Quando si parla di horror in generale, sia esso legato a libri, cinema o videogiochi, c’è un’espressione tipicamente americana che ci è sempre piaciuta un sacco: “It took the crap out of me“. Qualcosa che, fuor di metafora, non si discosterebbe nemmeno troppo dal nostrano “Farsela sotto dalla paura” ma che, se tradotta letteralmente, sottende un concetto più sottile e allo stesso tempo agghiacciante: qualcosa che non vi stiamo nemmeno a spiegare, visto che l’inglese lo capite un po’ tutti oggigiorno, ma che giustifica quel famigerato Pannolone che i ragazzi di Red Barrels rilasciarono in occasione di Outlast II. Mettiamola così: pochi, pochissimi giochi sono riusciti a incarnare la colorita espressione di cui sopra come il primo Outlast. Un titolo che usciva quasi dal nulla e che, ispirandosi a mostri sacri dell’horror escape game (Frictional Games in primis), riusciva con maestria a tradurre pochi ingredienti in un’esperienza in grado di levare il fiato. Pazzi sanguinari, budella e cadaveri a volontà, un manicomio terrificante anche solo visto dall’esterno e una fottuta telecamera con una fottuta modalità ad infrarossi, ideale per “illuminare” le innumerevoli zone divorate dal buio entro cui, sai mai, potrebbe muoversi l’aguzzino di turno: oggi alcuni potrebbero lamentare che si tratti di una ricetta che non stupisce più nessuno, specie dopo aver visto i prodigi di Alien: Isolation o l’evoluzione della serie Amnesia. Peccato che, nel lontano 2013, queste cose – unite ad un protagonista incapace persino di prendere a schiaffi una mosca – erano più che sufficienti a costringervi alle proverbiali mutande di riserva, aveste mai deciso di affrontare l’insolita avventura in una solitaria notturna.
Che poi ammettiamolo: se quando ripensiamo all’horror degli ultimi 5/10 anni finiamo tutti per gridare “Outlast” a gran voce, un motivo ci sarà per forza – e non l’aveste ancora capito ve lo ribadiamo: nemmeno l’Activia è così efficace per la vostra regolarità intestinale. Dopo il successo del primo episodio, seguito a breve passo da un prequel/DLC interessantissimo (Whistleblower) e dall’acclamazione globale del secondo episodio nei primi mesi dello scorso anno, i ragazzacci di Red Barrels tornano sotto i riflettori che contano, pubblicando senza alcun preavviso – se non dopo un vago annuncio, mesi or sono, senza specificare una possibile data – Outlast: Bundle of Terror: una raccolta composta da Outlast e Outlast: Whistleblower per l’ammiraglia Nintendo, l’ultima console dove mai avremmo immaginato di aver a che fare con decapitazioni, mutilazioni e sofisticatezze affini, che spalanca le porte dell’acclamato franchise horror al colosso con sede a Kyoto, nell’attesa del prossimo 27 marzo (nonostante sia già possibile effettuarne il pre-order) per il secondo sanguinolento capitolo. Che già al solo pensiero ci fa aumentare la salivazione oltre ogni livello di sicurezza consentito, per inciso: ma già con questa “Collection parte 1“, se amate l’horror e avete abbastanza biancheria intima di riserva, avrete di che divertirvi per parecchio tempo. E ora vi raccontiamo perché.
Ve lo diremo con tutto il candore del mondo: quattro anni (abbondanti) fa, una volta usciti da Mount Massive non senza svariati infarti al miocardio e avendo già bellamente condannato la nostra anima al girone degli eretici, m’avessero mai detto “Hey, lo sai che a Mount Massive ci dovrai tornare un’altra volta?” probabilmente ci saremmo messi a ridere. A ridere forte, intendiamo, una di quelle risate semi-isteriche che cercano malamente di dissimulare l’angoscia e il terrore protratti per più settimane nel cercare di raggiungere i credits di un’opera diabolica capace di trasformarci in un groviglio di nervi ipertesi. Gli horror ci piacciono da morire, sia chiaro, ma difficilmente abbiamo ricordi di un’avventura in grado di farci sudare e maledire la nostra curiosità come quella di Miles Upshur. Inutile dire che, all’arrivo di Whistleblower, Waylon Park e chi vi scrive erano già migliori amici immersi fino alle orecchie in un casino ancora peggiore del precedente, con annessa recidiva alle povere coronarie e un prolungamento a data indefinita del soggiorno nella suite a fianco di quella di Lucifero. Ma anche da lì ne siamo usciti, un po’ sanguinanti e più morti che vivi, ma abbastanza “in piedi” da sbattere forte alle spalle la porta di Mount Massive per quello che sembrava un addio liberatorio. Un addio che, a quanto pare, non s’aveva da farsi…
Ecco spiegato il motivo per cui, in questo gelido esordio di marzo, siamo qui a parlarvi di questo inatteso Bundle of Terror, primo tassello dell’operato di Red Barrels ai propri esordi nell’universo di casa Nintendo. Un esordio che, chiariamolo da subito, non introduce nulla di significativo alla formula originale dello sviluppatore canadese: il che, alla luce del valore intrinseco di Outlast e di Whistleblower è indubbiamente un bene – chiunque abbia amato il franchise alla follia, tutto sommato, non avrebbe potuto sperare in altro se non nella possibilità di gridare improperi ovunque sfruttando le caratteristiche “mobile” dell’ibrida di mamma N. E proprio dalla soluzione “portable”, indubbiamente l’asso nella manica di questo bundle, intendiamo iniziare.
Nemmeno l’Activia è così efficace per la vostra regolarità intestinale
La prima generazione di Outlast, come ricorderanno i coraggiosi giornalisti d’assalto decisi a svelare i terrificanti segreti del manicomio di Mount Massive, era passata ragionevolmente alla storia per l’uso sapiente della telecamera, vero asso nella manica del nostro alter ego, e in particolar modo della propria agghiacciante modalità notturna ad infrarossi. Una genialata tanto semplice quanto bastarda, destinata a scatenare una sorta di riflesso pavloviano (leggasi “ghiacciare il sangue nelle vene”) ogniqualvolta quel maledetto BIP interrompeva un silenzio pressoché totale, interrotto soltanto da quelle risatine, grida o scricchiolii che ritenevamo provenire “da lontano” per preservare la nostra sanità mentale. Ebbene, la magia di Red Barrels funziona alla perfezione anche nella diagonale ridotta di Switch, regalando immagini destabilizzanti, rumorose, a tratti così dannatamente fuori fuoco da rendere quasi incomprensibile cosa si nasconda in fondo all’ennesimo corridoio. L’alternanza di luci fioche, oscurità pressoché totale e sequenze illuminate “artificialmente” dalla nostra videocamera funziona ancora alla perfezione, dimostrandosi convincente – e fidatevi, estremamente inquietante – ancora oggi, ad anni di distanza, in un formato che difficilmente avremmo previsto idoneo ad ospitare sequenze horror ad alto tasso di jumpscare. L’ideale, inutile dirlo, è disporsi di un buon paio di cuffie per godere appieno dell’ottimo comparto audio realizzato dallo sviluppatore: al resto ci penserà la perfidia di Red Barrels, maestra nel delineare i terribili tasselli di un puzzle letale dove, da bravi topolini indifesi, dovrete farvi strada in un labirinto mortale popolato da “ospiti” morbosamente attratti dalle vostre viscere.
Tecnologicamente, insomma, la conversione di Outlast e Outlast: Whistleblower per Nintendo Switch convince sotto ogni punto di vista, sia in modalità docked che portatile. Non stiamo certo parlando di un titolo volto al raggiungimento del fotorealismo, questo è palese, e in alcuni tratti la modellizzazione nemica presenta un riutilizzo di asset evidente – o, in alcuni casi, l’assenza di qualche altro poligono utile. Lo stesso può dirsi degli scenari, che nelle rare occasioni “a favore di illuminazione” offrono un livello di dettaglio sopra la sufficienza e, ancora una volta, un più che leggero riutilizzo degli elementi. Nel complesso, la resa visiva di entrambi i titoli è positiva, e appare persino più nitida e “pulita” in modalità portatile – dove il titolo gira in 720p senza intoppi, con un frame rate stabilizzato a 30 frame al secondo anche nelle situazioni più concitate. Maggiore la risoluzione in modalità docked, chiaramente, come maggiore sarà il livello di immedesimazione una volta raggiunto il cuore dell’avventura – nonostante, lo ribadiamo a caratteri cubitali, siamo riusciti a far girare un paio di persone gridando dal nulla seduti in metro. Fluidità generale e gestione sapiente dell’illuminazione, infrarossi inclusi, garantiscono a questo porting una propria dignità, rendendo di fatto secondari i “difetti” tecnologici appena elencati: difetti che, tuttavia, difficilmente avrete il lusso di notare una volta braccati da un enorme psicopatico alla ricerca del proprio “porcellino”, vittime inesorabili dell’ansia e del terrore di essere anche solo intravisti da qualcuno di poco raccomandabile.
Il grosso dello spettacolo, ovviamente, spetta alla componente gore e grandguignolesca del franchise Outlast, marchio di fabbrica di cui tutti gli amanti dell’horror sono al corrente, che tra mutilazioni, decapitazioni, vittime impalate e organi interni sparpagliati sulle scrivanie non molla mai il pedale dell’acceleratore – contribuendo così a massimizzare in qualsiasi istante una sensazione sgradevole e destabilizzante per tutta la durata del playthrough. Essere vittime impotenti di un male all’apparenza inspiegabile, del resto, non perde mai il proprio fascino, e anche nella soluzione “Play Anywhere” figlia dell’animo ibrido di Switch siamo di fronte ad un qualcosa che, i più coraggiosi, non dovrebbero lasciarsi scappare per nessuna ragione al mondo. Il tutto viene corroborato da un impianto audio ancora oggi esemplare ed estremamente realistico, trattandosi – in svariati casi – dell’unica risorsa che abbiamo per identificare al buio un pericolo che si avvicina. E allora via, di corsa a perdifiato verso il primo armadio o verso un letto sotto cui nascondersi, spegnendo gli infrarossi (che, ricordatevi bene, saranno utili per illuminare il buio ma anche per renderci facilmente identificabili) e trattenendo il respiro sperando che la morte incombente si allontani o posi altrove il proprio sguardo.
Se amate l’horror e avete abbastanza biancheria intima di riserva, avrete di che divertirvi
Tutto questo, insomma, ci porta alla madre di tutte le domande: vale davvero la pena imbarcarsi nuovamente in una delle avventure più spossanti e mentalmente disturbanti della storia dell’horror videoludico moderno, magari dopo essere sopravvissuti alle precedenti release su PC e console di nuova generazione? Rullo di tamburi per quella che, forse, è la risposta più scontata che potreste immaginare. Beh, dipende da voi: come anticipato qualche paragrafo fa, questo Bundle of Terror non introduce alcun contenuto inedito alla doppia ricetta originale, riproponendo Outlast e Whistleblower in tutto il proprio sanguinolento splendore originale – al netto di una modalità portatile comunque sontuosa e della vibrazione dei Joy-con che, in alcuni casi, è bastata a farci balzare. Se avete amato il materiale originale e l’idea di rivivere lo sgomento di Mount Massive in un contesto portatile, rinfrescandovi la memoria sulle origini di un franchise destinato a fare la storia recente dell’horror, ovviamente, in cuor vostro sapete già la risposta. Anche perché, fidatevi, di cuore per arrivare ai credits ve ne servirà davvero parecchio.
Come prevedevamo, Outlast: Bundle of Terror su Nintendo Switch ci è piaciuto davvero parecchio. In soli due giorni ci siamo addentrati a capofitto in una delle storie più agghiaccianti e violente del nostro medium, rivivendo sulla nostra pelle una storia che, a suo tempo, ci eravamo ripromessi di non sfiorare più nemmeno per sbaglio. Stressante, disturbante e malevolo, l’operato d’esordio di Red Barrels si è confermato tale anche nella variante per l’ibrida di Kyoto, dando sfoggia delle proprie indiscutibili doti anche in un contesto, inedito per l’horror survival di matrice canadese, di totale portabilità. Tecnologicamente solido, con una resa visiva ben al di sopra della sufficienza e una fluidità ineccepibile in ambo le modalità di gioco di Switch, Outlast – e il DLC Whistleblower – ci hanno ricordato in pochi minuti per quale motivo, negli ultimi anni, avessimo iniziato ad odiare con tutti noi stessi la modalità notturna di una semplice videocamera, catapultandoci nuovamente in un incubo che, seppur già noto, ci ha più volte costretti a pause ristoratrici e alla ricerca di foto di adorabili gattini. Nell’attesa del secondo meraviglioso capitolo di questo franchise, già disponibile al pre-order nell’attesa della release fissata al 27 marzo, gli appassionati del terrore viscerale e senza compromessi farebbero bene a dare una chance a questo bundle – complice anche un prezzo decisamente accessibile. Non siamo certo di fronte ad un campione di tecnologia nel panorama software di Switch, questo è chiaro, ma vi sfidiamo a trovare qualcosa di più subdolo, malato e spietato in tutto il catalogo della nuova ammiraglia Nintendo. Un qualcosa che, seduti comodamente su un divano o in un qualsiasi mezzo pubblico, metterà a durissima prova nervi e autocontrollo: e che, senza tanti inutili giri di parole, vi farà capire in prima persona il significato di “take the crap out of you“. |
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