Sono molti i generi che stanno ritrovando la luce della ribalta: dai metroidvania ai roguelike, fino ai survival che con The Legend of Zelda: Breath of the Wild si sono risvegliati dal loro torpore per tornare a far parlare di sé. Certo, l’ultimo glorioso capitolo sulle avventure di Link non appartiene propriamente al genere ma ha gettato le basi affinché molti altri videogiochi che l’hanno seguito potessero svilupparvisi attorno. Tra questi troviamo Windbound, ultimo di una lunga lista che a dispetto delle evidenti somiglianze col titolo Nintendo riesce a trovare una direzione propria verso la quale navigare.
Potrebbe non essere l’esperienza per cui precipitarsi nei negozi e acquistarlo prima di subito, tuttavia se e quando gli darete una possibilità scoprirete essere piacevole nonostante i suoi difetti. Il gioco segue le orme di Kara, protagonista silenziosa naufragata su un’isola a seguito di uno sfortunato incontro con una creatura dalle sembianze di un Kraken: ovviamente, l’obiettivo della ragazza è tornare a casa ma come sempre è più facile a dirsi che a farsi.
Altrettanto scontato è il fatto che la narrazione abbia una trama di fondo ben più estesa, che va a toccare l’ascesa e la caduta di un’antica civiltà della quale Kara dovrà scoprire i segreti – e con essi la natura della bestia che l’ha aggredita. Dato il genere, Windbound non fa particolare affidamento sulla storia eppure quest’ultima riesce a offrire il giusto supporto al gameplay contestualizzando il mondo di gioco.
A prima vista, Windound è un survival roguelite, nel senso che le nostre azioni saranno costantemente volte alla ricerca di cibo e materiali per costruire qualsiasi cosa possa servire alla nostra sopravvivenza nella sconosciuta isola; ciononostante, come abbiamo anticipato, le influenze di Breath of the Wild e quell’accenno di action adventure che caratterizza l’ultima avventura di Link non tarderanno a emergere. Dall’esplorazione di antiche rovine appartenenti a una civiltà tecnologicamente avanzata fino all’esplorazione libera e senza soluzione di continuità, nella storia di Kara riecheggiano le gesta di Link ma le somiglianze si limitano a questi aspetti superficiali poiché il gioco di 5 Lives Studios non presenta enigmi da risolvere e il combattimento stesso è ridotto ai minimi termini.
La storia di Windbound è raccontata attraverso cinque capitoli la cui struttura si ripete bene o male allo stesso modo: comincerete con una mappa da compilare passo dopo passo e lungo il percorso – che potrebbe essere occasionalmente interrotto dalla curiosità verso alcune isolette più piccole in grado di offrire nuove possibilità di creazione – dovrete trovare tre torri, scalarle e attivarle. A quel punto dovrete raggiungere l’unico santuario presente, facile da individuare nonostante tutto, teletrasportarvi in uno spazio onirico per una narrazione sulla falsariga di Journey mentre cavalcate enormi onde e infine aspettare di essere portati al capitolo successivo.
Nella storia di Kara riecheggiano le gesta di Link
Le vere differenze sono la dimensione delle mappe a mano a mano che proseguite con la storia, il fatto che le isole siano un po’ più distinte fra loro e ovviamente le minacce che le popolano si faranno più pericolose – sebbene il combattimento rimanga un aspetto secondario del gameplay. A dispetto di quanto possa sembrare e quanta confidenza avete nelle vostre capacità, il suggerimento è di cominciare l’avventura in modalità Storyteller perché in Survivalist morire comporterà il ritorno al capitolo uno e la perdita di buona parte del vostro inventario.
Il senso di improvvisazione e imprevedibilità che costellano l’intera avventura rendono senza dubbio Windbound un’esperienza piacevole, capace di tenere sulle spine dimostrando che ogni decisione ha il suo peso nella nostra lotta alla sopravvivenza. È meglio correre il rischio di cacciare un animale potenzialmente pericoloso ma dal quale possiamo ricavare materiali molto utili, oppure correre il rischio di salpare ed esplorare quell’isolotto sullo sfondo pur non sapendo se e cosa potremo trarne? A ogni scelta la sua conseguenza, nonché la consapevolezza che, poco o tanto, il vostro viaggio per tornare a casa ha fatto progressi.
L’aspetto interessante del gioco è l’assoluta mancanza di urgenza, fame a parte. Si viene a creare una sorta di “appuntamento fisso” con Windbound nel quale ci si ritaglia il proprio momento di relax grazie a un ritmo e una progressione molto rilassati. Forse un po’ troppo, per certi versi, poiché sul nemmeno tanto lungo periodo il gioco inizierà a far sentire la propria ripetitività. Non ci si sente mai persi, in Windbound, e questo è un bene, tuttavia la sua struttura di progressione molto meccanica per quanto riguarda la trama principale trasforma lentamente ogni nuova scoperta in qualcosa di sempre meno personale.
L’ottimo inizio di Windbound si trasforma presto in ripetitività
Trovare una ricetta o aguzzare la vista alla ricerca degli oggetti necessari a migliorare le abilità passive di Kara ha il suo fascino. Affrontare senza particolare impegno le solite creature sulle solite isole per procacciarsi cibo, invece, non è stato poi così entusiasmante: l’iniziale euforia è scemata lentamente. Dopo la prima, ottima impressione, Windbound non riesce a mantenere la stessa risonanza e scade in una ripetitività che va a inficiare anche il resto dell’avventura – senza contare poi una storia che, pur facendo discretamente il proprio dovere, non ingrana più di tanto.
La sensazione è che sulla lunga distanza il gioco finisca col trascinarsi, non avendo più nulla da dire e facendo leva sia su uno stile grafico gradevolissimo (ancora una volta fortemente legato a Breath of the Wild) e un ritmo che, se approcciato nella maniera giusta, potrebbe concedervi un po’ di spensierato relax, accompagnato da una colonna sonora in linea con la sua atmosfera tranquilla che solo durante i combattimenti aumenta d’intensità.
Windbound non è sicuramente l’erede di Breath of the Wild, in attesa del suo seguito, ma nel suo piccolo riesce a offrire una discreta esperienza survival nella quale immergersi per qualche ora. L’esplorazione libera, lo stile artistico e il ritmo molto (persino troppo) compassato sono l’idea per passare un po’ di tempo rilassandosi. Peccato solo per la ripetitività, grossa spina nel fianco del gioco che lentamente lo porta a trascinarsi senza aver più davvero qualcosa da dire. |
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