Dragon Age: The Veilguard, crisi di identità – Recensione

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Un franchise che non riesce a trovare il suo equilibrio

Dopo un’attesa durata esattamente dieci anni, Dragon Age: The Veilguard (che potete acquistare da GameStop a questo link) segna il tanto agognato ritorno della saga che, con Dragon Age: Inquisition, aveva conquistato il cuore di milioni di fan. Bioware ed Electronic Arts ci riportano nelle terre di Thedas, un mondo complesso e affascinante, segnato da conflitti ancestrali, tensioni politiche e magie oscure. E in questo capitolo, ci troviamo di fronte a una minaccia che non avremmo mai immaginato di dover affrontare: Solas, l’ex compagno dell’Inquisitore, che ora conosciamo come Fen’Harel, il “Dreadwolf” o “Temibile Lupo.” La sua figura si intreccia indissolubilmente con i miti elfici, come un antico dio dell’inganno pronto a mettere in discussione ogni equilibrio raggiunto e a minacciare con il caos l’intero mondo di gioco.

Le aspettative, naturalmente, non potevano che essere altissime, complici l’affetto dei fan e la grande fama dei capitoli precedenti. Questo ritorno nel Thedas non è solo una continuazione della storia, ma un’opportunità per chi ha amato Inquisition di confrontarsi con le promesse narrative lasciate in sospeso. Un personaggio come Solas porta con sé un carico emotivo e mitologico di enorme portata, un’ombra lunga e complessa che ha lasciato tracce profonde nella storia. Personalmente, non vedevo l’ora di scoprire come Bioware avrebbe affrontato la sfida di un nemico così ambiguo, carismatico e moralmente controverso, legato alla tradizione e alla mitologia elfica tanto quanto ai dilemmi morali dei nostri tempi.

Harding, Rook (uno dei tanti possibili) e Varric

Eppure, a dispetto di questo potenziale straordinario, l’esperienza di gioco ha purtroppo lasciato l’amaro in bocca in più di un’occasione. The Veilguard, a tratti, sembra faticare a tenere il passo con le sue stesse ambizioni, perdersi per strada, come se i suoi creatori e creatrici non fossero riusciti a bilanciare adeguatamente i nuovi elementi di gameplay con la narrazione intensa che ha sempre caratterizzato la serie. Ma prima di addentrarci nelle ragioni di questa dissonanza, partiamo dall’inizio: dalla trama che prometteva di stupire, di rispondere a vecchie domande e di riscrivere le sorti dell’intero mondo di Dragon Age.

The Veilguard, a tratti, sembra faticare a tenere il passo con le sue stesse ambizioni

Parliamo della storia, forse il punto più debole di Dragon Age: The Veilguard. Il gioco ci riporta a dieci anni dagli eventi di Inquisition, esattamente come il tempo trascorso nella vita reale, e segue un nuovo protagonista, Rook, affiancato da alcuni volti noti come il nano Varric, la maga Neve e Lace Harding. Questo gruppo si ritrova a caccia di Solas, l’enigmatico e inquietante Temibile Lupo, con l’obiettivo di fermarlo prima che completi il suo piano: rimuovere il Velo, la barriera che separa il mondo dei mortali dal regno degli spiriti. È un piano pericoloso, ma mosso da ragioni apparentemente nobili: Solas vuole correggere un errore commesso secoli prima, che potrebbe avere ripercussioni distruttive per tutto il Thedas.

Riuscirà il piano del Temibile Lupo?

Il ritmo della trama è frenetico fin dai primi minuti, catapultando Rook e il suo gruppo in una situazione disperata. L’interruzione del rituale di Solas, però, libera due divinità elfiche, potenti ma ormai corrotte, che non si fanno scrupoli a iniziare una brutale campagna di conquista. Qui, però, la narrazione inizia a traballare: le divinità sono antagonisti bidimensionali, descritti come malvagi “perché sì,” senza una vera motivazione o una profondità psicologica. Il nostro Rook, quindi, si trova ancora una volta a comporre la classica squadra per fermare una minaccia che appare fin troppo semplicistica e priva di sfumature rispetto alle intricate storie a cui la saga ci ha abituato.

Uno degli aspetti che pesa di più sulla qualità narrativa di Dragon Age: The Veilguard è la scrittura dei dialoghi, inaspettatamente piatta e poco incisiva per un titolo che porta il nome di una delle saghe fantasy più amate. I dialoghi sembrano studiati per non offendere o colpire troppo, limitati da un approccio che tenta di accontentare tutti, ma che finisce per annacquare le personalità e i conflitti dei personaggi. La loro caratterizzazione risulta così troppo superficiale, quasi infantile, e decisamente lontana dallo spessore che il dark fantasy di Dragon Age ha sempre trasmesso. È come se The Veilguard avesse deciso di abbandonare la profondità per adottare un tono high fantasy “accessibile a tutti,” finendo invece per risultare in un’esperienza narrativa che non lascia davvero il segno.

La pausa tattica può essere molto utile a spezzare il ritmo di combattimento.

A rendere più evidente questo scarto sono titoli recenti come Baldur’s Gate III, che hanno dimostrato quanto sia possibile scrivere dialoghi e sceneggiature complesse senza sacrificare l’autenticità della narrazione. In quel gioco, ogni battuta e ogni confronto sembrano esplorare emozioni e tematiche mature senza il bisogno di fare concessioni. The Veilguard, al contrario, sovrappone problemi dei nostri tempi in modo piuttosto forzato, relegando il tutto a dialoghi che non riescono mai a esplorare davvero la complessità morale che ha sempre reso unica la serie. Il passaggio da un dark fantasy profondo a un tono più adatto a un blockbuster hollywoodiano è un vero peccato per i/le fan storici/storiche, che si aspettavano uno sviluppo della serie più in linea con l’originaria intensità e autenticità delle sue storie e dei suoi personaggi.

La scrittura dei dialoghi è inaspettatamente piatta e poco incisiva

Se nei precedenti capitoli era possibile avvertire una continua tensione morale, con dialoghi taglienti e carichi di significato, qui ci troviamo di fronte a un linguaggio leggero, quasi più adatto a una sit-com, che spezza l’immersione e banalizza le interazioni tra i personaggi. Sembra quasi che il gioco voglia evitare qualsiasi rischio, preferendo risposte accomodanti e battute innocue a situazioni di vero impatto emotivo. Questo nuovo capitolo, invece di consolidare l’identità unica della serie, sembra preferire un approccio più “universale,” ma in realtà perde quel tocco di unicità che rendeva Dragon Age un’esperienza autentica e indimenticabile.

Le armi a distanza possono rivelarsi più utili del previsto

Uno degli aspetti più deludenti di Dragon Age: The Veilguard è il ridimensionamento delle scelte narrative. L’interazione del giocatore o della giocatrice con la trama è limitata a dialoghi quasi esclusivamente assertivi, che raramente riescono a incidere sugli sviluppi principali della storia, portando spesso alla stessa conclusione indipendentemente dalle decisioni. Questo riduce di molto l’effetto di immersione e coinvolgimento che ci si aspetterebbe da un titolo di Bioware, rendendo l’esperienza meno sfumata e intrigante rispetto ai precedenti capitoli. In un certo senso, sembra che la trama avanzi a prescindere dalle scelte del giocatore o della giocatrice, un punto particolarmente negativo per un gioco che punta tanto sulla costruzione del personaggio e sull’intreccio narrativo.

Sembra quasi che il gioco voglia evitare qualsiasi rischio, preferendo risposte accomodanti e battute innocue

Le opzioni romantiche, tuttavia, offrono qualche elemento interessante: la possibilità di intraprendere relazioni con qualsiasi dei sette compagni, a prescindere da specie e genere, aggiunge uno strato di inclusività e personalizzazione.

Una delle due malvagie divinità elfiche.

Purtroppo, dove la narrativa non brilla, il gameplay d’azione cerca di risollevare l’esperienza: fin dalle prime sequenze, The Veilguard mette Rook a confronto con una schiera di nemici, consentendo al giocatore di ingaggiare in combattimenti dinamici e visivamente spettacolari. La visuale in terza persona e la possibilità di dare ordini ai compagni con una “pausa tattica” sono meccaniche che aumentano il senso di controllo e strategia, sebbene i compagni non eccellano per intelligenza artificiale e tendano a lanciarsi a testa bassa nel combattimento senza riserve.

Il gameplay d’azione cerca di risollevare l’esperienza

Il sistema di combattimento presenta una buona varietà di colpi leggeri, pesanti, schivate e abilità speciali che si caricano in base alle azioni in combattimento, arricchito anche da una mossa “definitiva” che infligge ingenti danni ma può essere usata solo sporadicamente. Tuttavia, con il passare delle ore, le dinamiche di scontro diventano ripetitive, portando a una certa monotonia nei combattimenti. L’inconsistenza nella difficoltà, che alterna picchi elevati a momenti di scarsa sfida, contribuisce a una sensazione di disomogeneità e sbilanciamento. Peccato, perché il sistema di combattimento ha molto potenziale e visivamente offre momenti davvero appaganti.

I dettagli a volte sono davvero stupefacenti

Le ambientazioni di Dragon Age: The Veilguard rappresentano uno degli aspetti più riusciti dell’intera esperienza di gioco, offrendo un livello di immersione visiva che va a compensare in parte alcune lacune narrative. Realizzato con il Frostbite Engine, Veilguard trasporta il giocatore in macro-aree suggestive e ricche di dettagli, tutte collegate a una struttura centrale nota come “Il Faro” — una fortezza sospesa nel vuoto che funge da base operativa e punto di accesso per esplorare il mondo circostante. Dalle fitte e misteriose foreste, alle paludi nebbiose fino agli sconfinati tratti costieri, ogni ambiente è realizzato con estrema cura e colpisce per la sua bellezza visiva. Si percepisce una varietà ben studiata tra mari, montagne e lande selvagge, che riesce a trasmettere l’impressione di un mondo veramente vivo e organico.

Il sistema di combattimento ha molto potenziale e visivamente offre momenti davvero appaganti.

Durante l’avventura, ci si muove tra diverse aree predefinite, che si evolvono man mano che progrediamo, sbloccando nuovi percorsi, segreti nascosti e aree prima precluse all’esplorazione. Questo sistema di esplorazione consente un backtracking meno frustrante rispetto ad altri giochi, in quanto ogni ritorno offre la possibilità di esplorare nuovi passaggi e collezionare risorse aggiuntive, arricchendo l’avanzamento nel gioco in modo armonioso e coinvolgente. Graficamente parlando, The Veilguard è sorprendente: ogni ambientazione contribuisce a un’atmosfera di alto impatto, che trasporta il giocatore e la giocatrice in un Thedas vivo e affascinante, dove è impossibile non fermarsi un attimo per godersi il paesaggio. Da questo punto di vista, Veilguard rappresenta un indiscutibile successo, mostrando come l’attenzione al dettaglio visivo possa elevare l’esperienza complessiva e creare una connessione più forte tra il giocatore o la giocatrice e il mondo di gioco.

Pronti ad difendere il Velo?

Un altro dei punti di forza in Dragon Age: The Veilguard è certamente il comparto audio, che spicca tanto per la qualità del doppiaggio quanto per la colonna sonora. Questa volta, però, l’audio del gioco è disponibile solo in inglese, a differenza del precedente Inquisition, che offriva un’opzione di doppiaggio anche in lingua nostrana. Tuttavia, le voci scelte per i personaggi principali sono di altissimo livello: Alex Jordan e Erika Ishii prestano la loro voce a Rook, rispettivamente nelle versioni maschile e femminile, portando sfumature interessanti ai due personaggi e dimostrando una grande versatilità interpretativa. Il cast vocale riesce a rendere vividi i dialoghi, valorizzando i momenti più intensi della trama e coinvolgendo il giocatore e la giocatrice con interpretazioni sentite, anche quando il testo risulta meno incisivo del previsto.

Graficamente parlando, The Veilguard è sorprendente

A completare l’atmosfera ci pensa una colonna sonora di peso, firmata dal leggendario Hans Zimmer e dal compositore Lorne Balfe. Zimmer, già celebre per le musiche epiche di film come Il Gladiatore, L’Uomo d’Acciaio e Pirati dei Caraibi, porta con sé uno stile orchestrale imponente, mentre Balfe, che ha lavorato su colonne sonore di spessore come quelle di Dungeons & Dragons e Mission: Impossible, aggiunge un tocco moderno e dinamico. Sebbene le musiche riescano a creare momenti di grande impatto e atmosfera, non tutte le tracce rimangono memorabili una volta spento il gioco, mancando forse di quel tema iconico che riecheggia nella memoria del giocatore o della giocatrice. Tuttavia, la qualità tecnica della colonna sonora è indiscutibile, e Zimmer e Balfe dimostrano un’abilità straordinaria nel sottolineare ogni momento d’azione o drammaticità con note potenti e suggestive.

Conclusioni

Dragon Age: The Veilguard offre un ritorno nel Thedas con alcune idee promettenti e un comparto tecnico che riesce a dare risalto alla componente audiovisiva, ma, allo stesso tempo, inciampa in alcuni elementi chiave come la trama, la profondità dei dialoghi e la gestione delle scelte narrative. I/le fan della serie si troveranno di fronte a un’esperienza più action che strategica, dove le sfide si trasformano in battaglie spettacolari, ma anche piuttosto ripetitive. Certo, la grandiosità delle ambientazioni e la colonna sonora firmata da grandi nomi contribuiscono a rendere il viaggio visivamente e acusticamente appagante. Tuttavia, il peso delle aspettative e l’eredità dei titoli precedenti rendono evidente la mancanza di quella magia che, per anni, ha definito il cuore e l’anima della serie.

In poche parole, The Veilguard è un gioco che sembra non riuscire a prendere una posizione decisa, proprio come un lupo che ha perso il proprio branco.

Potete acquistare Dragon Age: The Veilguard da GameStop a questo link.

 

  • Good
    +Ambientazioni visivamente splendide
    +Comparto sonoro eccellente
    +Gameplay frenetico e veloce...
  • Bad
    -...Ma a volte un po' ripetitivo
    -Dialoghi che cercano di accontentare tutti, non accontentando nessuno
  • 7 Confuso

Acquista ora su Gamestop.it

Conclusioni

Dragon Age: The Veilguard offre un ritorno nel Thedas con alcune idee promettenti e un comparto tecnico che riesce a dare risalto alla componente audiovisiva, ma, allo stesso tempo, inciampa in alcuni elementi chiave come la trama, la profondità dei dialoghi e la gestione delle scelte narrative. I/le fan della serie si troveranno di fronte a un’esperienza più action che strategica, dove le sfide si trasformano in battaglie spettacolari, ma anche piuttosto ripetitive. Certo, la grandiosità delle ambientazioni e la colonna sonora firmata da grandi nomi contribuiscono a rendere il viaggio visivamente e acusticamente appagante. Tuttavia, il peso delle aspettative e l’eredità dei titoli precedenti rendono evidente la mancanza di quella magia che, per anni, ha definito il cuore e l’anima della serie.

In poche parole, The Veilguard è un gioco che sembra non riuscire a prendere una posizione decisa, proprio come un lupo che ha perso il proprio branco.

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  • Good
    +Ambientazioni visivamente splendide
    +Comparto sonoro eccellente
    +Gameplay frenetico e veloce...
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    -...Ma a volte un po' ripetitivo
    -Dialoghi che cercano di accontentare tutti, non accontentando nessuno
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