System Shock

System Shock – Recensione

L’originale System Shock, sviluppato da Looking Glass Studios, è stato un punto di riferimento nel genere dei giochi di ruolo in prima persona, introducendo elementi innovativi e un’ambientazione avveniristica. Uscito nel 1994 e ambientato a bordo di una stazione spaziale futuristica chiamata Citadel, il gioco ha offerto un’esperienza di gioco immersiva e coinvolgente, con una storia intricata e una varietà di ambienti ricchi di dettagli. Ispirato ai racconti di William Gibson e Bruce Sterling, System Shock conquistò con estrema facilità i cuori dei giocatori con la sua atmosfera tesa e claustrofobica, i puzzle stimolanti e l’uso intelligente della narrativa per coinvolgere il pubblico.

La trama di System Shock, il primo gioco della serie, è ambientata in un ipotetico e lontano futuro, nel 2072, quando una potente e malevola IA chiamata SHODAN (Sentient Hyper-Optimized Data Access Network) prende il controllo della stazione spaziale Citadel. Eccoci assumere il ruolo di un hacker chiamato il “giustiziere” (The Hacker), che si risveglia dal suo stato criogenico per scoprire che la stazione è infestata da creature mutate e robot ostili controllati da SHODAN stessa. L’obiettivo del nostra hacker è non solo sopravvivere, ma fermare SHODAN prima che diffonda la sua corruzione anche sulla Terra. La narrazione di System Shock è supportata da messaggi audio e testuali, che si trovano in tutto il gioco, che rivelano indizi sulla storia e offrono informazioni su ciò che è successo alla stazione spaziale Citadel. Man mano che il giocatore progredisce, si scopre che SHODAN ha eseguito esperimenti orribili sugli abitanti della stazione, trasformandoli in creature deformi e potenzialmente letali. Vi ricorda qualcosa?

Dovrebbe, perché System Shock è il padre spirituale di un altro grande capolavoro del videoludo, ovvero Bioshock di Ken Levine, che condivide non solo somiglianze con l’incipit della trama, ma anche parte del nome. Comunque sia, la trama di System Shock è stata elogiata per la sua profondità e complessità, affrontando temi come l’etica nell’IA e il confine tra l’umanità e la macchina. Il gioco ha creato un’atmosfera inquietante e claustrofobica, grazie all’uso intelligente della colonna sonora, dell’illuminazione e del level design. La combinazione di una storia coinvolgente, un gameplay avvincente e una grafica all’avanguardia per l’epoca ha reso System Shock un gioco di culto, seppur non ai livelli di altri giochi usciti nel ’94, come il DOOM II di Romero.

System Shock Remake
SHODAN ha iniziato esperimenti poco simpatici sulla popolazione di Citadel.

Arriviamo ai tempi moderni, Nightdive Studios, sussidiaria di Atari a Vancouver, ha preso in mano l’originale System Shock e ha deciso di riproporlo, con un remake piuttosto peculiare, al pubblico moderno. Attenzione però: non si tratta di un’operazione volta a dipingere di nuovo la carrozzeria del gioco originale con un graficone spaccamascella: l’obiettivo di Nightdive sembra piuttosto diverso. Fin dal primo istante in cui ho avviato il remake di System Shock, è stato evidente che questo gioco è stato progettato con una particolare attenzione per coloro che hanno avuto la possibilità di giocare all’originale. Ogni aspetto, dalle atmosfere avvolgenti all’ambientazione meticulosamente ricreata, fino all’aspetto grafico, è stato modellato con un obiettivo chiaro: evocare un senso di nostalgia profondo e appagante nel giocatore o nella giocatrice. Il comparto grafico del gioco, sebbene siano curati, rivelano una sorta di grafica pixelata e un’apparenza piuttosto retrò quando ci si avvicina abbastanza. Questo approccio appare chiaro sia guardando le ambientazioni, che le armi o i nemici. Questa scelta non è certo casuale, bensì un artificio intenzionale che ha il potere di andare a toccare i tasti più nostalgici del nostro ego. In effetti, il gioco “sembra” un remaster, dando l’apparenza di essere una versione solo aggiornata del “vecchi” System Shock. Chiaramente si tratta di un’illusione, il titolo è a tutti gli effetti un remake, che differisce di parecchio dalla sua versione originale.

Ogni aspetto è stato modellato con un obiettivo chiaro: evocare un senso di nostalgia profondo

In un’epoca in cui i remake tendono a modernizzare ogni aspetto dei giochi, la decisione di mantenere intatte le peculiarità visive di System Shock è quantomeno audace, e appare come un vero e proprio omaggio all’essenza del titolo. Lo studio di sviluppo è anche riuscito a preservare l’originale fascino che scaturiva dalla scarsa illuminazione, dagli ambienti oppressivi e oscuri, oltre che dagli elementi visivi claustrofobici. È stato proprio grazie a questi elementi che il primo System Shock ha saputo generare metà della paura e della tensione che ne hanno caratterizzato l’esperienza di gioco. Ogni angolo oscuro, ogni dettaglio sfocato e ogni increspatura dei pixel contribuivano a creare un’atmosfera unica e inquietante, rendendo l’esplorazione della misteriosa struttura spaziale una vera e propria avventura affascinante e immersiva. Pertanto, la decisione di Nightdive Studios di mantenere quasi inalterati questi tratti visivi, nonostante le possibilità tecnologiche offerte dai tempi moderni, è un tributo affettuoso al cuore e all’anima di System Shock. Il risultato è un’esperienza che riesce a catturare appieno lo spirito del gioco originale, regalando a chi ha vissuto l’epoca d’oro dei videogiochi un tuffo emozionale nel passato e al contempo offrendo la possibilità alle nuove generazioni di comprendere appieno l’eredità di questo capolavoro videoludico.

System Shock gameplay
Un po’ di mutanti, arricchiti dal volto onnipresente di SHODAN.

Naturalmente, con il remake di System Shock, sono state apportate importanti modifiche che migliorano l’esperienza complessiva aggiungendo un tocco più moderno all’opera originale di Looking Glass Studios. Una delle migliorie più significative riguarda l’introduzione della funzione “mouse-look”, ovvero la possibilità di puntare con il mouse. Lo so, sembra una cosa assolutamente scontata nei tempi moderni, ma rimane una caratteristica assente nel gioco originale. In System Shock del ’94, i giocatori dovevano fare affidamento sui tasti WASD per guardarsi intorno e poi sulle frecce direzionali per muoversi negli ambienti 3D. Fortunatamente, questo vecchio schema di controllo è stato totalmente abbandonato, permettendoci di esplorare liberamente gli oscuri recessi della stazione spaziale con la fluidità e la precisione del mouse. Inoltre, il sound design ha subito una trasformazione notevole. Gli effetti audio spaziali e tridimensionali sono molto distanti dalle limitate capacità delle schede audio Soundblaster a 16 bit degli anni novanta (e per fortuna direi). SHODAN in particolar modo regala una prestazione vocale potente che continua a instillare paura e disagio nei giocatori e nelle giocatrici, risultando ancora oggi come una delle intelligenze artificiali più sinistre e inquietanti insieme a SkyNet e GladOS.

Sono state apportate importanti modifiche che migliorano l’esperienza complessiva

Quello che rende davvero lodevole l’approccio del team di sviluppo è la loro focalizzazione nel migliorare gli elementi che contribuiscono all’immersione in System Shock, lasciando intatto il nucleo originale del gameplay. Evitando intelligentemente alterazioni superflue, da Nightdive Studios sono riusciti a preservare l’essenza che i/le fan del gioco originale tanto apprezzano. Questo approccio ponderato assicura che i giocatori che hanno amato l’originale possano davvero concentrare la loro attenzione sui dettagli e il rispetto mostrato in questo fedele remake. Anche i puzzle ambientali sono rimasti perlopiù inalterati, con qualche modifica che permette di scalare la difficoltà del gioco. Comunque sia, esplorare la stazione spaziale della compagnia TriOptimum Corporation (che agisce un po’ come la Weyland-Yutani di Alien) non è l’unico mondo calpestabile: c’è anche il cyberspazio, figlio delle idee e dell’estetica tipica degli anni ’90 che fa tanto film come Il Tagliaerba o Johnny Mnemonic. In determinati punti del gioco, potremo avvicinarci a un terminale, connetterci e immergerci in un’area che condivide quella nuova sensazione di spazialità tridimensionale. In realtà, questa nuova versione di System Shock ci restituisce un feeling un po’ strano. Nightdive ha creato una modalità che ricorda Space Invaders ma in 3D: colorata, incasinata, frenetica e piena di musica elettronica. Chissà, forse è l’influsso di Atari, forse no: fatto sta che è abbastanza caotica e c’è il rischio di rimanere un po’ nauseato fra i colori epilettici e le bombette elettroniche.

System Shock finestra di uscita

Ed ora arriviamo ai tasti dolenti, che per fortuna non sono molti. Innanzitutto c’è il solito effetto “nostalgia canaglia” che colpisce recentemente molte di queste operazioni di revival di brand videoludici storici: sostanzialmente il gioco viene riproposto quasi in maniera identica al suo illustre predecessore, difetti inclusi, complice la reverenza di Nightdive verso il primo gioco. Il che significa che per quanto sia bello ripercorrere i corridoi oscuri e deliranti della Citadel, perdersi in quel un groviglio di tornanti, anfratti e nicchie all’apparenza tutte uguali rende il gameplay un po’ frustrante (e disorientante). In sostanza diventa davvero faticoso navigare ripetutamente attraverso questi interminabili, una volta dopo l’altra. Come non citare poi uno degli elementi del design originale che Nightdive ha riproposto praticamente invariato, ovvero il costante e inevitabile backtracking. La Citadel è strutturata verticalmente su nove piani, e nessuno (e dico nessuno, sia esso personaggio in-game sia sviluppatore) ha mai pensato di costruire un solo ascensore che arrivasse in tutti i piani. Sostanzialmente, se ci troviamo all’ottavo piano e per esigenze di trama dobbiamo scendere al terzo, bisogna ritrovare come Arianna il filo che ci riconduca lentamente fino al piano richiesto: praticamente una fatica incredibile. Spesso può capitare di aprire così tante volte la mappa di gioco da tenere premuto il tasto M più di quello per sparare.

Il gioco viene riproposto quasi in maniera identica al suo illustre predecessore, difetti inclusi

La situazione non è migliorata (anzi, è un altro grosso handicap) con la presenza di un altro dettaglio assolutamente fedele al gioco originale: l’assenza totale di uno schermo con gli obiettivi o gli indicatori di missione. Bisogna quindi prestare la massima, totale attenzione alle registrazioni audio e ai file che raccoglieremo, oltre che alle email che riceveremo per capire bene cosa fare. In un mondo dove la soglia di attenzione è dannatamente bassa, si tratta di un problema non da poco. Infine le prestazioni: non riesco a comprendere come sia possibile che questo gioco abbia vistosi e invalidanti cali di frame rate. Ho scritto invalidanti perché mi è capitato che System Shock girasse a 10/15 frame, facendomi perdere istanti preziosi (oltre che la mira). Spero che Nightdive sistemi molto in fretta questi problemi, perché chiaramente non è il comparto grafico di System Shock ad essere troppo richiedente.

Conclusioni

In conclusione, il remake di System Shock da parte di Nightdive Studios è un’opera che mira a evocare un profondo senso di nostalgia per i fan dell’originale. Basa l’intera esperienza praticamente su questo elemento. Mantenendo intatti gli elementi visivi e atmosferici che hanno caratterizzato il gioco del ’94, il team di sviluppo offre un’esperienza immersiva che cattura lo spirito del capolavoro originale.

Le migliorie apportate, come l’introduzione del mouse-look e il miglioramento del sound design, arricchiscono l’esperienza complessiva senza snaturare l’essenza del gameplay. Tuttavia, il gioco presenta alcune pecche, come la navigazione non proprio user friendly e il backtracking costante, che possono causare un certo grado di frustrazione. Inoltre, l’assenza di indicatori di missione e i problemi di prestazioni rappresentano ostacoli significativi. Nonostante ciò, il remake di System Shock rappresenta un omaggio affettuoso al cuore e all’anima del gioco originale, consentendo ai fan di rivivere un’esperienza emozionante e offrendo alle nuove generazioni l’opportunità di scoprire l’eredità di questo capolavoro videoludico.

La recensione di System Shock è stata possibile grazie a un codice inviatoci dallo sviluppatore.

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