Metaphor: ReFantazio è il nuovo Re? – Recensione

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Persona 6 è già qui?

Un anno incredibile questo 2024 di Atlus e da non credere per tutti gli amanti dei JRPG: con l’arrivo di Metaphor: ReFantazio (acquistabile da GameStop, a questo link) andiamo a mettere il punto esclamativo a una sequela di titoli di qualità pubblicati sotto quella che è ormai l’etichetta indissolubilmente legata al gaming in salsa nipponica. 

Ben oltre Square Enix, tanto pioniera quanto disconnessa dalla realtà, più coraggiosa di Capcom, molto prudente nelle sue divagazioni non mainstream, la casa di Persona e Shin Megami Tensei ha piazzato con convinzione il proprio stendardo come punto di riferimento per il genere, pubblicando in sequenza Persona 3 Reload, Shin Megami Tensei V: Vengeance e una nuova e intrigante IP, a cura dello Studio Zero.

Il team capeggiato da Katsura Hashino, papà della “trilogia moderna” di Persona, ha riversato in quello che era originariamente chiamato Project Re Fantasy tutte le ambizioni e le speranze di chi voleva con tutto il cuore cercare un distacco da quello che era ormai diventato un gargantuesco e incontrollabile fenomeno fatto di vita scolastica, relazioni e reinterpretazioni delle basi di Shin Megami Tensei.

Giocando a Metaphor: ReFantazio è evidente la volontà di divergere e di esprimersi in modo alternativo, pur mantenendo un approccio non respingente per il pubblico affezionato. Ne risulta un’esperienza di cui si comprendono molti degli elementi base, ma che per tutta la durata ci sbatte in faccia una novità dietro l’altra, condita dal più strepitoso impegno visivo proposto da Atlus negli ultimi anni.

Ecco a voi il cast di Metaphor: ReFantazio. Lo amerete.

Pensiamo prima a toglierci di dosso le ambiguità e le incertezze: non si fa certo un torto a definire Metaphor: ReFantazio un “reskin fantasy” di Persona, senza voler sminuire in alcun modo il lavoro fatto per creare un mondo totalmente nuovo, da cesellare con tante variazioni sul tema. L’utilizzo del calendario, il limite di azioni giornaliere, la gestione del rapporto con il cast e le conseguenti ricadute su gameplay e meccaniche… beh, potremmo andare avanti per molto.

Si prova un certo sollievo nell’avviare il gioco e trovarsi in un mondo che nulla ha a che fare con la realtà

Eppure, eppure. Eppure si prova un certo sollievo nell’avviare il gioco e trovarsi in un mondo che nulla ha a che fare con la realtà. Posare i primi passi in Euchronia è un inebriante mix di scoperta e timore, e non ci si fa problemi a catapultare il giocatore nel mezzo degli eventi senza troppo ritegno per il nostro “smarrimento”. Siamo finalmente liberi di scoprire un nuovo mondo, dimenticando per un po’ scuole, club e attività extrascolastiche.

BELLO COME UN RE

A costo di sembrare ripetitivi, non si può non sottolineare come questa produzione di Atlus riesca nell’impossibile compito di superare e in un certo senso ridimensionare l’impegno artistico visto negli altri titoli della casa.

Se Persona ha fatto scuola nell’uso dei menu e dell’HUD, Metaphor: ReFantazio riscrive le regole e alza l’asticella dove difficilmente gli altri potranno arrivare. Non stupitevi se ne sentirete parlare come “gioco da compare anche solo per stare nei menù“.

Può sembrare una sciocchezza, certo, ma la differenza tra un titolo costruito sulla realtà e un altro che invece ha l’onere e l’onore di creare da zero ogni suo elemento è lampante. Estetica, tecnologia, magia, moda, società, regole, religione: tutto è nuovo, tutto è da godere, nel bene e nel male (più nel bene, in questo caso).

Metaphor: ReFantazio è artisticamente splendido, coraggioso, azzardato e disturbante. Prende l’idea di un mondo high fantasy e la condisce con i toni e la morbosità di uno Shin Megami Tensei, riuscendo in egual misura a brillare e a inquietare fin dai primi istanti. E lo scombussolamento interiore causato da questa dicotomia è ciò che alimenta l’interesse e genera la massima attrattiva. Il gioco, in poche parole, ci agguanta prestissimo per non lasciarci più, offrendo una storia forse viziata da qualche ingenuità tipica del genere, ma molto matura nella messinscena delle dinamiche sociali e politiche (con l’immancabile lacrimiuccia dietro l’angolo), spesso raffrontate al nostro mondo.

Metaphor: ReFantazio è artisticamente splendido, coraggioso, azzardato e disturbante

Questa presa sul giocatore passa anche dalle note composte dal leggendario Shoji Meguro, il quale dà l’impressione di aver recepito al 100% la visione del progetto proponendo composizioni capaci di esprimere nobiltà e carattere, avvolgendo il giocatore in modo rassicurante quando necessario, senza però dimenticare mai che ci troviamo in un mondo ben distante dal nostro, che richiede melodie più incalzanti e potenti.

Una realtà molto diversa dalla nostra.

Lo splendore visivo costruito sulla matita di Shigenori Soejima risulta sempre coerente nella sua visione, ma non va però di pari passo con quanto ottenuto a livello tecnico. Abbiamo di fronte un titolo graziato da una direzione artistica fuori scala che però fatica a esprimersi come dovrebbe a causa delle catene rappresentate dal motore di gioco, ormai ancorato all’era PS3 (il gioco è stato annunciato nel 2016, giusto per ricordarlo).

Ci troviamo su console ad avere una resa soddisfacente e fluida, anche se non sempre adeguatamente ricca di dettagli e spesso sporca nella definizione, come se si fosse scesi a compromessi per garantire una buona fluidità generale. Su PC invece possiamo incappare in difficoltà anche su hardware piuttosto performanti e recenti, le cui architetture non riescono a essere sfruttate a dovere dal codice realizzato da Atlus.

Un vero peccato, perché partendo dalla perfezione estetica offerta e aggiungendo un comparto tecnico ottimale avremmo raggiunto il nirvana. Detto questo: se la cosa non impatta il gameplay (un po’ su PC sì), quale sarebbe il problema? E infatti la “possanza” estetica di Metaphor: ReFantazio è tale da farci superare a piè pari le incertezze di frame e/o risoluzione.

Muoversi pesando ogni passo è fonamentale.

Fortuna vuole che la situazione sia mitigata anche dalla scelta di non rendere questo gioco il classico “open world” e di costruirlo invece su una mappa “navigabile” quasi fosse un menù, portandoci spesso in piccole aree circoscritte e lasciando che città e dungeon si aprano quanto basta, senza esagerare (anche se le certe viste sono clamorose).

E così ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di potere, causata dalla morte di un sovrano tanto potente quanto vulnerabile, in cui tutte le forze in campo tra politica e teocrazia sgomitano per prendere il controllo del regno. Dietro le quinte, nascosto, scoviamo il nostro protagonista, un ragazzo all’apparenza fragile e indifeso, accompagnato dalla fida fatina Gallica.

Il nostro compito come giocatori sarà fare di tutto per seguire una importante missione che mira a salvare il regno e a riportare sul trono un successore legittimo. Il tutto rispettando comunque i dettami di un calendario pressante come sempre, pronto a metterci alla prova quanto a capacità di gestire impegni e priorità, al tempo stesso imponendo occasionalmente deadline a cui è strettamente necessario rispondere “presente”.

FUORI LA POLITICA DAL MIO GIOCO!

Uno dei ganci più interessanti di Metaphor: ReFantazio in fase promozionale è stata sicuramente l’idea di avere a che fare con un gioco che avrebbe messo la politica e le relazioni al centro della progressione.

Purtroppo, però, le cose non sono come avremmo potuto immaginare: tutte le strette di mano che abbiamo visto nei trailer altro non sono che il primo contatto con i Seguaci, e non hanno una reale ricaduta (se non collaterale) sul cammino del protagonista alla conquista del trono.

Fondamentali, certo, nel migliorare la propria esperienza, ma non sono legate a qualsivoglia meccanica di gestione di alleanze ed equilibri tra fazioni. Un difetto? No, trattandosi di una mancanza rispetto a un’aspettativa personale.

In breve, ci si troverà a girare per il mondo, conoscere nuovi personaggi e stringere alleanze. Il tutto partecipando a una bizzarra corsa per la corona in cui sarà l’uomo più popolare, supportato dalla volontà della gente, a salire al trono.

I giocatori sono attesi da un viaggio lungo (siamo poco sotto a quanto abituati con i Persona, ma non certo di troppe ore) che porterà a visitare diverse città e ad attraversare alcuni classici ambienti da JRPG (foresta, fogne, prigioni, grotte, etc.) e a scoprire passo passo usi e costumi delle tante “razze” di esseri che popolano Euchronia.

L’esplorazione è abbastanza classica, con una navigazione 3D degli ambienti e la possibilità di sbloccare il viaggio rapido verso i punti di interesse (come locande e negozi), rendendo presto superfluo muoversi in prima persona nelle varie aree. Nei dungeon come di consueto saremo lasciati un po’ a noi stessi e alla nostra capacità di risolvere semplici enigmi ambientali o di leggere le planimetrie per raccordare i differenti piani della stessa area.

La storia di Maria… da lacrime!

Se le città splendono per architetture e urbanistica, nei dungeon invece si fa un passetto indietro per creatività e bellezza, affidandosi spesso ad ambienti un po’ ripetitivi che si estendono per parecchio tempo, permettendo al giocatore di affidarsi all’occasionale save point (che però non ripristina salute e mana). Certo, si migliora col tempo ma una grossa parte delle quest si passano in grotte e strutture un po’ banali.

Nei dungeon invece si fa un passetto indietro per creatività e bellezza

Interessante invece l’approccio alla mappa, che ci chiede di pianificare le rotte di “navigazione” mostrandoci anche città, punti di interesse e navi rivali (i cosiddetti trasvettori) che potremmo incontrare sul cammino. Cosa fondamentale per chi è intenzionato a completare tutto il gioco in ogni suo aspetto, vista anche la presenza di città secondarie (non visitabili) dotate di negozi con cui interagire. Prima di lanciarsi in una quest secondaria conviene quindi valutare i giorni necessari per lo spostamento e se questo non impatti su altre quest in corso, pianificando eventuali soste negli accampamenti.

L’ingaggio con le altre navi invece è fondamentale per sbloccare alcuni elementi di trama e portare avanti le relazioni con alcuni NPC. Avete capito bene, stiamo parlando del meccanismo dei “Confidenti” (in questo caso Seguaci) che abbiamo già visto nei titoli della serie Persona, che ritorna in questa occasione scevro della componente romantica (non un problema) e incentrato invece nel raccontarci le storie di personaggi che arricchiranno la nostra visione del mondo.

Teniamo sempre d’occhio tutti i nostri “social links”

Una delle scelte più intriganti del team è a ritrovarsi nella volontà di ibridare il combat system, concedendo di attaccare in tempo reale durante l’esplorazione per provare a ottenere una priorità in battaglia (no, non basta colpire una volta) e partire da una grossa posizione di vantaggio. Nessuno rifiuterebbe un vantaggio, giusto?

Presto quindi ci abituiamo a “fare entrambe le fasi” per iniziare gli scontri, anche se rimane sempre l’opzione per dare il via a un combattimento partendo direttamente dai turni, senza vantaggi (contenti voi), cercando magari al contempo di non farsi colpire per non offrire il fianco ai nemici.

Ogni tanto può capitare anche di trovarsi in aree sottolivellate, cosa che porta a uccidere in un sol colpo i nemici più deboli, senza neanche dover passare dal combattimento con il party. Decisamente appagante come sensazione!

IL FUTURO È IBRIDO

L’introduzione dell’elemento d’azione in Metaphor: ReFantazio è sicuramente apprezzato, ma non necessariamente trasformativo. La possibilità di attaccare i nemici prima di iniziare il combattimento a turni è fondamentale per ottenere un buon vantaggio (danni ingenti e un turno extra), ma non porta molto altro.

Per quanto molto divertente a mio avviso, la meccanica meriterebbe più attenzione per quel che concerne l’uso della telecamera e la responsività dei controlli.

Un buon passo avanti, comunque, che si spera porti ad esplorare anche in futuro queste possibilità tattiche, magari arricchendole.

E come detto in precedenza, ci muoviamo non troppo distante dallo storico di Atlus: di base gli scontri sono costruiti attorno al sistema Press Turn, che ci permette di ottenere turni extra se colpiamo una debolezza nemica (o otteniamo un critico) o perderli quando i nostri colpi vengono evitati o bloccati (e viceversa).

A far la differenza ci pensano gli Archetipi, una sorta di via di mezzo tra i persona e le classi dei JRPG classici, i quali (risorse, exp e condizioni speciali permettendo) ci offrono un grande ventaglio di possibilità e combinazioni per scendere in battaglia. Non è molto semplice trovare il modo di testare e sfruttare ogni classe nelle fasi di gioco a tempo ristretto e con poche risorse (in particolare per alcuni archetipi che si affidano al farming per sbloccare nuove possibilità), ma più passano le ore e più ci troviamo a sfruttare la flessibilità di questo sistema.

Metaphor: ReFantazio però sa bene di essere un gioco per tanti versi “derivativo”

Metaphor: ReFantazio però sa bene di essere un gioco per tanti versi “derivativo”, e quindi punta tutto sulla capacità di semplificare e velocizzare le situazioni più tediose e in generale lavorare sulla quality of life. Abbiamo già parlato dei viaggi rapidi nelle città, ma non abbiamo ancora detto di come tutte le interazioni con i nostri Seguaci siano accessibili, previa notifica del gioco in merito a quando sia il momento ideale, con un teletrasporto.

Le basi le conoscete, ve lo assicuro.

Possiamo inoltre salvare in tantissimi posti e il gioco, sorpresona, si occupa anche di effettuare dei salvataggi automatici quando lo ritiene più opportuno. La calendarizzazione delle giornate influisce anche sull’andamento dei prezzi nei negozi e su altre attività, e la cosa viene sempre segnalata. Gli sconti saranno applicati anche agli informatori, assolutamente fondamentali per scoprire i segreti di nemici e boss in anticipo, in modo da non farsi sorprendere.

Il nostro trasvettore, che diventerà l’hub di riferimento, è compatto e non dispersivo, offrendo comunque interazioni e possibilità di crescita dei personaggi nei tempi morti, che si tratti di skill sociali del protagonista (la cui crescita è molto più chiara da interpretare) o dei singoli rapporti con i Seguaci. 

Nelle varie aree ogni NPC avrà un’adeguata icona in testa, per consentire di capire subito se e quanto ci possano essere utili e non mancano suggerimenti del cast o voci di fondo tra le popolazioni che lasciano intendere quale possa essere il prossimo passo. Viene anche ripresa da Persona 3 Reload la possibilità di avere suggerimenti sulle mosse da utilizzare se si è a conoscenza delle debolezze, cosa che alleggerisce le sessioni più lunghe. Per non parlare dei suggerimenti tratti dalle partite degli altri giocatori, che offrono una panoramica delle composizioni dei team più utilizzate.

Si volaaaaa! Ogni tanto è bello cambiare “aria”.

La consapevolezza si ritrova anche nella natura di JRPG, genere esplorato a più riprese e, soprattutto in casa Atlus, tendente alla reiterazione. Per questo motivo non mancano variazioni di gameplay come le fughe alla Indiana Jones, esibizioni di trick aerei o sezioni stealth, utili a spezzare l’eventuale ripetitività.

Più difficile è, invece, evitare alcune lungaggini e l’uso di momenti di stress sul giocatore quanto a carico di nemici in proporzione alla lunghezza dei dungeon, ricordando sempre come non sia semplice (è tipico dei prodotti del publisher) rimettere in sesto i propri personaggi senza tornare alla città.

La cosa fa comunque parte del gioco e, con pazienza, si entra in sintonia con la severità di questo gameplay, che pur essendo punitivo nello specifico momento, offre comunque non solo molte occasioni per salvare i progressi, ma anche l’opportunità di “riavvolgere il nastro” e ricominciare il match in corso dall’inizio, rimediando a qualche errore. Una funzione incredibile quando dopo essere stai presi in un’imboscata in nemici usano il turno di vantaggio per conciarvi peggio di come farebbe l’Alito Fetido di un Molboro.

Tendenzialmente i passi di Atlus nel perfezionamento della sua formula ci sono e sono davvero ottimi: con Persona 6 non si può e non si deve tornare indietro.

Conclusioni

Metaphor: ReFantazio è come un Persona, ma con il cuore ancora più caldo e una mente più lucida. È un titolo competente per dinamiche e meccaniche, divertente da giocare e sufficientemente sfidante, che esplode di personalità sia per narrazione che per resa artistica.

Abbandonanfo per un attimo la morigeratezza dell’approccio critico, verrebbe da suggerire di comprare il gioco anche solo per godersi delle meraviglie che Atlus ha spremuto dal suo team dal punto di vista estetico, settando nuovi standard per la raffigurazione dei menù e facendo ulteriori passi avanti per quel che concerne l’HUD. Sarà molto difficile tornare indietro per alcuni giocatori.

Ma oltre questo c’è anche un signor JRPG: Metaphor: ReFantazio infatti supera la prova del confronto con i predecessori della stessa casa e in più getta le basi per una “terza colonna” su cui costruire esperienze più nuove, fresche e originali. Difficile immaginare quale sia il potenziale per una serie, che potrebbe inflazionare le qualità esposte in questa prima iterazione, ma è la conferma che si può, con fiducia, “andare oltre” le scuole e le ombre.

Se questo è il valore dei giochi in uscita, Persona 6 può prendersi tutto il tempo che serve: siamo in buone mani.

Acquista Metaphor: ReFantazio sullo shop online di GameStop!

  • Good
    +Direzione artistica fuori parametro, da 11/10
    +Gameplay sempre appassionante, con qualche tocco in più
    +Mondo di gioco e storia estremamente intriganti
    +Ottimo lavoro sugli elementi quality of life
  • Bad
    -Tecnicamente si soffre un po'
    -Alla fine non è una rivoluzione rispetto ai Persona
  • 9 Ispirato

Acquista ora su Gamestop.it

Conclusioni

Metaphor: ReFantazio è come un Persona, ma con il cuore ancora più caldo e una mente più lucida. È un titolo competente per dinamiche e meccaniche, divertente da giocare e sufficientemente sfidante, che esplode di personalità sia per narrazione che per resa artistica.

Abbandonanfo per un attimo la morigeratezza dell’approccio critico, verrebbe da suggerire di comprare il gioco anche solo per godersi delle meraviglie che Atlus ha spremuto dal suo team dal punto di vista estetico, settando nuovi standard per la raffigurazione dei menù e facendo ulteriori passi avanti per quel che concerne l’HUD. Sarà molto difficile tornare indietro per alcuni giocatori.

Ma oltre questo c’è anche un signor JRPG: Metaphor: ReFantazio infatti supera la prova del confronto con i predecessori della stessa casa e in più getta le basi per una “terza colonna” su cui costruire esperienze più nuove, fresche e originali. Difficile immaginare quale sia il potenziale per una serie, che potrebbe inflazionare le qualità esposte in questa prima iterazione, ma è la conferma che si può, con fiducia, “andare oltre” le scuole e le ombre.

Se questo è il valore dei giochi in uscita, Persona 6 può prendersi tutto il tempo che serve: siamo in buone mani.

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  • Good
    +Direzione artistica fuori parametro, da 11/10
    +Gameplay sempre appassionante, con qualche tocco in più
    +Mondo di gioco e storia estremamente intriganti
    +Ottimo lavoro sugli elementi quality of life
  • Bad
    -Tecnicamente si soffre un po'
    -Alla fine non è una rivoluzione rispetto ai Persona
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