Mettiamola così: a farsi gli affaracci propri non si guadagneranno tanti amici, ma nemmeno troppe rotture di scatole. Un assioma contro cui, di norma, i protagonisti dell’horror di qualsiasi matrice vanno bellamente contro, infilandosi sino ai capelli in casini che puzzano di morto lontano un chilometro o da cui, volenti o nolenti, il rischio di uscirne sdraiati e “coi piedi dritti” è parecchio elevato. I protagonisti di Outlast II, Blake Langermann e signora (Lynn), ai fatti propri proprio non san badare: e di fronte all’ennesimo mistero sanguinolento che avvolge una comunità di redneck dispersi nel deserto dell’Arizona, uno di quei posticini in perfetto stile Grano Rosso Sangue che non visiteremmo manco sotto tortura, non sanno dir di no alla propria curiosità. Che poi è per lavoro eh, mica siamo reporter per caso: quindi pronti via, montiamo sul nostro elicottero e iniziamo a riprendere tutto, che qui ci scappa lo scoop dell’anno.
Peccato che l’unica cosa a scappare è il controllo dell’elicottero al relativo pilota, che dopo quel paio di piroette che Nureyev levate finisce per schiantarsi su un’altura lontana pochi metri dal ridente villaggio di cui sopra. Bene ma non benissimo: il pilota è schiattato, Lynn è sparita e noi (nei panni di Blake) ci ritroviamo sanguinanti e con gli occhiali rotti, soli soletti in quello che si preannuncia essere l’aperitivo di benvenuto dell’inferno. Un inferno infarcito di estremisti religiosi e satanisti, di ferventi credenti disposti davvero a tutto per la gloria eterna che, i rispettivi detentori del culto, professano a gran voce. Ma se è vero che il cane di due padroni muore di fame, nel caso di Outlast II l’ospite di due fazioni di pazzi scatenati muore e basta. E pure nei modi peggiori.
Dai, poche storie. Se anche voi amate l’horror videoludico che conta, Outlast e Outlast II li conoscete per forza. Proprio per questo daremo per scontati un paio di concetti, quali ad esempio la predilezione di Red Barrels per mettere in piedi storie violentissime, malate e dalle tematiche che non guardano in faccia nessuno (Avete detto religione? Avete detto infanticidio?), la predilezione ancora maggiore nell’esporre ossa, budella e altre torture da far invidia a Ruggero Deodato, la capacità di sobillare un terrore snervante e destabilizzante dentro le vene del giocatore, ritrovatosi nei panni di un fricchettone incapace di menare un pugno e la cui sopravvivenza dipende quasi esclusivamente dalla quantità di batterie per la videocamera in proprio possesso.
Eccovi dunque la bomba: Outlast II, ad un mese esatto dal già apprezzatissimo Bundle of Terror, si rifà il trucco ed approda con tutta la sua splendida cattiveria ai gioiosi lidi di Nintendo Switch, pronto a confermare – in attesa, a questo punto, di un terzo episodio ugualmente portatile – che, per quanto se ne dica, l’horror fatto come Satana comanda riesce a regolare l’intestino del giocatore anche in modalità portatile. Che è esattamente il caso di questo secondo episodio del franchise, marcio forse persino più del primo (e credeteci, non è affatto un’impresa facile) e caratterizzato da una sceneggiatura ancor più macabra e perversa di quanto le follie di Mount Massive ci avevano raccontato.
Come già accaduto per il precedente bundle, possiamo confidarvi anche stavolta che, avessimo dato ascolto alle coronarie, quei campi di grano infarciti di trappole e di psicopatici armati di falci e coltelli li avremmo comodamente riempiti di napalm: ma siamo pur sempre giornalisti, proprio come i due sventurati eroi di questa storiella (i cui dettagli sono spiegati con cura in questa recensione), e superata quella tachicardia iniziale che quel dannatissimo bip di accensione dell’infrarosso riesce a regalarci da un paio d’anni a questa parte, ci siamo ritrovati nuovamente vittime di quello che, probabilmente, è il racconto più agghiacciante dell’ultima generazione di console. E ok che la versione per Switch introduce ben poco rispetto alla ricetta originale dello scorso anno: di materiale per non dormire stanotte, specie per i neofiti al primo giro di giostra, ne troverete in abbondanza.
Facciamo un rapidissimo ripassino delle meccaniche principali di Outlast II, prima di introdurre la vera novità di questo atteso porting e ribadire, per l’ultima volta, quanto i ragazzacci di Red Barrels ci abbiano visto giusto nel realizzare una versione apposita per Switch. Si tratta in estrema sintesi di un survival horror in prima persona votato quasi interamente allo stealth e all’esplorazione, abile nel trasformarci in indifesi topolini intrappolati in un folle villaggio pieno zeppo di nemici morbosamente attratti dalle nostre carni. Unico alleato in questa Golconda di follia è la nostra fedele telecamera, necessaria non solo ad immortalare le sequenze più truci e perverse di questa missione di salvataggio familiare, ma cruciale per agevolare il nostro cammino: potremo infatti zoomare a distanza per scorgere l’eventuale presenza di aguzzini, attivare la famigerata modalità ad infrarossi per illuminare il buio quasi perenne che accompagna il nostro playthrough, utilizzare l’identificatore di sorgenti rumorose per intuire l’origine di un eventuale rumore e, a patto di avere un minimo di sale in zucca, sgattaiolare dalla parte opposta e salvare la pellaccia.
Il tutto a patto di avere abbastanza batterie, l’univo collezionabile che – in base al livello di difficoltà prescelto, e fidatevi che non è assolutamente il caso di fare gli Schwarzenegger del caso – finirete per anelare manco fosse il bene più prezioso dell’universo. Questo perché da un lato la vostra insostituibile telecamera non funziona ad aria ed amore, dall’altro perché Outlast II, un po’ come il capitolo precedente, è difficile come la morte. Inutile nascondervi che finirete straziati, sanguinanti, dilaniati e sbudellati al suolo come se non ci fosse un domani anche alla difficoltà base, con annesso crollo di nervi e lancio di imprecazioni al monitor come la migliore tradizione insegna. Ecco perché, in casa Red Barrels, hanno pensato di venire incontro ai più debolucci di cuore introducendo una modalità “viaggio” particolarmente più gentile in termini di nemici presenti e annessa ossessione nei vostri confronti: sia chiaro che sì, continuerete a farvela bellamente nei calzoni senza particolari tregue, ma la frequenza dei trapassi dovrebbe uscirne ridimensionata.
Efferato, brutale e dannatamente sadico
Questa, entro certi limiti, è l’unica novità significativa che viene introdotta dal passaggio a Nintendo: entro certi limiti perché, proprio dallo scorso 27 marzo, è disponibile una patch per tutte le restanti versioni che ammorbidisce l’esperienza per l’utenza di qualsivoglia piattaforma. Siamo dunque nuovamente di fronte alla stessa situazione del Bundle of Terror, con una soluzione in mobilità che piace e convince, contrariamente alle aspettative, e un utilizzo interessante-ma-poco-sfruttato del rumble dei Joycon, che avrebbe potuto regalare qualche balzo in più con lo scossone giusto al momento perfetto. Peccato, chiaro, anche se in realtà dal punto di vista tecnologico siamo di fronte ad una versione che poco o nulla ha da inviare a quello delle console “ultra pompate” di questa generazione: ottimo comparto grafico, frame rate stabilissimo e impianto sonoro di altissimo livello.
Pregi che, alla fine della fiera, rendono un secondo giro in Arizona decisamente interessante anche a chiunque, per il rotto della cuffia, soltanto l’anno scorso sia riuscito a portar a casa capra e cavoli senza rimetterci troppi centimetri di pelle: il fascino di Outlast II del resto è innegabile, e ogni amante dell’horror cattivo che si rispetti non dovrebbe certo lasciarsi sfuggire la possibilità di rivivere quest’avventura letteralmente ovunque, anche in luoghi poco consoni alle esperienze inquietanti come questa. Chi fosse del tutto a digiuno del mondo di Outlast, invece, potrebbe valutare attentamente questa versione Switch, anche se – è bene sottolinearlo – le versioni “precedenti” per PC, Sony e Microsoft sono frequentemente disponibili ad un costo decisamente più favorevole. Che poi ok, il prezzo di urlare le peggiori imprecazioni seduti comodamente sul tram è qualcosa di difficilmente quantificabile: ma questa, signori miei, è un’altra terribile storia…
Outlast II ce la fa, eccome se ce la fa, anche su Nintendo Switch. Efferato, brutale e dannatamente sadico nel maneggiare i nervi del giocatore, l’ultimo operato di Red Barrels rappresenta un tassello ragionevolmente imperdibile per gli amanti dell’horror e dell’ammiraglia Nintendo. Che sì, l’avessimo detto soltanto un annetto abbondante fa, in molti avrebbero riso al pensiero di questo connubio: ma la vita ci sorprende sempre, del resto, e ancora una volta siamo più che felici di vedere come il sangue scivoli via (a ettolitri) benissimo anche sulla diagonale ridotta di “Switch portatile” – la soluzione a noi più congeniale, per dover di cronaca, senza nulla togliere alla variante “docked” e al giovamento generale di risoluzione e fluidità. Outlast II, insomma, ci ha convinti. Ci ha fatto maledire la nostra passione per l’horror, ci ha ricordato perché, soltanto un anno fa, abbiamo festeggiato il raggiungimento dei credits manco avessimo vinto la lotteria e perché, cosa più importante, da quando conosciamo Red Barrels non guardiamo più una videocamera con gli stessi occhi. Se avrete abbastanza fegato, dei nervi parecchio freddi e poco, pochissimo sonno, la decina abbondante di ore richieste da questo mostriciattolo dispettoso potrebbero fare al caso vostro. Anche se, lo ripetiamo, a farsi gli affari propri raramente si sbaglia… |
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