05 Giu 2018

Vampyr – Recensione

“La vita in fondo cos’è? Solo l’attesa di qualcosa d’altro, no? E la morte l’unica cosa che possiamo essere sicuri che viene”, diceva Bram Stoker nel suo capolavoro Dracula.

Ma così come la morte, anche la notte possiamo dire di essere sicuri che viene, sempre, ogni giorno a calare le sue ombre sui vicoli e gli angoli scuri delle nostre case.

La letteratura gotica, squisitamente inglese, delle creature della notte ha fatto scuola dando spesso nuove letture e sfumature alle entità più affascinanti e misteriose mai tratteggiate da mente umana: i Vampiri, terrificanti esseri che si cibano del sangue delle loro vittime per poter sopravvivere, ma anche membri dell’alta società inglese e/o spesso di nobili origini, proprio come il più famoso di essi, il Conte Dracula.

Dontnod, studio francese divenuto famoso principalmente per Life is Strange, ha deciso di gettarsi insieme a Focus Home Interactive in un’avventura piuttosto audace e ambiziosa: offrire ai giocatori un vero gioco di ruolo che esplorasse la morale e i dilemmi di impersonare un vero vampiro.

Di Vampyr ho e abbiamo parlato a più riprese sulle nostre pagine, guardandolo da lontano nelle varie fiere che si sono tenute negli ultimi due anni, ma ora il vampiro è qui con noi e lo abbiamo morso a fondo per saggiare il suo sangue smunto.

Vampyr Recensione

Raccontare una storia di vampiri non dev’essere facile: i riferimenti sono tanti e spaziano attraverso tantissime opere di stili differenti, e come se non bastasse, quell’immaginario è stato spesso un po’ abusato, lasciando ampio spazio alla noia e ad un certo impoverimento del genere. Eppure, Dontnod sceglie di tornare nella Londra del 1918, durante la terribile epidemia di influenza spagnola, per raccontare una storia dove vampiri, sangue e malattia si intrecciano inesorabilmente, e dove la tradizione vampiresca è più presente. Eccoci quindi indossare i panni del dottore Jonathan Reid, diventato un vampiro in circostanze misteriose e tragiche.

La sua vocazione, sia per capire le sue origini e il perché della sua natura mostruosa, sarà quella di aiutare i pazienti dell’ospedale Pembroke collaborando col simpatico e bizzarro Dottor Swansea, impegnato nello studio del sangue vampiro per trovare una cura alla devastante epidemia. Per sommi capi e omettendo qualche particolare piuttosto rivelatorio, questo è l’incipit che da il via all’avventura del Dr. Reid, che si rivela essere molto più di quel che sembra dall’esterno, da un’occhiata superficiale gettata su un trailer o su di un video su Youtube: l’opera di Dontnod è affascinante perché è gioco di ruolo e storia prima di essere qualsiasi altra cosa.

Vampyr è un bellissimo e affascinante racconto gotico interattivo

La narrazione, spalmata nell’arco di 7 capitoli di varia durata (sono richieste dalle 20 alle 50 ore per completarlo, a seconda del vostro stile di gioco) e che riesce perfettamente ad intrecciare la mitologia vampiresca e diverse fazioni con la storia della Londra di quel periodo, tra i lasciti della guerra e la malattia che imperversa per le sue strade. Il club di Ascalon, la grande caccia dei militanti di Prywen: le figure e i personaggi che ruotano intorno a Jonathan sono memorabili e interessanti, perfettamente caratterizzati da dialoghi pungenti, ricchi di personalità e dal gusto quasi letterario, con una ricerca al dettaglio per restituire il linguaggio e le maniere di un inglese del 1918 che mi ha convinto pienamente, tanto da farmi considerare Vampyr come un bellissimo e affascinante racconto gotico interattivo, dove le mie scelte contavano davvero e dove anche un morso avventato e poco ragionato poteva cambiare le sorti della città. Ma anche dove il – mio – protagonista poteva davvero rispecchiare le mie scelte senza per questo perdere qualcosa in termini narrativi, con il suo arco ben presentato e chiuso nei sette capitoli che danno respiro alla vicenda. Fede, morale, rimorso e morte, temi portanti di una discesa infernale nell’umanità più sporca e sanguigna, quella che non guarda in faccia la morte, ma la trascende.

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Vampyr, soprattutto, non è un gioco di ruolo alla occidentale solamente per la sua ruota dei dialoghi e le scelte multiple, ma lo è per la cura riposta in queste ultime e nella caratterizzazione dell’intera ambientazione. Quest’ultima è divisa in quartieri, una sorta di open-world dalle dimensioni della mappa contenute (che è piuttosto limitata, tanto da dover essere percorsa sempre a piedi), ognuno di essi con una cerchia di abitanti ben definita. C’è un indicatore che vi mostra in tempo reale lo stato di salute del quartiere, da monitorare con attenzione nel caso non vogliate che raggiunga lo stato di “Ostile”, con la conseguente caduta dello stesso e morte di tutti i suoi residenti.

C’è anche un Leader, le cui sorti cambieranno in modo repentino lo stato del quartiere, ma ci sono soprattutto loro: i cittadini che li abitano. Ognuno di essi ha un nome, una personalità ben definita e una storia che aspetta solo di essere raccontata. Alcuni di essi avranno delle missioni secondarie per voi, altri avranno solo tanti dialoghi che vi daranno informazioni utili su altri cittadini, in un intreccio che vi permetterà di conoscere la storia di ognuno di loro, di poter reagire alle loro azioni e, se ritenete necessario, di prendere la loro vita con un morso, guadagnando un quantitativo di esperienza variabile, sempre che abbiate abbastanza “Fascinazione” per poterli ammaliare tra le vostre pallide braccia. Nella mia avventura ho aiutato un malato che aveva tentato il suicidio, ho scelto di mordere un innocente dopo averlo salvato dai temibili vampiri minori che si aggirano per le strade, solo per poter ottenere dei punti esperienza, così come ho ucciso una vedova dopo averla aiutata a ritrovare suo marito: l’ho uccisa nel cimitero, almeno, mitigando in parte il senso di colpa. Se mi chiedeste cos’è Vampyr, probabilmente proprio questo: la visione di Dontnod di gioco di ruolo è potente, complessa e riuscita, e alla storia di Jonathan se ne aggiungono tante altre, personali e affascinanti, mai facili, per le strade buie e sporche di Londra.

La visione di Dontnod di gioco di ruolo è potente, complessa e riuscita

Ma a differenza della sua opera più famosa, Life is Strange, Vampyr è un gioco di ruolo con un gameplay ben definito e legato a doppio filo con gli elementi narrativi di cui vi parlavo sopra, trasformando quello che poteva essere un banalissimo action/RPG in qualcosa di più. Acquisire esperienza scegliendo di uccidere degli abitanti vi permetterà di investire più facilmente nelle diverse abilità che avrete a disposizione e nelle statistiche del vostro personaggio tra salute, energia e sangue, parametro fondamentale che vi permetterà di usare le vostre abilità “da vampiro”. Artigli feroci, la possibilità di diventare invisibili o di lasciare che uno spirito ferale faccia strage tra i nemici: le possibilità di crescita offerte a Reid sono molteplici e tutte a vostra discrezione, tanto da poter scegliere di farvi bastare l’esperienza ottenuta negli scontri con i nemici nelle strade di Londra o nei piccoli dungeon che il gioco di tanto in tanto propone (temibili boss inclusi). Anche in questo aspetto, Vampyr è plasmabile secondo il gusto del giocatore: io ad esempio mi sono concentrato su poche abilità per migliorarle al meglio e “specializzare” Jonathan, utilizzando un’arma a una mano e una revolver dalla distanza, che ho poi migliorato con l’interessante sistema di crafting del gioco, basato sul loot ottenuto in giro e sui vari mercanti con cui farete conoscenza.

Non è un sistema complesso, anzi, gli oggetti sono sempre quelli e il livello di potenziamento è limitato a 5, ma resta un percorso percorribile e possibile, come lo è il crafting degli oggetti curativi e delle medicine, da poter utilizzare poi sugli abitanti in caso di necessità, per migliorare lo stato del quartiere e il loro sangue. Il problema del combat system di Vampyr è che, nonostante le notevoli possibilità strategiche, risulta essere piuttosto goffo e macchinoso, tanto da averci ricordato, insieme al design non sempre chiaro e veloce dell’HUD, un gioco di ruolo per PC di una quindicina di anni fa. Si attacca con un tasto, con un altro si utilizza l’arma secondaria e attraverso dei tasti assegnati su utilizzano le tecniche speciali: niente combo o elementi dinamici ad impreziosirne gli scontri, ma schivate e parate per contrattaccare.

Questa non vuole essere una critica troppo aspra a quelli che sono i meriti del gioco di Dontnod, che al netto dei suoi limiti è divertente e appagante anche sotto questo aspetto, ma è assolutamente da tenere in considerazione per un titolo che, nonostante un budget chiaramente limitato, esce nel 2018. Muri invisibili e un design della mappa di Londra sì ricco di atmosfera e caratteristico, ma spesso ripetitivo e senza particolari guizzi artistici e grafici, al di là della colonna sonora che con organi e archi riesce a restituire il brivido nella spina dorsale di un viaggio misterioso e infernale nel peccato e nella malattia umana. Questa critica va estesa in generale ad altre parti del comparto tecnico, che soffre spesso di un forte aliasing e porta con sé, purtroppo, caricamenti non troppo frequenti, ma lunghi e spesso invasivi, magari mentre si accede ad un’area correndo, elementi però presenti nella versione PS4 da me testata, probabilmente meno incisivi su PC, ad esempio.

Conclusioni

Vampyr arriva su un mercato sempre più senza vie di mezzo: dal tripla A all’indie, lo spettro di titoli considerati AA (ovvero a medio budget) si è andato via via sempre più stringendo. Il titolo di Dontnod quindi cerca di porsi come un’esperienza di alto livello con dei valori produttivi inferiori, che si ripercuotono soprattutto sull’impianto grafico e tecnologico, nella rappresentazione artistica della città di Londra e dei suoi personaggi, sui caricamenti e sul level design della mappa “aperta” da finto open world. Ma allo stesso tempo questi difetti diventano in parte marginali grazie a ciò che Dontnod è riuscita a creare, ovvero un ecosistema di personaggi e di relazioni incredibilmente profondo e credibile, ricco di bivi e scelte che faranno tremare il giocatore e che hanno un vero impatto, quasi in tempo reale, su tutti i quartieri e la città di Londra.

Vampyr è ricco di storie, di dialoghi bellissimi e accattivanti che raccontano l’esoterismo di una delle città storicamente più affascinanti che l’industrializzazione ha creato in Europa, con le sue contraddizioni e la guerra che nel 1918 l’ha resa un piccolo inferno. Il gioco di Dontnod e Focus Home Interactive allora è un miracolo, e un titolo così va premiato anche solo per l’ambizione e la pazzia dimostrata dagli sviluppatori: che col sangue dei loro uomini s’è fatto quello di un vampiro.