Il concetto stesso di speranza, di cui lo stesso Star Wars Jedi: Survivor è intriso (qui per acquistarlo) è estremamente legato al brand di George Lucas sin dal suo esordio nelle sale cinematografiche del 1977. L’incredibile creatività di George Lucas aveva immaginato che uno sparuto gruppo di ribelli potesse scontrarsi (e vincere!) contro il malvagio e all’apparenza invincibile impero Impero, nonostante le probabilità di successo fossero tanto basse che ci sarebbe voluto niente di meno di un miracolo. Come disse C-3PO, “le probabilità sono di 1 su 3.720” e come Han Solo anche i ribelli non hanno voluto sentir parlare di pronostici: il miracolo avvenne, grazie all’intervento diretto della mistica Forza che ha guidato le dita di Luke Skywalker mentre colpiva la Morte Nera, simbolo austero di un impero tiranno.
Il nuovo titolo di Respawn Entertainment e Elecronic Arts, Star Wars Jedi: Survivor, vuole cogliere proprio l’essenza dei primissimi film di Guerre Stellari, facendo suoi i concetti di squadra e speranza in una lotta estremamente difficile contro un nemico sempre più disumanamente totalitario. Il gioco, sequel diretto di quel Fallen Order che ha entusiasmato i fan nel 2019, ci riporta nuovamente nei panni di Cal Kestis, il quale ha abbandonato le vestigia di impaurito padawan per abbracciare lo spavaldo e impavido cavaliere Jedi che è diventato alla fine del primo capitolo.
L’ex Padawan Jedi, che era riuscito a sfuggire per il rotto della cuffia (e grazie al suo vecchio maestro, Jaro Tapal) all’Ordine 66, ora agisce per conto suo, con una squadra molto diversa da quella composta da Greez, Cere e Merrin. Questo perché durante gli anni il gruppo si è trovato a combattere l’Impero più e più volte, con la volontà di cambiare le cose che si scontrava con l’apparente onnipotenza della struttura di potere creata da Palpatine. Gli eventi che parlano del gap temporale che c’è fra i due giochi sono descritti nel romanzo Star Wars Jedi: Battle Scars, uscito in italiano ad aprile. Non è una lettura obbligata, sia chiaro, ma se volete avere un po’ di conoscenza in più prima di addentrarvi in Survivor, potete farci un pensierino. Ad ogni modo, ora parliamo dell’esperienza che il nuovo gioco di Respawn mette sul banco per tutti e tutte i/le fan di Star Wars.
Partendo dal principio, mi piace iniziare parlando del comparto narrativo. La storia di Jedi: Survivor è ambiziosa e coinvolgente, anche se talvolta risulta altalenante nella sua qualità. Nell’ambizioso sequel di Fallen Order, Cal si presenta al giocatore e alla giocatrice come un protagonista più credibile, più maturo, dotato di maggiore sicurezza in sé stesso e una sorta di senso dell’umorismo decisamente più evoluto rispetto a quello del più tormentato Padawan di anni prima. Probabilmente queste sono tutte caratteristiche che derivano dalle sue ripetute battaglie contro l’Impero Galattico e i suoi sgherri, ma la differenza tra Cal Padawan e Cal Jedi è palese ed evidente. Con un protagonista così solido e centrato, è facile costruire una trama più ambiziosa che si snoda attraverso le decine di missioni che compongono la quest principale, oltre a diverse e interessantissime piccole quest secondarie. Star Wars Jedi: Survivor porta la narrazione di Fallen Order verso nuove vette, anche se ogni tanto non eguaglia i picchi emotivi del suo predecessore, è comunque uno spettacolo da vedere e da giocare.
Star Wars Jedi: Survivor porta la narrazione di Fallen Order verso nuove vette
Le vicende narrate in Star Wars Jedi: Survivor si svolgono circa cinque anni dopo gli eventi di Fallen Order, e il caro equipaggio del Mantis, la nave di Cal Kestis, ha oramai preso strade diverse a causa di divergenze di opinione, scopi personali o semplice voglia di porre fine a quella che sembra una lotta impari contro l’Impero che giorno dopo giorno diventa sempre più padrone della Galassia. I primi battiti del gioco si svolgono su un bellissimo Coruscant, con un inizio da cardiopalma che ci vede saltare da un tetto all’altro per catturare l’elusivo e crudele senatore di Utapau. Dopo alcuni scontri con le autorità imperiali e con qualche vecchia conoscenza del primo capitolo, ecco che arriva come un treno uno dei temi principali di questo gioco, ovvero la paura. Paura di perdere chi si ama, paura di veder morire i propri compagni, paura di fallire. La paura è la via per il lato oscuro, e purtroppo è evidente che Cal ha molta paura.
La paura spingerà Cal verso nuove strade, alcune oscurate dalle tenebre del Lato Oscuro. Vale la pena notare che il gioco ha dirette connessioni con il periodo dell’Alta Repubblica, uno dei più apprezzati del corso del nuovo Canon, sia per quanto riguarda i villain (che arrivano direttamente da lì) sia per quanto riguarda alcuni pianeti e ambientazioni come Tanalorr e Koboh. La connessione con l’Alta Repubblica non è comunque l’unico gancio extra-mediale che è presente in Jedi: Survivor. I fanatici (come me) e le fanatiche delle serie TV di Star Wars coglieranno ben più di un indizio verso il mondo che sarà, strappandovi ben più di un sorriso. Comunque sia, il nuovo lavoro di Respawn mette Cal in condizione di conoscere in prima persona la paura come mai prima: come disse il Maestro Yoda, è la paura la via per il Lato Oscuro, più che la rabbia o l’odio, tutto comincia dalla paura. E in un certo senso i viallins di Jedi Survivor, seppur inferiori come presenza scenica rispetto alla ben più inquietante Seconda Sorella, riescono a mettere a nudo la vita di Cal, dimostrandogli che la paura gli è molto più vicina di quanto egli stesso pensi. Il nostro Jedi sente la pressione della lotta apparentemente senza speranza contro l’Impero, il terrore di perdere i suoi amici e la paura di non essere il Cavaliere Jedi in grado di riportare ordine nella galassia. Per evitare spoiler sulla trama non aggiungerò altro sulla storia, ma posso dirvi che è Star Wars al 100%, quello bello, quello coinvolgente, quello che fa guardare le stelle con un sorriso. Respawn ha fatto un ottimo lavoro, anche questa volta.
Il gioco ha dirette connessioni con il periodo dell’Alta Repubblica, uno dei più apprezzati del corso del nuovo Canon
Passiamo poi al combat system, il cuore dell’esperienza offerta da Star Wars Jedi: Survivor. Come potrete facilmente immaginare, il sistema di combattimento si basa principalmente sulla combinazione di poteri della forza e spada laser. Ogni nemico ha una barra di Stamina che va azzerata a suon di attacchi, parate e contrattacchi in modo da aprici una breccia nelle difese nemiche e darci giù pesante. Come i nemici, anche Cal ha una barra da tenere sott’occhio, anzi due: una dedicata alla resistenza da monitorare, che ci permette di parare e deviare i colpi con la spada laser; l’altra è la barra della forza, che dà fondo a tutte le capacità sovrumane dei Cavalieri Jedi. Respawn ha deciso di non usare il solito trucchetto depotenziante di inizio gioco (che consiste nel “togliere i poteri” del protagonista per far si che ricominci ad accumulare skill) dandoci quindi tutto ciò che Cal era in grado di fare alla fine di Jedi: Fallen Order. Lo ammetto, ho gradito moltissimo questo stratagemma non comune, che comunque non va a intaccare il grado di sfida dei nemici, che ora sono più vari, più abili e più impegnativi.
Ma non è finita qui: torna la meccanica dei punti di meditazione, che hanno la medesima funzione dei Falò nei giochi della serie Souls. Una volta arrivati in un punto meditativo, potremo riposarci (facendo respawnare i nemici ma recuperando vita e Forza), spendere i punti abilità nei vari skill tree di Cal, e cambiare stili per la spada laser. Quest’ultima feature è una bella novità introdotta in Jedi: Survivor: il nostro buon Kestis ha la possibilità di utilizzare due nuove “stance” da combattimento con la sua spada laser e non solo. Oltre allo stile a spada singola e a doppia lama, in Jedi: Survivor abbiamo a disposizione la guardia incrociata con due spade laser e un blaster. Avere due spade aumenta i danni ma sacrifica le parate e la velocità, mentre il blaster ci permette di essere più efficaci a distanza. Entrambi questi nuovi stili hanno vantaggi e svantaggi, offrendo una mobilità e un set di attacco completamente differente in base alle nostre preferenze. Come dicevo, gli stili possono essere cambiati dal menù del punto di meditazione, perché possiamo utilizzarne solo due alla volta.
Jedi: Survivor è Star Wars al 100%
Ovviamente questa restrizione può risultare frustrante, almeno agli inizi. Saremo costretti per forza di cose a potenziare con i punti abilità le guardie più utilizzate, bloccando di fatto l’evoluzione in più campi per il nostro Cal. Ma non è male, alla fine, perché costringe il giocatore o la giocatrice a pensare prima di agire e ad essere parsimoniosi con i punti abilità, pensando in modo più strategico. Ad esempio, ho scelto di concentrarmi sulla stile a doppia spada, molto aggressivo e adatto a colpire forte i nemici, e allo stile “Blaster”, chiaramente incentrato sui danni a lunga gittata. Il risultato è un Cavaliere Jedi brutale che fa danni elevatissimi sul corto raggio e che sa occuparsi delle minacce distanti. Sacrificando lo stile a doppia lama però ho iniziato a rendermi conto che quando a schermo c’erano parecchi nemici la mia build vacillava. Per risistemare i punti occorrerà sacrificare l’unico bonus presente a partita, oppure “bruciare” un punto abilità per risistemare gli altri. Dovete fare parecchia attenzione con questo sistema di crescita del personaggio perché tende a non perdonare gli errori o le scelte compiute con leggerezza.
Jedi Survivor non solo offre solo un sistema di combattimento coinvolgente e una storia degna di Guerre Stellari, bensì anche una serie di scenari incredibilmente spettacolari in cui percorrere i passi della nostra avventura. Nonostante circa metà del gioco si svolga sul pianeta Koboh, Cal avrà la possibilità di visitare gli antichi templi Jedi di Jedha (accennati nella pellicola cinematografica Rogue One: a Star Wars Story), visitare Coruscant e persino alcune location che arrivano direttamente dall’Alta Repubblica sulla luna di Koboh. Ci sono alti e bassi in tutte le visite, ma alcuni elementi narrativi su Jedha mi hanno stupito particolarmente, sia per la cura dei dettagli, che non fatico a definire maniacale, sia per l’incredibile quantità di elementi a schermo che rendono il tutto più realistico e immersivo. Fanno ritorno anche gli enigmi ambientali, che -devo dirlo- sono poco più che le stesse cose viste nel capitolo precedente, ma il gioco non fa fatica a riscattarsi con momenti davvero magici e viste mozzafiato. Gli appassionati della personalizzazione saranno inoltre felicissimi di sapere che ogni parte di Cal può essere personalizzata, dal taglio di capelli alla lunghezza della barba, dalla giacca alla “carrozzeria” del suo inseparabile droide BD-1.
Il sistema di crescita del personaggio tende a non perdonare gli errori
Piccola nota del redattore: su Koboh, il pianeta più grosso da esplorare, è presente una cantina in puro stile Star Wars dove incontrare tutti i personaggi che abbiamo aiutato, salvato e tirato fuori dai guai durante i nostri viaggi. Spesso alcuni di loro si rivelano molto utili, vendendoci elementi cosmetici e vari perks per migliorare le performance del nostro Cal. Con la musica giusta, questa cantina ha qualcosa di unico, che ricorda quella di Mos Eisley in quanto a familiarità, pur essendo completamente differente (e inoltre dalla cantina è possibile ottenere delle Side quest fra le migliori del gioco!).
Arriviamo poi alla piccola nota dolente, che riguarda le prestazioni: su PS5 non ho notato particolari problemi di crash o bug, però mi è capitato di vedere vistosi rallentamenti nel framerate in presenza di più nemici a schermo o di un’ambientazione particolarmente curata. Un po’ di screen-tearing e stuttering ha condito saltuariamente il resto della mia esplorazione della galassia. Non ho avuto modo di provare altre versioni, pertanto non possiamo pronunciarci su quella PC che attualmente parrebbe essere carica di problemi tecnici. Il comparto audio invece è estremamente valido con un doppiaggio italiano ottimo (ma uno inglese completamente STELLARE). Le musiche accompagnano con dolcezza il viaggio di Cal, diventando intense quando la situazione lo richiede con temi carichi di pura epicità.
Star Wars Jedi: Survivor è un gioco che offre una nuova e spettacolare prospettiva sulla storia di Cal Kestis e sulla sua lotta per la sopravvivenza in un universo dominato dall’onnipresente Impero Galattico. Grazie alla grande varietà di ambientazioni, personaggi e missioni, Star Wars Jedi: Survivor offre un’esperienza di gioco che soddisferà i fan e le fan della saga di Star Wars e gli amanti dei giochi d’azione più in generale (e dei soulslike più in dettaglio). Tuttavia, il gioco soffre di qualche piccolo problemino tecnico come rallentamenti e screen-tearing, che possono risultare frustranti per i giocatori e alle giocatrici abituati/e a calcolare alla perfezione il tifing delle parate. Nonostante ciò, la vasta gamma di opzioni di personalizzazione delle abilità di Cal, le missioni secondarie ben progettate e la possibilità di esplorare il mondo di gioco in lungo e in largo lo rendono un titolo che vale la pena provare: è assolutamente imperdibile per i fan di Star Wars e per i giocatori e le giocatrici in cerca di un’avventura emozionante e coinvolgente. Non vedo l’ora di vedere come Respawn concluderà la storia di Cal con quella che potrebbe essere la migliore trilogia videoludica di Star Wars di sempre. Potete acquistare Star Wars Jedi: Survivor da GameStop a questo link. |