La nuova generazione videoludica è finalmente realtà: Xbox Series X/S e PlayStation 5 sono nelle case di moltissimi videogiocatori, purtroppo non di tutti ma a conti fatti abbiamo iniziato il nostro percorso verso il futuro delle console e dei relativi videogiochi. Quest’ultimo aspetto, bisogna ammetterlo, presenta un passaggio generazionale piuttosto tiepido che tuttavia non sorprende: siamo stati testimoni di un avvento un po’ in sordina anche negli anni passati e in un contesto dove il salto grafico che ha caratterizzato, per esempio, la transizione da PlayStation 2 a PlayStation 3, non è più tanto sentito, i nuovi giochi dovranno sbalordirci sotto altri aspetti e si prenderanno il loro giusto tempo.
Questo non significa che esperienze come Spider-Man: Miles Morales o il remake di Demon’s Souls non possano essere dei graditi antipasti, senza considerare quella piccola perla tech demo che risponde al nome di Astro’s Playroom o, per quanto riguarda Xbox Series X, il debutto in Occidente di Yakuza: Like a Dragon – l’ottimo capitolo della celebre saga che per la prima volta cambia protagonista e genere stesso, diventando un JRPG irriverente e assolutamente imperdibile.
In questo panorama che muove i primi passi tra ray tracing, feedback aptico, Quick Resume e caricamenti lampo, un altro titolo fa capolino riproponendosi non in qualità di restyling bensì come vero e proprio remake: stiamo parlando di Observer System Redux, la versione next gen del thriller distopico sviluppato da Bloober Team (dai quali aspettiamo The Medium, rimandato al prossimo anno), nonché teatro per la prima esperienza del compianto Rutger Hauer in un videogioco – vi rimandiamo al dietro le quinte di tre anni fa, che vale sempre la pena guardare.
Di per sé, il gioco non ha subito grosse modifiche strutturali, andando quindi a raccontare la stessa storia del 2017 con l’aggiunta giusto di tre missioni secondarie che approfondiscono ancora un po’ il mondo di gioco e i suoi chiaroscuri, assieme a qualche leggero aggiustamento al gameplay per renderlo più scorrevole. La vera rivoluzione risiede nel comparto tecnico, che è la ragione per cui Observer System Redux può essere considerato un remake a tutti gli effetti: c’è l’adorato ray tracing, le animazioni e i modelli poligonali sono stati completamente ridisegnati, si è lavorato molto a livello visivo per restituire ambientazioni più realistiche… insomma, non è il classico compitino e questa recensione è qui per evidenziarne le migliorie.
L’abbiamo giocato su Xbox Series X, dunque evitiamo di entrare nel dettaglio di eventuali impressioni sul feedback aptico del DualSense di PS5, anche se alla fine sarebbe solo un (gradito) valore aggiunto a un gioco che mette i mostra i suoi nuovi muscoli fin dai primissimi minuti dell’indagine.
Observer System Redux non rivisita la trama originale, che rimane inalterata nonostante le tre inedite missioni secondarie: siamo nell’anno 2084, un futuro ancora ben lontano dal nostro, distopico e proprio per questo piuttosto cupo, dove ogni speranza sembra essere stata inghiottita. La tecnologia ha compiuto passi da gigante, portando tuttavia con sé un’orrenda piaga digitale nota come nanofagia. È la conseguenza di un glitch che può verificarsi negli innesti tecnologici, portando l’infetto a sperimentare febbre, deliri, malori e perdita dell’autocontrollo, cui segue morte sicura dell’ospite e di chi, eventualmente, potrebbe esserne venuto a contatto per evitare che si diffonda – ciò significa che questi decessi non sono affatto naturali, anzi, spesso sono forze speciali incaricate a occuparsi del problema.
Una cura peggiore della malattia, insomma. Ad ogni modo, sono migliaia le vittime mietute da questo morbo cybernetico e se consideriamo che in questo futuro distopico sono molto rare le persone che non hanno almeno un innesto, va da sé la gravità della situazione. Come se questo non bastasse, è imperversata una guerra che ha decimato e spezzato tanto l’est quanto l’ovest, portando al collasso totale di ogni forma di potere, riducendo il tutto a società autogestite che hanno fondato il loro potere sulla sola corruzione. Alla gente non è rimasto più niente e i sopravvissuti si sono abbandonati alla droga, alla realtà virtuale in cui vivere un mondo migliore e alla perdita dell’identità, non riuscendo più a distinguere il confine tra essere umano, macchina, in certi casi persino animale.
Observer System Redux mette in scena un thriller ben congegnato, dalle forti tinte horror
Ciascuno appartiene alla fascia sociale attribuitagli a priori, mentre le corporazioni si dilettano con il potere facendo il bello e il cattivo tempo sulle città; nel nostro caso, Cracovia. Proprio qui si ambienta la nostra storia, di noi che rappresentiamo la personificazione delle paure della gente, perché sa che da noi non si può nascondere. Qualunque segreto possa credere di avere, noi lo troveremo e faremo nostro, pronti a utilizzarlo contro di loro qualora dovesse servire nelle nostre indagini di detective neurale d’élite: siamo un Osservatore e non esiste ricordo né pensiero che possa sfuggirci.
Interpretato dal compianto Rutger Hauer, Daniel Lazarski si ritroverà alle prese con un ignoto assassino dopo avere ricevuto un’allarmante chiamata dal figlio Adam, che non sentiva da tempo. La trama di per sé è coinvolgente, sebbene le fasi del Mangiasogni (riepilogheremo fra poco) risultino a tratti troppo visionarie e oniriche, spingendoci spesso a brancolare con la speranza che si concludano presto oppure diano i loro frutti. Qualcosa che, se siete familiari ai videogiochi di Bloober Team, si ripete spesso in ogni loro progetto, da Layers of Fear fino a Blair Witch.
Nondimeno, come ogni esperienza che mette sul piatto l’universo cyberpunk, si apre a questioni etiche sulle quali vale sempre la pena interrogarsi: il confine tra uomo e macchina, gli eventuali benefici a cui possono portare gli innesti, l’assuefazione che deriva dal superare i propri limiti e via discorrendo, in un vortice di sfumature che dà al lavoro degli sviluppatori quella spinta in più rispetto ai titoli marcatamente horror che hanno preceduto Observer System Redux. Ciò non significa che questa volta saremo al sicuro dall’orrore, dopotutto è il loro marchio di fabbrica.
Nulla è cambiato dal 2017 ma per chi non l’avesse giocato, o non lo conoscesse affatto, Observer System Redux segue il filone già tracciato dai precedenti titoli di Bloober Team: è un’esperienza in prima persona a cavallo fra thriller e horror, nel corso della quale l’interazione con l’ambiente sarà al solo scopo di cercare indizi per la nostra indagine intervallando i due tipi di visione a disposizione del protagonista – scanner e biologica, utilizzati rispettivamente per analizzare dispositivi elettronici e tracce biologiche come sangue o lesioni sui cadaveri nei quali incapperemo.
In alcuni casi saremo invece spinti a usare il Mangiasogni, un dispositivo che hackera la mente dei morti e dei morituri per rivivere i loro ultimi momenti di vita e sondare le loro paure, le loro ossessioni, alla ricerca dell’indizio che ci avvicinerà un passo di più all’assassino. Non è un sistema privo di rischi per la nostra stessa sanità mentale e nel corso del gioco ci capiterà di dovere affrontare sessioni di stealth per sfuggire alla sinistra creatura che infesta gli incubi di Daniel. Forse il punto più debole del gioco originale, portava con sé non poca frustrazione a causa di una rigidità nel gameplay e nelle meccaniche, che troppo spesso si risolvevano in una schermata di game over: in Observer System Redux si percepisce un margine di manovra più elastico e permissivo, che di conseguenza non ci costringe più a una perfetta esecuzione per sfuggire al nostro inquietante stalker.
Observer System Redux apporta piccole ma sensibili modifiche per una migliore qualità della vita
Inoltre le stesse fasi di hacking sono state alleggerite, privandole della necessaria conoscenza del mondo di gioco e riducendole piuttosto a dei semplici minigiochi in cui occorre memorizzare i numeri immobili in uno schema in continuo movimento. Chi l’ha già giocato potrebbe risentirsi un attimo per essere stato costretto a dei salti mortali non da poco pur di superare queste fasi ma non è nemmeno la prima volta che un gioco, in una sua versione rivisitata, va ad aggiustare quei piccoli ma sensibili difetti che se corretti renderebbero il tutto più gradevole. Senza considerare che difficilmente chi l’ha già giocato potrebbe volerci ritornare, essendo la storia rimasta inalterata dal 2017.
Tra le varie modifiche alla qualità della vita figurano anche i vari interrogatori neurali, ora più brevi e meno invadenti, questo affinché il giocatore non si perda in una serie di deliri onirici che alla lunga potrebbero appesantire l’esperienza rischiando di non riuscire a tenere l’attenzione salda su una trama che invece merita di essere vissuta e goduta. Insomma, è vero che come abbiamo scritto l’esperienza rimane strutturalmente invariata ma ci sono stati dei piccoli ritocchi che vanno senza dubbio a favore del remake.
Unico appunto, avremmo gradito che l’interazione con il mondo di gioco risultasse a sua volta più naturale poiché è ancora goffa come nell’originale e, molto spesso, ci siamo trovati a muoverci avanti, indietro, a destra e a sinistra prima di trovare la giusta posizione per esaminare un oggetto. Non è un difetto sul quale gridare oltraggiati, tuttavia sorprende che nella cura messa in atto per alcuni aspetti gli sviluppatori abbiano scordato questa. La parte migliore però, l’abbiamo scritto, è quella tecnica e ve l’abbiamo tenuta per ultima.
Per i neofiti potrebbe essere difficile fare comparazioni tra il prima e il dopo, tuttavia riusciranno a notare senza alcuna fatica l’incredibile lavoro svolto in termini di illuminazione, una volta che si sarà conclusa la sequenza iniziale: senza mezzi termini, il remake fa sembrare l’originale quasi all’età della pietra. Non vogliamo sminuire il lavoro del 2017, che comunque rimane molto valido, ma uno dei difetti riscontrati a suo tempo erano proprio gli alti e bassi tecnici. Qui sono spazzati via a cominciare dalle luci, che restituiscono l’atmosfera da tipica città cyberpunk distopica nel modo migliore in assoluto per un titolo che è comunque il rifacimento di uno molto recente.
Niente più limitazioni dovute all’hardware, il gioco sfrutta al meglio tutto ciò che la next-gen ha da offrire, restituendoci ora una Cracovia che pur nelle sue ambientazioni contenute non ci nasconde la cruda verità: è una città decimata dalla malattia, dalla guerra, dove la gente ha perso le speranze e spesso si stringe disperatamente a una non vita fatta di illusioni e droghe, in cui i chiaroscuri di un vicolo malfamato sembrano strisciarci sotto pelle per trasmetterci la stessa sensazione di decadenza.
Observer System Redux sfrutta al meglio tutto ciò che la next-gen ha da offrire
Dopo essere rimasti a guardare il riflesso dell’insegna del tatuatore in una pozzanghera di fronte allo studio, ci siamo rigirati più volte tra le mani le ID metalizzate trovate nel corso del gioco, rapiti dai riflessi e dai giochi di luce perfetti nella resa del materiale: potrà sembrare un dettaglio da poco conto, una banale tessera identificativa messa a confronto con il resto dell’ambientazione, ma si dice spesso che il diavolo è nei dettagli. Observer System Redux fa un ottimo lavoro nel riflettere l’atmosfera della sua Cracovia, dallo squallore dei recessi più bui del condominio ai volti butterati e devastati dal tempo dei modelli dei personaggi.
Lo stesso Rutger Hauer, andando a prendere nientemeno che il protagonista, ora sembra un uomo inquieto, stanco, sciupato dal mondo in cui vive il suo alter ego, valorizzando in modo ancora più deciso una recitazione che da sola costruisce più della metà del gioco. Tirando le somme, siamo davanti a migliorie tangibili che forse non ci riempiono fino in fondo lo sguardo della tanto decantata next-gen eppure si comportano più che bene nel ridare lustro a un gioco che ha dimostrato di saper correggere proprio i suoi maggiori difetti.
Observer: System Redux sfrutta al meglio le potenzialità della next gen per rifarsi il trucco, correggendo sapientemente i difetti tecnici che intaccavano il lavoro originale. Forte di modelli poligonali e animazioni ridisegnati da zero, un sistema di illuminazione che si appoggia a soluzioni volumetriche e global illumination per dar vita a una Cracovia distopica e decadente, per arrivare infine a un ray tracing che ci ha catturato persino nelle piccole cose, Bloober Team rimette sul campo un’esperienza che vale la pena giocare – o anche rigiocare se considerate le tre nuove missioni inedite. Sotto il profilo del gameplay sono state prese le giuste accortezze per limare alcuni spigoli che rendevano l’esperienza frustrante in alcuni suoi aspetti, sebbene curiosamente non sia stato fatto nulla per migliorare un’interazione con il mondo di gioco goffa e stonata, se pensiamo a quanto di buono è stato fatto con il resto. Al di là di questo, è lo stesso gioco di tre anni fa, che ci mette ancora una volta nei panni del compianto Rutger Hauer, ancor più valorizzato dalle soluzioni adottate e che solo per la sua performance dovrebbe spingervi a dare una possibilità a questo gioco. |
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