Per introdurre il nuovo progetto di Media Molecule non servono complesse spiegazioni o tortuosi giri di parole: basta dire che si tratta di “quelli di LittleBigPlanet e Tearaway” per suscitare l’attenzione di tutti coloro che hanno amato alla follia, in certi casi fino a commuoversi, quei giochi.
Basta anche tradurre il suo nome: “Sogni”. Perché, con la semplicità che ha sempre contraddistinto le loro produzioni, è proprio di sogni che si tratta, sogni da realizzare concretamente: ma mica quello di vincere la lotteria, o di vedere il proprio ufficio trasformarsi in una sala giochi.
Dreams è uno strumento, prima ancora di essere un gioco, con cui dar forma alle proprie idee: una bozza (per nulla grezza) di quel capolavoro rimasto nel cassetto da tanto, troppo tempo, videoludico o musicale che sia, o magari il videoclip di un brano della propria band preferita, rigorosamente home-made, o la conversione in pixel e ossa del sogno avuto la notte precedente.
Il fatto di essere uno strumento diventa quindi, paradossalmente, uno dei suoi limiti principali: a chi è indirizzato un simile prodotto? Per goderne pienamente serve non tanto un’infarinatura di game design, men che meno conoscenze informatiche, ma una visione chiara e precisa, senza la quale diventa sin troppo semplice gettare la spugna in preda alla frustrazione, perché non si riesce a creare ciò che si vuole. E non per via di un editor povero e limitato, tutt’altro: è che le sue potenzialità sono talmente illimitate da rischiare di trasformare una simile libertà in un vero incubo. Al massimo, di realmente negativo, c’è un sistema di controllo che, per sua natura, non può minimamente competere con la combinazione mouse e tastiera, e una certa macchinosità che Dreams traspira in fase di creazione (perché in quella di test e gioco sparisce in un batter d’occhio) è dovuta proprio ai limiti che il DualShock 4, oppure l’utilizzo di due Move (più simile al mouse come approccio, ma decisamente meno preciso), portano con sé.
Ma per quello basta prendere confidenza con i comandi e con l’interfaccia che ricorda il più classico dei software di editing, la cui rigidità è comunque stemperata da dei buffi cursori di vario colore e dotati di faccia. Una volta scelto il progetto su cui lavorare e imparato a destreggiarsi tra i menù, il proverbiale cielo è l’unico limite: lato puramente videoludico, c’è la possibilità di creare qualsiasi genere vi venga in mente. Basta infatti decidere dove piazzare la telecamera, se addosso al protagonista, così da creare un gioco in prima persona, o lateralmente, per un divertente platform in 2D, fino all’incollarla alle spalle di una navicella per un adrenalinico gioco di volo. C’è un’estrema personalizzazione, al punto da poter anche sperimentare con più generi, come in un video mostratoci dal team stesso: un platform 2D con grafica in cel shading, fino all’arrivo di una matita che cancella e stravolge tutto, trasformando l’avventura dell’avatar, un cubetto, in un gioco 3D, con tanto di burattino che si rivolge al giocatore infrangendo la quarta parete ad accompagnare le scene di intermezzo.
Si possono creare dialoghi, persino campionare e modulare suoni, personalizzando anche la componente puramente sonora, e la ciliegina sulla torta è la possibilità di collaborare con altri giocatori: se il piatto forte per i meno esperti sarà la possibilità, ignorando completamente l’editor, di poter giocare e scaricare gratuitamente le creazioni di tutti gli utenti, attingendo così ad un bacino potenzialmente infinito, sarà il sistema di cooperazione a coinvolgere la parte più creativa e operosa della community. Sarà infatti possibile assemblare il proprio “party”, cercando utenti in base al loro livello di specializzazione in un determinato campo, sorta di modo sia per stimolare a produrre contenuti che per agevolare i compiti ai creatori più esigenti, permettendo ad un numero illimitato di giocatori di scaricare l’ultima versione del progetto e lavorarci in asincrono, dal lancio, ma nei piani di Media Molecule c’è la volontà, da implementare in un secondo momento, di permettere agli utenti di creare il tutto in diretta.
E con un editor così ricco è inevitabile che una simile opportunità, indipendentemente dal suo essere asincrona o meno, è vera manna dal cielo: si possono infatti posizionare figure geometriche di vario genere e colore, da smussare poi in base alle proprie esigenze creative (ad esempio, un parallelepipedo rosso trasformato a colpi di “scalpello” nel tetto di una casetta), selezionare intuitivamente elementi da poter copiare e incollare ovunque (funzione utile, ad esempio, per montagne e foreste), applicare fonti di luce, nebbia e quant’altro per creare la giusta atmosfera, e persino animare dei minuscoli fasci luminosi, simulando così la presenza di libellule in un bosco, ad esempio. Lo stesso stile artistico, unito alla profonda libertà creativa, rende ogni creazione simile ad un dipinto, al quale ogni pennellata aggiunge un nuovo elemento, un nuovo dettaglio semplicemente delizioso.
Le aspettative per Dreams non possono che essere stellari, un po’ per il pedigree di Media Molecule, ma anche e soprattutto per le grandi ambizioni che un simile progetto porta con sé. Senza l’adeguato supporto, né lo stimolo a creare contenuti, il sogno del team di Guildford rischia però di non realizzarsi, complice un target di utenza non proprio semplice da centrare, e una macchinosità dei controlli penalizzata dalla sua natura di esclusiva PS4, che omette dall’equazione (per ora?) dei ben più pratici mouse e tastiera. Riuscirà Dreams a nutrirsi dei sogni dei giocatori, e a rivelarsi lo strumento definitivo per ogni game designer in erba?