Flintlock: The Siege of Dawn, il soulslite che non ti aspetti – Recensione

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Un "Dark Souls" più permissivo tra divinità in fuga e vendetta.

Flintlock: The Siege of Dawn è probabilmente uno dei progetti più interessanti dell’estate videoludica 2024, concepito dagli stessi sviluppatori di Ashen, un soulslike oscuro e intrigante che aveva molto da raccontare, nonostante qualche piccolissimo difetto. Non è dunque un mistero che i ragazzi di A44 Games siano dei fan del genere soulslike che, a tutti gli effetti, non possiamo più definire un genere di nicchia, ed Elden Ring ne sa qualcosa.

Sperimentare, osare, spingersi oltre: forse sono queste le parole giuste attorno cui ruota il lavoro del team neozelandese, o almeno è quello che abbiamo avvertito quando siamo entrati nel cuore di Flintlock. Provare ad apportare qualche modifica a una formula ben collaudata è un’impresa ardua e, vi diciamo la verità, ci è sembrato strano sentir parlare di soulslite, un termine che semplifica quel genere a cui molti di noi nemmeno provano ad avvicinarsi.

Ma con Flintlock è diverso, tutto si “semplifica”, pur mantenendo una sfida degna di nota, soprattutto alla difficoltà folle, ma ci arriveremo nel corso della recensione. Un ibrido, sì, un minestrone che pesca gli ingredienti da diversi generi creando un’esperienza tutto sommato spassosa da giocare. Tuttavia piacevole non vuol dire sempre “perfetta”, nossignore, alcune meccaniche non sono sempre impeccabili e delle aree ci sono sembrate più spoglie del previsto.

Nonostante tutto, abbiamo continuato a colpire i Morti con sempre più dedizione, cercando di immedesimarci progressivamente nel mondo di gioco. Flintlock è un doppia A (AA) che osa, che ha voglia di rivoluzionare: e a noi piacciono i cambiamenti, ma soprattutto il coraggio.

Flintlock: The Siege of Dawn è disponibile da GameStop.

Dieci anni prima gli eventi di Flintlock, la Porta del Grande Abisso è stata aperta, e i Morti iniziarono a marciare nel mondo dei vivi, conquistando la città di Alba. Nel presente, la tecnologia della polvere da sparo è talmente evoluta da convincere l’unità di genieri a chiudere il portale e porre fine a questo decennio di sofferenze. Purtroppo non avevano tenuto conto di un piccolissimo particolare: dalla Porta sono uscite anche le divinità, pronte a plasmare il mondo in base alla loro concezione di perfezione.

E qui entreremo in gioco nei panni di Nor, una geniera e soldato d’élite della Coalizione che stringe un accordo con una “piccola” divinità a forma di volpe che le donerà dei poteri mai visti prima per un essere umano. Nor ed Enki saranno spinti da un unico obiettivo, mettere a tacere la “presunzione” degli dèi e riportare il mondo alla pace desiderata (andrà tutto nel verso giusto?).

Sin dalle prime battute di gioco è impossibile non notare questo mix di elementi che caratterizzano la produzione, a partire proprio dal partner di battaglia, che ci ha ricordato enormemente il supporto di Atreus in God of War. Sia inteso, attingere idee da altri videogiochi non è di per sé sbagliato, solo che miscelarne troppe potrebbe generare un po’ di confusione nel giocatore di turno. In ogni caso, Flintlock è ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, un contesto storico drammatico con eccidi ingiustificati che mai avremmo dovuto vivere nella nostra storia, con un pizzico di mistico e civiltà perdute, come quella babilonese.

Non a caso, nei primi minuti, faremo un incontro inaspettato: ci “scontreremo” con un lamassu (o almeno così pare), una divinità antropomorfa che ci farà capire quanto possa essere insulsa la nostra esistenza. Da qui in poi però, sarà tutto in salita e i Morti (perlopiù scheletri) se la vedranno con la sete di vendetta di Nor.

Un’esperienza meno hardcore ma non per questo così permissiva

Prima di partire però vorremo essere chiari su un punto: Flintlock: The Siege of Dawn non è un soulslike, o meglio, non lo è fino in fondo. E questo lo capirebbe anche un novellino del genere, sin dalla prima volta che pigerà su “Nuova Partita”, quando apparirà il selettore della difficoltà. Avete capito bene, qui parliamo di un’esperienza alla portata di tutti, un bicchiere di limonata molto dissetante per tutti coloro che mai si sarebbero avvicinati a un soulslike per la difficoltà fuori dal comune.

In questo caso, la definizione di soulslite ci è sembrata più che azzeccata, ovvero un’esperienza meno hardcore ma non per questo così permissiva (a livello normale), a meno che non vogliate abbattere le divinità alla difficoltà massima (Folle): lì i puristi del genere potrebbero riprendersi da questa (brutta) notizia e trovare pane per i loro denti.

La sensazione pad alla mano è davvero particolare, perché da un lato troviamo alcune delle caratteristiche che hanno fatto la felicità di FromSoftware: falò (checkpoint) in cui riposarci e modificare l’equipaggiamento, rami delle abilità, pozioni per ricaricare l’energia residua e “reputazione” da recuperare una volta abbattuti. Dall’altro possiamo notare che Nor non ha la barra della stamina, né il problema del “peso” e può saltare come un canguro pieno d’energia.

Ispirazione, questo è il termine esatto, impossibile realizzare un titolo di impronta souls senza che siano presenti alcune di quelle caratteristiche. Ma andiamo per gradi: Nor, oltre a poter attaccare, schivare, bloccare e contrattaccare, potrà mettere a segno delle tecniche di sfondamento che non possono essere né bloccate né parate. E sotto questo aspetto nulla da dire, Nor è reattiva e gli avversari si rivelano particolarmente agguerriti in fase di attacco e letali qualora non si presti la giusta attenzione: anche a difficoltà normale basteranno due colpi ben assestati per andare al tappeto, non credete.

Cosa cambia allora nel combat system? Be’, una caratteristica vista (in un certo senso) solo in Bloodborne: l’uso della pistola da alternare alle combo. Vestendo i panni di un geniere, le armi da fuoco si rivelano assai fondamentali per affrontare i Morti, soprattutto per interrompere gli attacchi improvvisi e avere un minimo di vantaggio nell’azione. Ogni colpo consuma una carica di polvere nera che potrà essere recuperata con degli attacchi da mischia andati a buon segno. Questa caratteristica rende il gameplay più fresco e soprattutto in linea con le caratteristiche di Nor.

Ogni giocatore, tuttavia, potrà scegliere la strategia che ritiene più opportuna, magari basata maggiormente sulle schivate e l’uso delle consunzioni, oppure essere pronti a parare gli attacchi e contrattaccare per ottenere dei vantaggi. Ogni avversario sconfitto (e missione compiuta) ci ricompenserà con la fatidica reputazione, che può essere scambiata con abilità e oggetti.

Vi abbiamo accennato alle consunzioni, ovvero delle potenti abilità magiche controllate da Enki che ci daranno degli enormi vantaggi per abbattere i Morti. Combattendo, potremo riempire la barra di Enki per poi fargli effettuare un attacco con maledizione per dei danni preliminari che indeboliranno l’avversario. Quando la barra preliminare sul nemico sarà piena, potremo effettuare un avvincente attacco critico per poterlo abbattere senza troppi patemi.

Questa è una delle caratteristiche principali del combat system, sottovalutarla ci porterà sicuramente a dei game over immediati. Ovviamente il nostro volpino potrà essere potenziato trovando delle apposite piume in tutte le macroaree che visiteremo ed equipaggiando delle pietre maledette che garantiranno nuove maledizione a ogni attacco.

Gli avversari che incontreremo, a parte le divinità, spaziano da scheletri a umani con scudo e armatura, mostri giganti e addirittura ragni che spruzzano veleno. La varietà degli avversari è abbastanza buona, ma a volte ci sono delle ripetizione dei personaggi: non sarà strano infatti combattere contro un cavaliere, per poi ritrovarlo come PNG in una delle città vicine. Dopotutto in produzioni doppia A questo aspetto è abbastanza noto, e non chiediamo sia troppo diverso da così.

Se ve lo stesse chiedendo, Flintlock: The Siege of Dawn non è un open world così dispersivo e, possiamo dirlo, meno male! Perché allungare il brodo in un titolo del genere potrebbe generare frustrazione e ripetitività: in questo caso, la scelta di macroaree ha reso l’esperienza più contenuta, con un’esplorazione discreta (anche perché oltre a raccogliere materiali e attivare portali non è che ci sia molto di più) e zone ben disseminate di nemici.

Ogni riposo ai checkpoint non solo “ricaricherà” le nostre “fiaschette” e l’energia residua, ma sbloccherà punti di viaggio rapido. In ogni caso, vi consigliamo di utilizzarli il meno possibile per gli spostamenti, poiché le zone non sono poi così estese e potreste perdervi alcuni degli scorci che riteniamo abbastanza evocativi, e poi potrete accumulare ulteriore reputazione. Ecco, quest’ultima potrà essere spesa, oltre che per potenziare l’armamentario, anche nell’albero delle abilità, per ottenere nuovi attacchi da mischia, a distanza e migliorare i poteri magici di Enki.

Flintlock: The Siege of Dawn, al netto di tutti i difetti, si lascia giocare e diverte quel che basta

Prima parlavamo delle fiaschette dell’energia, una caratteristica da vero e proprio soulslike (e unico modo per curarsi). Per accrescerne di numero non bisogna ignorare i vari borghi, piccole comunità occupate da forze ostili che, una volta liberate, ci ricompenseranno con una nuova fiala dall’Ostessa nella caffetteria. Quest’ultima ci chiederà anche dei favori, le cosiddette missioni secondarie, che approfondiscono il mondo di gioco e ricompensano con nuove attrezzature.

Insomma, Flintlock ha dalla sua tante caratteristiche da gioco di ruolo: punti reputazione, miglioramento delle caratteristiche, abilità, armi da taglio (martelli e asce di vario tipo), armature e armi da fuoco. Ecco, soffermiamoci su quest’ultime, forse l’aspetto che meno abbiamo gradito. Se da un lato la pistola di Nor è utilissima per spezzare il ritmo e fermare l’attacco del Morto di turno, non abbiamo propriamente apprezzato l’uso del fucile da cecchino e vi spieghiamo perché.

Il fucile da cecchino dovrebbe servire per cogliere di sorpresa alcuni cattivoni, per aprirci delle brecce o addirittura indebolire le schiere avversarie. In Flintlock questa caratteristica spezza enormemente il ritmo, ci rende vulnerabili agli attacchi degli altri scellerati mostri e soprattutto, non pensiamo che questa esperienza sia propriamente uno sparatutto, anzi. Unire diversi generi è un’idea che ci piace, ma non quando sono inseriti in modo pasticciato. Per non parlare dei colpi alla testa al rallentatore in stile Sniper Elite, che proprio non ci sono piaciuti.

Stesso discorso per le altre armi da fuoco, come il lanciagranate: il più delle volte si rischia solo di danneggiarsi e si perde la velocità d’azione e la concentrazione che si erano acquisite. Un altro aspetto che ci ha lasciato qualche perplessità, e non nella natura della stessa che risulta strategica e molto complessa, è il mini gioco Rivalsa. In pratica, girando per le varie zone, potremo sfidare gli abitanti e provare a vincere formando una frattura triangolare con tre pedine nel minor numero di turni. Se riusciremo ad avere la meglio su due turni (attacco e difesa), ne usciremo con un po’ di punti reputazione nel portafogli. Ci siamo chiesti: perché in un titolo come Flintlock, che trova nella velocità e ritmo la sua forza, deve essere inserito un minigioco che, per quanto interessante, interrompe l’esperienza in modo burrascoso?

Il concetto ricalca un po’ il Gwent di The Witcher 3, solo che inserito in modo un po’ troppo azzardato, addirittura con avversari in cima alle montagne pronti a sfidarti dopo che hai sudato 7 camicie per abbattere il villain di turno. Forse è solo una questione di ritmo, poiché il minigioco potrebbe essere una buona distrazione, se non fosse così impegnativo.

Passiamo alle considerazioni tecniche di Flintlock: The Siege of Dawn: se il combat system ci è parso abbastanza funzionale, con schivate perfette, parate al punto giusto e senza frustrazioni di sorta (a parte due crash di sistema durante una boss battle, risolvibili con patch day-one probabilmente), non si può dire lo stesso delle fasi d’esplorazione.

Ci riferiamo nello specifico agli spostamenti con la polvere, schivate e mobilità aerea per intenderci. Nor risulta più scoordinata del previsto, in particolar modo quando deve aggrapparsi a una sporgenza. In alcuni frangenti, complice una telecamera non sempre perfetta, abbiamo dovuto ripetere il doppio salto più volte, per non parlare di quei momenti in cui si perde il controllo della nostra eroina (Enki poi a volte salta a caso). Questo ci ha causato molte morti dall’alto, e in un gioco del genere può essere un problema dato che la dipartita ci fa perdere tutta la reputazione accumulata.

A parte questo, Flintlock è un’esperienza che dura il giusto, sulle 15/20 ore (forse qualcosa di più se si vuole esplorare tutto il mondo di gioco), che al netto di tutti i difetti si lascia giocare e diverte quel che basta. Forse la trama non è così originale e qualche caratteristica poteva essere omessa, ma dopotutto questo minestrone non è poi così male.

Conclusioni

Flintlock: The Siege of Dawn si presenta nel mondo dei soulslike in una formula più accessibile, non particolarmente innovativa, rendendo l’avventura (almeno su carta) alla portata di una platea più vasta di videogiocatori. Questo non vuol dire che quella che andremo a vivere sia un’esperienza semplice, tutt’altro: già alla difficoltà normale dovremo provare e riprovare, fin quando non impareremo dai nostri errori individuando la strategia vincente per abbattere il boss.

Nonostante alcuni evidenti difetti, bisogna riconoscere che il lavoro di A44 Games è divertente da giocare, complice anche una durata contenuta (che definiremo comunque in linea con la tipologia d’esperienza) che non porta il giocatore a gironzolare avanti e indietro nella mappa alla ricerca di un materiale. Lasciateci aggiungere, nel mercato videoludico servono anche esperienze che non durino più di 20 ore e che ci permettono di apprezzarne l’essenza.

Anche se non brilla sotto tutti gli aspetti, riteniamo che affrontare questa avventura di vendetta contro le varie divinità potrebbe valerne la pena. Dopotutto, il buon Kratos l’ha già fatto più di una volta.

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  • Good
    +Combat System veloce e ritmato con sparatorie intelligenti
    +Prova a rendere più semplice il mondo dei Soulslike
    +Un mix di generi che tutto sommato sembra funzionare...
  • Bad
    -... anche se alcune scelte non ci sono sembrate così azzeccate
    -Salti e spostamenti in generale non ci hanno pienamente convinto
  • 7.2 Accessibile

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Conclusioni

Flintlock: The Siege of Dawn si presenta nel mondo dei soulslike in una formula più accessibile, non particolarmente innovativa, rendendo l’avventura (almeno su carta) alla portata di una platea più vasta di videogiocatori. Questo non vuol dire che quella che andremo a vivere sia un’esperienza semplice, tutt’altro: già alla difficoltà normale dovremo provare e riprovare, fin quando non impareremo dai nostri errori individuando la strategia vincente per abbattere il boss.

Nonostante alcuni evidenti difetti, bisogna riconoscere che il lavoro di A44 Games è divertente da giocare, complice anche una durata contenuta (che definiremo comunque in linea con la tipologia d’esperienza) che non porta il giocatore a gironzolare avanti e indietro nella mappa alla ricerca di un materiale. Lasciateci aggiungere, nel mercato videoludico servono anche esperienze che non durino più di 20 ore e che ci permettono di apprezzarne l’essenza.

Anche se non brilla sotto tutti gli aspetti, riteniamo che affrontare questa avventura di vendetta contro le varie divinità potrebbe valerne la pena. Dopotutto, il buon Kratos l’ha già fatto più di una volta.

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    +Combat System veloce e ritmato con sparatorie intelligenti
    +Prova a rendere più semplice il mondo dei Soulslike
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    -Salti e spostamenti in generale non ci hanno pienamente convinto
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