Colonia – Quanto sono belli i giochi di ruolo: le scelte da compiere, i compagni che al nostro fianco ci prendono per mano affiancandoci in avventure senza tempo. Storie da scoprire e vivere e da raccontare poi a qualche altro appassionato, in un turbinio di emozioni che ogni amante dei giochi di ruolo sa benissimo. Lo sa anche e soprattutto chi gioca con “carta e penna”, giochi di ruolo cartacei che da Dungeons & Dragons in poi hanno conquistato milioni di giocatori in tutto il mondo.
C’è chi lo fa ancora, e si riunisce intorno a un tavolo con un paio di matite e qualche dado per vivere incredibili avventure immaginarie. Pathfinder è uno di questi ben noti nomi, un gioco che nei decenni ha saputo attrarre a sé tantissimi giocatori, e che nel tempo ha accumulato manuali e regole. Con questo spirito un po’ ambizioso e folle, Owlcat Games ha deciso di dare vita ad una versione videogioco di quel mondo e di quelle regole con Pathfinder: Kingmaker.
La visione di gioco di ruolo scelta è quella che più si addice ad un titolo nato da un pen & paper, ovvero con una visuale isometrica e una serie di scelte stilistiche che ricordano i più recenti classici di Obsidian come Pillars of Eternity. Si crea un personaggio con un editor completo ma non troppo complesso, e si decide qualche background dargli seguendo alcune scelte tra razze (sette, per la precisione) e ritratti per dare vita al nostro personale protagonista.
Quattordici classi tra cui scegliere insieme ad altrettante specializzazioni fanno ben intendere quanto Pathfinder: Kingmaker sia pienamente assorbito nello spirito dei classici giochi di ruolo per PC, ed è più che mai vero considerando le centinaia di magie e skills presenti che mutuano in parte quanto visto nel gioco cartaceo, fatto di regole rigide e concetti da imparare.
Ma da quanto ho visto durante la sessione alla gamescom, uno degli aspetti più interessanti è sicuramente la narrazione: dopotutto il team ha chiamato una delle figure più di rilievo per quanto riguarda questo genere di racconti e mondi, quel Chris Avellone che da anni ci fa sognare con i suoi personaggi e mondi bizzarri, e la cui penna firma buona parte di ciò che è possibile trovare in Pathfinder: Kingmaker.
I personaggi secondari avranno poi una grande enfasi sullo storytelling, con alcuni rapporti di forze che si creeranno tra loro e il giocatore, le cui scelte potranno influenzarne le relazioni tanto da vedere questi ultimi abbandonare il party per una divergenza di opinioni. Insomma, dove si è mai vista una cosa del genere? Per gli amanti dei giochi di ruolo è quasi un invito a nozze, un biglietto di sola andata per un’esperienza appagante e profonda. Dopotutto parliamo pur sempre di un titolo dallo stampo molto classico, con movimenti assegnati al mouse e una serie di opzioni e abilità selezionabili nell’interfaccia, con un sistema di combattimento non dissimile dagli ultimi esperimenti di Obsidian.
In questo senso Pathfinder: Kingmaker non si pone come nulla di realmente nuovo, ma piuttosto come un gioco di ruolo che punta alla qualità, nonostante qualche asso nella manica. Una su tutti la modalità Kingmaker che dà il nome al gioco, e che ci permetterà dopo aver ottenuto il titolo di Baroni di espanderci in un territorio specifico, dandoci le redini della costruzione del nostro regno: una modalità per nulla secondaria, ma la cui presenza nel titolo è cruciale sia per gli sviluppi della trama che del proprio party.
La mappa mi è sembrata gigantesca, e Pathfinder: Kingmaker sembra anche piuttosto accessibile a tutti i tipi di giocatori. L’interfaccia è minimale e pulita, e non richiede particolari perdite di testa per raggiungere questa o quella opzione, ma soprattutto ci sono quattro livelli di difficoltà differenti, tra cui uno “story mode” dedicato a chi vuole godersi la narrazione e i personaggi e non vuole proprio saperne di abilità o di combattimenti intensi e strategici.
Pathfinder: Kingmaker ha tutta l’aria di essere un grande gioco e un fantastico gioco di ruolo, la sua derivazione cartacea è un grande punto in più considerando gli anni di storia che ha alle spalle, e la collaborazione con Chris Avellone rende il gioco di Owlcat Games una spanna sopra tanti altri titoli che si affacciano al genere. Certo, il rischio di essere un more of the same c’è, o di essere l’ennesimo gioco di ruolo con visuale isometrica e tanti dialoghi ad affacciarsi su PC (e in futuro su console, magari): ma se la qualità è così alta, che male c’è?