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Auguri Resident Evil 4: la rivoluzione horror compie 20 anni

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20 anni e non sentirli

Tanti auguri Resident Evil 4! Sono 20 le candeline che finiscono sulla torta dedicata al compleanno del titolo Capcom che l’11 gennaio 2005 ha ridefinito il modo di intendere l’horror e con una semplicissima mossa ha suggerito come trasformare il genere dei giochi d’azione.

Tanti auguri all’opera massima di Shinji Mikami, il geniaccio capace di unire creatività a concretezza che con questo quarto capitolo è riuscito a far nascere una seconda volta il franchise di Resident Evil, da lui stesso creato.

Tanti auguri al capolavoro cross-generazionale che vanta più porting/remaster di quante siano le imitazioni de La Settimana Enigmistica (e che trovate in gran parte da GameStop, a questo link), riuscendo a superare agilmente la dozzina di incarnazioni prima ancora di giocarsi il jolly e rilanciare con il recente (ed eccellente) Remake.

Resident Evil 4 VR
Resident Evil 4 è un prezzemolino che è finito anche su Oculus Quest 2 (ottima versione, tra l’altro)

Ok, forse sono partito “dal fondo” e non ho introdotto a dovere l’argomento Resident Evil 4, lo ammetto, ma a onor del vero chi è che non conosce questo gioco e in qualche modo l’ha quantomeno provato? Chi non ha visto almeno una volta qualche video, trailer o gameplay delle sue sezioni più terrificanti? Stiamo parlando di un prodotto che è riuscito a rimanere sempre attuale, di generazione in generazione, e che ha “partorito” un remake dopo neanche due decenni.

Ma facendo un attimo finta di non sapere di che si stia parlando, cosa ha reso così speciale questo gioco? Come sempre accade in questi casi, non si tratta di una sola questione di qualità specifica del titolo, ma di un insieme di elementi e situazioni che si sono andati a incastrare perfettamente per dare vita a un vero e proprio fenomeno.


Oggi è molto facile pensare a Resident Evil e immaginare un vero e proprio colosso del gaming, sinonimo di qualità e quasi intoccabile (coff coff, R3 Remake, coff coff) nelle sue più recenti incarnazioni, ma a cavallo tra le generazioni a 32 e 128 Bit c’è stato un momento in cui si è percepito che qualcosa non stava andando per il verso giusto.

Se già con Resident Evil 2 si è dovuti passare da diversi “errori di percorso” prima di trovare la giusta strada che ci ha regalato quell’incredibile achievement di tecnica e gameplay, diventato blueprint per il genere, in seguito le pressioni aziendali in merito alla realizzazione di nuovi titoli di successo portarono a scelte quantomeno “complicate”, diciamo.

“Corri, scappa, c’è il Nemesis…”

E così, avvicinandosi al 2000, mentre da un lato si esplorava la reinterpretazione del genere con digressioni come Dino Crisis o si provava a monetizzare con prodotti di discutibile qualità come Gun Survivor (capolavoro del trash), dall’altra veniva pubblicato un Resident Evil 3 costruito recuperando tantissimi assets del secondo capitolo. Il risultato fu comunque apprezzabilissimo per via delle nuove dinamiche legate a Nemesis, alle scene “a bivi” e per via dell’intrigante narrativa che si andava a incastrare con il capitolo precedente.

Ma probabilmente si poteva fare di più, molto di più, come ha lasciato intendere il valido (ma non necessariamente memorabile sotto tutti i punti di vista) Resident Evil: Code Veronica, che sfruttava la potenza offerta da Dreamcast per realizzare il primo capitolo della serie interamente in 3D, fondali compresi. Al di là dello stupore per gli avanzamenti grafici, il gioco non è riuscito a lasciare realmente il segno nonostante fosse stato immaginato al tempo come vero terzo capitolo, seguendo le vicende di Claire per gettare le basi verso il futuro. Che fosse arrivato il momento di cambiare marcia?

Claire torna in azione in Code Veronica, uno dei capitoli più “strani” della serie, ma comunque rilevante e apprezzato.

Se il cambiamento era quello che si cercava, beh, difficile immaginare qualcosa di più drastico del siglare un accordo di esclusività per la serie Resident Evil con Nintendo. Sì, proprio Nintendo. Quella dei pupazzetti, quella del “niente sangue nei miei giochi”, quella dei giochi per famiglie.

Eppure il meraviglioso Resident Evil Rebirth lo dobbiamo proprio a questo accordo siglato ufficialmente nel 2001: il remake del primo capitolo è stato il primo passo di questo accordo in esclusiva, che ha portato poi al controverso Resident Evil 0 prima di riuscire, finalmente, a trovare il coraggio di fare qualcosa di davvero innovativo.

Miyamoto e Mikami in un momento leggendario che va troppo indietro nel tempo (e infatti non esistono foto non-sgranate)

Unendo questo accordo di esclusività alle disponibilità offerte dal fondo Q, che Nintendo al tempo stanziava a sostegno dei piccoli studi interessati a sviluppare su GameCube (e di cui anche i grandi publisher provarono ad approfittare sfruttando dei magheggi legali), si arrivò alla prima incarnazione di Resident Evil 4, presentato come uno dei 5 titoli sviluppati in esclusiva per la console Nintendo, da allora chiamati Capcom Five

Resident Evil 4, P.N.03, Killer 7, Viewtiful Joe e Dead Phoenix (ironia della sorte, l’unico cancellato… alla faccia della leggenda della fenice) generarono grande entusiasmo in merito alla rinascita di Capcom e Nintendo, in particolare guardando alle meraviglie del quarto capitolo della serie survival horror con protagonista Leon, di ritorno da Resident Evil 2 come era stato per Clarie in Code Veronica. Il nuovo progetto sembrava abbracciare elementi soprannaturali per elevare al livelli mai visti atmosfera e grafica, e dopo questo gustoso assaggio non restava che capire quando avremo visto la sua versione definitiva.

Il “primo” Resident Evil 4 mostrato al pubblico aveva un che di soprannaturale.

Ancora una volta, però, il destino di Resident Evil 4 è legato al cambiamento: infatti anche la versione “spettrale” mostrata in anteprima non sembrava aver colpito a dovere i grandi capi di Capcom (il pubblico, invece, era letteralmente entusiasta), forse per via del distacco dai temi più classici in favore di un’ambientazione, seppur simile a quella del primo capitolo, che si allontanava dall’idea di horror commerciale basata su fantomatici “rischi biologici” ed esperimenti vari realizzati dai classici scienziati pazzi.

Sorpresa delle sorprese, il 2024 diventa l’anno del reveal ufficiale, che mostra un titolo decisamente diverso dalle aspettative: atmosfere latine, regia da film di investigazione e orrori più “rurali” di quanto ci si potesse immaginare creano quella piacevole confusione che solletica la fantasia di tutti i fan in attesa di scoprire novità. Il tutto in un formato “letterbox”, con le bande nere sopra e sotto, che riducendo l’area di gioco permetteva di aumentare dettagli e prestazioni.

Quando è uscito ce lo siamo giocato sulle TV in 4:3 e con le bande nere sopra e sotto…

Ma, soprattutto, ecco l’arrivo della telecamera alle spalle del protagonista, la “piccola grande rivoluzione” che ha dato vita a un nuovo genere. Ancora una volta Shinji Mikami aveva ribaltato le convenzioni, in due semplici mosse: inquadratura sempre alle spalle del personaggio e possibilità di mirare con la leva analogica (e non più solo alto/medio/basso).

Qualcuno farà fatica a ricordarlo, ma il resto dei controlli era identico ai predecessori, a cominciare dal movimento “tank” (su/giù per andare avanti/indietro, sinistra/destra per girarsi verso, appunto, sinistra o destra), con tutto ciò che ne conseguiva.

Potere del dual Analog? No, perché una volta premuto il tasto per mettersi in posizione di tiro la mira era affidata alla stessa levetta analogica, costringendo a stare fermi sul posto: altro che gameplay frenetico! Questo rendeva il gioco oltremodo tattico, rendendo i colpi di precisione indispensabili così come la capacità di stordire i nemici per colpirli con attacchi melee o clamorose mosse di wrestling.

Da matricola della polizia ad agente speciale del governo USA… che glow up per Leon!

Seppur inizialmente rigida ed esigente, questa impostazione dei comandi si rivelava in breve decisamente assimilabile dalla mente e dai polpastrelli dei giocatori, che consumarono l’esclusiva demo di gioco pubblicata da Famitsu (e ora cimelio piuttosto raro da sfoggiare davanti ai propri amici).

Questo nuovo approccio diventò inoltre la base per un numero spropositato di titoli che arrivarono negli anni successivi e nelle nuove generazioni (Gears of War o Dark Sector per citarne un paio), i quali ovviamente ottimizzarono movimenti e combattimento per offrire un’esperienza più completa, ma che comunque devono tantissimo a Capcom e a quel genio di praticità nel design che è sempre stato Mikami (P.N. 03 e God Hand a parte).

Il successo del gioco però fu sì consistente, ma non totale, perché la cara Capcom non seppe resistere alle sirene dei paperdollari in arrivo dalle piattaforme di casa Sony e annunciò una release di Resident Evil 4 anche sulla console di maggior successo del momento, PlayStation 2 (così avvenne anche per Viewtiful Joe e Killer 7), che seppur graficamente “inferiore” rispetto all’originale era ricca di nuovi contenuti e modalità di gioco. Inutile dire che la mossa andò a sabotare le vendite della versione Gamecube e, contestualmente, anche tutti i frutti del progetto con maggior potenziale nato dall’accordo di esclusività. Da allora Capcom e Nintendo si sono guardati in cagnesco per anni…

Una curiosità: alla fine i Capcom Five divennero solo “Four” e con alterne fortune.

La leggenda di Resident Evil 4 ha continuato inarrestabile per anni, raggiungendo ogni volta nuovi picchi di qualità nell’esperienza. La versione Nintendo Wii per tanto tempo (e per qualcuno tutt’ora) rappresenta il miglior modo per godersi il gioco, vantando la grafica ricca di dettagli della versione Gamecube, il formato 16:9, tutti i contenuti aggiuntivi usciti su PlayStation 2 e la precisione dei controlli Wiimote, mentre gli upgrade HD arrivati su PlayStation 4 e Xbox One si sono in un certo senso consolidati come “versioni definitive” (PC moddabile a parte).

Di porting in porting il successo non pareva scemare, anzi, che mentre nel 2021 veniva annunciata l’intrigante versione VR (splendida) si susseguivano voci di un possibile remake nello stile di Resident Evil 2 e 3. Razionalmente l’idea era sia interessante, per dare seguito alla narrativa che intreccia tutti i capitoli, che incomprensibile, visto che il titolo originale è riuscito a non invecchiare di una virgola ed essere godibilissimo anche per i gamer moderni.

Nel giugno del 2022 però Capcom si gioca l’asso e annuncia l’atteso segreto di pulcinella remake, in arrivo pochi mesi dopo (Marzo 2023) e pronto a mettere in discussione non solo lo status di “intoccabile” del titolo originale, ma anche la percezione del pubblico in merito ai remake e al loro valore: la nuova versione di Resident Evil 4 finirà infatti nel lotto dei finalisti per il titolo di gioco dell’anno ai The Game Awards 2023, pur senza vincere.

Resident Evil 4
Leon e Ashley nel remake: vi piacciono?

La cosa curiosa è che, nonostante le indubbie qualità, il remake non sia riuscito necessariamente a “sovrascrivere” il titolo originale e viva un’orgogliosa esistenza in parallelo con il capolavoro dell’era GameCube o la versione Nintendo Wii.

Definire quale dei due titoli sia realmente migliore è questione di gusti e di priorità, considerando che sicuramente la nuova edizione è più bella da vedere e più reattiva nella giocabilità, mentre dall’altra parte si respira quell’ingenuità di inizio 2000 che un po’ manca alle produzioni moderne: scene alla Matrix, umorismo caricaturalmente nipponico e la sensazione costante che, nonostante tutto, nessuno dei personaggi coinvolti stesse davvero prendendo sul serio gli eventi, consapevoli di essere in un videogioco.

E voi, quale Resident Evil 4 preferite? In ogni caso, auguri!

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