Maid of Sker è quel gioco che ti aspetti e riesce comunque a sorprenderti. Parliamo di un horror in prima persona basato sull’ormai ben radicato gameplay che Amnesia ha concorso a sdoganare – basso profilo, nessuna arma a disposizione, unica soluzione la fuga quando si viene individuati dalle creature. Eppure, vuoi per l’atmosfera, vuoi per una storia che pesca a piene mani dal folklore gallese dove realtà e leggenda si mescolano senza riuscire a farci distinguere dove finisca una e inizi l’altra, lo studio di sviluppo Wales Interactive è stato in grado di confezionare un’esperienza che non rivoluziona i canoni del genere ma prova a offrire nel suo piccolo qualcosa di diverso.
Per certi versi ci riesce persino ma non sfrutta abbastanza l’occasione per trasformare alcuni suoi aspetti chiave in vere e proprie meccaniche dalle quali far dipendere l’esperienza, realizzando dunque una buona esperienza horror che tuttavia non emerge dal mare di titoli più o meno identici.
Le premesse narrative ci vogliono nei panni di un compositore, Thomas Morgan, che sta dirigendosi allo Sker Hotel su urgente invito della sua fidanzata Elizabeth Williams, portando con sé una partita che ha composto sempre su richiesta della donna. Non occorre molto perché i pacifici panorami gallesi diventino un ricordo nel momento in cui le doppie porte dell’edificio si chiudono alle nostre spalle, dando inizio a un incubo in piena regola.
È la stessa Elizabeth a informarci che qualcosa di terribile sta accadendo tra quelle mura e ha coinvolto non solo la sua famiglia ma i dipendenti stessi dell’hotel, che sembra abbiano perso il senno e attirino persone con l’apparente scopo di ucciderle o farle diventare come loro.
La donna si è nascosta nell’attico e il nostro compito è, ovviamente, aiutarla a uscire da lì. Non si tratta solo di questo però, perché Elizabeth ci supplica anche di rintracciare quattro cilindri utili a comporre una melodia che dovrebbe permettere a questi afflitti – noti come Quiet Men – di riprendere il senno. Un obiettivo che, come al solito, è semplice soltanto a parole non avendo inizialmente idea di dove possano trovarsi questi oggetti.
Braccati senza sosta da queste “persone”, alla cui mancanza di vista sopperisce un udito incredibilmente raffinato, dovremo fare dell’ascolto la nostra arma migliore per anticipare chi proprio sulla percezione del suono si orienta. In generale, il lavoro svolto dagli sviluppatori sull’audio è encomiabile: dalla musica inquietante che accompagna i nostri passi (a tratti imponendosi un po’ troppo, bisogna riconoscerlo), fino rumori tipici di un hotel abbandonato a se stesso, Maid of Sker è un gioco che va assolutamente vissuto in cuffia sia per una questione di immersività sia di necessità.
L’audio binaurale ci permette di intuire da dove arrivano i passi dei nemici e capire quando la via è libera, nonché quanti di loro ci sono nei paraggi, adattando le nostre azioni di conseguenza anche se spesso ci capiterà di improvvisare, per quanto il gioco lo conceda. Non saremmo sorpresi se Thomas uscisse da questo incubo con dei quadricipiti da culturista, visto quanto lo abbiamo fatto stare chino cercando di non farlo scoprire. Soprattutto perché, come dicevamo all’inizio, questo è un gioco basato sulla logica imposta da Amnesia, ovvero l’essere completamente inermi di fronte alle creature che ci stanno braccando.
Maid of Sker è un gioco che va assolutamente vissuto in cuffia.
O quasi. Thomas potrà infatti disporre a un certo punto del gioco di un particolare congegno in grado di bloccare temporaneamente i nemici ma non è qualcosa di cui possiamo abusare. perché le sue cariche sono piuttosto limitate e si esauriranno per la maggior parte contro uno dei più grandi impedimenti di Maid of Sker. Ne parleremo fra un momento.
Considerato l’udito raffinato dei Quiet Men, il secondo punto chiave per sopravvivere all’orrore dopo il procedere accovacciati è trattenere il respiro nei momenti essenziali. Quest’ultima meccanica in particolare è stata gestita in modo interessante: se dovesse capitarci di passare in un’area particolarmente polverosa o troppo vicino a un falò con il rischio di respirarne la cenere, Thomas inizierà a tossire attirando l’attenzione di chiunque sia a portata d’orecchio. Poiché il fiato si può trattenere per un tempo limitato, in alcuni casi subentra la pianificazione delle proprie mosse dopo aver studiato i dintorni, pena essere picchiati a morte dai nemici.
Nel complesso basare il nucleo dell’esperienza attorno all’ascolto ci è piaciuto ma avremmo preferito fosse approfondito di più, sulla falsa riga di un Alien: Isolation per intenderci: senza raggiungere i livelli al cardiopalma dello Xenomorfo, anche solo per una questione biologica, affinare ulteriormente l’udito dei Quiet Men avrebbe concorso a rendere l’esperienza quantomeno più tesa.
L’aspetto positivo è che fa a modo suo da contraltare è la scarsità di risorse (anche in modalità Normale) e il fatto che Thomas produca più rumore quando è ferito, costringendoci da un lato a non abusare delle cure e dall’altro a evitare di farci colpire. Infine, la totale assenza dell’autosalvataggio in luogo di fonografi per il fai da te invita a esercitare massima prudenza.
Veniamo ora alla nota – per restare in tema musicale – più dolente del gioco. Tra un enigma e l’altro che dovremo risolvere per procedere lungo Sker Hotel, a un certo punto verremo braccati dal consueto boss immortale, che in quanto a dimensioni, udito e potenza dei cazzotti fa impallidire gli altri Quiet Men. Di per sé non ci sarebbe poi questo grande problema, soprattutto perché da un po’ di pepe a un gameplay in certi casi troppo compassato, quando però ci si rende conto che siamo di fronte a un nemico onnisciente ecco che tutta la tensione scompare in favore della frustrazione a nastro.
Trovarsi costretti ad abbandonare qualunque pretesa di stealth in un gioco che difficilmente ti permette di contrastare le minacce da cui sei inseguito, figuriamoci eliminarle, lascia una macchia su un’esperienza nel complesso ben costruita.
Il nemico onnisciente non ammazza noi bensì la pretesa di tensione e stealth tenuti fino a quel momento.
A porre un ulteriore accento negativo ci sono le famose barriere invisibili che questo boss non può oltrepassare, come Nemesis e il negozio di giocattoli nel remake di Resident Evil 3. Abbiamo stressato questo aspetto e ci siamo accorti che in alcuni punti il boss non poteva procedere oltre e si limitava ad aspettarci lì, girando in cerchio per ammazzare la noia.
Una scelta che andava tutta a nostro discapito, essendo lui largo quasi quanto il corridoio dove avremmo dovuto sgusciare via, ma il punto è che anche nascondendoci sapeva perfettamente dove trovarci. Avremmo preferito che fosse caratterizzato meglio sotto questo aspetto, così da avere un ulteriore livello di approfondimento.
Fatta eccezione per la necessità di focalizzarsi di più sull’udito dei nemici e il boss onnisciente, Maid of Sker mette in piedi un’esperienza nella media come durata (sei ore circa), che invita a prendersi dei rischi per esplorare. Il sound design è efficace nel creare tensione, i jump scare sono ridotti al minimo (un valore aggiunto in un genere che tende ormai ad abusarne) e l’ambientazione dell’hotel è inquietante il giusto. La storia fa buon uso del materiale originale, realtà o mito che sia, e riesce a unire i punti per una trama capace anche di regalare un paio di colpi di scena efficaci. Maid of Sker è un tuffo nell’horror gaelico, che attinge a materiale preesistente per cucire assieme una narrazione nella media del suo genere ma con qualche guizzo interessante che ci spinge fino alla fine senza annoiare. Maid of Sker è disponibile per PC, PS4 e Xbox One, anche da GameStopZing. |
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