Valve Corporation ce l’ha fatta, finalmente: no, Gabe Newell non ha ancora imparato a contare fino a 3, ma dopo 6 anni di pressoché totale assenza dal mondo dello sviluppo videoludico, la leggendaria compagnia genitrice di Half-Life, Portal, CS: GO e DOTA 2 è “scesa dal trono” di Steam per tornare a produrre qualcosa con le sue mani.
L’ha fatto con Artifact. un gioco piuttosto controverso in effetti, che fin da subito ha destato dubbi e sospetti nei videogiocatori: un gioco di carte collezionabili, di cui ormai il mercato è più che saturo e che vede Hearthstone come dominatore assoluto, a pagamento, a differenza di tutti i suoi competitori, che trae ispirazione dall’ancora amatissimo DOTA 2 per impostazione e personaggi.
Valve non è però l’ultima arrivata e sa bene come creare un prodotto diverso, originale, in grado di conquistarsi una nicchia là dove pare che non ci siano più spazi disponibili. Lo fa chiamando in causa il genitore delle carte collezionabili, il leggendario Richard Garfield, ideatore di Magic: The Gathering, e dando vita ad un gioco fatto non per gli utenti casuali, ma per coloro che ricercano una vera sfida in questo genere. Cominciate a mettere in moto il cervello, perché stiamo per partire alla scoperta del complicato mondo di Artifact.
Chi conosce DOTA 2 sarà familiare con la divisione del campo di gioco in tre lane, ognuna con la propria torre posta a difesa dell’Ancient. Una volta distrutta una torre, ognuna delle quali ha 40 punti vita, apparirà l’Ancient, con un totale di 80 punti vita: per vincere la partita si dovrà distruggere quest’ultimo, oppure due torri.
All’inizio della partita tre eroi, selezionati al momento della costruzione del mazzo dal giocatore, vengono schierati casualmente sulle tre lane, uno per ognuna, insieme ai così detti creep, che continueranno a comparire in modo casuale ad ogni turno. Al quarto e quinto turno potranno essere schierati gli altri due eroi rimanenti nel mazzo nella lane desiderata (ma non nella posizione desiderata); inoltre quando un eroe muore viene rispedito in fontana e potrà essere rischierato nella lane desiderata alla fine del tempo di rigenerazione. Gli eroi, così come le carte, sono divisi in colori diversi: blu, rosso, verde e nero ed è possibile giocare una carta solo se almeno un eroe del suo stesso colore è presente nella lane e, ovviamente, se si ha a disposizione abbastanza mana per quel turno. Il mana parte da 3 ed aumenta ad ogni turno, come di consueto.
Artifact è un gioco estremamente complesso, che richiede dosi massicce di ragionamento in ogni fase, a partire dalla costruzione del mazzo
Durante la fase di azione si gioca una carta alla volta, passando ogni volta la mano all’avversario. Quando entrambi i giocatori passano comincia la fase di combattimento, durante la quale tutti gli eroi e creature presenti in campo si scontrano con la carta posta davanti a loro; se di fronte a loro non hanno nessuno possono attaccare la torre oppure, a discrezione della dea bendata, un’unità nemica a loro adiacente. Dopodiché si passa alla lane successiva. Alla fine del turno, dopo aver giocato su tutte e tre le linee, c’è una fase di shopping, durante la quale è possibile spendere i soldi guadagnati eliminando le unità nemiche in equipaggiamento per potenziare gli eroi, o in oggetti utili come pozioni per curare o pergamene per richiamare gli eroi in fontana (e salvarli da morte certa o cambiarli di lane a seconda delle necessità).
Come si può ben immaginare i diversi colori stanno ad indicare carte dalle caratteristiche diverse, che chiamano a differenti strategie. Dove i rossi giocheranno in maniera aggressiva, puntando a sfondare con la forza bruta di eroi e creature, i blu punteranno sulle magie, i verdi sulla costruzione di difese e macchine da assedio nel tempo, mentre i neri rappresentano i classici “sabotatori”. Mescolando i colori è possibile dare vita a molti mazzi dalle strategie assai diverse, per cui ognuno potrà sbizzarrirsi alla ricerca del suo stile personale o divertirsi a giocare ogni volta in modo diverso.
Mescolando i colori delle carte – rosso, verde, blu e nero – è possibile dare vita a molti mazzi diversi, dalle caratteristiche e strategie differenti
Le carte si dividono dunque in cinque tipi: creature, magie, oggetti, miglioramenti ed eroi. Le creature hanno un valore di attacco e uno di difesa e possono avere anche un valore armatura che gli pari i danni in arrivo; possono inoltre avere “grida di battaglia” o proprietà particolari. Le magie si lanciano e hanno effetti immediati tra i più svariati. I miglioramenti vengono messi in campo e vanno a posizionarsi accanto alla torre, fornendo svariati bonus, che vanno dal fare danno alle torri o alle unità nemiche ad ogni turno, ad aumentare il mana, a rendere pressoché immortali le unità dando loro il 50% di probabilità di sopravvivere ad un attacco con 1 di vita. I miglioramenti possono essere distrutti solo con carte che li indicano specificatamente come bersaglio.
Gli eroi e gli oggetti sono le uniche carte che non richiedono mana per essere giocate: mentre gli oggetti vengono utilizzati durante la fase di azione però, gli eroi vengono schierati prima dell’inizio del turno, insieme ai creep e a delle carte che indicano di volta in volta la direzione di attacco delle unità. Questi sono unità che presentano oltre ai valori di attacco, vita e armatura, delle abilità speciali, passive o attive che rispecchiano quelle dei loro alter ego in DOTA 2.
Se siete arrivati fin qua, avrete capito che Artifact è un gioco estremamente complesso, che richiede dosi massicce di ragionamento in ogni fase, a partire dalla costruzione del mazzo. Fortunatamente per i nabbi sono presenti due mazzi pre-fatti e al momento è anche disponibile una modalità che permette di utilizzare mazzi già costruiti di tutte le tonalità pure e bi-colori con un senso (non c’è un rosso-nero per esempio, perché se riuscite a farlo funzionare siete i nuovi idoli di Valve). Chiariamo una cosa: la difficoltà del gioco non è un difetto, è esattamente ciò a cui Valve puntava e il risultato è decisamente ammirevole, il problema è che per un gioco le cui partite durano 40 minuti e che richiede un lavoro di neuroni non indifferente, il fattore random è fin troppo preponderante.
I creep che compaiono a caso nelle lane, le unità che attaccano in direzioni casuali (ci sono carte che permettono di scegliere il bersaglio, il mana è prezioso e non sono presenti in tutti i mazzi), il fatto di non poter posizionare gli eroi nell’esatta posizione desiderata, così che finisce sempre davanti a un altro eroe super-pompato che lo distrugge in un turno, per non parlare del miglioramento che salva le unità dalla morte al 50%: un vero e proprio dito in un occhio. Avete presente quando a Risiko dovete tirare giù quella stramaledetta ultima unità, ma il vostro (presto ex) amico continua a tirare 6 di dado? Uguale.
Non esiste una valuta virtuale da guadagnarsi con un sistema di missioni e ricompense che invogli a tornare a giocare
Ma passiamo alla critica maggiore che era stata rivolta al gioco: il costo. Cosa offre Artifact con i 17,95 € dell’acquisto? Due mazzi pre-fatti, 10 buste contenenti 12 carte l’una, la possibilità di provare i mazzi sopra-menzionati (fino all’11 gennaio, poi la modalità sarà presumibilmente sostituita da un altro evento, un po’ in stile “rissa” di Hearthstone), di giocare con gli amici anche prendendo in prestito i loro mazzi, di partecipare a tornei aperti ed organizzarli con gli amici e non, e di giocare liberamente con avversari in maniera “casual”. Interessante in questo frangente la modalità Phantom Draft, in cui si costruisce un mazzo pescando da 10 buste che vengono aperte sul momento, in modo simile all’Arena del rivale Blizzard. È anche possibile allenarsi contro i bot, con una serie di sfide di difficoltà crescente. Insomma, un buon quantitativo di ore di gioco.
Con l’acquisto iniziale sono compresi anche 5 ticket, ed ecco che entra in gioco ciò che fa imbestialire gli utenti. I ticket sono richiesti per partecipare a partite “con premi”, ovvero non è possibile ottenere nuovi ticket o buste senza spendere soldi (a meno che non siate le divinità di Artifact e riusciate a mantenere i 5 ticket iniziali per sempre, in quel caso tanto di cappello). Non esiste una valuta virtuale da guadagnarsi con un sistema di missioni e ricompense che invogli a tornare a giocare. Vuoi la carta? Te la compri. Compri la busta, o la carta direttamente dal market. In pratica siete di fronte a Magic virtuale, dove per rimanere competitivi non avete altra scelta che spendere stipendi interi, solo senza il bonus della carta fisica da tenere per collezionismo. La situazione è peggiorata dall’attuale assenza di un sistema di ranking (anche se Valve ha promesso che sarà presto implementato), perciò se anche si vuole continuare a giocare casual con le sole carte iniziali o con i mazzi che fornisce il gioco, nulla vieta di ritrovarsi davanti a Gabe Newell in persona con il Black Lotus.
Artifact ha molti punti dolenti, ma ha anche delle grandi virtù: il sistema di gioco in sé è impegnativo ma divertente, challenging al punto giusto. La direzione artistica è davvero encomiabile, con illustrazioni delle carte bellissime, un campo estremamente curato, animazioni adorabili con due draghetti che seguono le azioni di gioco passo dopo passo, e una colonna sonora fantastica. Ma il fatto che non bisogna assolutamente sottovalutare è che Artifact è un gioco in continuo sviluppo e che non può far altro che migliorare.
L’aggiunta dei tornei aperti, della chat per comunicare con gli avversari, compresa la possibilità di aggiungerli come amici a fine partita sono tutte feature arrivate successivamente all’uscita e lo stesso accadrà a breve (speriamo non con il famoso “Valve time“) con il sistema di ranking. Valve non è una società sorda all’utenza e siamo certi che saprà tirare fuori da una buona base, un ottimo prodotto, ma forse ci vorrà un po’ di pazienza.
Artifact è un gioco di carte collezionabili assai complesso, non adatto ai giocatori “casual”, ma a chi è alla ricerca di una sfida in questo genere. Valve è riuscita alla grande nell’intento di creare una nuova nicchia all’interno di un mondo saturo di giochi, ma il prodotto non è certo privo di difetti. A un sistema di gioco divertente, seppur un po’ troppo legato al caso, si unisce una cura nei dettagli dal lato artistico impeccabile. Purtroppo il tutto viene rovinato da un modello di mercato che si rivela troppo “antiquato” e pesante sul portafogli rispetto alla concorrenza. Il costo iniziale può regalare molte ore di divertimento, soprattutto con gli amici, ma la mancanza di una valuta virtuale e di un sistema di missioni e ricompense implica che chiunque vorrà continuare a giocare per più di qualche settimana dovrà per forza investire una non trascurabile quantità di denaro. La speranza risiede nella sua natura di gioco in continuo sviluppo: con eventi, nuove feature (l’inserzione di un sistema di ranking) e magari una rivisitazione del modello di marketing, Valve potrebbe ancora trasformare un buon gioco in un prodotto davvero ottimo. |
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