Un anno e mezzo fa, in occasione del debutto di The Last of Us Part I, qui la nostra recensione dell’epoca, filosofeggiavamo su utilità e legittimità delle trasposizioni che nel gergo comune vengono definite tramite l’utilizzo del termine remastered. Discutevamo del loro valore pratico e museale, innegabile, ma anche di come certe operazioni commerciali mostrassero il fianco a facili polemiche, giocando pericolosamente con un pubblico, quello console, che nel corso degli ultimi tempi ha iniziato a dare per scontati gli upgrade grafici gratuiti, esattamente come accade da eoni in ambito PC.
Sony, ormai da prassi, adotta politiche ben specifiche in casi del genere. Tuttavia, è altrettanto innegabile che in occasione di The Last of Us Parte II Remastered si sia mossa enormemente meglio, con più eleganza, furbizia, grazia.
Invece di limitarsi ad una trasposizione senza troppi fronzoli come nell’agosto del 2022, pur con un aggiornamento estetico di prim’ordine, beninteso, in questo caso il pacchetto originario è stato arricchito con un discreto numero di contenuti inediti. Nuove modalità e opzioni che rendono ancor più attraente la proposta per i neofiti e al contempo giustificano l’esborso di dieci euro per tutti coloro già in possesso dell’originale, intenzionati ad effettuare l’upgrade, se non a comprare direttamente la copia fisica del gioco che potete trovare sullo shop online di GameStop.
Dovendo dare un giudizio complessivo sulla produzione Sony, non ci soffermeremo più del dovuto sulla campagna principale del gioco. Abbiamo già analizzato nel dettaglio gli innumerevoli pregi della creatura di Naughy Dog nella recensione dell’epoca, che potete leggere grazie a questo link. In questa sede, tuttavia, ha senso analizzare il valore attuale, ludico e tematico, di un gioco che esattamente come il diretto predecessore ha fatto storia.
The Last of Us Parte II Remastered si (ri)conferma una pietra miliare, un’opera artistica, ancor prima di un mero prodotto, che nella persistenza del significato che assume l’avventura, e con essa la spirale vendicativa di Ellie, confuta e contraddice la funzione primaria che viene generalmente attribuita ai videogiochi, ovvero il puro e semplice intrattenimento. Il messaggio insito e disciolto tra le fasi esplorative e di combattimento della saga, ulteriormente esacerbato in questo secondo episodio, finisce per soverchiare e travolge il divertimento, il desiderio di giungere ai titoli di coda, la curiosità di scoprire come va a finire l’epopea dei protagonisti coinvolti.
L’insensata scia di sangue e violenza perpetrata dal duplice desiderio di vendetta di Ellie e Abby, finisce per appesantire, opprimere, quasi soffocare l’utente, alle prese con un’opera matura, complessa, controversa, che non ha alcun interesse a fare sconti al suo pubblico. Il senso ultimo di The Last of Us Parte II Remastered si identifica completamente nella trama, nella profondità dei personaggi, nel gameplay, anch’esso funzionale al racconto e alla costruzione del messaggio di fondo.
Ancor più che per l’ottimo level design, che in questo sequel si concede sezioni open-map; del mirabile gunplay; della gestione dei personaggi; di avversari capaci di mettere in seria difficoltà l’utente; si resta affascinati dall’ispiratissima direzione artistica, dai dialoghi taglienti, dalla profondità di un cast sfaccettato. Da questo punto di vista, non sembra passato un secondo dal giugno 2020, release originaria del titolo.
Se cercate un gioco d’azione e avventura dalla trama profonda e dal gameplay attento ai dettagli, siamo ancora di fronte ad uno dei punti più alti mai toccati dall’industria videoludica. Se, invece, il vostro interesse è più focalizzato sull’opera di recupero e riproposizione, allora la situazione si fa più complessa, ma ugualmente interessante.
L’aggiunta più importante di questa riedizione è senza alcun dubbio la modalità Senza Ritorno, in cui il brand di The Last of Us incontra il genere dei roguelike
Iniziamo dalla grafica, sicuramente l’aspetto più controverso di The Last of Us Parte II Remastered. Ad un occhio poco allenato, difatti, il gioco potrebbe apparire assolutamente identico alla controparte per PlayStation 4. Il lavoro svolto da Naughty Dog si nasconde nei dettagli, nelle piccole accortezze estetiche che innalzano ulteriormente quanto già effettuato una generazione di console addietro.
In modalità fedeltà, nello splendore dei 4K, il mondo di gioco beneficia di texture sensibilmente più definite, effetti luce che donano maggior profondità ad ogni scena, ombre tremendamente più dettagliate e, soprattutto, una nitidezza impareggiabile, soprattutto quando si cerca di scorgere l’orizzonte e si pone l’attenzione sugli elementi più distanti. Prediligendo invece la modalità prestazioni, vi garantirete una fluidità del frame rate granitica, in qualsiasi situazione, in qualunque momento, a discapito di una minor pulizia dell’immagine. Colori e figure si impastano lievemente di più, è innegabile, ma come ci accade spesso di commentare in queste situazioni, se vi abituerete allo splendore dei 60fps, sarete pronti a sacrificare tranquillamente i 4K e con esso qualche dettaglio a schermo.
In ogni caso, in generale, è innegabile che questo sia il cambiamento meno d’impatto apportato da The Last of Us Parte II Remastered rispetto all’originale. Le migliorie grafiche ci sono e si vedono, ma non sono particolarmente evidenti.
Sempre relativamente ai cambiamenti apportati all’avventura principale, vale la pena citare anche i tempi di caricamento sensibilmente ridotti, un vero toccasana ai fini del ritmo, nonché il pieno supporto alle principali feature del DualSense. I grilletti adattivi svolgono alla grande il loro lavoro, soprattutto quando vi ritroverete a tendere l’arco, in attesa di scoccare una freccia. Il feedback aptico, dal canto suo, viene meravigliosamente sfruttato. Non siamo ancora ai livelli di Returnal, in questo senso l’eccellenza assoluta sfoggiata su PlayStation 5, ma ogni sollecitazione produrrà un diverso tipo di vibrazione. Soprattutto tra le piovose strade di Seattle, vi sembrerà di sentire sulla vostra pelle le gocce che cadono dal cielo.
L’aggiunta più importante di questa riedizione è senza alcun dubbio la modalità Senza Ritorno, in cui il brand di The Last of Us incontra il genere dei roguelike. Oltre a poter creare partite personalizzate e prendere parte a sfide online che verranno aggiornate a cadenza regolare, opzione ancora disabilitata nel momento in cui scriviamo questa recensione, Partita Standard nasconde al suo interno una sorta di mini-campagna in cui, dopo aver scelto uno dei protagonisti della saga, ognuno contraddistinto da equipaggiamento e abilità uniche, dovrete superare una serie di livelli, prima di affrontare un boss di fine livello.
In scenari scelti casualmente di run in run, si tratterà di sopravvivere a varie orde di nemici, siano essi umani, infetti o Clicker. Il gameplay, in questo senso, ripropone tutte le meccaniche già apprezzate nell’avventura principale. Bisogna quindi muoversi con circospezione, sorprendere i nemici alle spalle, utilizzare armi da fuoco e da distanza ravvicinata solo in casi di estrema necessità. La raccolta di risorse, utili per creare medikit ed esplosivi, è fondamentale, soprattutto nelle fasi avanzate della run. Conoscere progressivamente le ambientazioni, di medie dimensioni e ovviamente zeppe di ripari dove nascondersi, rappresenta un vantaggio strategico che acquisirete con il tempo.
Tra le aggiunte di The Last of Us Parte II Remastered va citata la presenza di tre Livelli Perduti, brevi scenari che erano in via di sviluppo, poi eliminati nella versione originale
Tra un livello e l’altro, inoltre, farete ritorno alla hud principale luogo in cui potrete utilizzare le materie prime per potenziare l’arsenale o utilizzare le pillole raccolte per acquisire nuove abilità passive e attive.
Come il genere vuole, se si perde la vita sul campo di battaglia dovrete ricominciare tutto da capo, perdendo così i potenziamenti, ma tra un tentativo e l’altro potrete sbloccare nuovi personaggi e skin, regalando una tenue progressione all’avventura.
La mancata introduzione di meccaniche inedite, così come di nuovi nemici, mortifica in parte la portata di questa modalità roguelike. Alla lunga il tutto tende a diventare piuttosto ripetitivo e fine a sé stesso, con le sole boss battle capaci di infondere adrenalina e tensione alla run di turno. Tuttavia, la presenza di svariati livelli di difficoltà, nonché la promessa di sfide giornaliere, invoglieranno i giocatori più competitivi a spendere molto tempo in compagnia di Senza Ritorno.
Tra le aggiunte di The Last of Us Parte II Remastered va poi citata la presenza di tre Livelli Perduti, ovvero brevi scenari che erano in via di sviluppo, poi eliminati nella versione originale e finale del gioco. Preceduti da un breve video di Neil Druckmann che li contestualizza e spiega i motivi dell’esclusione, sono completabili in una decina di minuti al massimo e per lo più mancano di molti elementi fondamentali come animazioni, doppiaggio e texture rifinite. Il commento degli sviluppatori che accompagnano l’azione, e spiegano ulteriori elementi di design introdotti, rende il tutto estremamente interessante per chi ama sbirciare dietro le quinte nella realizzazione di un videogioco, ma in termini prettamente ludici il valore di questi Livelli Perduti è prossimo allo zero, visto che non propongono combattimenti, né puzzle da risolvere.
Con lo stesso intento, sono stati introdotti diversi video di commento che raccontano della realizzazione del gioco. La mezza dozzina di contributi, unitamente al commento degli sviluppatori attivabile durante alcune fasi di gioco dell’avventura principale, forniscono tantissimi ed interessantissimi dettagli sulla creazione del gioco, una generosa fucina di informazioni che farà sicuramente la gioia dei più curiosi.
Al contrario della rimasterizzazione del primo capitolo della serie, con The Last of Us Parte II Remastered publisher e sviluppatore si sono mossi alla grande. L’aggiornamento grafico, per quanto non così evidente, porta in dote un frame rate granitico in modalità prestazioni e un livello di dettaglio fuori scala preferendo la modalità fedeltà. L’SSD di PlayStation 5 regala tempi di caricamento ridottissimi, mentre feedback aptico e trigger adattivi del DualSense vengono sfruttati ottimamente. Inoltre, non mancano contenuti inediti. L’inserimento di video e commenti degli sviluppatori circa la realizzazione del gioco faranno la felicità dei più curiosi. La possibilità di giocare a tre livelli poi eliminati nella versione finale del titolo è un extra assolutamente stuzzicante. La modalità Senza Ritorno farà gola agli amanti dei roguelike, sebbene manchi un pizzico di profondità e varietà al tutto. Se vi eravate persi il secondo capito della saga, ora non avete un motivo valido per farvelo scappare. In questa forma, The Last of Us Parte II brilla di una luce ancora più intensa. Se invece siete fan della prima ora, i dieci euro richiesti per l’upgrade sono più che giustificati a fronte delle tante novità introdotte. Inoltre, se siete veri appassionati e avete un debole per le versioni fisiche, potete fare vostra una copia di The Last of Us Parte II Remastered acquistandola sul sito ufficiale di GameStop! |
Commenti