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Enotria: The Last Song – Recensione

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Un soulslike da intepretare

Enotria: The Last Song è un soulslike innegabilmente ambizioso. Nelle produzioni di From Software fissa il suo evidente e per nulla celato modello di riferimento, pur tentando di distaccarsene nell’ammirevole tentativo di fornire una personalissima declinazione del genere. Caratteristico e persino metareferenziale, per come rilegge alcune consuetudini introdotte da Demon’s Souls, è un’opera su cui indubbiamente i ragazzi del team di Jyamma Games hanno infuso cura e tutto il loro talento.

Tuttavia, alcune storture, limiti, paradossi nella formula ludica amalgamata sono evidenti ed ugualmente innegabili, difetti che ne compromettono la qualità globale, che ne mortificano le aspirazioni e ledono le potenzialità del progetto.

Enotria: The Last Song, va insomma interpretato per essere goduto appieno. Non è un gioco semplice da fruire per via delle problematiche che si palesano con puntualità quasi diabolica, ma non per questo è un pessimo gioco. Tutt’altro, visto che sin dalle premesse narrative è capace di regalare suggestioni singolari.

Il primo boss di Enotria fa un chiaro riferimento all’indimenticabile Totò

Come già noto, la lore del gioco pesca a piene mani dalla Commedia dell’arte. Pulcinella, Zanni, Arlecchino e altre maschere della tradizione sono parte integrante di una narrazione che ci proietta in un mondo fossilizzato in un canovaccio che si ripete in continuazione, un’istantanea che ostenta meraviglia e reitera magnificenza, paesaggistica ed insieme artistica, ma che sottende progressiva decadenza, in uno stadio terminale che non scade in morte definitiva, ma in qualcosa di ancora più sinistro e marcescente.

L’ultima possibilità di rompere questo infinito loop è affidata a un Senza Maschera, anonimo protagonista del gioco, che, privo di un ruolo in questa eterna esibizione in cui tutti recitano sempre la stessa parte, può distruggere il canovaccio ed eliminare i fautori di un simile sortilegio.

Il prologo, affidato ad una scena d’intermezzo che ricalca perfettamente gli snodi narrativi di quelle di un qualsiasi prodotto di From Software, cifra metareferenziale che svela una brillante (auto)ironia, mette in chiaro un intreccio che, a differenza delle fonti d’ispirazione, non resta oscuro e misterioso.

Per descrivere il combat system di Enotria: The Last Song può essere utile tirare in ballo Lies of P

Pur non mancando passaggi meno chiari di altri, dialoghi e un compendio, che si arricchisce a mano a mano che i nemici vengono abbattuti o si raggiungono nuovi scenari, restituiscono i contorni di una storia non particolarmente ricca di colpi di scena, ma ugualmente piacevole e interessante quanto più si è esperti di Commedia dell’arte e storia del nostro paese.  

Rovistare nel torbido, in questa storia di declino e progressivo disfacimento è interessante, tanto più che leggendo le descrizioni degli oggetti, consultando le pagine del catalogo e ascoltando i dialoghi con i personaggi, si riesce senza troppa fatica a farsi un’idea piuttosto precisa della lore di Enotria: The Last Song.

La trama, come in ogni soulslike che si rispetti, si alimenta anche della narrazione ambientale, qui ottimamente sviluppata da un art design che rappresenta una delle qualità più evidenti del gioco. Al di là del ribaltamento operato, anche questo estremamente metareferenziale, rispetto ai toni oscuri e gotici dei Dark Souls, Enotria: The Last Song rappresenta la perfetta crasi tra i borghi italiani marittimi, uno scenario di base fantasy e l’estetica della già citata Commedia dell’arte, una ricchezza visiva ed estetica che dà forma a luoghi ora soleggiati, ora marcescenti, di incredibile bellezza. Anche i nemici, per quanto non tutti caratterizzati allo stesso livello, ostentano una varietà davvero mirabile.

Sono tante le ambientazioni che vi lasceranno a bocca aperta per un motivo o l’altro

Il tutto è ovviamente supportato da un comparto tecnico che, almeno su PC, rende giustizia agli hardware contemporanei. Il colpo d’occhio, e al momento ci limitiamo a parlare di questo, è convincente, soddisfacente, persino sorprendente se si considera la natura autoprodotta del progetto. Modelli poligonali, texture e le animazioni, seppur con risultati più altalenanti, concorrono a comporre schermate che soddisfano l’utente, proiettandolo in un mondo tragicamente e romanticamente assolato.

Se sul piano artistico c’è ben poco da recriminare a Jyamma Games, anche la colonna sonora propone una serie di temi davvero orecchiabili, quando si passa a parlare di gameplay vero e proprio la situazione diventa più controversa. La sensazione è che gli sviluppatori, nel lodevole tentativo di caratterizzare la loro creatura, abbiano finito per inserire fin troppe meccaniche, creando un minestrone comunque saporito, ma di cui si avverte l’uso di ingredienti di cui si sarebbe potuto fare benissimo a meno.

Per descrivere il combat system di Enotria: The Last Song può essere utile tirare in ballo Lies of P. Come nell’ottimo soulslike di Neowiz Games, domare il parry è fondamentale. Lo si impara praticamente da subito, quando ci si accorge che determinati nemici sono in grado di incassare una quantità spropositata di colpi senza fare una piega. Solo sbilanciandoli, riempiendo progressivamente la relativa barra con attacchi e parate perfette appunto, potrete apportare un’offensiva devastante. La schivata ha il suo peso, beninteso, ma solo alternando furiosi attacchi a parry eseguite con il massimo tempismo avrete chance di proseguire nell’avventura.

L’esperto e amante di build avrà ampiamente pane per i suoi denti

Al netto che, a conti fatti, la produzione italiana può definirsi un soulslike gentile, un titolo sì impegnativo, ma ben lontano dai picchi di sadismo toccati, per esempio, da quell’incubo ad occhi aperti che risponde al nome di Dark Souls II. Ciò è dovuto non solo ad un posizionamento dei nemici mai sleale o dalla relativa facilità con cui si accumula esperienza e si fa progredire il personaggio, che per la cronaca presenta statistiche del tutto sovrapponibili ad un qualsiasi eroe di Dark Souls. La stessa struttura del gioco offre talmente tanti appigli al videogiocatore da avere solo l’imbarazzo della scelta.

Non entreremo troppo nel dettaglio di ogni specifica meccanica, ma il potenziamento dell’avatar va ben al di là dell’esperienza e dell’incremento dell’efficacia delle armi equipaggiate, che per la cronaca sono tantissime.

Tanto per cominciare potrete creare tre loadout intorno all’utilizzo di alcune maschere che recupererete progredendo nell’avventura. Ognuna di esse comporta bonus, ma anche malus, alle statistiche del personaggio e offre la possibilità di brandire specifiche armi e utilizzare fino a quattro Versi, poteri particolarmente efficaci che si ricaricano a mano a mano che si sconfiggono i nemici lungo il percorso.

Tantissime armi, Versi e skill passive: avrete solo l’imbarazzo della scelta per creare le vostre build

Se ci fermassimo qui, le potenzialità sarebbero già enormi, tanto più considerando che è possibile cambiare maschere, e quindi build sostanzialmente, in qualsiasi momento, caratteristica che permette al videogiocatore esperto di adattarsi a qualunque situazione, in qualsiasi momento.

Ma c’è altro. Molto altro. Le Sembianze, per esempio, possono a loro volta applicare bonus e malus ad ogni maschera; le Gemme della Parata donano un particolare potere al parry come la possibilità di infliggere danni al nemico di turno; tramite uno skill tree potrete sbloccare ulteriori bonus passivi da equipaggiare in base ai propri loadout.

Il tutto poi è declinato agli allineamenti elementali, abbinati a specifici cambi di status, che governeranno la maggior parte degli scontri con i boss. Anche in questo caso gli sviluppatori hanno dimostrato il loro talento, innovando un po’ il sistema, dal momento che ogni allineamento comporta sì dei malus, ma anche dei bonus. L’Ebbrezza, per esempio, abbassa le difese di chi ne è preda, ma ne incrementa anche il potere offensivo. Ciò vale tanto per i nemici, che per il giocatore stesso che dovrà adeguare costantemente la propria strategia, declinando le proprie controffensive con armi e Versi che sfruttino la debolezza elementale dell’avversario.

Pur non raggiungendo i picchi dei migliori soulslike, le ambientazioni che esplorerete sono generose di bauli nascosti, sentieri da scovare, scorciatoie da rendere agibili

Capite da soli, leggendo questo prolungato elenco di feature, quanto Enotria: The Last Song possa essere a tratti caotico, realmente domabile per un ristretto pubblico, capace di annotare mentalmente l’intricata lista di bonus e malus della propria build e degli avversari in cui si incappa.

Ciò che è peggio, a conti fatti dovrete tenere conto di tutto questo sistema solo in momenti specifici dell’avventura ed è questo il vero peccato originale di Enotria: The Last Song. La maggior parte dei nemici, difatti, sarà facilmente battibile non appena avrete preso dimestichezza con i loro pattern e con il parry. Complice anche una progressione piuttosto spedita, per la maggior parte del tempo procederete senza grossi intoppi, senza alcun bisogno di affinare le build.

Solo con determinati mini-boss e boss sarete costretti a gestire il personaggio, prestando particolare attenzione agli allineamenti elementali. Questi autentici colli di bottiglia, di fatto, saranno gli unici momenti che vi costringeranno a considerare la totalità delle feature introdotte da Jyamma Games, un’artificiosità che viene smaltita con ben poca naturalezza e che lascia l’amaro in bocca proprio in virtù di un titanico sistema ruolistico che per lunghi tratti non viene affatto sfruttato.

Meno c’è e meno si rompe, recita un adagio popolare e mai come in questo caso se ne sentono i riverberi, in una struttura di gioco inutilmente gargantuesca per come poi viene effettivamente sfruttata nel corso dell’avventura.

Non mancano boss opzionali che ampliano la longevità del titolo dalle 25 ore circa per completarne la main quest, sino alle quasi 40 se si vuole scovare ogni segreto

Ciononostante, sia chiaro, l’esperto e amante di build avrà ampiamente pane per i suoi denti, schermate su schermate grazie alle quali rompere ulteriormente un gioco che, già di per sé, fatto salvo per un paio di punti, non presenta chissà quali grosse difficoltà (sempre rapportando il tutto ad un soulslike, beninteso).

A sostenere un sistema ruolistico sicuramente claudicante, per quanto intrigante, ci pensa un level design davvero convincente. Pur non raggiungendo i picchi dei migliori soulslike, le ambientazioni che esplorerete sono generose di bauli nascosti, sentieri da scovare, scorciatoie da rendere agibili. Da questo punto di vista, i ragazzi di Jyamma Games hanno indubbiamente lavorato bene, dimostrandosi piuttosto generosi nei confronti del provetto esploratore, dal momento che  armi, Versi e consumabili vengono elargiti in grandissima quantità.

Un’ultima nota non possiamo non destinarla ai tanti bug e glitch che impensieriscono la progressione del giocatore. Già una prima patch ha eliminato buona parte di queste problematiche. Jyamma Games, inoltre, è a lavoro per rendere la situazione ancora migliore. Ma nel corso della nostra prova non sono stati rari i casi di nemici, anche boss, che si sono bloccati sul posto, consentendoci una facile vittoria; altri che senza alcun motivo si lanciavano giù dai burroni; meccanismi che non si attivavano costringendoci al riavvio. Confidando nella progressiva eliminazione di ogni bug e glitch, è comunque inevitabile segnalarne la fastidiosa e spesso incisiva presenza.

Conclusioni

Enotria: The Last Song è un interessantissimo esperimento non del tutto riuscito, certo, ma lontanissimo dalla mediocrità.

Il lavoro compiuto sul fronte artistico è degno di ogni lode e anche level design e combat system, pur rifacendosi a modelli arcinoti, svolgono il loro lavoro più che degnamente. Semmai i ragazzi di Jyamma Games avrebbero dovuto resistere alla tentazione di infarcire la loro creatura fino all’eccesso di meccaniche che, per quanto arricchiscano effettivamente la formula di gioco, appaiano nel migliore dei casi superficiali, quanto non proprio poco a fuoco.

La mancata sovrapposizione totale tra profondità del gameplay e progressione, causa uno scollamento che, paradossalmente, finisce per banalizzare il tutto, con una difficoltà che risulta sgraziatamente artificiosa nei casi di boss che, invece, impongono il rigoroso rispetto di feature fino a quel momento, ed immediatamente dopo a dire il vero, poco utili alla causa.

Peccato anche per i tanti bug che mortificano un comparto tecnico altrimenti davvero sorprendente e soddisfacente.

Enotria: The Last Song, in definitiva, per il suo livello di difficoltà globalmente sotto la media è il gioco ideale per iniziarsi al genere. Anche i più navigati possono avvicinarsi al prodotto sicuri di trarne qualche soddisfazione. Guai però ad aspettarvi un prodotto esente da difetti o in grado di incidere particolarmente sull’evoluzione dei soulslike.

Il gioco rappresenta in ogni caso un grande esordio, un punto di partenza che speriamo porti Jyamma Games a migliorarsi, visto che talento e potenzialità sembra essercene nella giusta quantità.

Enotria-The-Last-Song-immagine-in-evidenza-gamesoul
  • Good
    +Artisticamente splendido
    +Buon lavoro di level design
    +Combat system votato all’azione soddisfacente
  • Bad
    -Troppe feature e fin troppe poco impattanti sull’economia dell’avventura
    -Molti bug
  • 7 Sperimentale

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Conclusioni

Enotria: The Last Song è un interessantissimo esperimento non del tutto riuscito, certo, ma lontanissimo dalla mediocrità.

Il lavoro compiuto sul fronte artistico è degno di ogni lode e anche level design e combat system, pur rifacendosi a modelli arcinoti, svolgono il loro lavoro più che degnamente. Semmai i ragazzi di Jyamma Games avrebbero dovuto resistere alla tentazione di infarcire la loro creatura fino all’eccesso di meccaniche che, per quanto arricchiscano effettivamente la formula di gioco, appaiano nel migliore dei casi superficiali, quanto non proprio poco a fuoco.

La mancata sovrapposizione totale tra profondità del gameplay e progressione, causa uno scollamento che, paradossalmente, finisce per banalizzare il tutto, con una difficoltà che risulta sgraziatamente artificiosa nei casi di boss che, invece, impongono il rigoroso rispetto di feature fino a quel momento, ed immediatamente dopo a dire il vero, poco utili alla causa.

Peccato anche per i tanti bug che mortificano un comparto tecnico altrimenti davvero sorprendente e soddisfacente.

Enotria: The Last Song, in definitiva, per il suo livello di difficoltà globalmente sotto la media è il gioco ideale per iniziarsi al genere. Anche i più navigati possono avvicinarsi al prodotto sicuri di trarne qualche soddisfazione. Guai però ad aspettarvi un prodotto esente da difetti o in grado di incidere particolarmente sull’evoluzione dei soulslike.

Il gioco rappresenta in ogni caso un grande esordio, un punto di partenza che speriamo porti Jyamma Games a migliorarsi, visto che talento e potenzialità sembra essercene nella giusta quantità.

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  • Good
    +Artisticamente splendido
    +Buon lavoro di level design
    +Combat system votato all’azione soddisfacente
  • Bad
    -Troppe feature e fin troppe poco impattanti sull’economia dell’avventura
    -Molti bug
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