Gli horror seguono spesso una logica incomprensibile, una di quelle davanti alla quale noi probabilmente reagiremmo in maniera “giusta”: quante volte, insomma, ci è capitato di gridare davanti allo schermo quanto fosse stupido dividersi oppure, con solo un velatissimo sarcasmo, che sì, cacciarsi in un bosco in piena notte è l’idea migliore di tutte sapendo cosa potrebbe nascondervisi.
Siamo dunque stati abituati a vedere personaggi beffarsi della comune logica, forse spinti da un inconscio desiderio di morire presto e male, perciò è stata quantomeno una sorpresa vedere che Edward – il protagonista di Those Who Remain – è un uomo molto più con i piedi per terra. Disilluso, da un certo punto di vista in cerca della morte (ma non per ragioni di mancata connessione delle sinapsi), reagisce agli strani eventi che lo vedono protagonista con un raro distacco, a tratti persino grottesco ma che non possiamo negare di aver compreso, specie durante le fasi più esasperate.
Ma di che tipo di gioco stiamo parlando, nello specifico? Those Who Remain è un thriller psicologico a tinte horror, sviluppato da Camel 101, che ci mette al centro degli strani avvenimenti in cui è coinvolta la cittadina di Dormont. Edward, un uomo tormentato dal passato, si trova a un certo punto coinvolto in una notte che non sembra aver mai fine, braccato da strane creature dagli occhi luminescenti che si nascondono nel buio. Per sopravvivere, dovrà far luce non solo letteralmente sul proprio cammino ma anche sulle circostanze che hanno portato Dormont a essere vittima di questa spirale di morte.
La formula adottata dal Those Who Remain è quella che potremmo definire “à la Amnesia”: l’horror di Frictional Games ha sdoganato un approccio che se da un lato rende facile l’ingresso agli sviluppatori indipendenti, o comunque alla loro prima pubblicazione, dall’altro ha inevitabilmente saturato il mercato con una serie di giochi clone che ruotano tutti attorno allo spavento facile, al jump scare chiamato e spesso stucchevole. Ma soprattutto a un’inevitabile e drastico calo della sospensione d’incredulità, una diretta conseguenza di un’atmosfera che a mano a mano si fa sempre meno sentita e opprimente.
Questo titolo non è purtroppo da meno, a dispetto di un buon comparto audio e della genuina inquietudine che le creature d’ombra trasmettono: come spesso accade negli horror in prima persona, però, la tensione scema gradualmente fino a rendere quella che dovrebbe una minaccia costante nulla più di un elemento di contorno, qualcosa che c’è e dobbiamo superare ma senza averne più davvero paura – fanno eccezione giusto un paio di scene improvvise.
Those Who Remain è un titolo che non toglie né aggiunge qualcosa al suo genere
Brancolando nel buio, a tratti letteralmente, passiamo il nostro tempo da uno scenario all’altro a cercare l’oggetto che ci permetterà di proseguire: nulla di più e nulla di meno. Un gameplay dunque ridotto molto all’osso, che non lascia spazio a chissà quali guizzi e pur avendo a tratti degli enigmi, se non complessi, quantomeno interessanti, non è sufficiente per creare un’esperienza memorabile. Persino il passaggio attraverso le due realtà, una sorta di molto grezzo concept sulla falsa riga di Silent Hill, è solo in parte riuscito e forse avrebbe potuto essere sfruttato meglio.
A caricare Those Who Remain di un certo tedio ci sono le sequenze di inseguimento (banali e ripetitive) e la già accennata e progressiva carenza di sospensione di incredulità: le tenebre nelle quali è piombata Dormont sono spesso squarciate da fonti di luce che Edward potrebbe sfruttare per evitarci ogni volta di sporgerci oltre una soglia, millimetro dopo millimetro, in cerca dell’interruttore che farà scomparire le ombre, eppure lui non ne fa uso. È un po’ lo stesso concetto, presente in altri giochi horror, per cui il personaggio non ha alcun modo di difendersi nonostante sul suo cammino trovi un intero arsenale di possibili armi contundenti.
Dalla sua, il gioco di Camel 101 ha un’atmosfera che regge bene o male lungo tutto il corso dell’avventura (che vi chiederà cinque o sei ore per essere completata e sbloccare uno dei tre finali a disposizione), accompagnata da momenti di sincero terrore, che tuttavia non riescono a emergere davvero a causa di un continuo riciclo di concetti alla base di molti horror.
È un peccato perché la trama tocca dei temi importanti e tuttavia non li approfondisce a dovere, lasciando nelle nostre mani un ruolo di giudice, giuria e carnefice troppo facile da assecondare: forse era l’intenzione del team di sviluppo, farci riconoscere che il senso di giustizia ha spesso a che fare con i nostri più bassi istinti, ma avremmo preferito un approccio più ragionato perché le giustificazioni addotte dai “colpevoli” (non vogliamo andare oltre per non rovinarvi comunque l’esperienza) sono talmente banali, a confronto della colpa commessa, che è pressoché impossibile volerli perdonare.
Those Who Remain è, nel complesso, un titolo che non toglie e non dà nulla al genere di appartenenza: laddove ci sono genuini guizzi interessanti che avrebbero potuto regalare un’esperienza, se non innovativa, quantomeno più solida, questi lasciano spazio a un riciclo di concetti e cliché che ormai stanno saturando il mercato. Il protagonista potrà anche essere con i piedi per terra, a tratti anche troppo (ma è comprensibile sapendo il suo passato), eppure certe situazioni ai limiti dell’illogico rendono gli sforzi per metterci nei suoi panni – e in generale immergerci nell’atmosfera – piuttosto vani. Gli appassionati del genere potrebbero volergli dare un’opportunità, per il resto non ci sono davvero motivi che spingano a un immediato acquisto. |
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