Los Angeles – Citando Wikipedia, “L’espressione effetto Tetris si riferisce a un comune fenomeno psicologico per cui una attività che richiede un alto livello di attenzione può influire in modo incongruo sui processi di pensiero, le immagini mentali e i sogni di coloro che vi si dedicano per lungo tempo. Prende il nome dal videogioco Tetris […]. Chi gioca per lunghi periodi di tempo a questo gioco può essere portato a ragionare involontariamente sui modi di “impilare” oggetti del mondo reale, come le confezioni che vede sugli scaffali di un supermercato o gli edifici di un quartiere. Inoltre, può capitargli di vedere oggetti geometrici in movimento ai limiti del proprio campo visivo o quando chiude gli occhi.
Infine, le figure geometriche del gioco possono apparire in sogno, soprattutto nel passaggio dal dormiveglia al sonno. Queste diverse manifestazioni del fenomeno sono classificate, da un punto di vista scientifico, come fenomeni di genere diverso, ovvero rispettivamente come abitudini mentali, allucinazioni e immagini ipnagogiche”.
Insomma, non bastava il semplice Tetris a contorcerci le sinapsi: ci mancava solo una reinterpretazione del leggendario gioco ad opera di una delle menti più fervide e brillanti dell’industria videoludica, quel Tetsuya Mizuguchi che ci ha donato, tra i tanti, capolavori come Rez e Lumines. La ciliegina sulla torta è l’implementazione (facoltativa, ma caldamente consigliata) della Realtà Virtuale: nel corso dell’annuncio di Tetris Effect (tra quelli pre-E3 di Sony), il nostro cervello stava già facendo i salti di gioia.
Solo uno come lui, del resto, poteva arrogarsi il diritto di maneggiare materia così delicata, trattandosi di uno dei capisaldi del gaming tutto, ma anche della cultura pop, senza scatenare le ire dei giocatori. Intende farlo, per certi versi, favorendo ed enfatizzando quell’effetto Tetris che dà il nome al gioco in un modo in cui lui è maestro, ovvero facendo lavorare in sintonia musica, luci, colori, animazioni sinuose, esplosioni, e qualsiasi cosa gli passi per la mente. Il risultato è già visivamente potente senza il bisogno di PlayStation VR: basta dare un’occhiata al trailer di annuncio per farsi un’idea di cosa ci si troverà davanti, un’immersione completa in mondi via via diversi, uniti ad un gameplay che più classico non si può.
Ogni movimento e ogni blocco posizionato si uniscono sotto forma di battiti e note ai vari accompagnamenti musicali di sottofondo, a volte delicati e soavi, altre decisi e massicci, ognuno con un mood totalmente differente per ogni nuovo livello (ce ne saranno più di 30), tra fuoco, acqua, fumo, spazio, stelle, pulviscolo, in un’esperienza extrasensoriale a cui i fan di Rez sono abituati. La realtà virtuale, come detto non obbligatoria, non fa altro che enfatizzare ancora di più quelle piacevoli sensazioni, al punto da distrarci da ciò che sta succedendo al centro di quell’ormai iconico “pozzo” in cui vanno impilati i blocchi, per vedere cosa stanno combinando quelle sagome che intravediamo sullo sfondo, quelle luci ai lati che formano una dinamica cornice che dona ad un capolavoro vecchio di 34 anni una dimensione e un fascino completamente nuovi.
Ci duole però ammetterlo: dal punto di vista puramente ludico, ci aspettavamo qualche twist in più, ma la speranza è che Sony e Mizuguchi-san abbiano ancora qualche cartuccia da sparare, avendo pre-annunciato che sia le modalità classiche come Marathon, Sprint e Ultra, oltre ad alcune nuove di zecca, verranno mostrate prima del lancio. Nel corso della nostra breve prova all’E3 2018, ci siamo accontentati della modalità standard, e dell’unica reale novità, la meccanica “Zone”, studiata sia per salvarci la pellaccia nei momenti in cui si rischia di sfiorare il soffitto (e il Game Over), sia, per quei giocatori più esperti, per massimizzare i punti ottenuti.
In basso a sinistra si notano infatti due contatori, uno che indica il numero di file eliminate finora e il numero necessario per passare al livello successivo, e una barra che indica l’attivazione del “potere” Zona: quando viene attivato, lo scorrere del tempo e dei tetramini si blocca, lasciandoci così la possibilità di impilarli con più calma e semplicità. Inoltre ogni fila eliminata non sparisce nell’immediato, ma finisce in fondo, andando così a simulare una combo e dando al giocatore molti più punti. I giocatori più esperti possono così aggirare il limite dovuto al passaggio di livello, e scalare le classifiche in men che non si dica. Ma per il resto, per quanto bello e affascinante, resta il solito, vecchio Tetris, almeno da quanto mostrato sinora.
Ci voleva un genio come Tetsuya Mizuguchi per svecchiare un concept intoccabile come quello di Tetris, ma per quanto abbiamo avuto modo di provare sinora, il rischio è di ritrovarsi con qualcosa di sublime da vedere, ma sin troppo classico da giocare. Per quanto colorato, intrigante, avvolgente con indosso un PlayStation VR (ma sarà giocabile anche senza), l’unica vera innovazione dal punto di vista puramente ludico non è nemmeno così rivoluzionaria. Sia chiaro, anche fosse solo questa, non vediamo comunque l’ora di farci friggere le sinapsi dalle visioni oniriche del papà di Rez, ma da lui ci aspettiamo qualche brillante intuizione delle sue.