Dopo averne discusso in tono molto fiducioso nella nostra anteprima, torniamo da voi con ore e ore trascorse tra le fila della FSE, tantissimi Estranei sconfitti e una maggiore consapevolezza degli eventi di Scarlet Nexus: l’action GdR sviluppato da Bandai Namco Studios segue le orme tracciate da titoli come God Eater e Code Vein, evolvendosi però lungo un percorso proprio che mette in luce un sistema di combattimento incredibilmente appagante e una storia molto più matura di quanto ci saremmo aspettati.
Non è privo di difetti, che tuttavia non adombrano un gioco nel complesso soddisfacente e divertente, capace di tenervi incollati allo schermo per le oltre quasi quaranta ore necessarie a completare entrambe le storie, così da avere un quadro chiaro della situazione: se avete seguito fino adesso i titoli sviluppati da BNS, e li avete apprezzati, questa è a parer nostro un’esperienza che non può mancare nella vostra libreria videoludica.
Scoprite assieme a noi i motivi nella nostra recensione di Scarlet Nexus (che abbiamo testato su PlayStation 5).
La premesse narrative di Scarlet Nexus non si discostano molto da quelle cui ci hanno abituati i precedenti videogiochi di Bandai Namco Studios: in un futuro remoto, il progresso tecnologico e scientifico ha compiuto enormi balzi in avanti grazie alla scoperta, nel cervello umano, di un ormone psionico in grado di dare ad alcune persone capacità extra-sensoriali. Si tratta di una nuova era per l’umanità, che tuttavia non è senza prezzo: dal cielo, dalla cosiddetta Fascia Estintiva, giungono gli Estranei, creature le cui origini sono sconosciute, feroci e a caccia di cervelli, loro unica fonte di nutrimento. I soli a potersi opporre sono gli Psionici, coloro dotati di poteri fuori dal comune, che nel corso del tempo vengono accuratamente selezionati dalla Forza di Soppressione Estranei (FSE) come ultima linea difensiva nei confronti del genere umano.
Tra loro ci sono i due protagonisti di questa storia: Kasane Randall, giovane promessa i cui incredibili poteri hanno attirato l’attenzione della FSE, e Yuito Sumeragi, vivace recluta proveniente da una famiglia facoltosa che condivide la stessa abilità di Kasane. La narrazione è costruita attorno ai loro punti di vista, motivo per cui serve giocare entrambe le parti per avere un quadro completo delle vicende: non si tratta quindi di un mero fattore estetico.
Scarlet Nexus mette in luce un sistema di combattimento incredibilmente appagante e una storia molto matura
Pensate ad esempio a Tales of Xillia con i punti di vista di Jude e Milla per farvi un’idea di quello cui andrete incontro. Inoltre, le differenze tra Kasane e Yuito si riflettono anche nel sistema di combattimento: lei sfrutta pugnali da lancio, che manovra con la psicocinesi, lui invece si affida a una più classica – seppur futuristica – katana; questo porta a un diverso approccio durante gli scontri, con Kasane più votata alla velocità e all’elusione mentre Yuito, dal canto suo, si appoggia di più all’attacco diretto.
Premesso questo, la storia di Scarlet Nexus è suddivisa in diversi atti, ciascuno dei quali frammezzato da una fase di riposo dove potremo prenderci un attimo di respiro e lavorare su altri aspetti del gioco, di cui parleremo a breve. Nonostante la sua natura ruolistica possa farvi temere un calo dell’attenzione verso la narrazione in favore di attività secondarie, dobbiamo ammettere che il gioco non cade in un errore più comune ai GdR open world: certo, non mancano le cose da fare al di là della trama, tuttavia per come la stessa viene costruita, e soprattutto per la scelta su quando interromperla in favore della temporanea pausa, si è sempre invogliati a proseguire dimenticandosi per una volta del resto.
In un crescendo di colpi di scena, valorizzato da un’evoluzione dei personaggi sentita e coerente (a maggior ragione se approfondite i rapporti con loro), Scarlet Nexus non perde mai mordente dal punto di vista narrativo ed è sempre pronto a stupire – andando peraltro a toccare temi maturi come la morte, il sacrificio, il legame, il tradimento, la morale e diversi altri. D’altronde gli autori sono nientemeno che gli stessi di Tales of Vesperia, uno fra i più belli della serie per quanto concerne la narrativa.
La narrazione di Scarlet Nexus prende il sopravvento sulla dispersività tipica di un GdR
A partire dal distretto di Suoh, nella città di New Himuka, le avventure di Kasane e Yuito li condurranno attraverso un viaggio indimenticabile, costruito su verità celate e mistificazioni che, una volta scoperte, getteranno una luce diversa sul futuro per cui tanti hanno combattuto e si sono sacrificati. Nessuno è mai chi dice di essere, nel mondo di Scarlet Nexus, e il migliore degli amici potrebbe rivelarsi il peggiore fra i traditori.
La differenziazione nel cast di personaggi permette di creare contesti conflittuali verosimili, così come sinergie inaspettate: ognuno viene svelato pezzo dopo pezzo ed è difficile sapere cosa aspettarsi, o quali segreti personali nasconda ciascuno di loro. Nel complesso, ci riteniamo più che soddisfatti da una narrazione che prende il sopravvento sulla dispersività tipica di un GdR, affidando ai momenti di pausa elementi come le missioni secondarie o l’approfondimento delle relazioni con i compagni di squadra senza andare a spezzare la storia principale.
Assieme alla storia, il sistema di combattimento è l’altro aspetto del gioco a brillare. Frenetico ma molto ragionato e in costante evoluzione, ruota attorno alla sinergia tra il personaggio principale e la sua squadra: dimenticatevi Code Vein, che aveva uno stampo più soulslike e proprio per questo era molto punitivo, e anche God Eater che nonostante tutto si concentrava sul protagonista. Scarlet Nexus può ricordare questo o quell’altro gioco ma, alla fine, si sviluppa di per sé seguendo un percorso proprio. Controlleremo solo Kasane o Yuito, gli altri due membri della squadra agiranno per conto proprio secondo le tattiche che avremo impostato dal menu: non potremo dunque dare loro ordini diretti e seppur non sempre brilli, l’intelligenza artificiale non ha la tendenza ad andare al suicidio – peraltro, avere qualcuno con noi è una discrezione totalmente nostra; possiamo anche combattere soli, se preferiamo.
L’apporto essenziale offerto dai compagni risiede nell’utilizzo del SAS, un sistema che ci permette di stabilire un collegamento neurale e prendere in prestito le loro abilità per meglio fronteggiare gli Estranei: indipendentemente dal numero di compagni attivi in squadra, possiamo comunque usufruire delle abilità di chiunque viaggi con noi fino a un massimo di quattro per buona parte del gioco, che diventeranno poi otto verso le battute finali della storia. Nella sua frenesia, infatti, Scarlet Nexus ci pone di fronte a nemici che è possibile (oppure consigliato) affrontare sfruttando i poteri degli alleati: dall’invisibilità per indurre una creatura ad abbandonare la sua copertura, così da mettere a segno un colpo critico, fino all’elettricità per infliggere loro Scossa e lasciarli paralizzati una manciata di secondi, c’è un’interessante gioco di incastri che si rivelerà essenziale nel proseguo dell’avventura. È persino possibile attivare ben quattro poteri in una volta sola ma, per farlo, dovremo sviluppare di conseguenza il personaggio principale attraverso l’albero delle abilità.
Assieme alla storia, il sistema di combattimento è l’altro aspetto del gioco a brillare
Non è però finita qui, perché il potere della mente va oltre la sinergia tra personaggi. Similmente ad altri GdR (ci viene in mente Final Fantasy VII Remake tra i più recenti), i nemici possono essere mandati in stato critico azzerando l’indicatore della resistenza: questo può essere fatto in diversi modi, soprattutto sfruttando i poteri psicocinetici di Kasane o Yuito per manipolare l’ambiente circostante e usarlo a nostro vantaggio. Quando succede possiamo mettere a segno un Annientamento Neurale, letale per le creature minori e molto dannoso per i boss, semplificando le battaglie, ed è soprattutto a questo che serve conoscere bene i propri compagni e le loro potenzialità: un utilizzo accorto dei poteri può risolvere in un attimo una situazione che, attaccando senza soluzione di continuità, richiederebbe più tempo e rischi.
Non solo, la Psicocinesi dei due protagonisti ci permette di utilizzare attacchi speciali, molti dei quali regolati da Quick Time Event, grazie ai quali infliggere ingenti danni ai nemici oppure metterli in una condizione favorevole all’utilizzo di altri poteri. Quando si tratta di sperimentare, Scarlet Nexus colpisce nel segno anche grazie a un’ottima varietà del bestiario.
Il Brain Drive e il Campo Neurale chiudono infine il cerchio di un sistema di combattimento stratificato e, dobbiamo ammetterlo, persino troppo ricco. La prima è una condizione che si attiva in automatico dopo aver eliminato un certo numero di nemici e riempito il relativo indicatore: non si innesca nello stesso momento per tutti i personaggi, ognuno la raggiunge con i propri tempi, e potenzia temporaneamente chi lo utilizza andando anche a incrementare l’esperienza ottenuta. Rimane però costantemente attiva finché non si esaurisce, anche fuori dalle battaglie, il che spinge a un’esplorazione più veloce da parte nostra per non rischiare di sprecare il vantaggio.
La seconda possiamo definirla una sua diretta evoluzione, un’espansione della mente tale da creare un piano metafisico a parte all’interno del quale i nostri poteri si amplificano a dismisura (e la psiche del personaggio cambia, se prestiamo attenzione ai dialoghi): il prezzo da pagare è un tempo limitato di utilizzo, scaduto il quale il personaggio muore. Il trucco sta nell’utilizzare il Campo Neurale al momento giusto e annullarlo prima che i suoi effetti si facciano deleteri. A dispetto della sua innegabile potenza, abbiamo molto apprezzato sia il fattore di rischio annesso sia il fatto di non essere immortali al suo interno; subiremo comunque danni e potremo persino morire per le ferite ricevute, come in una qualunque fase del combattimento.
Il level design piuttosto basilare pesa in parte sulla pesantezza e ripetitività degli scontri, arrivati alle battute finali del gioco
La nostra efficacia in combattimento è determinata dal modo in cui scegliamo di sviluppare Kasane o Yuito attraverso la mappa neurale. I cinque rami delle abilità disponibili – Espansione, Potenziamento, Supporto, Brain Drive e Campo Neurale – operano in maniera molto precisa sul nostro stile. A seconda del personaggio che scegliamo di usare e del modo in cui preferiamo approcciare gli scontri, le singole abilità fanno una differenza sostanziale e le riteniamo molto ben distribuite. Inoltre, approfondire la relazione con i compagni di squadra aggiunge un’ulteriore estensione al sistema di combattimento, rendendoli più efficienti, incrementando il loro potere fino a sbloccare nuovi effetti o attacchi di supporto ed estendendone la durata quando li prenderemo in prestito. Nulla è lasciato al caso e fino alle battute conclusive ci troviamo di fronte a un’esperienza che fa della versatilità e della sperimentazioni i suoi cavalli di battaglia.
Ad appesantire il tutto, rendendolo inutilmente ricco, è proprio il fatto di avere a disposizione fino a otto poteri: poiché succede quando il gioco sta arrivando alla sua conclusione, ci troviamo a un punto in cui le nostre strategie sono ormai consolidate e pur apprezzando di poter prendere in prestito nuovi poteri, difficilmente arriveremo a usarli con la stessa scioltezza di quelli avuti fino allora. Soprattutto perché i nemici incontrati non vanno a rendere necessario un cambio netto nell’approccio. In questo gioca un po’ a sfavore anche la sensazione di stanchezza che inizia a farsi sentire di fronte alla ripetitività degli scontri, in alcuni casi troppo pressanti seppur comprensibili a livelli di trama, C’è sempre un pizzico di varietà, con l’aggiunta di un nuovo Estraneo di quando in quando, ma alla lunga risulta inevitabilmente pesante persino a fronte della costante improvvisazione cui siamo sottoposti.
Parte della colpa la attribuiamo a un level design piuttosto basilare, che ci propone mappe semplici, senza troppe deviazioni e all’interno delle quali è facile prevedere quando avverrà un nuovo combattimento. Scarlet Nexus non è open world, in questo ricalca i precedenti Code Vein o God Eater, e lo consideriamo un bene perché contiene l’esperienza senza renderla dispersiva andando ad avvantaggiare la narrativa; dall’altro lato, però, ci saremmo aspettati un po’ più di coraggio anche nell’adattare le mappe ai poteri dei personaggi, creando passaggi ad hoc o situazioni che ne richiedessero l’uso – succede in maniera sentita, di nuovo, solo verso la fine del gioco.
Nell’avviarci alla chiusura di questa recensione, dedichiamo uno spazio anche alle attività secondarie che caratterizzano Scarlet Nexus e, come già anticipato, si integrano bene nel contesto senza rubare spazio a una narrazione che continua a essere la colonna portante dell’esperienza. Tra una fase e l’altra, i personaggi si prenderanno un meritato riposo all’interno del rifugio: sebbene il gioco non ci vieti di spostarci da una zona all’altra nel corso della storia principale, le missioni secondarie si sbloccano principalmente tra un atto e l’altro. Ciò significa che pur potendo risolvere in qualsiasi momento, salvo rare eccezioni, le pause sono create ad hoc per sfruttare l’occasione e sono soprattutto essenziali per migliorare i rapporti con i compagni di squadra.
Quando il nostro legame sarà pronto a evolversi, si sbloccherà un cosiddetto evento legame che va ad approfondire il rapporto tra Kasane o Yuito e il personaggio di riferimento: in genere questo comporta un aumento del livello e, di conseguenza, una miglioria del suo potere. Si può incentivare l’evoluzione del legame regalando oggetti specifici, una meccanica già vista in Code Vein, che a seconda del livello di preferenza andranno a impattare in modo più o meno netto sul rapporto con i compagni. I regali non possono essere comprati, o si trovano in giro oppure si scambiano al negozio con i dati raccolti nel corso dell’avventura: questo invita all’esplorazione nelle fasi di attesa e anche al completamento delle missioni secondarie, che spesso hanno come premio proprio uno dei regali che stiamo cercando.
Le fasi di attesa tra un atto e l’altro si rivelano ben bilanciate e poco invasive
Un discorso simile si applica anche all’equipaggiamento, nello specifico alle armi: sebbene la loro versione base si possa acquistare nel negozio, la miglioria si ottiene sempre e solo tramite scambio. Il fatto inoltre di non guadagnare chissà quanti soldi (noi, avendo speso pochissimo, a fine gioco abbiamo appena sfiorato i centomila) spinge ancora di più sull’esplorazione mirata di determinate aree in cerca dei dati necessari. Insomma, la progressione da questo punto di vista è sempre molto regolare e costante, tra armi ed equipaggiamenti nuovi che si sbloccano di atto in atto, relazioni che si approfondiscono con i giusti tempi e missioni secondarie pensate per aiutarvi in questo processo, oltre che per insegnarvi a sfruttare al meglio le vostre potenzialità: le condizioni necessarie al completamente prevedono infatti l’utilizzo di un potere o un’abilità contro nemici altrettanto specifici.
Una gestione dei cosiddetti “tempi morti” bilanciata, utile a migliorare i personaggi e farli salire un po’ di livello per portarli sullo stesso piano delle minacce che ci attendono nelle fasi successive: proprio come i personaggi di Scarlet Nexus, anche noi ci siamo presi volentieri una pausa per occuparci di questioni più mondane, se così vogliamo dire. Come ad esempio decorare il rifugio regalando oggetti a destra e a manca, perché per quanto possa sembrare sciocca come questione, vederlo prendere vita con gli spazi dedicati a ciascun personaggio, decorati in modo che riflettano il loro stile e la personalità, lascia un piacevole senso di familiarità.
Dal punto di vista tecnico, Scarlet Nexus punta e raggiunge i 4K/60fps su PlayStation 5, dove non abbiamo percepito cali netti di frame rate. L’estetica cel shading aiuta molto nel processo e pur non essendo all’ultimo grido, è comunque un’evoluzione di Code Vein e un ottimo lavoro cross gen, nell’attesa di un titolo futuro pensato soltanto per l’attuale generazione. L’utilizzo del DualSense si fa sentire quando entra in gioco la Psicocinesi di Kasane e Yuito, con i grilletti che oppongono resistenza a diversi livelli (nonostante la percezione sia minima) nel momento in cui interagiamo con gli elementi dell’ambiente per scaraventarli addosso al nemico. È un po’ come sperimentare la psicocinesi in prima persona, trovandoci a dover esercitare un po’ di pressione affinché l’oggetto scelto prenda vita tra le nostre mani.
La stessa colonna sonora si dimostra in linea con le atmosfere del gioco. Molto apprezzabile in particolare “Dream in Drive“ (a cura di The Oral Cigarettes), la traccia principale di Scarlet Nexus, che in linea con l’universo narrativo, in una musicalità anni ’90, si mischia perfettamente con la città di New Himuka.
Come scritto in apertura della recensione, Scarlet Nexus è un ottimo action GdR che segue le orme tracciate da titoli come God Eater e Code Vein, evolvendosi però lungo un percorso proprio che mette in luce un sistema di combattimento incredibilmente versatile e appagante, unito a una storia molto più matura di quanto ci saremmo aspettati. I suoi difetti, riscontrabili principalmente in un level design non troppo ispirato e in un sistema di combattimento eccessivamente ricco nelle fasi finali del gioco, non adombrano un’esperienza nel complesso soddisfacente e divertente, che non può mancare nelle vostre librerie se avete apprezzato i precedenti lavori di Bandai Namco Entertainment. |