Etrian Odyssey V: Beyond the Myth – Recensione

15 maggio 2007. Dieci anni fa Atlus gettò le fondamenta di quella che sarebbe diventata una delle serie JRPG migliori del suo genere: le fece localizzando per Nintendo DS un piccolo gioco che forse all’epoca poteva non dire molto ma che da quel momento in avanti avrebbe fatto parlare di sé a lungo, fino a oggi in effetti. Sarebbe esagerato dire che Etrian Odyssey fu la leva capace di sollevare la realtà JRPG a un livello completamente diverso, tuttavia non gli si può negare una considerevole proliferazione nel corso di questi dieci anni che fra titoli principali di affermata qualità, spin-off e crossover (ci limitiamo a citarlo, Etrian Odyssey Dominion) dimostra come nel mondo videoludico c’è ancora chi apprezza la meccanica dei labirinti, della mappe da tracciare e di ogni altro aspetto che ha reso famosa la saga. Da pochi giorni è sugli scaffali il quinto capitolo ufficiale – Etrian Odyssey V: Beyond the Myth – ma per capire meglio il successo del franchise, soprattutto per chi non è avvezzo al genere, è opportuno ripercorrerne la storia.

Bisogna fare un salto indietro fino agli anni ’80 per trovare le prime tracce di quello che in futuro avrebbe rappresentato Etrian Odyssey. Sir-Tech pubblica Wizardry, un titolo innovativo cui si deve l’incredibile popolarità del dungeon crawling in prima persona negli RPG, compreso il Giappone che lo conobbe per la prima volta nel 1985. La popolarità del gioco crebbe al punto da diventare una vera e propria serie, al punto che il testimone fu raccolto dagli sviluppatori giapponesi: a loro si deve un numero stupefacente di spin-off fra i più disparati come stile, fino a toccare il cyberpunk. È ironico pensare a come la saga sia considerata un RPG occidentale quando, a oggi, sono in commercio molti più titoli Wizardry orientali. Al di là di questa considerazione, l’eredità e l’influenza del gioco sono state raccolte da moltissimi JRPG, diventando il fondamento di saghe come Dragon Quest e Final Fantasy: box di testo, combattimenti in squadra, comandi, persino gli slime, tutto fu raccolto e riadattato per dar vita a nuove forme di RPG. Sebbene la popolarità del dungeon crawling in prima persona andò raffreddandosi in Giappone a favore, appunto, di nuove forme d’esperienza, il sottogenere non scomparve mai davvero grazie agli sforzi di sviluppatori come Experience (Stranger of Sword City, per citarne uno) e Starfish SD (la serie Elminage), i cui sforzi lo mantennero vivo persino su console. Considerate queste premesse, è naturale che tracce del dungeon crawler definitivo si trovino pressoché in qualunque JRPG ma ben pochi possono definirsi un tributo così trasparente a Wizardry quanto Etrian Odyssey – ed ecco che torniamo al topic principale.

I creatori del gioco hanno dichiarato il loro intento di voler riportare, con Etrian Odyssey, gli RPG alle loro radici. Il primo titolo della serie si mantenne sul tradizionale, invitando i giocatori a formare una squadra di avventurieri per esplorare un vastissimo dungeon in cerca di fama e gloria. Ovviamente non si tratta soltanto di questo ma in larga parte la serie ignora le storie complesse in stile anime e costruite attorno a una fitta rete di dialoghi, così come non è interessata a riproporre il sistema di combattimento action tipico di serie contemporanee come i Tales of – che pure rappresentano un fiore all’occhiello dei JRPG. Una decisione che potrebbe far discutere e invece si è rivelata azzeccata nel portare questo genere al successo: solo il primo gioco vendette centomila unità in Giappone e da lì fu una crescita continua. Certo, comparato ai giganti dell’industria come Final Fantasy e Dragon Quest può sembrare poco, ma bisogna considerare che nessun dungeon crawler in prima persona ha mai venduto così bene e in maniera consistente come la serie Atlus. Etrian Odyssey ha provato di essere una nicchia molto proficua ed è proprio nella sua capacità di gestire questo “ritorno al passato” che risiede la sua bravura.

Diversi titoli recenti hanno fallito nell’intento per una quantità di ragioni che può essere riassunta con queste parole: quello che un giocatore pensa di volere è un’esperienza costruita attorno agli esatti standard dei titoli rétro tanto amati in passato. Ciò che invece davvero vuole – e non realizza di volere – sono le sensazioni provate la prima volta che ha provato questi giochi. Molti game designer non hanno compreso quale fosse l’elemento che rende i titoli rétro così appassionanti, limitandosi a guardare il gameplay e pensare fosse sufficiente riproporlo per ottenere il cosiddetto “effetto nostalgia”. Il segreto (nemmeno tanto segreto) è al contrario catturare le sensazioni di allora, qualcosa in cui la serie Etrian Odyssey è riuscita benissimo. Fino a che punto ripropone lo spirito del suo pioniere è difficile stabilirlo, perché chi vi scrive non era ancora nata all’epoca, ma è riuscita ad avvicinarmi al dungeon crawling presentandomi sfide creative e stuzzicando quello stesso senso di scoperta che tutti gli sviluppatori giapponesi devono aver visto in Wizardry. Ciò però non significa copiare.

Come dichiarato dal game director del primo titolo, Kazuya Niinou, il team ha preso ispirazione da Wizardry ma si è focalizzato sul creare un nuovo stile di RPG. Scrive lui stesso: “Le ragioni per cui abbiamo deciso di trasformare il dungeon in una bellissima foresta; permettere ai giocatori di disegnare le loro mappe con il touch screen; includere mostri feroci come nemici; affidare il character design a Yuji Himukai e le musiche a Yuzo Koshiro; raccontare una storia originale grazie a Shigeo Komori, è stato tutto perché volevamo realizzare un nuovo stile di gioco, non cadere nel nostalgico”. Etrian Odyssey nel suo complesso è una serie che richiede una pianificazione per ogni passo compiuto attraverso il dungeon e incoraggia il giocatore a riempire i vuoti e dare ai personaggi la loro personalità. Sono tutti fondamentali dei vecchi RPG per computer ma qualcosa che non si vede nei titoli moderni. Nonostante Kazuya Niinou abbia lasciato Atlus poco dopo la pubblicazione del gioco, il team al lavoro sui titoli successivi ha tenuto lo stesso principio: Etrian Odyssey non replica le meccaniche e la sfida di Wizardry, bensì fonde i concept originali con la moderna tecnologia per creare un nuovo senso di avventura e scoperta.

Etrian Odyssey V: Beyond the Myth riesce a mantenersi fresco nonostante le premesse di base e la filosofia dietro ciascuno dei suoi titoli rimanga sempre la stessa

Un ruolo importantissimo in tutto questo è affidato alla mappa. Proprio come i giocatori di Wizardry tracciavano i loro dintorni su carta millimetrata, i complessi dungeon di Etrian Odyssey obbligano i giocatori a disegnare le loro mappe con il touch screen. Completare i piani e usare le icone per segnalare punti d’interesse significa prestare maggiore attenzione allo schema di ogni ambiente ed esplorarne persino gli angoli più remoti. Non tutti possono risultare bendisposti verso un simile aspetto. Fermarsi in continuazione per tenere traccia del proprio percorso significa rallentare la progressione in maniera significativa, rispetto a giochi che invece godono della mappatura automatica come Demon Gaze e MeiQ, eppure questo ritmo ben si accoppia allo stile lento di Etrian Odyssey. Il gioco non mette mai fretta, consentendo ai giocatori di muoversi con cautela mentre si fanno assorbire dall’atmosfera dei dungeon. Ogni spedizione è una vera e propria lotta al risparmio dei “TP (Technique Points) della squadra, al fare più strada possibile prima di trovare un collegamento con la città per vendere il bottino raccolto e comprare un equipaggiamento migliore. Tradizionale, certo, ma ancora incredibilmente soddisfacente. La mappatura è proprio ciò che permette a Etrian Odyssey di spiccare e calza perfettamente alle console Nintendo: una configurazione a doppio schermo che potrebbe essere la ragione per cui la serie non è migrata verso altri supporti. Oltre al fatto che rende più facile il riutilizzo degli asset.

C’è un filo conduttore a legare tutti i titoli della serie: il senso di familiarità. Ogni gioco porta con sé storie, musiche, sprite e strutture simili. Eppure, ciascuno di loro ha qualcosa di diverso da offrire. Gran parte è dovuto al fatto che ogni nuova installazione propone idee interessanti per le classi dei personaggi, come un contadino che eccelle nella raccolta delle risorse o il “Rover” (introdotto proprio in Etrian Odyssey V: Beyond the Myth), altrimenti noto come “Hound”, capace di richiamare in battaglia al suo fianco lupi o falchi. Persino “Troubadour” e “Alchemist” sono stati modificati abbastanza da distinguersi dalle loro controparti in Wizardry. Soprattutto negli ultimi giochi, la varietà di modi in cui puoi personalizzare la tua squadra significa che classi specifiche raramente sono essenziali: le doti curative di un medico, per esempio, sono utili ma anche altre classi hanno capacità di recupero. Le nuove abilità e sottoclassi, dunque, cambiano in continuazione i tipici ruoli RPG pur rimanendo fedeli alla tipica squadra da cinque elementi. Allo stesso modo le nuove implementazioni volte a mescolare un po’ le cose fuori dai dungeon, come l’esplorazione via mare in Etrian Odyssey III o via cielo grazie all’aeronave in Etrian Odyssey IV, non si sono mai allontanate dal focus principale sull’esplorazione che ha reso la serie tanto famosa. Etrian Odyssey riesce a mantenersi fresco nonostante le premesse di base e la filosofia dietro ciascuno dei suoi titoli rimanga sempre la stessa.

C’è poi un’altra meccanica essenziale che ha distinto la saga fin dal primo gioco: F.O.E, acronimo di Formido Oppugnatura Exsequens. Pensata come un’inquietante sfera arancione che insegue la squadra lungo il dungeon, è l’aspetto dietro cui si celano mini boss dalla forza nettamente superiore alle altre creature e, proprio per questo, da evitare al primo incontro se non si vuole rischiare la morte. Si sono rivelati un’idea eccellente per diverse ragioni: primo, enfatizza l’importanza di utilizzare la mappa (e dunque di disegnarla) per tenere traccia dei loro movimenti a ogni piano. Secondo, crea tensione nel suo essere un incontro raro ma non per questo inevitabile. Essere toccati da un F.O.E. porta immediatamente allo scontro anche se è già in corso una lotta, costringendo i giocatori a sbarazzarsi in fretta dei nemici casuali a patto di non voler rischiare l’incontro con un ospite molto sgradito. Infine, per i più temerari, è un ottimo modo per valutare la forza dei membri della propria squadra: poche cose battono la soddisfazione di eliminare un mostro che ha causato così tanto stress nelle prime ore di gioco. Data la creatività che accompagna ogni loro possibile incontro, la meccanica dei F.O.E. non è ancora decaduta ma anzi, è diventata un pilastro portante della serie, al contempo spaventosa e frustrante.

Un merito che va riconosciuto ad Atlus è stato, fin dal 2003 con Shin Megami Tensei: Nocturne, saper mettere in scena i migliori sistemi di combattimento a turni. Non sorprende dunque che anche in Etrian Odyssey, pur essendo molto convenzionale e vicino alle radici del suo genere, questo aspetto sia altrettanto ben riuscito. Non ci sono meccaniche fantasiose ma sfide impegnative che richiedono al giocatore un oculato utilizzo di tutte le risorse a disposizione. Persino durante un incontro casuale fra i tanti, le cose possono andare terribilmente male: già solo sopravvivere alla prima spedizione attraverso un nuovo piano di un dungeon richiede un rapido apprendimento di cosa l’avversario sia capace di fare. Raramente in questi giochi è necessario il grinding perché, a patto non abbiate davvero incasinato la composizione della squadra e delle abilità, molte morti possono essere evitate semplicemente evitando di ammassare TP e oggetti come in ogni altro RPG. Le alterazioni di stato come cecità e avvelenamento sono incredibilmente utili in Etrian Odyssey, soprattutto perché spesso funzionano anche con i boss. Inoltre, alcune classi possono bloccare parti del corpo ai nemici, impedendo loro di utilizzare specifici attacchi e consentendo di gestire meglio il flusso della battaglia. Ogni gioco offre inoltre una meccanica che permette di scatenare una potentissima offensiva o utilizzare altre abilità utili dopo aver accumulato abbastanza energia: una risorsa aggiuntiva da gestire e un modo per personalizzare i propri personaggi.

Etrian Odyssey V: Beyond the Myth è una serie che si muove al proprio ritmo

Alcuni potrebbero vedere la serie come poco ambiziosa ma parte del suo fascino sta proprio qui: nel non voler essere niente più che un solido dungeon crawler. Pur non avendo raggiunto vendite spettacolari, il gioco non ha mai cercato di imitare i moderni RPG. Persino nel periodo in cui tutti si stavano gettando sul multigiocatore per irretire la fanbase di Monster Hunter, Etrian Odyssey non ha seguito la massa limitandosi a introdurre le battaglie navali nella sua terza installazione (nonostante l’idea di un dungeon crawler cooperativo sia valida). Non ci sono elementi di dating sim, filmati interminabili o azioni in tempo reale. Etrian Odyssey è una serie che si muove al proprio ritmo, offre un gameplay di nicchia eppure ha sempre cercato di avere fascino senza scadere nel fanservice che ha caratterizzato altri dungeon crawler contemporanei come Demon Gaze e Dungeon Travellers. I personaggi disegnati da Yuji Himukai tendono a essere carini anziché sexy, e anche quando si scade un po’ più nel trash, come per il design dei Necromancer in Etrian Odyssey V, i giochi cercano di distribuire il fanservice equamente per entrambi i sessi. Detto questo, non è che abbiate molte occasioni per vederli.

Poiché Etrian Odyssey viaggia su un binario tutto suo, potrebbe non sembrare subito influente. In realtà il relativo successo ottenuto negli Stati Uniti ha spinto Atlus e altri publisher a puntare di più sui dungeon crawler per la localizzazione. Questa serie è la prova che l’appetito verso il genere c’è sempre stato, proprio come per ogni altro gioco proveniente da oltreoceano. Etrian Odyssey V: Beyond the Myth ne è l’ultimo esempio.

A differenza dei due Etrian Odyssey Untold, la quinta installazione ufficiale mette in scena una trama uguale a quella dei precedenti: dobbiamo formare una gilda di cinque avventurieri che giungeranno in un paese ai piedi di Yggdrasil, un misterioso labirinto distribuito su più livelli e senza perdere altro tempo si getteranno all’esplorazione. Per quanto simile in superficie, in realtà il mondo è popolato da quattro differenti razze da coscrivere nella squadra. Ognuna è stata pensata per essere particolarmente distintiva: non solo le loro statistiche di partenza sono differenti ma ci sono altrettante abilità specifiche che dovranno essere sbloccate attraverso il consueto albero delle abilità. Come sempre nella serie, gli Earthlain sono piuttosto versatili mentre i Therian preferiscono colpire con forza e velocità; i Celestrian e i Brouni si rivelano invece degli eccellenti maghi.

Ciascuna razza può sbloccare una diversa Union Skill: si tratta di una meccanica introdotta in questo nuovo capitolo e permette ai personaggi di unirsi per eseguire abilità capaci di ribaltare le sorti della battaglia. Sono necessarie due condizioni per attivarla. La prima è che il personaggio incaricato di dare inizio alla Union Skill abbia piena la Union Gauge, la seconda è che ci sia il numero necessario di compagni per eseguirla a patto che non siano impossibilitati in qualche modo. Utilizzare una Union Skill svuota completamente la Union Gauge di tutti gli altri personaggi coinvolti, perciò è necessario scegliere bene a chi affidarsi. È un sistema simile alle Burst Skills di Etrian Odyssey IV e alle Limit di Etrian Odyssey III ma è molto apprezzabile il modo in cui queste abilità permettono al giocatore di personalizzare ancora di più i personaggi sfruttando le forze delle rispettive classi.

Ogni razza ha le proprie classi: gli Earthlain si dividono in Fencer, Dragoon, Pugilist e Harbinger. I Celestrian in Warlock e Necromancer. I Therian in Rover e Masurao. Infine i Brouni in Shaman e Botanist. Inizialmente, le classi sono limitate alla razza da cui provengono: tutte seguono la medesima struttura impostata nei titoli precedenti ma con alcune modifiche per renderle divertenti da giocare. I Dragoon sono dei tipici tank ma combattono con le armi a distanza e possono utilizzare delle protezioni per assorbire i danni. Similmente, l’abbiamo già accennato in precedenza, gli Hounds tirano con l’arco e al contempo possono impostare nuovi slot nella squadra per richiamare lupi o falchi. A seconda del tipo di animale nel quale vorrete investire i vostri punti abilità, questa classe può trasformarsi in una pericolosa e potente unità offensiva oppure un utile supporto che grazie ai loro amici animali saranno in grado di bloccare i nemici oppure curare le vostre ferite. Al solito, le classi apprendono abilità salendo di livello e spendendo i relativi Skill Points: l’albero delle abilità è piuttosto restrittivo all’inizio, forse per aiutare i nuovi giocatori a fare meno confusione, ma come da tradizione nella serie, progredendo, le cose si faranno più complesse da gestire. Nessuna delle classi di Etrian Odyssey V: Beyond the Myth è folle quanto quelle del terzo capitolo, ma ci sono abbastanza opzioni da rendere difficile sceglierne soltanto cinque. Considerata l’utilità e la versatilità delle abilità di razza, però, non è davvero necessario averle tutte.

Etrian Odyssey V: Beyond the Myth mette in scena una trama uguale a quella dei precedenti

Il design dei mostri e dei personaggi è gradevole tuttavia un po’ troppo vicino allo stile dei titoli precedenti, almeno per la prima parte del gioco. La serie ha un approccio tradizionale alla narrazione RPG ma Etrian Odyssey V: Beyond the Myth si avvicina molto più ai giochi di ruolo carta e penna. Ciascun piano del dungeon è costituito da brevi eventi che raccontano le scoperte della squadra: un sistema discreto e affascinante per aggiungere un po’ più di storia, e questi episodi sono persino gratificanti. Al di là delle solite ricompense per aver vinto le battaglie o completato le missioni, questi piccoli eventi garantiscono infatti esperienza extra, incoraggiando i giocatori a correre qualche rischio e a scoprire cose nuove nell’ottica di essere poi ricompensati. Ciascuna missione poi racconta una propria storia che rende ancora più vivo il labrinto e può essere approcciata in maniera diversa, usando la testa o caricando ad armi spianate.

Le battaglie si svolgono come nella maggior parte dei titoli a turni: ciascun personaggio seleziona la sua mossa e attacca in un ordine regolato dalla sua velocità. Fin da subito Etrian Odissey V: Beyond the Myth mette in chiaro al giocatore che i combattimenti sono tutto fuorché una passeggiata nel parco, perché persino i nemici nella prima area possono nuclearizzare una squadra di basso livello se non gestita correttamente. Alla fine dello scontro si riceverà un determinato ammontare di esperienza suddiviso fra tutti i personaggi e degli oggetti: ricordate che tutti gli oggetti ottenuti nel dungeon sono utili alla vendita, fatta eccezione per alcuni legati alle missioni secondarie, perciò non preoccupatevi di conservarli perché sono il vostro unico modo per ottenere equipaggiamenti migliori. Una volta venduti al negoziante, questi vi permetterà l’acquisto di oggetti realizzati con ciò che avete consegnato, ovviamente al giusto prezzo. Sconfiggere nemici per vendere ciò che lasciano cadere è una immediata necessità per guadagnare denaro, poiché loro non vi lasceranno nemmeno una moneta. Supponendo che non vogliate fuggire da ogni scontro, guadagnare i soldi o gli elementi necessari a ottenere le armi e le armature che vi servono non richiede troppo grinding e potrete proseguire tranquilli al vostro ritmo.

Conclusioni

Etrian Odyssey V: Beyond the Myth non cambia molto nella sua formula, ma perché dovrebbe cambiare ciò che funziona? Esplorare il labirinto significa ancora una volta ottenere ricompense per essersi introdotti un po’ più in profondità al suo interno, recuperare materiali per ottenere nuovi equipaggiamenti e scoprire scorciatoie per ridurre il backtracking. Tracciare la mappa sullo schermo crea un’esperienza lenta ma soddisfacente che funziona perché imparare lo schema di ogni piano è letteralmente vitale, considerato il livello di sfida unico per ciascuna sezione. Persino i primissimi piani partono semplici per poi aggiungere trucchetti come gli interruttori che sollevano o abbassano le colonne – caratteristiche che dovrete tenere a mente per attirare allo scoperto particolari nemici. I F.O.E. che popolano il labirinto rappresentano ancora una sorpresa e una minaccia, aggiungendo pericolose ma gustose svolte all’esplorazione. Allo stesso modo, gli scontri con i boss sono molto intelligenti e memorabili.

Nel complesso, Etrian Odyssey V: Beyond the Myth porta ancora una volta il genere del dungeon crawler in prima persona a una piccola forma d’arte e pur non offrendo granché in termini di narrazione, l’esplorazione è coinvolgente e con essa i giocatori si mettono alla prova per vedere fino a che punto riescono ad arrivare prima di essere costretti a ritirarsi. Grazie a una varietà di classi fra cui scegliere e un’incredibile quantità di opzioni per la squadra, i giocatori potranno costruirsi la loro storia all’interno di un mondo che rimarrà divertente e memorabile indipendentemente dalle scelte che prenderanno. Se cercate un gioco dall’alto tasso di sfida, non potete guardare oltre Etrian Odyssey V: Beyond the Myth.

  • Good
    Labirinti fra i migliori della serie Una varietà tattica considerevole Le nuove classi sono interessanti...
  • Bad
    ... ma non bastano come novità Nessun miglioramento grafico Localizzazione italiana ancora una volta assente
  • 7.8
  • Good
    Labirinti fra i migliori della serie Una varietà tattica considerevole Le nuove classi sono interessanti...
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