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Resident Evil – Recensione Switch

C’è stata un’epoca, ormai lontanissima, in cui non esistevano remastered, ma solo remake, veri e propri rifacimenti, magari vecchi nel concept, nuovi nell’anima, nell’aspetto, persino nel gameplay. Resident Evil 2 non è un recente capriccio di Capcom, quanto il ritorno e la riproposizione di una politica promossa e varata proprio a partire da Rebirth, pesante rivisitazione dell’originalissimo Resident Evil, nonché miracolo tecnico (ai tempi del Game Cube, beninteso), che rinvigoriva l’autentico capolavoro con nuovi enigmi, minacce, intrecci narrativi.

Nel 2002 l’iniziativa del publisher nipponico, già chiacchierata per la bizzarra decisione di proporlo (inizialmente) in esclusiva per la poco fortunata console della Grande N, generò non poco clamore tra fan e appassionati del genere, fatalmente ipnotizzati da un comparto artistico sublime e da trovate ludiche che pur rispettando in toto l’antica formula, ebbe il coraggio necessario per aggiornarla agli standard del tempo.

Quella che ha raggiunto da pochi giorni i portentosi chip di Nintendo Switch, è la trasposizione esatta dell’edizione HD pubblicata nel 2015 su PlayStation 4 e Xbox One. Non ci sono vere e proprie novità, insomma, se non quella ovvia di poter finalmente giocare al capolavoro di Capcom al buio, sotto le coperte, equipaggiati di un buon paio di cuffie.

Come già sanno gli esperti, rispetto a Rebirth questa versione porta in dote due grossi cambiamenti. Il primo riguarda la modalità widescreen che, forte dei 16:9, mostra ambientazioni e scenari con un’ampiezza di campo inarrivabile per l’originale.

Resident Evil screenshotL’altra aggiunta, riguarda invece il sistema di controllo. Selezionando la rispettiva voce nel menù, perché entrambi gli upgrade sono disattivabili per chi preferisce una fruizione quanto più fedele possibile, renderete la rotazione del personaggio immediata, in totale armonia con l’inclinazione impressa al pad. Laddove il sistema classico si sposa meglio con il ritmo di gioco, poiché rende l’agilità dell’avatar paragonabile a quella degli zombie che dovrete affrontare, la nuova modalità rende il tutto estremamente più fluido, immediato, certamente più affine al feeling delle produzioni contemporanee.

In modalità docked tutto funziona a meraviglia, a 30fps fissi, 900p di risoluzione e con tempi di caricamento davvero minimi

Le due nuove feature influenzano certamente il gameplay, ma essendo assolutamente facoltative ampliano l’offerta, consentendo anche a chi cerca un’esperienza più moderna di apprezzare i tanti pregi di un gioco ancora oggi perfettamente in grado di appassionare, terrorizzare, affascinare.

Il merito, come dicevamo, è anche di un comparto tecnico che sfruttando fondali prerenderizzati è invecchiato benissimo. In modalità docked tutto funziona a meraviglia, a 30fps fissi, 900p di risoluzione e con tempi di caricamento davvero minimi. In modalità portatile, non solo si passa a 600p, ma passare da una stanza all’altra richiede diversi secondi in più.

Nulla di grave, beninteso, Resident Evil resta godibilissimo anche in modalità portatile, ma va da sé che, potendo scegliere, sarà sempre meglio goderselo sul tv di casa.

 

Conclusioni

Il remake del primissimo Resident Evil resta una pietra miliare del suo genere, godibilissimo anche dai neofiti in cerca di emozioni forti. Il comparto grafico è tutt’ora di tutto rispetto, mentre le piccole novità già introdotte nel riadattamento in HD infondono un po’ di linfa vitale ad un prodotto che, nel rispetto dei fan più attempati, può comunque essere fruito nella sua forma originale, senza widescreen e comandi più intuitivi.

Su Nintendo Switch il plus della portabilità non è cosa da poco, nonostante l’ovvio ridimensionamento della risoluzione massima, difficilmente percettibile viste le dimensioni contenute del display della console, e tempi di caricamento lievemente più prolungati.

Resident Evil si riconferma un survival horror senza tempo, splendido e terrificante oggi, come già nel 2002 e nel 1996.

 

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