Sintetizzare Crusader Kings III non è facile e dipende soprattutto dal vostro background di giocatori: se dovessimo rivolgerci a degli appassionati (o in generale conoscitori) del genere che tuttavia non hanno giocato a nessuno dei precedenti capitoli, il secondo in particolare, allora non possiamo far altro che consigliarlo caldamente. Si tratta di un’esperienza strategica e gestionale incredibilmente longeva (considerato che stiamo parlando di una base destinata ad arricchirsi con i DLC), profonda, nel corso della quale dovreste assicurarvi la sopravvivenza della vostra dinastia nonché il suo incontrastato dominio in pieno periodo medievale. Non neghiamo sia molto complessa ma, a suo vantaggio, si spiega molto meglio del suo predecessore e vi premia in maniera più soddisfacente nel corso della sua accessibile curva di apprendimento.
Se invece avete giocato a Crusader Kings II, scoprirete che questo sequel ne preserva i punti di forza limandone alcune imperfezioni; oppure c’è l’altra faccia della medaglia, quella per cui troverete sia stata preservata la struttura originale privandola però del suo magico fascino. Si tratta di due estremi perfettamente legittimi, legati a quali dettagli di CKII avete ritenuto fondamentali. In ogni caso, state certi che quando il gioco vi catturerà tra le sue spire sarà molto difficile volersene allontanare: il nuovo lavoro di Paradox non vi lascia un attimo di respiro, perché c’è sempre una qualche crisi da risolvere, un accordo da siglare e un assassinio da commissionare nell’ombra. Insomma, portare la propria dinastia ai vertici del Medioevo non è certo un’impresa semplice, né in grado di risolversi da sola.
Il cuore pulsante di Crusader Kings in quanto serie è sempre stata la volontà di plasmare la storia attraverso i personaggi e le loro interazioni con ciò che li circonda, qualcosa che Paradox ha trovato il modo di rendere ancora più intrigante in questo terzo capitolo. Crusader Kings III è quel gioco dove a contare di più sono gli intrighi di corte, le faide dinastiche, le alleanze nate da matrimoni di convenienza e tutti quegli aspetti prettamente politici della storia – dando al campo di battaglia la giusta importanza ma non una completa predominanza delle scene. Il detto secondo cui ferisce più la penna della spada non è mai stato tanto vero quanto in questo gioco ma, lo ribadiamo, sono le persone che lo vivono (seppur virtuali) a renderlo più vivo e coinvolgente che mai.
Gli sviluppatori hanno approfondito e ampliato la maggior parte degli elementi chiave di Crusader Kings II – ne è un valido esempio il sistema di stress, che influisce sulla psiche di un personaggio in relazione alla sua personalità. Per fare un esempio pratico, una persona crudele accumula stress se decidiamo troppo spesso di mostrarci misericordiosi verso i nemici mentre, al contrario, una più onesta e benevola non prenderà bene i sotterfugi e in generale azioni compiute nell’ombra. All’atto ancora più pratico significa interpretare davvero i personaggi, comprenderli fino in fondo e agire di conseguenza, senza limitarci a considerarli come semplici numeri di un’equazione, laddove nel precedente si poteva anche non prestare loro molta attenzione perché non influenzavano granché il nostro comportamento.
Crusader Kings III plasma la storia attraverso la profondità dei suoi personaggi e delle loro interazioni
Il bello di questa particolare meccanica risiede soprattutto nel fatto che non ci spinge a prendere percorsi specifici: nel caso in cui dovessimo accumulare troppo stress e ritrovarci in un cosiddetto crollo mentale, a seguito del quale ci vengono offerte alcune possibilità dalle quali poi sviluppare il personaggio in maniera unica, aprendo nuove opportunità di conflitto o dramma. Che si tratti di bere, litigare o frequentare i bordelli, ciascuno offre un percorso che vale la pena esplorare fino in fondo: nell’alcol potreste trovare nuove alleanze, sotto forma di persone influenti che condividono la vostra stessa passione.
Un temperamento più litigioso potrebbe invece portarvi a malmenare un prete incappando nelle ire del Papa, non la migliore delle idee in un periodo storico come quello del gioco – sebbene ci sia stato un giocatore ad aver lavorato talmente tanto dietro le quinte da esserselo letteralmente mangiato, il Santo Padre. Questo semplicemente per dire che la profonda libertà offerta dal gioco vi permette anche di formare nuove religioni, se quella attuale non vi soddisfa, andando ad affrontare qualunque tipo di aspetto possa venirvi in mente: potreste decidere di mostrarvi aperti mentalmente verso le streghe e gli omosessuali, darvi appunto al cannibalismo, interdire gli uomini da determinate cariche, insomma qualsiasi cosa pensiate Crusader Kings III è potenzialmente in grado di concedervela.
Ovviamente fare un confronto mirato tra i due capitoli sarebbe disonesto, considerando che il secondo ha sulle spalle sette anni di supporto e tantissime espansioni, ma non siamo affatto insicuri nell’affermare che dandogli il giusto tempo Crusader Kings III lo supererà a livello qualitativo. Vedetelo dunque come un’ottima base sulla quale sviluppare ancora di più in futuro. Nonostante tutto, ci riesce difficile parlare di questo terzo capitolo come un’esperienza scarna, persino in una forma che potremmo definire semplice.
Un’altra piacevole sorpresa l’abbiamo trovata proprio nella gestione materiale della guerra. CKII era piuttosto confusionario in questo senso, spingendo a volte il giocatore a preferire percorsi meno bellicosi solo per non aver a che fare con il conflitto diretto. Adesso invece sono stati sistemati alcuni aspetti per far sì che radunare un esercito non sia così macchinoso come in precedenza; in questo senso, l’eliminazione delle flotte ci è parsa un passo avanti in termini di praticità. Senza stare a entrare troppo nel dettaglio, poiché farlo per ogni singolo aspetto renderebbe questa recensione più simile a un saggio, ci troviamo di fronte a una maggiore profondità tattica alla campagna che, grazie a una riduzione della microgestione per quanto riguarda gli eserciti, offre più tempo per ragionare su aspetti pratici come attraversamenti fluviali, morfologia del terreno e altro ancora.
La gestione materiale della guerra è stata snellita ma l’intelligenza artificiale non è sempre all’altezza
È stato sufficiente tutto questo a farci pensare che la guerra, in Crusader Kings III, avesse preso una volta tanto radicale da renderla quasi coinvolgente quanto le trame politiche? A un’analisi più attenta ci siamo accorti che non era esattamente così: poiché ora solo i castelli in un territorio devono essere catturati per portarlo sotto il tuo controllo, le invasioni diventano una questione molto meno ripetitiva, con un effetto a catena che rende queste delle effettive conquiste lampo a causa di un’intelligenza artificiale non sempre all’altezza: basta infatti inviare una parte delle truppe a svolgere un compito insignificante, fosse anche solo tentare di assediare un territorio inutile ai nostri fini, perché le forze nemiche si riversino del tutto in quella direzione lasciando la capitale sguarnita e pronta per essere presa, letteralmente, in un lampo.
La meccanica della dinastia, con tutti gli altri elementi che le ruotano attorno, è il vero fiore all’occhiello del gioco. Se c’è qualcosa che la storia ci ha insegnato è proprio la difficoltà nell’avere una successione dinastica regolare, che non sia smembrata da guerre interne, sotterfugi e chi più ne ha più ne metta. Il nostro obiettivo è far sì che la nostra famiglia, qualunque sia, domini sui territori per lungo tempo e farlo richiede una pianificazione nei minimi dettagli – esattamente quello che ci serve per mantenerci sempre vigili, senza cullarci nell’illusione che non possa accaderci nulla.
In questo senso, per favorire la nostra espansione, si palesa un nuovo sistema di segreti e leve morali che ci permette di tenere in pugno altri personaggi; scoprire una relazione extraconiugale è un valido esempio ma, più in generale, la manipolazione potrebbe consentirci di giocare completamente nell’ombra e comunque ottenere i risultati desiderati. Da un certo punto di vista non è diverso rispetto a quanto succedeva in Crusader Kings II, con la differenza sostanziale che la strada per raggiungere l’obiettivo ora non è solo più pratica ma anche più ricca di possibilità e sfumature.
La meccanica della dinastia è il vero fiore all’occhiello di Crusader Kings III
Dal punto di vista grafico siamo di fronte al miglior titolo Paradox fino ad oggi, su tutta la linea. Avere modelli di personaggi animati completamente in 3D gioca un ruolo fondamentale nel dare vita al mondo di gioco e ai personaggi che lo abitano, marcando nettamente la differenza con il capitolo precedente. È inoltre molto più sfumato nel gestire, sempre a livello di dettaglio, l’invecchiamento dei personaggi che anno dopo anno dimostrano effettivamente di maturare, senza passare da un aspetto florido a uno più vissuto in un batter d’occhio.
Qui si integra benissimo il nuovo sistema DNA, grazie al quale i nascituri possono ereditare i tratti più disparati dai genitori, siano essi il colore degli occhi, dei capelli oppure, scendendo più nel dettaglio, la forma del naso o delle orecchie. In questo senso, il gioco è davvero un piccolo gioiello, valorizzato ancora di più dalla ricercatezza storica degli abbigliamenti, che riescono a rimandare con quanta più precisione possibile al periodo storico di riferimento o anche solo al popolo che decidiamo di rappresentare.
Il sistema di progressione, con i suoi alberi dei talenti, permette infine di aprirsi a stili di gioco inediti e mai uguali l’uno con l’altro. Uno fra i tantissimi esempi è quello di sviluppare un personaggio rendendolo un abile diplomatico che, nel caso sia vassallo di un sovrano influente, può sbloccare la capacità di rivendicare il trono del proprio signore pur non avendone alcun diritto in termini di linea di sangue. O ancora, i cospiratori possono arrivare a rapirne altri, persino re e papi se la situazione lo consente o lo rende necessario per la vostra progressione. Ancora una volta, Crusader Kings III non pone limiti né a se stesso né al giocatore, la dimostrazione ancora una volta di come si possa prendere un’idea consolidata e arricchirla ulteriormente per renderla intrigante.
Crusader Kings III approda anche su PlayStation 5 per rinfrescarvi la memoria (o per insegnarvi se non l’avete mai giocato prima) su come si governa e soprattutto quanto sia difficile farlo – con tutti i dettagli da considerare per non mandare a rotoli la nostra dinastia prima ancora che prenda piede. Pur essendo perfettamente chiaro che videogiochi simili sono più comodi da fruire su PC, non a caso è lì che sono pubblicati prima, l’adattamento dei comandi su console risulta molto intuitivo e di facile gestione: a ogni pulsante è demandata una specifica azione e soprattutto le levette analogiche, pur non raggiungendo la rapidità di spostamento del mouse, permettono di muoversi abbastanza velocemente. La gestione dei tooltip, inoltre, ci è sembrata ordinata e poco confusionaria: il gioco permette di aprirne quanti se ne vogliono, andrà a rendere un po’ più trasparente quelli attivati per primi e permette, attraverso la pressione più o meno prolungata del pulsante specifico, di chiuderli uno alla volta o tutti assieme. I grilletti e i dorsali svolgono le funzioni principali di scorrimento attraverso i vari menu e le rispettive voci, trovando ancora una volta il giusto compromesso rispetto all’interazione da PC. Un pratico schema dei controlli, sempre consultabile dal menu di pausa, ci dà inoltre modo di ricordare quale tasto fa cosa. A livello di impostazioni non si può fare granché, se non aggiustare la velocità degli Auto Tooltip oppure abilitare/disabilitare la vibrazione e i grilletti adattivi: nel complesso, non abbiamo sentito particolare necessità di una personalizzazione delle impostazioni. Crusader Kings III è senza dubbio un’esperienza totalizzante, per contenuti e per il tempo che vi chiede se volete gestirlo a dovere, ma su PlayStation 5 è molto godibile grazie a un ottimo adattamento dei comandi. |
Crusader Kings III è un meraviglioso gioco gestionale e strategico, l’esempio concreto di come si possa partire da basi molto solide – seppur con le loro imprecisioni – e rifinirle per creare un’esperienza familiare, a chi ne era già a conoscenza, ma al contempo inedita e profonda sotto numerosi aspetti. Una serie pressoché infinita di conflitti politici, guerre, successioni dinastiche, relazioni e interazioni che non si mostrano mai uguali gli uni con gli altri, partita dopo partita. Se avete dimestichezza con l’inglese, l’unico vero scoglio per chi non si trova a suo agio con la lingua, Paradox vi mette a disposizione un’esperienza assuefacente che aspetta solo di essere arricchita proprio come è stato per la precedente: un piccolo gioiello che senza uscire dalla sua comfort zone vi permette di plasmare la storia a vostra immagine e somiglianza. |
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