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Viewfinder – Recensione

Viewfinder è in qualche modo figlio di The Witness, geniale e brillante puzzle game di Jonathan Blow che nel 2016 fece surriscaldare più di un neurone in chiunque decise di mettersi alla prova con uno dei giochi più impegnativi mai creati. Il paragone, sia chiaro, non ha alcuna intenzione di sminuire la proposta di Sad Owl Studios, team scozzese all’esordio, quanto quella di inquadrare al meglio un titolo annunciato solo qualche mese fa, durante gli scorsi Game Awards, è già pronto all’esordio su Steam e PlayStation Store.

Sin dal primo trailer, difatti, è stato chiaro sin da subito che Viewfinder avrebbe proposto un’avventura a base di enigmi, sullo sfondo di una vicenda allegorica e misteriosa al punto giusto. Pur di generi ben distinti, la produzione è stata idealmente inserita nello stesso gruppo dei vari Abzu, The Journey, Stray, ovvero giochi dal gameplay non particolarmente stratificato, ma comunque capace sia di proporre soluzioni di level design geniali, sia di veicolare esperienze suggestive, emozionanti, persino toccanti.

Viewfinder è tutto questo e persino qualcosa in più, al punto che, non a caso, è necessario tirare in ballo The Witness come termine di paragone, puzzle game universalmente riconosciuto come un caposaldo del genere.

Come lo stesso titolo lascia intendere, la creatura di Sad Owl Studios gioca con la prospettiva, con il punto di vista. Il concept viene declinato in più forme, dando vita ad enigmi dalla risoluzione spesso sorprendente. Chi ha già provato con mano congeneri come Echochrome e Monument Valley sa benissimo a cosa ci riferiamo.

Giunti in un mondo familiare ed allo stesso tempo disorientante quanto basta, l’incorporeo protagonista dovrà semplicemente raggiungere il traguardo di ogni schema. Tra lui e l’uscita, tuttavia, burroni, ostacoli, impedimenti di ogni genere possibile. Il nostro, inizialmente, potrà solo saltare, abilità non certo sufficiente per venire a capo della situazione.

Sulle prime dovrete sfruttare le fotografie recuperate nei livelli per creare i passaggi, i sentieri, le piattaforme necessarie. Come fare? Semplice: letteralmente incollando sullo scenario la stessa immagine raccolta. Il concetto è difficile da spiegare a parole, ma basta aver visto un trailer di Viewfinder per capire come l’istantanea di un palazzo può trasformarsi, in prospettiva, in un ponte con cui superare un burrone; come la foto di una porta può creare un passaggio su un muro; come muovendovi nello scenario, trovando il giusto punto di vista, potrete dare la forma di un interruttore a linee e colori inizialmente distanziati e disgiunti tra loro.

Quando Viewfinder sembra aver già raggiunto il picco e inizia a mostrare il fianco ad una qual certa linearità, proponendo soluzioni univoche e sostanzialmente prestabilite, a poco meno di metà avventura, ovvero a circa due delle sei, sette ore necessarie per completarlo, entrerete in possesso di una polaroid, strumento che vi slegherà completamente dalla necessità di recuperare in giro per lo scenario istantanee già pronte.

Il gameplay, a questo punto, evolve prepotentemente, consegnando nelle mani dell’utente potenzialità e possibilità, pur con tutte le dovute differenze del caso, paragonabili a quelle saggiate in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, che se non avete ancora acquistato potete farlo in questo momento sullo shop online di GameStop. Così come nel capolavoro Nintendo è possibile rompere il gioco stesso, come scriviamo a chiare lettere nella nostra recensione, anche in Viewfinder la vera sfida, soprattutto per i più smaliziati, diventerà cercare il punto di rottura di questa meccanica ludica.

Sullo sfondo,una narrazione emergente che tratta tematiche di un certo peso come il cambiamento climatico

Tra loop, paradossi e soluzioni più lineari ma ugualmente efficaci, scoprirete più e più modi per risolvere lo stesso enigma, scoprendo e saggiando tutta l’unicità e originalità del level design. Foto di foto, capovolgimenti gravitazionali, strutture più o meno complesse, con il giusto occhio, polaroid alla mano, potrete letteralmente costruire piattaforme e prospettive utili a raggiungere il traguardo.

Sullo sfondo, come anticipato, una narrazione emergente che tratta tematiche di un certo peso come il cambiamento climatico e la responsabilità degli esseri umani in qualità di specie senziente, capace di concepire concetti come l’arte, la filosofia, l’amore. Osservando l’ambientazione, ascoltando le clip audio sparse per lo scenario, ricostruirete i contorni di una trama estremamente attuale, che non mancherà di emozionarvi soprattutto sul finale.

Per nulla da meno, comparto grafico e sonoro. Da una parte, colori accesi e forme sinuose compongono un mondo trasognante, surreale, lisergico. Viewfinder non testa e non vuole testare i limiti tecnologici degli hardware per cui è stato concepito, ma la pulizia dell’immagine, il frame rate granitico e il buon numero di dettagli di ogni scenario soddisferanno anche i palati più esigenti. Dall’altra, la colonna sonora, accompagna più che degnamente l’azione, con temi rilassanti, suggestivi ed ispiratissimi.

Conclusioni

Viewfinder è un eccellente puzzle game, un titolo sostanzialmente imprescindibile se vi definite grandi appassionati del genere.

Il termine di paragone non può che essere lo strepitoso The Witness, che supera l’opera di Sad Owl Studio solo per varietà di enigmi e per longevità. Nelle sei, sette ore necessarie per giungere ai titoli di coda, Viewfinder saprà sorprendervi a più riprese, grazie al suo brillante level design e ad un gameplay che punta a rompere il gioco stesso.

Come se non bastasse, a tenere vivo l’interesse anche di chi non è solito destreggiarsi con il genere ci pensa un comparto artistico stimolante ed una trama che, per quanto relegata sullo sfondo, sa raccontarsi con i giusti ritmi, instillando curiosità nell’utente.

Un gioco sostanzialmente imperdibile, consigliato anche ai non amanti dei puzzle game.

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