Chi lo avrebbe mai detto che una serie spin-off come Zombie Army avrebbe raggiunto, in termini di capitoli pubblicati, la serie d’origine (ovvero Sniper Elite)? Eppure sono ormai a 4 episodi, a pari merito, segno della buona salute di entrambi i brand e della stessa Rebellion, che continua a migliorarli e affinarli di volta in volta, e dando a ognuno la sua personalità, nonostante il DNA molto simile.
Per quanto, infatti, la parte del leone la facciano i fucili da cecchino anche nella costola a base di non-morti, ci siano sempre i nazisti da massacrare di mezzo e il level design sia calibrato in modo da rendere validi e utili sia gli approcci ravvicinati che dalla distanza, Zombie Army ha infatti uno stile tutto suo, che pesca a piene mani dall’immaginario degli horror movie di serie Z (nella colonna sonora, ad esempio, o nella presentazione dei livelli, con tanto di locandina stile film), ma è il grande focus sulla cooperativa l’elemento distintivo, con la volontà sempre più evidente di colmare il vuoto lasciato da capisaldi come Left 4 Dead.
4 giocatori che collaborano attivamente per sopravvivere a orde inarrestabili di zombie nazisti, vomitandogli addosso fiumi di piombo, ma non solo: il fulcro delle missioni è quasi sempre quello di massacrare nemici, ma sono previste attività secondarie come sbloccare porte, riempire taniche, o ancora massacri ma entro uno specifico perimetro, giusto per dare un po’ di pepe al tutto. Abbiamo potuto mettere mano al gioco in occasione di un evento milanese tenuto alla fine di novembre, dove ci è stata data la possibilità di provare due lunghe missioni entrambe ambientate in Italia, in una versione chiaramente alternativa della stessa, dilaniata da un’invasione di non-morti fedeli al Terzo Reich.
Una prima missione ci ha portati tra le foreste della Sardegna (che però, a dirla tutta, ricordavano più una giungla del sud-est asiatico che qualcosa tipico di Cagliari e dintorni), a caccia di preziose informazioni da recuperare infiltrandoci nella base segreta dell’ufficiale Schweiger: divisa in più fasi sia in fatto di ambientazioni che di compiti da svolgere, ci ha prima fatto penetrare le difese, tra mura da superare e boschi da esplorare, per poi entrare in un bunker (ma non prima di aver riattivato l’ingresso alimentandolo con del carburante presente nel deposito di treni nei paraggi), dove, dopo averne ripulito i cunicoli, abbiamo dovuto ridare energia alla struttura supportati dall’assistente di Schweiger, pentito delle nefandezze commesse dal suo capo, salvo poi scoprire di doverlo cercare altrove.
Il ritmo di questa prima missione, giocato a normale, si è rivelato essere un po’ troppo lento, complice forse un’alchimia di squadra non ancora trovata, oltre alla struttura dei livelli stessi, con stretti corridoi che univano tra loro ampie porzioni di mappa dove le orde di nemici tendevano un po’ a disperdersi, ma in cui, al contempo, è stato possibile sfoderare il fucile da cecchino in dotazione come arma primaria ad ognuno dei 4 personaggi principali (ce ne erano altri 2 da sbloccare, quindi il cast potrebbe essere ancor più ampio) e darsi agli headshot più brutali (con qualcuno impreziosito, come da tradizione della serie principale), dalla X-Ray Cam visibile a tutta la squadra.
C’è ancora qualche imprecisione nel gunplay, con proiettili che non sempre vanno a colpo come si deve, e con un sistema di mira un po’ grezzo, ma che da qui all’uscita (prevista per il 4 febbraio 2020) verranno certamente sistemati . E se non vi piace fare il cecchino, avrete sempre un’arma secondaria più classica (un fucile automatico o uno a pompa), una pistola semplice d’emergenza, una “last chance” à la Call of Duty che, eliminando qualche nemico mentre siete a terra, vi permetterà di tornare in vita senza il bisogno di ripartire dal checkpoint o di attendere le cure degli alleati.
Ma l’arsenale a disposizione dei personaggi non si ferma qui: si possono impugnare torrette disseminate per i livelli (preziosissime quando la quantità di nemici si fa strabordante), armi pesanti e speciali precedentemente in possesso di nemici più ostici (come lanciafiamme o motoseghe), e scagliare attacchi speciali, grazie a perk speciali relative all’arma equipaggiata (ma il più delle volte si tratta di rallentamenti che ci aiutano a prendere meglio la mira), anche all’arma bianca, tra eliminazioni coreografiche (hanno però un cooldown), classici colpi ravvicinati e versioni potenziate degli stessi, che previo riempimento di una specifica barra, sprigionano colpi potenti in grado di mandare al tappeto uno o più nemici (come una poderosa martellata, o un letale fendente).
I molteplici loadout, da salvare e schierare in campo quando vorrete, sono insomma molto variegati, e ci pensano anche delle abilità secondarie, a loro volta dotate di due effetti alternativi da scegliere prima di ogni match (una, ad esempio, ci offre la seconda chance quando siamo a terra e stiamo per morire, mentre la variante ci permette, in fase di morte, di rilasciare dell’energia che elimina i nemici nei paraggi), a rendere ancor più vario il tutto. E lo stesso vale per abilità, sbloccate salendo di livello, che offrono bonus a salute, granate e altro ancora.
Nulla è lasciato al caso, e con una squadra ben affiatata e organizzare, è possibile creare il quartetto definitivo con cui asfaltare ogni orda di zombie. Alchimia e organizzazioni che ci sarebbero tornate molto utili nella seconda missione, affrontata a difficoltà Difficile, ma un po’ spavaldamente, visto l’esito infausto. “Incubo di Fuoco” è ambientata in una Napoli ben diversa, caratterizzata sì dall’iconico Vesuvio, qui fonte di una strana luce demoniaca e di fiumi di lava che hanno martoriato la città.
Saltando da un ponte all’altro, ci siamo fatti strada attraverso balconate, tetti pullulanti di terribili cecchini in grado di volare e di prenderci di mira con fucili da cecchino e lanciarazzi, passando per lo scontro con il temibile Macellaio, un bestione armato di motosega, fino al devastate assalto finale all’interno delle mura di un castello, dove la nostra squadra è perita numerose volte fino alla definitiva bandiera bianca.
Qui tutta la varietà di nemici proposta ci si è scagliata contro tutta insieme, in un’arrestabile ondata di nemici pronti a sbucar fuori da portali demoniaci o a venir riportata in vita da speciali teschi che li potenziavano o riportavano in vita (e che, ovviamente, dovrete prendere per primi di mira), tra fastidiosi, piccoli, agili esserini scheletrici a 4 zampe, e giganti via via più veloci e letali, tra quelli corazzati e altri armati di lanciafiamme (e bombole a gas da far esplodere).
Nulla è lasciato al caso, e con una squadra ben affiatata e organizzare, è possibile creare il quartetto definitivo con cui asfaltare ogni orda di zombie
Abbiamo potuto saggiare anche gli zombie suicidi, con addosso dei candelotti di dinamite da far detonare possibilmente mentre attraversano gruppi di loro compari, ma indipendentemente dal loro aspetto o dalle loro abilità, a non cambiare mai era la loro costante sete di nostro sangue. E anche trincerandosi sulle mura del castello, la presenza degli speciali “evocatori”, invisibili dal punto in cui ci trovavamo, richiedeva di continuare a esplorare, a non fermarsi in un singolo punto, pena la morte.
Esplorazione che viene premiata sia grazie a collezionabili e power-up (come potenziamenti per le armi, fumetti, e anche delle simpatiche “mani zombie” stile “Mano” della Famiglia Addams, nascoste nei punti più impensabili), ma anche a preziose armi, come una trovata solo all’ultimo momento (su suggerimento di uno degli sviluppatori presenti), che permetteva di evocare una devastante pioggia di missili sui nemici). Ma non ci è bastata a sopravvivere all’intenso, appagante scontro finale, che ci ha lasciato con la voglia di riprovarci, quando il gioco uscirà, senza alcun senso di frustrazione di sorta, ma solo con la convinzione di non aver fatto abbastanza, o di non aver adottato la strategia più adatta, il che è un bene.
Zombie Army 4: Dead War alza maggiormente il tiro con un’esperienza forse un po’ troppo familiare ma ancor più ricca, personalizzabile e coinvolgente, come sempre fortemente focalizzata sul multiplayer, dove dà il 100% (ma potrete anche giocarlo in singolo) grazie alla necessità di muoversi all’unisono con i propri compagni di squadra, e di mescolare al meglio l’ampio catalogo di armi, mod e abilità, alla singola predisposizione a questo o a quel “ruolo” (non ce ne sono in senso stretto, ma ad esempio alcuni personaggi hanno abilità curative, altri più offensive) dei giocatori.
Le imperfezioni tecniche (bug, colpi che non vanno precisamente a segno e così via) ci sono e si sentono, ma tra la sua personalità esagerata (complice la folle volontà di mescolare storia reale e fantasia) e un gameplay ormai collaudato, il gioco di Rebellion promette già da ora di soddisfare le aspettative dei fan, e magari di conquistarne di nuovi, a patto di smussare alcuni spigoli.
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