Sembra ieri, ma sono già passati vent’anni. Venti lunghi anni dalla prima volta, quell’11 dicembre del 1998, in cui abbiamo avuto la possibilità, oltre che l’onore e il piacere, di innamorarci perdutamente di The Legend of Zelda: Ocarina of Time, capolavoro, di una saga di capolavori, che più di altri seppe settare nuovi standard, ridefinire i canoni di un genere, anticipare trend e feature che sarebbero poi diventate imprescindibili nei videogiochi che avrebbero debuttato sul mercato da lì in poi.
Rigiocare oggi alla creatura tanto desiderata e voluta da Shigeru Miyamoto vuol dire avere a che fare con una produzione invecchiata solo nell’ambito grafico, tutt’ora ammaliante, affascinante ed attualissima per una serie di motivi che abbiamo voluto riassumere ed esplicitare in questo nostro articolo, vero e proprio tributo, nonché sincero attestato d’amore, per uno dei titoli che più hanno segnato la nostra vita da videogiocatori.
La fallibilità dell’Eroe, la caduta di Link
Ben prima che l’antieroe, o quantomeno l’eroe imperfetto, diventasse di moda, The Legend of Zelda: Ocarina of Time ci mise nei panni di un Link che falliva, sbagliava, si rendeva complice dell’atroce trionfo del malvagio Ganondorf, evento che, come abbiamo saputo solo molti anni dopo, ha determinato la bipartizione della linea temporale dell’universo immaginifico della strabiliante saga di Nintendo. Estraendo la Master Sword, custodita nel Tempio del Tempo, l’ignaro spadaccino permise alla sua nemesi di appropriarsi della Triforza. Si tratta di uno dei momenti più drammatici ed intensi della splendida trama del gioco, tutt’ora in grado di emozionare e lasciare un torbido sentimento di desolazione nello spettatore.
Z-Targeting
Non ci sarebbe davvero nulla da aggiungere, commentare, specificare. L’utilizzo dello Z-targeting ha cambiato per sempre il modo di intendere, sviluppare e proporre i giochi i 3D, una rivoluzione che ha reso meno confusionarie e godibili le battaglie con i nemici, sia quando armati di armi bianche, sia quando si aveva la fortuna di imbracciare un arco o un’arma da fuoco. Questa feature rende tutt’ora insensibile al passare del tempo il meraviglioso The Legend of Zelda: Ocarina of Time, anche a distanza di vent’anni dalla sua release originaria.
Il Tempio dell’Acqua
Il Tempio dell’Acqua è a tutti gli effetti un fulgido esempio di sadismo prestato al game design, un’opera d’arte (orrorifica, beninteso) che continua a tormentare il sonno di chi ebbe l’ardire di introdursi nel suddetto dungeon, con l’intento di superarlo senza prenotare anticipatamente una visita dall’analista. Più in generale, The Legend of Zelda: Ocarina of Time è un piacere da giocare tutt’oggi anche e soprattutto per il level design sopraffino, capace di tratteggiare i contorni di sezioni quanto mai impegnative e di architettare enigmi la cui soluzione, soprattutto all’epoca in cui i walkthrough su YouTube non esistevano affatto, potevano tenere in scacco qualsiasi videogiocatore per giorni e giorni.
L’intensa e dettaglia narrazione ambientale
Se oggi From Software ci delizia con complessi action-RPG che raccontano storie impresse negli scenari che ci accingiamo ad esplorare, quando non sussurrate attraverso le schermate di menù che elencano gli oggetti raccolti dal nostro personaggio, lo dobbiamo senza alcun dubbio anche a The Legend of Zelda: Ocarina of Time, primo tra altri videogiochi in 3D a rendere pulsanti e vivi gli scenari visitati da Link, grazie a numerosi dettagli che creavano collegamenti, e quindi piccoli racconti nel racconto, tra personaggi, luoghi ed epoche diverse.
Hyrule
Dopo The Elder Scrolls V: Skyrim, dopo The Witcher 3, dopo Assassin’s Creed Odyssey e, sopratutto, dopo lo stesso The Legend of Zelda: Breath of the Wild, l’Hyrule di Ocarina of Time non può che apparirci come una distesa di medie dimensioni, per lo più desertica, priva di chissà quali punti di interesse e dettagli. Eppure, strano a dirsi, proprio le sue dimensioni relativamente contenute, proprio la presenza di pochi villaggi comunque densi di attività da svolgere, fanno sì che anche oggi esplorare il regno di Zelda, da parte a parte, sia un’attività degna di nota, in grado di emozionare e appassionare.
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