PES 2018
18 Set 2017

PES 2018 – Recensione

La palla è a centro campo, il pubblico è in visibilio, l’arbitro si confronta con i guardalinee e fischia l’inizio delle ostilità. Ci risiamo: l’autunno è alle porte, il campionato – quello vero – ha già regalato qualche sorpresa inaspettata e, nei salotti degli amanti del calcio digitale, tutto è ormai pronto per quell’appuntamento annuale che, da svariate generazioni, appassiona, divide e infiamma vere e proprie tifoserie di giocatori. PES 2018, l’ultimo figlio del nobile casato di Pro Evolution Soccer, arriva quest’anno leggermente in anticipo rispetto al tradizionale calendario di marcia, bruciando sul tempo l’eterno rivale in questa classicissima dello showbiz del videogioco. Un arrivo forte, quello della filosofia orientale del pallone, atteso da una pletora di affezionati numericamente crescente e convinta da una presa di consapevolezza, da parte di PES Productions, sempre più nitida e decisa. I tempi delle Forche Caudine, dell’ammissione incondizionata alla supremazia schiacciante della concorrenza sono ormai un lontano ricordo per la simulazione di casa Konami, figlia di un cammino di maturazione innegabile e radicale che, nell’arco di poco meno di tre anni, ha saputo portare i propri frutti.

E che frutti, verrebbe da dire. Ma badate: oggi non vi racconteremo certo che PES 2018 sia un titolo perfetto, esente da difetti e in grado di schiacciare la concorrenza ancora prima del relativo schieramento in campo. Di problemi non ne mancano certo, e questi vanno oltre il tradizionale impasse delle licenze mancanti: quello che conta, tuttavia, è che nell’evoluzione del nuovo ciclo di vita di PES è impossibile non notare – e permetteteci, finalmente – quel DNA di indiscutibile caratura che, negli anni d’oro, valse il primato al franchise di Konami. Il DNA del guerriero, di quello che la partita la gioca stringendo i denti per tutti e novanta i minuti. E alla fine dell’incontro, guadagnando il sudato spogliatoio, non è il risultato a contare, quanto piuttosto la partita giocata al meglio: e PES 2018, l’avrete capito, la propria partita la gioca alla grande.

pes 2018Che le velleità di questo PES 2018 fossero particolarmente ambiziose, a ben vedere, è cosa risaputa già da parecchi mesi. Sconfitti gli incubi legati ai trascorsi della passata generazione, il lavoro triennale volto alla genesi e alla gestazione di quest’ultima iterazione calcistica secondo Konami non ha mai fatto segreto del proprio obiettivo ultimo: creare una simulazione verosimile ed appassionante, capace di conciliare una giocabilità di altissimo livello ad un corollario di attività, manageriali e non, indubbiamente stimolanti per gli amanti del pallone. Le nostre prove, in quel di Los Angeles prima e a Colonia dopo, hanno progressivamente confermato la bontà del lavoro del team di sviluppo, galvanizzato dai risultati della passata stagione e, proprio per questo, deciso a cancellare dalla memoria degli utenti quel famigerato “gap” che, per anni, ha valso a Pro Evolution Soccer il ruolo di eterno secondo.

Il risultato, dopo aver provato PES 2018 con tutta la calma del caso, parla assolutamente da solo. PES 2018 è Pro Evolution Soccer nella propria forma più pura, un inno calcistico votato alla ragionevolezza e alla ponderazione dell’azione di gioco – esaltata, mai come quest’anno, da un ritmo compassato e, passatecelo, ai limiti dello strategico. L’ultimo PES, ancor più dei recenti predecessori, non è un titolo lento – e sarebbe un grave errore bollarlo in questo modo: ragionato, piuttosto, oculato e generoso nel permettere a chi stringe il pad tra le mani di pianificare una strategia, sia essa offensiva o difensiva, quanto migliore possibile nell’interno dell’intera economia di gara.

La differenza la fa ancora una volta la fisica, assoluta protagonista dell’intero operato di PES Productions e, in PES 2018, semplicemente imprescindibile. Dalla gestione degli scontri al calcolo delle inerzie, passando per un set di mosse esemplari – esaltate, inutile quasi sottolinearlo, da un parco animazioni profondamente rinnovato e convincente – e un verosimile calcolo degli equilibri degli atleti, è impossibile non restare stupiti di fronte al lavoro dello sviluppatore. Altezza, massa, velocità e reattività di un giocatore non rappresentano semplici statistiche fini a sé stesse, ma compongono la delicata equazione di un gameplay in continuo divenire – un’equazione che può sembrare troppo abbordabile a difficoltà basse, ma destinata a stupire e a complicare alquanto la vita qualora optaste per una sfida a livello Leggenda. La sensazione di fisicità, di scontro, dei corpi più massicci che cercano il contatto, da un lato, e di agilità ed estemporaneità dei calciatori più fulminei dall’altro si respirano da subito, partita dopo partita, convergendo in una sensazione di realismo forse mai così alta nell’intero panorama del franchise.

PES 2018 è Pro Evolution Soccer nella sua forma più pura

Merito, ve l’abbiamo anticipato, delle animazioni, probabilmente il fiore all’occhiello più invitante di PES 2018 e, ve ne sarete accorti già dalla demo, davvero in grado di assottigliare la barriera che divide giocatori reali dalle controparti digitali. Inutile quasi citare il PES ID e l’equivalente Squad ID, il cui lascito in questo nuovo PES è tanto lampante quanto vincente, concentrandoci piuttosto su quel Real Touch + che contraddistingue questa nuova iterazione. Un “più” che nasconde un lavoro gargantuesco sia in termini di animazione sia, e soprattutto, di quella fisica che vi abbiamo appena citato. Il controllo di palla si arricchisce di una nuova dimensione, più complessa ed imprevedibile, che non si affida più alle sole skill del giocatore controllato, ma rende tutto più imprevedibile e reale considerandone il relativo equilibrio, baricentro, velocità di spostamento rispetto alla palla e un’altra serie di variabili da far impallidire uno studente di fisica.

Del resto, anche la fisica della palla ci mette del proprio, ampliando ulteriormente quanto fatto di buono durante la passata edizione nel tentativo, non certo scontato, di ricreare quella lettura imprevedibile che assume la sfera in occasioni delle azioni (e degli scontri) più concitate. La strada verso la perfezione è ancora lunga, laddove abbiamo riscontrato una leggera “esaltazione” del passaggio filtrante – alle volte un po’ troppo millimetrico anche a distanze abissali e in grado di eludere anche la migliore delle difese se effettuato col giusto tempismo. Ma che PES 2018 non fosse infallibile ve l’avevamo già anticipato in apertura, e ancora una volta basta innalzare la tenacia dei nostri avversari per vedersi chiudere rapidamente gran parte degli spiragli offensivi.

L’intelligenza artificiale di PES 2018, del resto, si fa notare rapidamente. L’alchimia di squadra rappresenta uno dei fattori indubbiamente più riusciti della passata stagione di Pro Evolution Soccer, con i compagni ragionevolmente reattivi nell’adattare le relative giocate al nostro stile di gioco e, proprio per questo, alacri nel proporsi per aperture fulminee, letali uno/due o fughe in fascia con cross verso l’area piccola. In PES 2018 tutto questo rimane al proprio posto, ulteriormente raffinato nella propria esecuzione: un’arma ulteriore per i giocatori più esperti, che potranno ottimizzare la risposta corale della propria compagine nelle immancabili sezioni di customizzazione di strategia e annessi tecnicismi, per poi coglierne i frutti direttamente sul campo di gioco. Occhio però, che gli altri undici atleti nella metà di campo avversaria imparano in fretta: e variare il proprio approccio, cercando di sfruttare al meglio la proverbiale marcia in più della propria squadra, potrebbe fare la differenza.

pes 2018Differenza che sarà necessaria per battere i nuovi portieri di PES 2018, autentici prodigi in grado di saltare da una parte all’altra del proprio specchio respingendo al mittente gran parte di quei siluri che, soltanto un anno fa, sarebbero divenuti goal pressoché certi. La riscrittura delle animazioni dei numeri uno, decisamente più reattivi e caratterizzati da movenze tanto reali quanto spettacolari ed estemporanee, ha permesso al team di sviluppo di correggere uno dei problemi secolari delle simulazioni calcistiche (l’AI dei portiere, troppo spesso incline a papere stratosferiche), rendendo tuttavia al contempo interessante e appagante la sfida a “bucare” la rete avversaria. Ottimi gli interventi uno contro uno degli estremi difensori, sensazionali i loro guizzi all’ultimo secondo quando si tratta di smanacciare di quel giusto la palla per farla scivolare lungo la barba del palo. Nel corso delle nostre prove abbiamo riscontrato ancora alcune piccole imperfezioni – basta usare il Barcellona, indubbiamente la compagine più “sbilanciata” e potente dell’intero roster, e piazzare una bomba di Suarez in direzione del sette per ritrovarsi ad esultare sotto la curva: ma al netto di questo, impossibile non essere soddisfatti dai portieri. Che sì, saranno così dannatamente bravi da farvi rimpiangere i tempi dei lisci clamorosi.

Alla luce di quanto espresso sinora, la situazione di PES 2018 appare quasi paradossale: se inizialmente le differenze dalla passata stagione sembrano essere minime, limitate a qualche sporadico aggiornamento delle meccaniche più core e a qualche animazione extra dell’ultim’ora, partita dopo partita affiora in modo sempre più evidente l’enorme passo avanti siglato dai ragazzi di PES Productions. Un passo avanti che si conclama in un gameplay vincente ed entusiasmante, dove chi lo vorrà potrà sempre trovare il giusto tempo per pensare a qualcosa, organizzarsi in campo ed attuare la propria strategia: provate voi a chiamarla “lentezza” …

Una partita da incorniciare

Al netto di un arbitraggio forse un po’ troppo inglese, che punisce (spesso troppo docilmente) solo in occasione di falli normalmente da pena capitale, l’ottimo gameplay di PES 2018 è corroborato da un impianto tecnologico sontuoso. Il Camp Nou ormai non fa più testo, visto che ormai faremmo quasi fatica a distinguerne una foto reale dalla ricostruzione digitale effettuata dagli sviluppatori di PES: gli atleti più celebri vantano una carica poligonale strepitosa, con una cura del dettaglio e una particolarizzazione (tatuaggi, rughe, acconciature, orecchini e via dicendo) da far impallidire anche i giocatori più esigenti. Discorso diverso per le squadre di serie minori o per calciatori dal pedigree meno raffinato, la cui realizzazione – per quanto abbondantemente sopra la sufficienza – è visivamente ben lontana da un Messi, Neymar o Ibrahimovic del caso. Stadi, spalti e tifoserie siglano un vistoso passo avanti rispetto alla passata edizione, con un manto erboso decisamente meno artefatto, una maggior diversificazione degli elementi presenti su schermo (l’era delle sagome, fortunatamente, è solo un ricordo) e una rappresentazione più “energica” della vita attorno al campo di gioco. I margini di miglioramento qui rimangono decisamente più generosi, se paragonati a quanto visto nel vivo dei match di PES 2018: ma sappiamo tutti che il cammino del calcio orientale, ora non più eterno inseguitore privo di speranze, è iniziato da poco. E i frutti, uno dopo l’altro, stanno arrivando.

Le modalità di PES 2018 sono più o meno le solite, e ci riferiamo alla possibilità di disputare campionati e coppe, oltre ad una partita singola, oppure di tuffarci nella classica Master League (a cui abbiamo dedicato un box curato dal nostro Pasquale Lello) o nella modalità MyClub, che continua ad arricchirsi di Leggende, ultimissime quelle del Liverpool. Nella controparte online va ad aggiungersi la co-op 2vs2 o 3vs3 con il supporto degli ospiti in locale, cosa che vi permetterà finalmente di affrontare avversari online in tandem con i vostri amici. Carina anche l’introduzione del match con squadre formate da giocatori casuali, composte randomicamente dalla CPU: pensate ad una squadra in cui Neymar e Hazard giocano assieme, magari alle spalle di Quagliarella. Si tratta senza dubbio di una valida variante nelle sfide con gli amici, per mettere in mostra le vostre capacità tattiche e da provare quando si arriva al punto di non saper più quale squadra prendere.

A proposito di squadre e licenze, arriviamo infine alle note dolenti: per quanto Konami si sforzi ad acquisire nuove partnership stile Barcellona, con quindi tutti i giocatori e gli stadi curati nei minimi dettagli (è stata da poco annunciata quella con l’Inter), la quantità di campionati e squadre ufficiali resta ancora il vero punto debole della produzione. Non bastano la Champions o l’Europa League, soprattutto nel momento in cui non ci sono tutte le squadre partecipanti all’edizione di quest’anno. Non bastano nemmeno il campionato Francese, Argentino, Cileno o Brasiliano a colmare la lacuna della Bundesliga o le mancate licenze di Premier League o ad esempio della Serie A, dove manca di nuovo la Juventus. Per fortuna c’è sempre la strada “fai-da-te” che vi permette di caricare un File Opzioni con tanto di campionati e squadre mancanti, ma anche maglie, loghi e giocatori: si tratta comunque di un’operazione non ufficiale, che richiede un minimo di dimestichezza e che quindi possono prendere in considerazione solo alcune fasce di videogiocatori. Quello che purtroppo dobbiamo giudicare è un gioco che, nonostante gli aggiornamenti delle rose e quelli settimanali delle formazioni e delle statistiche dei giocatori, resta comunque povero sotto questo aspetto, soprattutto per coloro che amano e seguono il calcio ed a cui magari da un giorno all’altro viene in mente di giocare col Celtic di Glasgow, per prendersi una rivincita sul PSG di Neymar

Cara, vecchia Master League…

Son passati troppi anni per ricordarci precisamente quando fu introdotta la Master League in PES, ma senza dubbio si tratta di uno dei punti fermi del gioco calcistico di Konami. In tutto questo tempo la ML è rimasta, nel bene e nel male, perlopiù invariata: certo, non ci saranno più i vari Castolo, Minanda o Burchet, ma l’essenza è sempre la stessa. Si seleziona una squadra, poi si sceglie se utilizzare la rosa attuale o quella classica della Master League, che vi metterà a disposizione una squadra non proprio all’altezza, ma comunque con qualche giocatore promettente. In questo caso sarà indifferente se prenderete il Real Madrid o il Bari, la rosa sarà sempre la stessa, cambierà solo il campionato da cui inizierete; se invece utilizzerete le rose reali, vi ritroverete sia giocatori di un certo calibro, sia il budget che una squadra come quella della vincitrice dell’ultima Champions League può permettersi.
Inutile dirvi che partire con la rosa “classica” rappresenta una sfida maggiore e che dovrete spendere ore nelle trattative prima di poter essere competitivi, tuttavia ad alcuni piace anche la possibilità di prendere le redini della propria squadra del cuore, provando a cambiarne il destino acquistando quel giocatore che manca nell’organico.

Fin qui è tutto invariato rispetto allo scorso anno, ma la prima e più sostanziosa novità arriva proprio adesso, perché oltre a questa fatidica scelta, dovremo anche decidere se affrontare la Master League in modalità Classica o nella nuova modalità “Sfida”. Cosa cambia? A conti fatti ben poco, ma nella sostanza, la sensazione che abbiamo avuto dopo una stagione in B con il Benevento è stata quella che la modalità Sfida incarni in tutto e per tutto lo spirito della Master League. Il vostro presidente vi darà degli obiettivi stagionali, e fin qui non c’è alcuna novità, il problema è che adesso vi starà davvero col fiato sul collo ed una serie di prestazioni negative o il mancato raggiungimento degli obiettivi, equivarrà ad un triste esonero. Tristissimo quando, come nel nostro caso, è arrivato a fine stagione, dopo aver creato le basi per poter far bene, dopo aver messo in rosa qualche giocatore finalmente all’altezza e valorizzato il gruppo.

pes 2018Le trattative sono diventate poi più complesse, i giocatori avranno anche delle clausole rescissorie che vi permetteranno di acquistarli a prescindere dalla volontà della squadra, sempre che riusciate ad accordarvi col giocatore. In ogni trattativa ci sono diverse variabili, come i bonus presenze, reti o vittorie, durata del contratto, stipendio ed appunto clausola rescissoria: tutti questi elementi, alcuni dei quali hanno la possibilità di esser modificati anche nel valore, renderanno ogni trattativa più complessa, ma soprattutto reale. Magari molte volte accetterete i parametri proposti dalla squadra o dal giocatore, ma quando dovrete fare i conti con i fondi a disposizione e vi troverete a trattare con un giocatore fortemente voluto, ci perderete più di qualche minuto per far sì che la percentuale di successo sia elevata, prima di inviare una controproposta.

Per alcuni potrebbe sembrare poco, ma la Master League è tuttora una delle modalità più giocate in PES, per cui snaturarla non avrebbe senso, mentre limare alcuni piccoli ma significanti dettagli come quelli descritti poco sopra, la rendono un’esperienza più difficile, realistica e quindi appagante. Perché, diciamocelo, la Master League è fatta per chi cerca le sfide, per chi vuole portare una squadra di “scarsoni” in serie A e poi esser chiamato ad allenare l’Inter, per chi vuole poter dimostrare che Babacar è più forte di Higuain, facendolo diventare capocannoniere della serie A, è per tutti coloro che inseguono i sogni e che sanno che più un traguardo è difficile da raggiungere, più è grande la soddisfazione. Se quindi vi rivedete in questo prototipo di videogiocatore, allora state pur certi che le novità introdotte da Konami saranno più che gradite e vi permetteranno di inseguire nuovamente i vostri sogni calcistici.

 

Conclusioni

Una partita da incorniciare. Questo, senza troppi giri di parole, è PES 2018: un simulatore calcistico d’eccellenza, figlio di una gestazione triennale di un team di veterani desiderosi di dimostrare al mondo come, persino dopo anni di pregiudizi e amare sconfitte, sia sempre possibile migliorare sé stessi. Al punto da reinventarsi, da tracciare un nuovo solco evolutivo entro cui muoversi e migliorarsi anno dopo anno, venendo incontro alle esigenze del proprio pubblico – quello che non ha mai mollato la spugna, nemmeno negli anni più bui – e persino attraendone di nuovo. PES 2018 si avvicina al leggendario centro perfetto, forte di un gameplay stratosferico che soltanto ad un primo occhio distratto potrebbe sembrare troppo simile a quanto visto dodici anni or sono.

Ma la realtà è ben diversa, e in PES 2018 – ancor più che nelle due passate edizioni – batte il cuore della rivalsa, della rivoluzione, della volontà di sovvertire un “ordine naturale” imposto da troppo tempo e contro cui, prima d’oggi, sembrava impossibile ribellarsi. Tre anni sono serviti a PES Productions per estrarre dal cilindro un simulatore di questo livello: un simulatore eccellente, seppur non perfetto, interamente votato ad un gameplay e ad un ritmo che suonano all’unisono un’armonia perfetta. Restano i problemi delle licenze, nonostante le recenti acquisizioni di nuove compagini su licenza esclusiva, e l’introduzione di campionati minori (almeno in Europa) non basta certo a sopperire la voragine legata all’assenza di Bundesliga. Ma per quanto possa essere fastidioso dover scendere in campo con la divisa del leggendario Sansagiulo, difficilmente non cadrete vittime del gioco di palla e dell’azione compassata di PES 2018. Che avrà sì altri difetti, tra arbitraggio alla Carmageddon e filtranti chirurgici: ma ha un cuore enorme che batte al ritmo del gioco del calcio. E questa, secondo noi, è la cosa più importante.

 

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