Qualche settimana fa siamo volati a Londra, negli uffici di Bethesda, per provare un gioco ad alto carico di follia: chiunque conosca id Software, Tim Willits e in questo particolare caso Avalanche Studios, non dovrebbe balzare sulla sedia a sentire il nome Rage 2. O forse sì, perché del gioco datato 2011 nessuno si sarebbe aspettato certo un sequel considerato che nel complesso era un gioco discreto ma non eccezionale, anche a dispetto di un finale cliffhanger.
Rage 2 sarebbe forse potuto essere la vera sorpresa dello scorso E3 se la sua esistenza non fosse stata rivelata poche settimane prima. In ogni caso l’effetto stupore non viene del tutto meno, perché questo sequel si presenta come un gioco completamente diverso dall’originale: questo è senza dubbio un bene.
Rage 2 è uno sparatutto in prima persona open-world con alcuni elementi di crafting e altri affini del genere RPG. Si tratta di un vero e proprio sequel, ambientato trenta anni dopo gli eventi del primo gioco: l’umanità si è lasciata alle spalle l’apocalisse e le sue tragiche conseguenze, imparando a convivere con il dopo e cercando in qualche modo di ricostruire la propria quotidianità.
Certo, il mondo è ancora un’instabile massa caotica dove gang di predoni e mutanti assetati di sangue spopolano, ma è per questo che ci siamo noi: nei panni del ranger Walker, tutto ciò che sappiamo finora è che saremo coinvolti in una lunga lotta contro il generale Cross, in questo secondo capitolo leader di un gruppo che ricalca le orme dell’Autorità – l’antagonista principale del titolo precedente. La trama rimane dunque ancora un mistero attorno al quale Bethesda immaginiamo si preparerà a fare più luce. O forse no, chissà.
Durante la nostra prova siamo stati liberi sia di seguire lo svolgimento della trama principale sia di attraversare liberamente le Wastelands per testare la struttura di gioco in generale, scelta sulla quale ci siamo buttati senza indugio dopo aver fatto un salto in quel di Wellspring per salutarne il sindaco – una vecchia conoscenza che risponde al nome di Loosum Hagar.
Proprio come il remake di Doom, ciascun elemento di Rage 2 spinge a giocare in modo aggressivo e dare addosso al nemico usando il nostro arsenale al completo, trovandoci dunque soggetti a quel mix di letale adrenalina per cui i nostri sensi saranno sempre spinti al limite e persino oltre.
Sebbene infatti le munizioni siano in abbondanza e le nostre abilità a base di “nanotriti” (Dash, Shatter e Slam) abbiano un tempo di ricarica piuttosto rapido, la frenesia che caratterizza ogni combattimento ci costringe ad avere anche il cosiddetto occhio dietro la testa. Non è così semplice morire ma nemmeno vivere, in un mondo dove ognuno pensa alla propria sopravvivenza.
Il gioco tuttavia non resta a guardare e offre incentivi per spingervi a rischiare e gettarvi nella mischia: eliminare nemici in rapida successione crea una “serie di uccisioni” che aumenta la velocità di ricarica del vostro “overdrive meter”. Una volta attivata, l’Overdrive aumenta di parecchio il danno inflitto e consente di rigenerare la tua salute. Serve davvero una scusa migliore per andare in berserk e cacciare folti gruppi di nemici?
Rage 2 spinge a giocare in modo aggressivo
Il gunplay ci è sembrato elaborato il giusto, dopotutto sotto questo aspetto id Software non delude mai, e in grado di garantire l’approccio desiderato grazie all’implementazione delle poche ma sensibili abilità menzionate poco sopra. Si potranno aggiornare per migliorare ma, parlando con Tim Willits, ci è stato confermato che non saranno più di quelle mostrate.
Una scelta oculata perché senza questi potenziamenti è molto difficile progredire nel gioco ma, al contempo, non sono in quantità tale da essere dimenticati o nel peggiore dei casi messi da parte senza nemmeno essere stati provati: sono solamente tre e ci dobbiamo “accontentare”.
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Sotto questo aspetto, dunque, la collaborazione tra id Software e Avalanche si dimostra equilibrata: da un lato abbiamo dei veri e propri esperti nel garantire un’esperienza di shooting carica di adrenalina e divertimento, dall’altra invece abbiamo uno studio che sa bene come costruire un open-world.
Le Wasteland sono infatti sconfinate, disseminate qua e là di missioni da fare per aumentare il livello dei principali alleati che incontreremo lungo la storia: una struttura a “zone” (virgolettiamo perché in realtà non ci sono confini netti) che alla lontana ricorda quanto visto in Just Cause 4, disseminata di missioni secondarie fra le più disparate.
Rage 2 poggia su fondamenta solide
A bordo della nostra fidata Phoenix, una jeep pensata apposta per affrontare le insidiose strade impolverate delle Wasteland (ma siamo liberi di guidare ogni veicolo a portata), abbiamo inseguito predoni, distrutto convogli con razzi, mitragliatrici e ogni arma possibile con cui potenziare il nostro mezzo, insomma fatto tutte quelle cose per cui Avalanche si era già distinta in Mad Max e nella serie Just Cause, dunque possiamo ben sperare in combattimenti a bordo di veicoli altrettanto emozionanti come quelli a piedi. Le basi non mancano, lo abbiamo constatato, aspettiamo di vedere se il tenore sarà lo stesso (o migliorerà) lungo il corso del gioco.
Ovviamente questi aspetti non avrebbero importanza se ci trovassimo di fronte a una serie di azioni ripetitive: la collaborazione tra Avalanche e id Software, lo ripetiamo, in questo caso funziona bene mettendo al servizio del giocatore un vasto open-world corredato da meccaniche di shooting intelligenti e mai banali, in un mix anzi indispensabile per uscire vivi dalla crudeltà delle Wasteland.
Abbiamo ancora non poche domande sulla struttura di Rage 2, soprattutto in merito a come si riuscirà a mantenere interessante la componente open-world, ma da quanto visto finora il gioco poggia su fondamenta solide per proporsi come un’esperienza folle, divertente e non inutilmente dispersiva.