Il peso che la community di Destiny ha sulle spalle di Bungie è enorme. Per questo sarebbe servito qualcosa di entusiasmante perché Destiny 2 fosse all’altezza delle aspettative e in grado di incollare allo schermo la stessa fetta di giocatori che è ancora oggi innamorata del gioco.
Lo sviluppo ha sicuramente tenuto conto dei feedback degli utenti arrivati negli scorsi anni. Qualcosa si era già visto nel primo Destiny, ormai quasi solamente una versione beta del nuovo titolo, in grado di riprendere tutto ciò che c’era di buono, sfruttarlo e re-immaginarlo per dare una nuova esperienza ai giocatori.
Ci siamo presi dunque la briga di giocare per un mese al nuovo titolo di Bungie, passando anche per tutti i segreti svelati sulla rete e tramite quel pozzo senza fondo di nome Reddit dopo il lancio. Bungie ha fin da subito promesso qualcosa di diverso per Destiny 2, una caratteristica che sarebbe già dovuta essere all’interno del primo gioco, ovvero una storia credibile. Promessa esaudita grazie all’arrivo di nuovi personaggi e di Ghaul della Legione Rossa, oltre alla presenza di cutscene che ricalcano Il Re dei Corrotti in quanto a contenuto e significato. La storia di Destiny 2 ha quindi un inizio e una fine convincente, aperta ai prossimi DLC che verranno e con un vero senso logico, oltre che una buona longevità. Siccome le sezioni che compongono Destiny 2 sono diverse, anche se pur sempre legate dallo stesso filo, andremo dunque ad analizzarle una per una.
La narrazione è tutto
Forte dei trailer arrivati prima del lancio, Destiny 2 ha subito fatto capire che la campagna ha un suo filo narrativo, poco collegato al barlume di storia presente nel primo capitolo. Di fatto potrebbe anche essere un inizio da zero, poiché non ci sono riferimenti a quanto successo in Destiny 1, se non per quanto riguarda i DLC. Non c’è traccia dell’Ignota, che continua a rimanere un grande punto di domanda, e scompare anche l’Atollo degli Insonni, visibile solamente di sfuggita per pochi secondi in una cutscene.
Questa volta c’è Ghaul, comandante della Legione Rossa e di fatto esponente di una delle fazioni senza DLC dedicato in Destiny 1. I Cabal hanno trovato la Terra e vogliono la Luce del Viaggiatore, che non ama molto essere presa con la forza. I Guardiani cadono così uno dopo l’altro senza la loro Luce e gli Spettri in grado di rianimarli. Così inizia Destiny 2, focalizzato sulla riabilitazione del Guardiano all’uso della Luce e sul ritorno degli umani nell’Ultima Città della Terra. La storia di Destiny 2 funziona dall’inizio alla fine, facendo passare per tutte le abilità e funzionando sia da parte “single-player” che da tutorial per il mondo esterno. Oltretutto ha una buona longevità, con minimo 10 ore di sparatoria nelle missioni, senza ovviamente contare le attività ausiliarie che ognuno vuole completare presto per crescere in potenza. Le scene in CGI danno la giusta profondità ai momenti più importanti della campagna, approfondendo gli intenti di Ghaul e sfruttando le personalità di Zavala, Cayde e Ikora, senza contare Hawthorne, la nuova compagna del protagonista, e tutti coloro che vivono sui pianeti del mondo di gioco.
L’unico difetto imputabile alla Campagna è la difficoltà molto bassa. Probabilmente è una scelta presa per abbracciare tutti i giocatori, eppure va contro una possibilità già presente nel primo capitolo, dove si poteva fin da subito cimentarsi nelle missioni Eroiche non appena raggiunto il livello Luce sufficiente. Nulla di tutto questo in Destiny 2, che ha una difficoltà standardizzata per essere appetibile ai neofiti, ma decisamente insignificante per chi ha dimestichezza con gli sparatutto. Per fortuna ci sono i Ricordi di Ikora, una modalità sbloccabile dopo aver completato la campagna che permette di rigiocare certe missioni a livello superiore.
Tuttavia, Bungie ha fatto in modo che la campagna fosse necessaria per giocare al 100%. Gli assalti e le altre attività non sono infatti disponibili fino ad un certo punto della narrazione, dunque è obbligatorio terminarla per cimentarsi in altre modalità. Una buona trovata, sia per dare meno aria a chi critica la longevità di un MMO/FPS, sia per spiegare tutte le dinamiche del gioco senza cadere in discorsi superflui e incolori.
Cosa c’è da fare oggi?
Destiny 2 è sotto giudizio anche per ciò che viene definito “le cose da fare”. Nel gioco precedente, parlando di versione originale, la quantità di attività PvE e PvP non era encomiabile e ha ricevuto una notevole spinta solo dopo l’arrivo dei DLC. Si può parlare infatti di completamento di Destiny soltanto con Il Re dei Corrotti, capace di offrire più contenuto di quanto già non disponibile. In Destiny 2 non si arriva a questo livello, ma ci si avvicina di molto. Contando inoltre che si tratta della versione base, questo fatto assume ancora più importanza. Già durante la campagna ci si imbatte in missioni secondarie capaci di dare sia profondità che maggiore longevità. Ci sono inoltre le sfide e le pietre miliari: le prime variano ogni giorno per ogni pianeta o attività e vanno a triplette, mentre le seconde sono più impegnative e importanti, poiché danno la possibilità di ricevere equipaggiamento potente.
Scompaiono le taglie, che per una buona parte vengono sostituite da questi due nuovi metri di misurazione del proprio gioco. In Destiny 1, le taglie non avevano grande importanza a livello di loot, mentre le pietre miliari completabili ora sono ricche di armature e armi Leggendarie, quindi i giocatori hanno un valido incentivo per portarle a termine. Rimangono invece le Pattuglie, che però perdono un po’ di smalto e finiscono nel dimenticatoio molto presto.
Un Assalto tira l’altro
Tutto ciò che c’era di buono nelle fasi finali di Destiny 1 è portato negli Assalti del nuovo capitolo. Completarli è un misto di strategia e sparatoria, quindi completarli in continuazione mantiene saldo il divertimento, nonostante siano ancora in numero esiguo per dare varietà alle sessioni in matchmaking. Il che è piuttosto ironico, poiché il sottoscritto è riuscito a giocare ne La Spirale Invertita solo una volta dall’uscita di Destiny 2.
Non si tratta dunque solo di sparare, bensì di superare sezioni platform e sfruttare molti elementi visti finora solo nelle Incursioni di Destiny 1 o negli Assalti più vicini alle fasi finali della sua vita. Ci sono laser da schivare, sfere di energia da trasportare in determinati portali, confluenze da distruggere. Anche i boss passano da semplici spugne a puzzle da completare, rendendo necessario non solo lo svuotamento del caricatore.
L’estremizzazione si trova invece nel Cala la Notte, che cambia parecchio rispetto a Destiny 1. Se prima il focus era non morire tutti insieme, ora la situazione si fa paradossalmente più ardua, poiché c’è un timer da rispettare per completare la missione. Si può morire ed essere riportati in vita senza sosta, ma ogni errore porta ad una perdita di tempo essenziale per arrivare alla fine e sconfiggere il boss. Il Cala la Notte sfrutta tutte le meccaniche degli Assalti classici, presentandosi in due diversi livelli di difficoltà e introducendo i modificatori. Sarebbe stato interessante vedere tali mod anche negli Assalti classici, quindi si spera che possano arrivare in futuro anche lì.
Con il Cala la Notte entra in gioco anche un altro aspetto di Destiny 2, tanto eccezionale nel suo concept, quanto a volte irritante nella sua realizzazione. Si tratta delle partite guidate, ovvero della possibilità di essere temporaneamente affiancati ad un team per ovviare all’assenza di amici con cui giocare. Ecco dunque che due giocatori di un clan possono mettersi a disposizione dei poveri lupi solitari. Il problema è la disparità tra i due gruppi, troppo grande per permettere fluidità nell’azione: si parla di circa 30 minuti di attesa per trovare finalmente una coppia con cui giocare. Per fortuna Destiny 2 avverte con buona precisione quanto bisogna attendere, eppure si tratta di parecchio tempo. Un modo per risolvere la situazione potrebbe essere, ad esempio, incentivare gli aiutanti con ricompense maggiori.
Inventario, armi e abilità
All’inizio può essere disarmante non vedere lo stesso schema di armi e abilità all’interno dell’inventario. Eppure esso è parecchio migliorato in Destiny 2, sia per la gestione che per la quantità di elementi trasportabili contemporaneamente. Le armi si dividono in cinetiche, energetiche e distruttive, con le prime due caratterizzate da tipi uguali, ma con danno cinetico o elementale. Permane la gerarchia della rarità, con l’equipaggiamento esotico limitato ad un pezzo per parte.
Ciò che viene espanso è però l’inventario generale, che entra in contatto con strumenti del tutto nuovi. Ci sono le mappe del tesoro di Cayde, oppure i Pegni scambiabili coi personaggi sui vari pianeti e sulla Terra per ottenere reputazione e ricompense. Viene limitato a 10 il numero di engrammi trasportabili prima di essere dati al Criptarca. Ritornano inoltre gli shaders, ma in una configurazione completamente diversa: possono infatti essere applicati singolarmente su ogni pezzo di armatura o arma, quindi rendono la personalizzazione molto più profonda e, appunto, personale. Difficile, se non impossibile, trovare due giocatori identici o addirittura simili esteticamente.
Dalla parte della abilità è bello vedere un nuovo stile per l’albero, con punti utilizzabili per sbloccare via via quelle di interesse e variare così il proprio stile. Sono del resto le stesse presenti in Destiny 1, magari con qualche piccolo cambiamento, ma è azzeccata la scelta di Bungie di rendere disponibili le sottoclassi solo dopo aver ottenuto determinati strumenti e completato le missioni dedicate.
Crogiolarsi con delizia
Quanto è bello il Crogiolo. Sono bastate poche partite per innamorarsi di nuovo dell’azione PvP, che cambia a sua volta da Destiny 1 per accompagnare le novità del gioco. Si passa innanzitutto all’azione 4v4, rompendo così per un attimo la tradizione a 3 giocatori. Questa mossa è fin da subito vincente, anche se bisogna pur sempre capire con che persone si viene messi in squadra. Destiny 2 è infatti molto più strategico, anche se mantiene più o meno le stesse modalità del Crogiolo originale.
Ciò che sorprende maggiormente è l’equilibrio con cui è stato sviluppato il PvP. Non ci sono armi che prevalgono sulle altre, basta solo essere più bravi e avere i riflessi pronti. Rasentano lo zero infatti le situazioni di frustrazione per uccisioni “troppo facili” da parte degli avversari. Il senso di inferiorità percepibile in Destiny 1 scompare e lascia spazio al solo divertimento.
Azzeccata (e molto rischiosa) è inoltre la decisione di rendere le Supercaricate molto meno incisive, ma soprattutto visibili da parte degli avversari e del team. È un dettaglio che rende meno importante la comunicazione anche quando si gioca per puro divertimento o con sconosciuti: le informazioni da conoscere sono tutte sullo schermo, non serve perdere tempo e chiedere ai compagni a che punto siano.
Un altro punto che influisce sull’equilibrio sono le munizioni distruttive, che ovviamente fanno danni, ma solo quando ci sono. Nonostante il tempo di spawn delle munizioni sia relativamente veloce, sono pochi i giocatori che vanno di scatto stile Usain Bolt per accaparrarsele. La struttura delle mappe e il funzionamento delle armi fanno in modo che esse non siano indispensabili, bensì un semplice espediente per situazioni di emergenza.
Il Raid dei desideri
L’attività finale di Destiny 2 è posta dopo la fine del gioco e non sembra del tutto collegata alla sua storia. Al contrario di tutte le Incursioni viste nel primo capitolo, non si tratta infatti di una continua lotta verso un nemico relativamente senza carisma o che rappresenta solo una pedina nell’universo di gioco. Calus è l’obiettivo finale e, più che sembrare il cattivo distruttore di turno, si interessa al divertimento e all’esplorazione delle abilità dei Guardiani. Tutte le prove sono infatti una via non lineare per raggiungerlo e batterlo definitivamente, in un percorso che appunto sembra un minimondo di gioco a sé e non una semplice strada da percorrere.
Ritorna inoltre l’elemento puzzle, che riacquista la sua importanza nei confronti della semplice sparatoria. Dall’inizio fino alla fine di Calus è necessario sapere, o perlomeno scoprire, come muoversi e come comunicare coi compagni, anche per fare in modo che le dannate bestie non mandino all’aria tutto ogni due minuti.
Cambiano anche le armi caratteristiche, la cui gestione è data in mano al robot spazzino Benedict nella Torre. Come per gli altri venditori, i Pegni permettono di raggiungere continuamente il livello necessario per avere loot. Eppure, nonostante sia bello avere qualcosa di speciale, le armi derivanti dall’Incursione non hanno la stessa personalità che si trovava in quelle di Destiny 1. Mancano infatti perk in grado di renderle la via di mezzo tra le armi leggendarie e quelle esotiche, senza nemmeno caratteristiche del tutto utili all’interno dell’Incursione stessa.
Anche qui inoltre c’è la partita guidata per chi non ha 5 amici pronti con cui condividere l’azione. Se l’attesa era lunga per gli Assalti, immaginate quanto può esserla per l’Incursione. Quasi un’ora è servita per trovare una squadra con cui giocare, un fatto che può facilmente esaurire la pazienza di certi giocatori.
Pallottole e pixel
Destiny 1 era un gioco già ottimo graficamente, ma Bungie ha comunque deciso di alzare nuovamente l’asticella, soprattutto (per ora) su PS4 Pro e PC. La bellezza del 4K, provato su entrambe le piattaforme anche prima dell’uscita del gioco, ha decisamente il suo fascino, che si esprime anche su schermi Full HD con risultati eccellenti. I pianeti godono quindi di panorami colorati e profondi, attraversati dagli effetti di luce date da proiettili ed esplosioni. Con l’avvento delle armi energetiche in modalità quasi primaria, aumentano infatti le scie colorate e ogni scontro diventa quasi un carnevale di Rio.
Parlando dunque di armi, Bungie ha fatto nuovamente un grande lavoro per dare loro personalità e renderle uniche. Quelle esotiche godono praticamente di vita propria, con effetti audio esclusivi e rinculo personalizzato, sempre e comunque in linea con le loro perk speciali. La possibilità di utilizzare due armi di tipo uguale nei due slot è una libertà immensa, per quanto possa sembrare limitante nei confronti delle armi distruttive. Solo così però si è evitato l’uso massiccio e sconsiderato di queste armi sia nel PvE che nel PvP.
La sparatoria resta comunque estremamente frenetica e veloce, costellata di salti, scivolate tattiche e scatti per fuggire dai nemici. Non è decisamente un parco divertimenti per chi soffre di epilessia ed è in grado di far venire il mal di testa a chi non ha idea di cosa significhi tenere un controller in mano, ma del resto va benissimo così.
Loot, infusione e clan
Cosa sarebbe Destiny 2 senza engrammi? Grazie ai nuovi personaggi e al sistema a Pegni per il riscatto della reputazione, ottenere engrammi leggendari diventa all’ordine del giorno una volta raggiunto l’endgame. È dunque più facile avere armi sempre nuove a disposizione, utili sia per aumentare la varietà di scelta nell’inventario, sia per essere smantellate per l’accumulo di frammenti leggendari, necessari per l’infusione.
Essa funziona più o meno come in Destiny 1: per quanto riguarda il Potere, l’arma che esce dall’infusione cresce fino al livello di quella infusa, senza perdere punti come per la prima versione di questo meccanismo. Tuttavia, non è possibile effettuare l’infusione tra armi diverse: bisogna infatti utilizzare armi di tipo uguale, altrimenti nemmeno compaiono nel menu dedicato. Ad esempio i fucili di ricognizione, a prescindere che siano cinetici o energetici, possono essere infusi solo in altri fucili da ricognizione. Questo è leggermente limitante e a volte antipatico quando si hanno armi con Potere molto elevato, ma non piacevoli da utilizzare. Il sottoscritto si è visto costretto ad utilizzare per molto tempo una mitraglietta con il solo scopo di mantenere alto il Potere medio.
Destiny 2 non è un gioco perfetto, ma in compenso è proprio quello che i fan avevano chiesto fin dall’inizio
Per aumentare la quantità di armi a disposizione, sia da usare che da smantellare, è utile unirsi ad un clan e condividere quindi gli engrammi speciali. Accumulare esperienza all’interno di un clan fa salire il livello del proprio gruppo, garantendo ricompense maggiori e più saporite. È inoltre un ottimo lido per cercare compagnia nelle attività senza matchmaking, quindi tanto vale trovare quello più adatto alle proprie esigenze. La funzione di guida, inoltre, è molto importante per la community, anche se dovrebbe essere levigata ulteriormente nei prossimi mesi.
Bungie e la sua allegra banda di nomi per gli errori
Per ogni giocatore che si lamenta di problemi di connettività, ce n’è sicuramente uno che si sta godendo l’azione di Destiny 2 sorseggiando Mountain Dew e mangiando Doritos. Il sottoscritto fa parte del secondo gruppo, escludendo cibo e bibita. Gli unici episodi di instabilità si sono verificati proprio qualche giorno fa durante la ricerca di due compagni per il Cala la Notte. Non ci sono stati invece problemi di alcun tipo nel periodo tempestoso, a settembre, che ha coinvolto molti giocatori.
Mettiamolo subito in chiaro: Destiny 2 non è un gioco perfetto, ha qualche caratteristica da aggiustare per sopravvivere nelle mani dei giocatori per i prossimi anni. Tuttavia, è proprio quello che i fan avevano chiesto fin dall’inizio e soprattutto dopo aver visto i DLC del primo capitolo. Contenuti, voglia di migliorare, una storia su cui basarsi: tutti aspetti che in Destiny 2 ci sono e sanno convincere. E dopo un solo mese dall’uscita, non siamo ancora arrivati all’apice di ciò che il team punta ad offrire. Deve infatti essere sbloccata la modalità più difficile dell’Incursione e stiamo cominciando solo in questi giorni a vedere di che pasta è fatto veramente il Crogiolo con lo Stendardo di Ferro. Destiny 2 è quindi fatto per tutti, da chi vuole cominciare la sua avventura nei panni di Guardiano a chi non ha mai smesso di farlo. Ma è anche per coloro che hanno abbandonato Destiny 1 per distrazione o delusione, poiché va ad integrare perfettamente le sue mancanze. E non chiamatelo Destiny 1,5, perché il bello deve ancora venire. |