World of Warcraft Classic
10 Ott 2019

World of Warcraft Classic – Recensione

Quindici anni. Sono passati ben tre lustri dal lancio del leggendario MMORPG di casa Blizzard, il più famoso e seminale del genere.

World of Warcraft non fu una novità di per sé, in quanto di esponenti del genere ve ne erano già da anni sulla piazza, ma ebbe da subito quel qualcosa in più rispetto alla concorrenza, inclusi quei titoli che avevano già avuto una certa fortuna, a partire da un certo Ultima Online (uno fra i primissimi, immenso, ma oramai in declino) di un certo Lord British, per poi arrivare a mondi 3D, come Lineage o EverQuest.

Forse il magnifico lore, che era già ben noto agli amanti degli strategici grazie alla trilogia dei Warcraft, riusciva a mettere immediatamente a suo agio il giocatore, e a rendere esplosivo e pieno di nuove possibilità l’universo di Warcraft. O ancora, forse il merito era del comparto grafico tipico della Blizzard che porta alla dipendenza visiva, oppure dello stile di gioco, allora innovativo, che fece scuola a seguire.

Sta di fatto che l’enorme successo di World of Warcraft fu netto, indiscutibile e strabordante. Questo uno di quei casi dove senza paura di essere retorici si può affermare che si sia fatta la storia del mondo dei videogiochi; nel suo massimo splendore i server traboccavano di milioni di giocatori (superando la soglia dei 10). Non è nemmeno azzardato sostenere che portò i MMORPG nella cultura di massa. Ha avuto l’onore e l’onere di portare il videogioco massivo online nella cultura generalista, anche con le iperboli e i casi di cronaca, più o meno ingigantiti, di dipendenza da videogame.

Nel bene o nel male credo proprio che non esista veramente nessun pcista attivo nel lontano 2005 che non abbia calcato le strade di Stormwind, almeno per un breve tempo, seppure solo per curiosità.

Le cose buone durano, ed è per questo che WoW ci ha accompagnato e ci accompagna ancora, dopo 15 anni, e per celebrare questo importante traguardo in Blizzard hanno ben pensato di offrirci l’agognata e mitica versione “Vanilla”, la prima (una delle prime, per la precisione la patch 1.13) del loro classico senza tempo.

E quindi siamo di nuovo qui: tutto come l’avevamo lasciato. Sembra familiare, ma anche molto diverso.

Già, perché l’evoluzione del genere, di cui lo stesso World of Warcraft è stato precursore (ma sopratutto innovatore e parte fondamentale del processo di crescita) è stata sensibile nell’arco di quindici anni. Il World of Warcraft di oggi è un gioco “morbido”, quantomeno nel suo impatto iniziale. Siamo pieni di info, tips, consigli a video (e per noi italiani non dimentichiamoci del gioco interamente tradotto). Nel World of Warcraft contemporaneo livellare è inizialmente quasi tutto un enorme tutorial su come impostare le nostre interfacce, sui talenti sulla sinergia delle “spell” e abilità; le missioni sono dei confortevoli “clicca, guardalamappadovestailcerchio, vai, uccidi, raccogli“, praticamente una run solitaria fino ad alto livello, quasi una formalità, perché il “vero” gioco inizia al 120° livello.

Sicuramente quest’ultima affermazione è un’esagerazione, ma c’è più di qualcosa di vero. E chiariamo che questo non è certo un lato negativo dell’odierno World of Warcraft, ma solo una necessità funzionale ad un gioco diventato enorme, e quindi strapieno di cose da fare ma anche “diverso” nella sua sostanza.

D’altronde Classic World of Warcraft resuscita da un tempo più “primitivo” per il genere, un periodo in cui erano ancora da venire tutte le avventure, i raid, le spedizioni e gli scopi del post-60° livello. A quei tempi l’obiettivo era sempre lo stesso: raggiungere il sessantesimo livello, e magari Molten Core.

World of Warcraft Classic ci catapulta ai primevi del genere: tempi per certi versi anche più esaltanti, tempi in cui trovarsi con altri giocatori non era solo piacevole ma quasi sempre necessario

L’Azeroth di World of Warcraft Classic è molto più piccolo e limitato: c’è Kalimdor e gli Eastern Kingdom, e il grande mare che li separa, ma tutto appare enorme, selvaggio e pericoloso.

E per chi,come me, ha problemi di orientamento, è ora, come allora, una sfida già solo calcare quelle terre per recarsi al luogo di alcune missioni, vagare inutilmente, rileggere nuovamente e attentamente la missione per comprendere dove fosse esattamente il luogo descritto, visto che nella mappa ben poco viene visualizzato. Anche perché la conseguenza di trovarsi, nell’erroneo vagare, in luoghi popolati di mob di alto livello, dove non ci si voleva e doveva assolutamente trovare, era una rapida morte. Non abbiamo, come nel contemporaneo WoW, posti di volo praticamente in ogni contrada (anche se ora li visualizziamo tutti nella mappa, prima ancora di aver anche solo respirato l’aria di quella zona): in WoW Classic ci tocca camminare, e camminare e camminare.

Ma anche questo non è del tutto un male: i territori sembrano più vasti, più oscuri e nettamente più pericolosi; le locande e le poste dei grifoni sono veramente boccate d’ aria, ancore di salvezza, e ogni traversata sembra un atto d’eroismo di per sé. Anche perché a dispetto di un comparto grafico che dovrebbe essere datato, World of Warcraft Classic non perde il suo smalto; l’impatto visivo regge con eleganza, ispira ed evoca esattamente le stesse sensazioni di 15 anni fa, come la sensazione di muoversi dentro ampi luoghi selvaggi, inesplorati e mortalmente pericolosi, meno affollati e “comodi” della controparte modern. Sensazione che viene amplificata e trasmessa egregiamente tutt’ora, tant’è che si può certo dire che il gioco sia invecchiato pochissimo.

E dunque allora era forse anche normale passare ore e ore per trovare quel dannato item che l’ennesimo mob si ostinava a non voler droppare, ed era normale venire massacrati già al 6° livello dalla simpatica scrofa Princess e i suoi due compagni (apparentemente dei docili maialini), che ti devastavano in malissimo modo. Ed era prassi trovarsi il boss obiettivo della missione aggrato da un altro giocatore, e visto che solo il primo player/gruppo che aggrava un nemico aveva il diritto al loot e all’uccisione, non restava che sedersi e attendere il respawn.

Tutte queste cose, come allora, sono ancora oggi in World of Warcraft Classic: frustranti, sulla carta, ma favoriscono una certa collaborazione fra i PG, anche minima, rapida, senza impegno, e così si torna ad invitare sconosciuti, senza troppe formalità. Si formano gruppi per distruggere boss che nel moderno WoW sono una passeggiata, o per condividere drop, di cui il gioco è spesso avaro.

Perché è nel pericolo e nella difficoltà che gli umani (ma se è per questo anche non morti, orchi e via dicendo) fanno quello che fanno sempre: unirsi.

Questo rimane uno dei punti più interessanti di questo tuffo nel al passato: la facilità e la cordialità con cui gruppi di sconosciuti si uniscono, anche per una singola quest, che nella versione moderna apparirebbe una formalità ridicola, e che invece nel Classic già da subito si trasforma in “aggri” da solo e muori. Basta un “invite me” e subito si è dentro a falciare assieme e in sicurezza.

L’alta mortalità e la difficoltà fanno stringere alleanze, temporanee, magari effimere, ma fruttuose, utili e gratificanti. Spesso silenziose, basta un “/s invite?” e via, sappiamo già cosa dobbiamo fare, lo sappiamo tutti, magari anche dopo una buona mezz’ora passata solo a uccidere briganti, o anche solo per una “boss fight“. Alla fine con un “/bow” ci si saluta e si torna a riscuotere la nostra ricompensa. O magari nascerà un gruppo solido, e perché no, una Gilda.

Questo sapore di vecchia scuola è palpabile e spesso è quasi tenero, ma dà soddisfazione, e curiosamente e inaspettatamente, è uno degli elementi più interessanti ad essere emersi da questa riedizione. E per ora sembra non esserci il rischio di essere soli: i server al lancio erano stracolmi, parliamo di code di decine di minuti. La situazione ora si è normalizzata, ma il carico dei server rimane piacevolmente in “High”, e questo vuol dire che abbiamo migliaia e migliaia di nemici da affrontare, ma anche di compagni con cui stringere effimere o meno alleanze.

Ci sono due ragioni differenti che possono spingere un veterano, o un novizio, a giocare a WoW Classic: affrontare nuovamente e cronologicamente la lunga, ricca e affascinante storia di World of Warcraft, che per i neofiti è un’esperienza utile e quasi didattica, oltreché intrigante e divertente. Mentre risulta un nostalgico ritorno, per gli anziani abitanti di Azeroth.

Ad onor del vero ve ne è una terza: va infatti ricordato che l’abbonamento e il tempo di gioco, vale per ambedue i giochi, una mossa molto intelligente da parte di Blizzard che permette quindi con una sola spesa di godere di ambedue le esperienze.

Blizzard continuerà con questa semplice, filologica riproposizione di vecchi contenuti, o ne approfitterà per provare qualcosa di diverso?

Quello che viene spontaneo chiedersi e se in Blizzard si voglia continuare con questa semplice, filologica e pedissequa riproposizione dei vecchi contenuti, come essi erano, o magari approfittare per fare qualcosa in più, e qualcosa di diverso, per rendere l’esperienza ancora più appetibile.

Questo ovviamente dipenderà in larga parte dall’accoglienza e dai feedback dei giocatori, a cui Blizzard si è sempre dimostrata attenta.

Conclusioni

E dunque cosa dire su World of Warcraft Classic che non sia già stato detto già all’epoca? Forse il significato che può avere oggi.

Da una parte il nostalgico riscoprirà aspetti e sensazioni assopiti, e che ora esistono solo come loro eco: necessità di interazione, difficoltà nella stessa progressione e nelle piccole minuzie gestionali oramai scomparse, pet da nutrire, recarsi al trainer per ogni acquisizione di skills, e via dicendo.

Dall’altra un novizio, assordato dal contemporaneo WoW, potrebbe essere curioso di scoprire come fossero “i bei vecchi tempi”, per vivere ciò di cui aveva solo sentito parlare.

Di certo, entrambi apprezzeranno quel senso di comunità che lo stile di vita del Classic favorisce, praticamente da subito.

World of Warcraft Classic è una specie di “ristampa”, il cui futuro per ora è fumoso, non ancora definito, non essendo ancora certi dove Blizzard intende portarlo.

Ma Blizzard, lo sappiamo bene, ci ha sempre abituati a gradite sorprese, quindi possiamo sentirci in buone mani.

Per ora possiamo solo sudare, “aggrare“, livellare e prepararci alle nuove sfide, così come facevamo quindici anni fa, senza pensare troppo al domani.

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