisamente maggiore; Kingpin, invece, materializzerà una sorta di “discoteca ambulante” in grado di stordire temporaneamente i Legion nemici, abbassandone i valori di difesa, mentre il letale Oni terrorizzerà chiunque si ritrovi all’interno del proprio raggio d’azione.
Mayhem e Special rappresentano una trovata sicuramente intelligente in termini di meccaniche base di Agents of Mayhem: la parte del leone spetta chiaramente alla personalizzazione dei personaggi, laddove potremo aumentare le statistiche dei PG ricorrendo ai Gadget (suddivisi in speciali, normalmente di carattere offensivo, e passivi, di solito legati all’aumento della statistica di salute o resistenza), investendo i Punti Abilità guadagnati nello svolgimento delle missioni o investendo appositi Cristalli, nascosti nelle strade di Seoul e pronti ad essere raccolti dai funambolici Agenti. Raccogliere dieci cristalli garantirà automaticamente un Punto Abilità alla squadra operante nello specifico momento: nessuno vieta, tuttavia, di spendere singolarmente un cristallo per far progredire l’evoluzione del proprio personaggio preferito.
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L’evoluzione degli Agenti va di pari passo con l’evoluzione della tecnologia in loro possesso. Presso l’Ark sarà infatti possibile sbloccare nuove tecnologie offensive, rispettivamente di tipo Gremlin e Legion, investendo somme di denaro e oggetti di vario tipo recuperati nel corso delle missioni. Le prime, “interne” ai Mayhem, metteranno a disposizione delle forze del bene nuove armi, equipaggiabili un numero arbitrario di volte a patto di aver abbastanza denaro per acquistarle nuovamente, tanto assurde quanto devastanti: a titolo di esempio, la prima Gremlin materializza delle enormi palle da bowling con cui abbattere pattuglie Legion in un sol colpo, manco fossero birilli. Decisamente più interessante la tecnologia Legion, che sfruttando appositi piani rinvenuti presso le numerosi basi Legion permette di equipaggiare potentissimi modificatori: essi potranno essere associati a Special o Mayhem di un dato agente, amplificandone (o in alcuni casi stravolgendone del tutto) i normali parametri offensivi. Per godere di questa tecnologia non solo vi serviranno blueprint e svariati dollari sonanti, ma la vostra squadra dovrà essere abbastanza “forte” da convincere l’Ark all’oneroso investimento.
Tanto la squadra quanto ciascun Agente saranno infatti caratterizzati da un Livello, cappato “normalmente” a 20 ma espandibile sino a 40 sfruttando in modo opportuno i Cristalli rinvenuti. Maggiore il livello raggiunto, migliori i parametri che caratterizzeranno il nostro alter ego (salute in primis, ma anche mira, percentuali di stunning o di colpi critici e via dicendo). Con tre Gadget equipaggiabili per ciascun personaggio, Special variabili e uno skill tree in costante evoluzione, che permetterà ad un certo punto di scegliere tra due personalizzazioni distinte, possiamo solo plaudere al sistema di personalizzazione degli Agenti sviluppato da Volition – che, non bastasse, potranno modificare skin di vestiti, armi e automobili una volta sbloccate nell’avventura principale.
Possiamo solo plaudere al sistema di personalizzazione degli Agenti
Sotto il cofano di Agents of Mayhem, insomma, ruggisce un motore interessante. Le dinamiche TPS progettate dal team di sviluppo funzionano egregiamente, regalando un mix ben calibrato di divertimento e soddisfazione quando, al salire della difficoltà della missione, non c’è avamposto nemico che tenga alla nostra avanzata. Agents of Mayhem tutto è tranne che un gioco privo di contenuti. La sola storyline principale, dal primo incontro con Babylon sino al serrato scontro finale per la salvezza del pianeta, riesce a portar via qualcosa come venti ore di gioco: venti ore destinate ad aumentare sensibilmente addentrandoci nelle numerose side quest legate agli Agenti – alcune delle quali, come ricordavamo in apertura, permettono al giocatore di allargare il proprio roster di agenti.
Se solo con queste il cronometro rischia di sfiorare tranquillamente le trenta ore, la conta del tempo sale vertiginosamente andando ad analizzare la quantità di attività collaterali messe a disposizione dell’Ark e dalla stessa Seoul: dalle gare d’auto allo smembramento delle pattuglie nemiche, dalla caccia agli avamposti Legion nascosti all’interno della città alla ricerca dei famigerati Cristalli, passando per sessioni velocissime a quattro ruote, per i Contratti e per la modalità Scontro Globale (una sorta di rivisitazione della gestione degli Assassini all’interno del franchise Ubisoft, dove ci viene richiesto di selezionare un’Agente da inviare in una zona critica del mondo alla ricerca di informazioni, oggetti preziosi e piani di tecnologia Legion Elite), difficile restare con le mani in mano anche solo per cinque minuti nell’ultimogenito di casa Deep Silver e Volition. Il team di sviluppo ha messo a disposizione del giocatore contenuti per decine e decine di ore, affrontabili anche una volta raggiunto l’endgame e, qualora puntaste al perfezionismo, in grado davvero di assorbire gran parte della nostra vita sociale. Non è dunque la quantità il problema, quanto, almeno in parte, la qualità.
Le missioni di Agents of Mayhem, superato il legittimo stupore iniziale, finiscono per ricalcare un pattern destinato ad essere ripetuto da lì alla fine del gioco: raggiungi l’area bersaglio, spara a qualsiasi cosa si muove, spara anche a quello che non si muove così sale l’indicatore Mayhem e ok, goditi la vittoria. Le sessioni alla guida dei bolidi di casa Ark cercano di “spezzettare” una formula abbastanza canonica per tutto il playtrough, ma il loro contributo è così marginale che difficilmente, alla lunga, sentirete la mancanza della vostra super car. Anche la caratterizzazione dei nemici non è delle più esemplari: se i “boss” sono strepitosi in tutto e per tutto, l’esercito di bassa lega nemico si suddivide al massimo in cinque o sei tipologie di soldato, con qualche sporadica guess star di elementi fuori dagli schemi (come le Trivelle per l’antimateria) che raramente, tuttavia, regala consistente filo da torcere. La sofferenza in termini di intelligenza artificiale a livelli medi è evidente, sicché i giocatori più “sgamati” avranno vita troppo facile – a meno di non modificare manualmente il valore della difficoltà, consapevoli che con una squadra mal calibrata questa potrebbe essere una scelta fatale.
Il risultato, insomma, è una progressiva flessione di quello stesso carisma che, per il primo paio d’ore, sembrava essere sputato prepotentemente fuori dallo schermo. Un problema, che affligge la storyline principale, ma che non grazia nemmeno il vasto parterre d’attività corollarie dei nostri Agenti. La caccia ai covi è forse l’esempio migliore, con qualche buona dozzina di basi Legion da stanare tutte spudoratamente uguali una all’altra. Il tutto, tenendo bene a mente che l’unica cosa da fare all’interno dei covi (ma anche nelle missioni Mercato, dove dovremo conquistare avamposti locali da cui trarre un beneficio di denaro costante) sarà sparare senza porsi domande, limitando al minimo l’esplorazione e rinunciando a qualsiasi altra attività che, marginalmente, richieda un po’ di pensiero laterale.
Nel feroce mondo degli open world, c’è sicuramente spazio per Agents of Mayhem
Considerando che l’intuizione di Scontro Globale, Allenamento Virtuale e Contratti (un set di sfide quotidiane che richiedono al giocatore di portare a casa determinati obiettivi, premiandone gli sforzi con punti esperienza, denaro, Cristalli o Gadget), per quanto interessante, incide soltanto sino ad un certo punto nell’intera economia del gioco, è forse l’assenza di una componente multigiocatore a lasciare più perplessi. Agents of Mayhem è un gioco interessante, sia chiaro, basato su meccaniche curiose ed estremamente funzionali e dalle velleità leggermente rolistiche, in termini di personalizzazione del PG: pecca in varietà, più che in ritmo, nella mancata diversificazione di un’avventura che, paradossalmente, si basa proprio sulle diversità dei propri protagonisti. Ecco che forse, alla luce di questo, la possibilità di affrontare l’intera missione in cooperativa per due giocatori, ciascuno a controllare tre elementi della squadra, avrebbe potuto dare maggior mordente per proseguire sino all’epilogo – riuscendo anche a nascondere parzialmente quell’evidente leit motiv che caratterizza le missioni single player.
Chiudiamo con l’immancabile parentesi tecnologica di Agents of Mayhem, testato per l’occasione su PlayStation 4 Pro. Il lavoro di Volition, ancora una volta, brilla per originalità e carisma: Seoul è variopinta e sfavillante, in grado di stupire il giocatore con una vista d’insieme che si estende a perdita d’occhio anche (e sopratutto) lungo la componente verticale. Ottima la varietà degli scenari proposti dalla location coreana, che regala una commistione di stili e architetture di sicuro impatto complessivo: il livello di dettaglio, in alcune sezioni, avrebbe potuto essere leggermente più favorevole, ma la direzione stilistica intrapresa per la realizzazione di questa “nuova parte” del multiverso Volition, nel complesso, funziona come si deve per le esterne. Discorso diametralmente opposto per le location interne, che per tre quarti delle volte sembrano esser state realizzate con il proverbiale stampino e un’illuminazione troppo marcata finisce per sottolineare la poca cura dei dettagli. Per quanto concerne modellazione e animazioni dei personaggi: lo stacco tra primari e NPC secondari è evidente, a partire dai meri termini di quantificazione poligonale, al punto che oltre una certa distanza risulta quasi difficile distinguere la tipologia del nemico che ci viene incontro. Alcune animazioni appaiono leggermente datate, nonostante la relativa velocità le renda comunque ideali per il ritmo serrato con cui si consuma la fase shooting: ma nell’enfasi delle Special/Mayhem, difficilmente la cosa darà particolare fastidio. Nettamente più fastidiosi sono i cali occasionali di frame rate, anche in situazioni non sempre dominate da esplosioni o dall’enfasi della lotta, e il paio d’occasioni in cui, nel bel mezzo di una boss fight, il titolo è crashato bellamente condannando la nostra anima alla dannazione eterna – evenienza che, riteniamo, verrà comunque fixata con apposite patch. Del resto si sa, anche gli Agenti più addestrati, ogni tanto, commettono un passo falso …
Nel feroce mondo degli open world, c’è sicuramente spazio per Agents of Mayhem. Istrionico ed ammiccante, l’ultimo nato di casa Volition mostra ancora una volta la capacità dello studio con americano di dipingere personaggi fuori dagli schemi ed accattivanti, per i quali è pressoché impossibile non provare simpatia già dalle battute iniziali. Un charachter design sontuoso, incastrato in una narrazione (a mo’ di cartone animato, per inciso, davvero eccellente) scanzonata e piacevole pur nella propria fisiologica frammentazione, il tutto a far da cornice ad uno shooter in terza persona che, dietro l’apparente facilità del proprio gunplay, nasconde delle meccaniche interessanti. Meccaniche che, partendo dal ménage à trois su cui si basa l’intero playthrough del titolo, si evolvono man mano grazie a gadget, punti esperienza, potenziamenti e mosse speciali, andando a definire quello che, sulla carta, potrebbe rappresentare l’open world della svolta per Deep Silver. Purtroppo le cose non vanno del tutto per il verso giusto, e pur partendo da delle fondamenta sensazionali Agents of Mayhem si perde un po’ per strada, abbandonando quella volontà di osare che aveva contraddistinto l’operato precedente del team in favore di una soluzione più sicura e rodata, ma proprio per questo decisamente meno imprevedibile e più ripetitiva. Agents of Mayhem parte col turbo, stupisce e sloga la mascella: poi inizia a ripetersi e reiterarsi, proponendo per le circa venti ore necessarie ad un primo playthrough completo una formula che vanta solo delle leggere modifiche. Un peccato, alla luce di un set di potenzialità davvero interessanti. Agents of Mayhem, capiamoci, è un titolo interessante che gli amanti dell’action e dell’open world dovrebbero tenere sotto stretta osservazione: diciamo che l’epica battaglia tra Mayhem e Legion, alla fine della fiera, avrebbe forse meritato un pizzico di epicità in più. Ma magari sarà per la prossima volta. |