Crimson Desert è epico ma tostissimo – Provato in anteprima

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Ferro e sangue ci attendono in un'avventura colossale

Parlare di un gioco come Crimson Desert non è semplice, per niente, perché è una produzione all’apparenza estremamente familiare ai più, ma che è capace di trasformarsi e stranire una volta preso in mano il controller. L’affascinante mondo creato da Pearl Abyss ci accoglie infatti con lussureggianti tratti da open world, per poi trascinarci, con prepotenza, in dinamiche gameplay impegnative come e più di un soulslike.

Per scoprire quale sarà la principale faccia che verrà mostrata al pubblico ci sarà ancora da aspettare: sono bastate infatti le classiche chiacchiere colloquiali intrattenute con il team di sviluppo e i loro referenti sul territorio per capire che siamo in una fase di sviluppo intensa, in cui ci si sta concentrando sulle meccaniche di base del combattimento prima di procedere a svelare nella sua interezza il gioco.

E che sia chiaro: nonostante il passato di Black Desert, costruito per essere un MMORPG dalla forte componente action, qui ci troviamo di fronte a un prodotto che punta a costruire un’esperienza a la The Witcher 3, Dragon’s Dogma 2 o Skyrim, dedicandosi principalmente al single player. Ma in quest’occasione avremmo visto principalmente azione e battaglie.

Ed è stato proprio questo il fulcro della nostra prova su PlayStation 5, in cui abbiamo affrontato di petto nemici e boss di questo Crimson Desert al fine di scoprire chi tra noi e la CPU avesse la mano più pesante.

L’avviso è stato chiaro fin da subito: “Fate attenzione, perché in questa demo, e nel gioco in generale, i nemici sono molto aggressivi e non solo richiederanno di rispondere colpo su colpo, ma vi costringeranno a tenere un profilo offensivo”. Sconsigliato temporeggiare, dunque.

La guerra non è mai bella, signori, e Crimson Desert ce lo ricorda immediatamente.

Attaccare e attaccare, messaggio ricevuto: prendiamo quindi in mano il controller e ci catapultiamo in quello che dovrebbe essere un tutorial. Il condizionale è d’obbligo quando il nostro avatar viene gettato nel bel mezzo di una battaglia cruda, sanguinolenta e brutale, in cui decine di nemici ci braccano con una pressione quasi folle e asfissiante, mentre attorno a noi tutto è in fiamme. La guerra non è mai bella, signori, e Crimson Desert ce lo ricorda immediatamente.

L’esperienza è straniante, in quanto il tutto sembra messo in scena per metterci in difficoltà: è notte e ci troviamo in un villaggio in fiamme, circondati da nemici che non si fanno problemi ad assalirci in gruppo. Il nostro unico fiato è da ritrovarsi nelle rapide fasi di “tutorial”, rappresentate dalla sovrimpressione dei tasti da premere per effettuare alcune azioni base come le parate, gli attacchi e le schivate.

Superati quei momenti, i nemici partono senza tregua, muovendosi contro il giocatore senza considerare dinamiche di gruppo, ma perseguendo invece un assalto quasi dettato dalla follia che avrebbe ben poca ragion d’essere in un mondo reale, in cui una spadata fuori posto può colpire anche un compagno. Mettiamola così: se avete mai pensato che giochi come i vecchi Assassin’s Creed o la serie Batman Arkham fossero troppo generosi nel far temporeggiare gli avversari, qui avrete di che essere contenti.

Non avendo avuto modo di familiarizzare realmente con il sistema di controllo e le sue dinamiche, come avviene normalmente giocando un titolo dal suo principio, la sensazione è stata di sopraffazione totale, anche perché capitava di essere colpiti nel bel mezzo delle animazioni effettuate seguendo le indicazioni dei tutorial: non è un po’ troppo? Una scelta giustificabile solo dalla volontà di mostrare al giocatore la slealtà di una battaglia simile, che però non si traduce in qualcosa di realmente godibile.

Dopo i primi impatti tra metallo e carni, è il momento di affrontare una selezione di boss fight preparate appositamente per la dimostrazione. Un assaggio l’abbiamo avuto prima ancora di cominciare, grazie a un video che ci spiegava non solo tutte le possibilità del sistema di controllo (ma sfido a ricordare tutto dopo una singola visione e senza provare con mano), ma anche i nemici che avremmo fronteggiato, tutti riconducibili a una mitologia di stampo classico, che pesca da diverse culture e pur includendo giganti e goblin si muove lontana dal fantasy di concezione moderna, fatto da principalmente di elfi e magie.

Una mitologia di stampo classico, che pesca da diverse culture e pur includendo giganti e goblin si muove lontana dal fantasy di concezione moderna

Rimanendo sul tema, l’iniziale impatto traumatizzante non mi ha impedito però di amare in modo sconsiderato la direzione artistica, saldamente con i piedi per terra e capace di trovare un giusto equilibrio tra realismo degli scenari ed virtuosismi estetici, alternando situazioni da open world quasi banali a momenti in cui anche solo giocare in modo sagace con l’erba può fare la differenza.

Non c’è stato modo di provare in prima persona l’esplorazione, attualmente non prioritaria per le dimostrazioni alla stampa, ma ci è stato offerto un lungo video ricco di tutto ciò che solitamente caratterizza un gioco di questa portata: grandi paesaggi, camminate o passeggiate a cavallo, città da visitare, NPC con cui interagire e questline da seguire.

A livello di percezione, non ci si è trovati di fronte a qualcosa di trasformativo, anzi, in alcune situazioni si percepiva anche una leggera ingenuità nella scelta delle inquadrature delle scene animate, così come si nota la mancanza quasi totale di caratterizzazione nell’HUD che nei dialoghi ci fa tornare un po’ al passato. Nulla di drammatico, ma c’è sicuramente margine per migliorare e il team stesso ha confermato di essere costantemente all’opera per perfezionare la resa di tanti degli elementi a schermo.

Migliorie che impatteranno anche sui combattimenti, almeno così ci è stato detto, in quanto esistono già nuove build del gioco che sono intervenute sulla barra della vita (qui a “semicerchio”, mentre nelle nuove versioni è una classica barra) e su altri elementi. Personalmente anche la stamina attualmente (una spirale squadrata) è poco utile e meriterebbe una revisione. Ma al netto di questo chiacchiericcio, ci attendevano i boss.

Le sfide proposte offrivano un adeguato ventaglio di possibilità, a cominciare dall’imponente Staglord: la prima scelta non poteva che cadere su un nemico umanoide dal moveset classico, che ero sicuro mi avrebbe fatto da “scuola” per ciò che sarebbe venuto dopo. Peccato che il burbero monarca di un regno dimenticato sia fin troppo focoso nel combattimento e nelle sue tre fasi si sia rivelato gradualmente sempre più asfissiante e difficile da gestire.

L’approccio “soulslike” poteva funzionare, ma non è stato semplice trovare varchi e spazi contro un nemico che letteralmente impossibile da interrompere nelle sue azioni

La sua possanza fisica e capacità di deviare i nostri colpi potevano essere contrastati con il nostro potere di “spinta” (simile un po’ alla Forza di Star Wars, se vogliamo), in grado di aprire la sua guardia nonostante il solido scudo. In ogni caso grandi mazzate e cariche si sono alternate senza sosta, al punto di schiantare intere colonne delle rovine che facevano da teatro alla sfida.

L’approccio “soulslike” poteva funzionare, ma non è stato semplice trovare varchi e spazi contro un nemico che letteralmente impossibile da interrompere nelle sue azioni se non proprio con la spinta di cui sopra, legata però a un lungo cooldown.

Proseguendo, la scelta è caduta sul White Horn, lo spirito delle montagne un po’ Yeti e un po’ alce, ma dal comportamento decisamente scimmiesco. In questo caso la battaglia, pur avvenendo in uno splendido scenario innevato e contro un grosso nemico mostruoso, si è comunque rivelata leggibile e gestibile, al netto della pessima tendenza del nemico a generare onde d’urto stordenti.

Schiva di qua, schiva di là, evita il colpo “imponente” e poi sali in groppa un po’ come in Monster Hunter: dopo una lunga battaglia, il colpo di grazia se l’è autoinflitto facendo crollare grosse masse di ghiaccio che hanno prima colpito (marginalmente) il mio avatar per poi finire clamorosamente sulla sua testa. Karma? Mi piace pensarla così. Lo scontro comunque è finito prima del previsto e a parte qualche attacco scomodo mi è sembrato gestibile, di sicuro più di Staglord.

Il tempo tiranno ci ha concesso solo un’altra sfida con Crimson Desert e non ho potuto resistere alla tentazione di affrontare il Reed Devil, nemico già mostrato questa estate e dotato, tra tutti, del maggiore carisma nel coniugare estetica e moveset. In uno scenario montano meraviglioso abbiamo raggiunto un campo di spighe ed erba ingiallita, perfetto teatro per la battaglia contro un avversario sfuggente e capace di ingannare le nostre percezioni.

In questo caso è risultato molto interessante imparare a gestire sia la fase ravvicinata che la distanza, tenendo a bada un nemico decisamente poco propenso a mostrare il fianco. Qualche colpo potente e il “push” ci ha permesso di infliggere grossi danni, ma la parte più divertente è stata ovviamente l’uso di prese stile wrestling per interrompere alcune delle sue azioni.

Peccato per la sua severissima fase di “invincibilità”, in cui era necessario distruggere 5 altari mentre venivamo braccati dallo stesso boss: a guardare le dimostrazioni era davvero necessario raccordare diverse skill avanzate per risolvere il tutto in fretta, cosa per cui non eravamo sufficientemente pronti. Ci riusciremo nel gioco completo?

Le battaglie con i boss di Crimson Desert si sono rivelate nel complesso molto spettacolari e varie, ma tutte condividevano il medesimo problema: la difficoltà scriteriata. Abbiamo tutti provato almeno una volta i titoli più difficili sul mercato e abbiamo scoperto, di morte in morte, come i giocatori siano piuttosto esigenti in fatto di controlli e di “correttezza” della sfida, cosa tutta da verificare in questo gioco.

Al di là dell’effettivo impegno richiesto e della poca preparazione prima della prova, a tratti è sembrato di vivere in un preoccupante mix tra Ninja Gaiden e Dark Souls (a qualcuno piacerà l’idea), capace di tirare fuori solo il peggio di ognuno per quel che concerne la gestione della pressione sul giocatore.

A tratti è sembrato di vivere in un preoccupante mix tra Ninja Gaiden e Dark Souls

Il movimento del personaggio è discretamente pesante, gli attacchi possono essere facilmente interrotti dal minimo colpo nemico (cosa che al contrario non avviene, invece, anche con i minion) e la telecamera è timorosamente priva di un hard-lock, cosa che tende a far perdere costantemente l’aggancio con i nemici che tendono a fare grossi salti o corse per l’area di gioco.

Da segnalare in positivo, invece, la presenza di due schivate, ovvero la classica rollata e un più solerte passo laterale: nel secondo caso, il controllo sull’azione è davvero ottimo e variare tra le due tipologie di evasione è molto utile. A livello visivo forse andrebbe un po’ rivisto l’uso davvero corposo di particellari e per-object motion blur, che in abbinata alle hitbox un po’ grezze vanno a generare una sensibile confusione visiva, quantomeno inizialmente.

Nonostante questo, le sensazioni sono positive: i valori di produzione sono molto buoni, il team è costantemente al lavoro per migliorare il gioco seguendo i feedback delle varie prove e, naturalmente, bisogna sempre considerare che arrivare davanti a un gioco difficile senza allenamento pregresso porta inevitabilmente a incontrare qualche asperità di troppo, difficile da limare ne 50 minuti di gameplay offerti.

Il reale potenziale di Crimson Desert verrà quindi fuori nel suo insieme, quando combattimento ed esplorazione si muoveranno di pari passo e potremo iniziare a familiarizzare con una storia di cui ancora ci è stato detto ben poco. Date di uscita, ovviamente, non ve ne sono e tocca quindi attendere con pazienza gli aggiornamenti sullo sviluppo nei prossimi mesi, tenendo presente che il team di Pearl Abyss punta a pubblicarlo in contemporanea su PC e console. Ci saranno novità ai TGA 2024?

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