Noi siamo leggenda.
Iniziare la propria ascesa artistica grazie ad un iperattivo marsupiale arancione, entrare nell’olimpo videoludico con una delle killer application più desiderate da qualsiasi produttore di console e, non ancora soddisfatti, mettersi ancora in gioco con 29 anni di storia sul groppone, non è da tutti. Ma Naughty Dog non è una normale software house: un po’ per la fortuna di possedere quella tranquillità necessaria che permette di investire il 100% in qualsiasi progetto, un po’ per il talento intrinseco di chiunque transiti presso i suoi uffici in veste di sviluppatore, il suo logo rimane tutt’ora un pregiato sinonimo di qualità. Tutto ebbe inizio con il leggendario Crash, quello della prima PlayStation, quello di cui tutti attendono invano un nuovo capitolo, ma nel frattempo spolverano con le loro stesse lacrime di commozione il jewel case ancora intatto. Poi venne Jak & Daxter, anch’esso platform ma ancor più ambizioso della serie ad esso precedente, seguito dalla trilogia di Uncharted, apice di quel pedissequo flirting tra i videogame ed Hollywood, sempre più ricambiato. Qualsiasi altra software house sarebbe campata di rendita, sfornando sequel, prequel e trilogia di spin-off, ma Naughty Dog, come detto, non è una normale software house.
Partorita 4 lunghi anni fa, The Last of Us è l’IP che non ti aspetti, nata in un modo che non ti aspetti, da un team che col survival non ha mai avuto nulla da spartire ma che, come vedremo, potrebbe tranquillamente salire in cattedra e dar ripetizioni a chi il genere lo ha portato in grembo, gli ha permesso di raggiungere la maturità completa e ora ne piange la prematura scomparsa. Folgorati da un documentario della BBC incentrato sui Cordyceps, un letale fungo parassita, il talentuoso team iniziò a covare al suo interno, seguendo l’esempio dei ripugnanti quanto intriganti ascomiceti che tanto li hanno colpiti, l’idea alla base del gioco: un mondo devastato da batteri, all’interno del quale il giocatore veste i panni di alcuni dei pochissimi superstiti rimasti “puri”. Joel ed Ellie li abbiamo conosciuti nel corso dei primi trailer ed info rilasciati: il primo, burbero contrabbandiere, sarà il protagonista guidato dal giocatore, incaricato dal padre della coraggiosa quattordicenne di scortare quest’ultima presso uno dei campi dei Fireflies, miliziani contrari alla legge marziale e alle zone di quarantena imposte dal governo, uniche soluzioni all’epidemia che da venti interminabili anni continua imperterrita a decimare l’umana stirpe.
La nostra prova, che ha avuto luogo negli uffici romani di Sony, ci ha offerto circa 25 minuti (in realtà 40, ndr) di pura desolazione in quel di Boston, nel corso di quella che si rivela essere la prima uscita dalla zona di quarantena della giovane Ellie. La devastata capitale del Massachusetts, divorata dalla vegetazione e popolata unicamente da banditi, scherzi genetici ed edifici irriconoscibili, sembra essere solo una delle tappe statunitensi del nostro viaggio: incerta è la meta definitiva.
Neanche il tempo sembra favorire quello che sarà temporaneamente un trio (c’è anche Tess, anche lei assidua frequentatrice del mercato nero), ci permette di gustare alcune delle chicche grafiche e fisiche offerte dal gioco: una pioggia scrosciante invade la scena sin da subito, bagnando i personaggi e lasciando un realistico alone sulla telecamera, abbagliata da lampi casuali che enfatizzano la sensazione di disagio e desolazione emanata da ogni mattone e cornicione pericolante, invasi da una vegetazione ormai abbandonata a se stessa.
Presa confidenza con i comandi, che ci permettono di saltare, scattare, accovacciarci e, chiaramente, mirare e sparare, ci addentriamo all’interno di una struttura, accolti da sfigurati cadaveri e da una delle prime note, utilissime ad approfondire il ricco background narrativo del titolo ma anche a sopravvivere, dato che spesso ci offriranno mappe e preziose informazioni. Queste note potranno essere analizzate e ruotate, studiandone ogni minimo dettaglio, lasciando presagire l’importanza che rivestiranno lungo tutta l’avventura. Dopo aver letteralmente staccato da una porta un corpo devastato dai funghi parassiti (i quali si riprodurranno nei pressi dei loro ex-”coinquilini” ormai defunti), l’onere di aprire le danze viene affidato ad una delle due tipologie di nemici presenti in questa già succosa pre-alpha, i ributtanti Clicker, tramite uno dei numerosi Quick Time Event, di cui il titolo, data la presenza costante nella nostra prova, sarà quasi certamente invaso. L’incontro ravvicinato, oltre ad offrirci una panoramica di tutto rispetto sulla macabra cura con cui sono stati creati i disgustosi infetti (il cui volto putrefatto è stato quasi interamente diviso in due dai funghi), ci lascia intendere quanto sia fondamentale il rapporto di fiducia instauratosi tra i protagonisti nel nome della sopravvivenza: Tess infatti, oltre a proteggere Ellie, non esiterà ad estrarre la sua arma quando il pericolo è imminente, per non parlare del prezioso aiuto che offrirà nel superare alcuni ostacoli ambientali.
Il tutorial del gioco ci spiega che i Clicker, umani giunti ad uno stadio di trasformazione avanzata, andranno colpiti con dei precisi colpi al volto (o almeno di ciò che ne rimane), oppure raggiunti silenziosamente alle spalle e colpiti con ciò che il nostro inventario avrà da offrire: non avendo occhi, saranno unicamente allertati dal nostro passo veloce…ma ciò non ci assicurerà automaticamente vita facile al loro cospetto. L’incredibile IA, già sbalorditiva in questa pre-alpha, li spingerà a setacciare la zona in cerca di cibo fresco in maniera tanto frenetica quanto realistica, colpendo a vuoto con i loro arti e prestando ascolto al più lieve rumore, ma una volta accortisi della nostra presenza, il passare dalla vita alla morte tra le loro fauci sarà lungo come uno dei click che scandiscono il loro camminare incerto. Sul nostro tragitto troveremo comunque un buon numero di bottiglie e mattoni da lanciare, utili a distrarre e tener lontani gli infetti dal nostro punto di arrivo, nel caso di un approccio più discreto, oppure per attirarli a portata di tiro, dando però fondo, in tal modo, alla nostra preziosissima scorta di munizioni.
Scordatevi di vedere l’ammontare dei proiettili a tre cifre ed abituatevi ad uno zero rosso fisso in fondo a destra: trovarne uno o due sarà pura goduria, un piacere degno del più impavido Nathan Drake al cospetto del più ricco dei tesori, e nonostante i checkpoint siano frequenti, il consumo di medkit e munizioni sarà definitivo. Rimasti a secco? Vi toccherà usare il cervello…o il tasto sprint (L2), ma ricordate: le due donzelle non potranno essere lasciate indietro, le quali rimarranno intelligentemente nascoste fino a che non ripulirete l’ambiente circostante da minacce o troverete una via davvero sicura. Pistole, revolver e fucili a pompa (gli unici “ferri” trovati nella nostra prova tra quelli presenti nel gioco completo) non saranno però le uniche forme di offesa a disposizione: oltre a bastoni di legno e tubi che troveremo nel nostro doloroso peregrinare, potremo creare noi stessi delle rudimentali armi grazie ad uno spartano quanto intuitivo sistema di crafting. Una volta trovato un nuovo oggetto/arma, ne otterremo le istruzioni per crearne noi stessi, sfruttando vari tipi di materiali sparsi per l’ambiente di gioco, dalle forbici al nastro adesivo, passando per zucchero (?!) ed esplosivi.
Raggiunte le quattro parti avremo in possesso un’unità completa, che potrà essere sfruttata in combinazione con altre per garantirci qualche minuto di sopravvivenza in più: non sorprendetevi quindi di vedere delle grezzissime piccozze composte da forbici ignobilmente incollate ad un pezzo di legno (ma nonostante tutto curate, a livello grafico, fin nei minimi dettagli), realisticamente posizionate, tra l’altro, sulla schiena di Joel. Stessa sorte toccherà a pistole e fucili, riposti nella fondina o tenuti in spalla (esatto, niente più bazooka nell’inventario nascosti chissà dove, ndr).
Essendo i materiali comuni a più di una “ricetta”, dovremo scegliere accuratamente il momento propizio per costruire una molotov, un medkit o un pugnale (che verrà automaticamente selezionato quando attaccheremo i nemici alle spalle, ed utilizzato tramite la pressione del tasto triangolo). Infine, con alcuni nemici potremo anche sfruttare le nostre mani nude: nel corso della breve prova era infatti presente una seconda tipologia di avversari, i Runner, infetti da solo 2 giorni (e quindi, nell’aspetto, ancora umani), più deboli ma più rapidi ed astuti: ci attaccheranno in gruppo e non avranno alcun problema ad arrampicarsi, ma potremo facilmente sbarazzarcene a suon di sonori calci e pugni (ma sarà necessario il tempismo). Per attirarli potremo usare anche con loro bottiglie e mattoni, oppure la torcia di Joel, preziosissima amica da usare con parsimonia per via delle batterie, che inoltre proietterà delle sbalorditive ombre già estremamente realistiche in questa pre-alpha.
Dal punto di vista tecnico, nonostante qualche rarissimo caso di pop-up e sporadici glitch, il titolo si presenta davvero fluido, con animazioni convincenti (la maniera in cui Joel impugna lo shotgun è da brividi) ed un design davvero curato che trasuda disperazione da ogni pixel. I cadaveri putrescenti dei nemici, gli abiti sempre più corrosi ed insanguinati dei nostri eroi ed i loro volti contriti e sofferenti, rendono ancor più cupa l’atmosfera, intrisa di sangue, polvere ed umidità, con vetri graffiati e sporchi ma mai in maniera uguale ed una pioggia dinamica e vera che cambia intensità, lasciandosi trasportare dal vento, infrangendosi su ciò che rimane delle finestre e trasformandosi in piccoli torrenti tra le macerie di Boston.
L’unico elemento che non mi ha convinto del tutto è il comportamento dei proiettili nei confronti degli avversari, i quali sembrano essere maggiormente sensibili agli headshot ma indifferenti a colpi alle gambe/braccia, una mancanza non da poco data la cura maniacale per i dettagli, dai movimenti dei mobili che intralciano la strada alla faticosa lentezza con cui un Joel ferito impiega a curarsi, con un medkit, che Naughty Dog è solita impiegare nelle sue produzioni. C’è però da dire che da qui all’uscita mancano ancora 2 mesi, quindi il margine di miglioramento è davvero ampio! Tutta da vedere è inoltre la possibilità dei nostri eroi di essere colpiti dall’infezione, elemento che sembra verrà introdotto nel gioco completo: il contatto con i Clicker e i Runner portava infatti bruscamente ad uno schermo nero e ad un ritorno al checkpoint, ma sarà curioso vedere in che modo il gameplay possa cambiare nel caso di contatto col devastante parassita.
Infine, non è stata ancora svelata la componente multiplayer: sembra assodato che non ci sarà una modalità cooperativa, in quanto il rischio troll è sempre in agguato, rovinando un’esperienza totalmente incentrata sul rapporto di fiducia tra i protagonisti. Dovremo aspettarci unicamente dei classici deathmatch, magari Superstiti Vs Infetti, o Naughty Dog ci riserverà qualche sorpresa?
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In conclusione…
La pre-alpha provata negli studi di Sony ha messo in luce 3 aspetti davvero interessanti: in primis, i miei personalissimi dubbi riguardo la possibilità di trovarsi al cospetto di una “fiera dello script” sono stati quasi del tutto spazzati via dalle differenti reazioni degli avversari alle nostre azioni e dai comportamenti casuali riscontrati di reload in reload (nonostante la presenza di QTE e sequenze dal sapore cinematografico): non sappiamo se ci saranno scelte multiple nella versione definitiva (sarebbe un’ulteriore novità rispetto al tipico modus operandi del team), ma i numerosi e differenti approcci possibili prospettano una rigiocabilità potenzialmente altissima.
Il secondo aspetto riguarda l’incredibile atmosfera del titolo: Uncharted con gli zombie? Scordatevelo. Oltre a godere di una personalità propria, tanto i protagonisti quanto i nemici, The Last of Us trasuda disperazione e claustrofobia non solo per il buio perenne che avvolge la maggior parte delle location (mero escamotage che non è sempre sufficiente), ma anche per la costante condizione di insicurezza che accompagna i nostri eroi, sorta di terzo/quarto protagonista, che difficilmente ci scrolleremo di dosso: un po’ per la facilità con cui moriremo, un po’ per le poche munizioni a disposizione e la scarsa resistenza delle armi bianche, senza le quali dovremo ingegnarci e studiare tattiche machiavelliche per superare una sezione particolarmente ostica e piena di infetti. Tutto andrà razionato ed utilizzato con parsimonia, perchè la prossima minaccia è più vicina di quanto ci si possa aspettare.
Infine, se una pre-alpha riesce a garantire una fisica così realistica (tranne per alcune sedie inchiodate al terreno..ma sono davvero dettagli), un’IA che divora, letteralmente, anche produzioni giunte alla quinta o sesta patch, ed un mondo di gioco così pulsante, non osiamo immaginare lo splendore (anche meramente estetico, oltre che prettamente ludico) che già traspare e che verrà raggiunto nel corso dei 2/3 mesi di lavorazione che ci separano dall’uscita di questa killer application PS3-only.
Maestri dell’orrore del Sol Levante, preparatevi a prendere appunti.
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Prime impressioni di Roberto “demon_rp” Pasanisi
Di The Last of Us sapevo bene o male il minimo sindacale, ma devo ammettere che la scintilla che ha fatto scaturire l’idea del plot principale l’ho considerata semplicemente geniale. Ricordo perfettamente la foto di quella formica ormai devastata dal fungo, ed usare questo fatto reale in un gioco di questo calibro, direi che è una trovata a dir poco eccezionale.
Per il resto, conoscevo del titolo quello che si può trovare in rete, e non nego che proprio queste informazioni mi mantenevano un po’ combattuto. Il fatto che si vociferasse che Joel, il protagonista, fosse una versione invecchiata di Nathan Drake, mi ha fatto temere che alla fine ci saremmo potuti ritrovare davanti ad un Uncharted con un bel vestito post-apocalittico addosso, ma i filmati diffusi fino ad ora mi facevano invece ben sperare in qualcosa di più profondo. Davanti alla versione che abbiamo potuto provare però, tutto quello che avevo immaginato si è dissolto, lasciandomi semplicemente estasiato dalle scene che mi scorrevano davanti. Nonostante si trattasse di una versione pre-alpha, il motore filava come un treno, fluido e senza problemi di sorta. Problemi grafici quasi inesistenti o trascurabili, visto lo stato dello sviluppo. Una cura ossessiva dei particolari, che vanno dal senso di scolo dell’acqua o della pioggia, ai topi che fuggono all’arrivo della luce della torcia. In poche parole: esteticamente splendido nonostante non sia ancora una versione definitiva. Io tra l’altro sono rimasto colpito dai repentini cambi di intensità della pioggia, che con il vento cambia direzione in una maniera dannatamente realistica.
A livello tecnico, i combattimenti hanno dalla loro un’IA decisamente avanzata, che ti fa capire chiaramente che buttarsi nella mischia gridando “Banzai!!!”, non è la soluzione più azzeccata alla maggior parte degli scontri. In questo settore in particolare, ammetto di non aver brillato nelle performance durante la prima parte della demstraconvintoo, specie perché Icilio si divertiva a mollarmi il pad sempre nei punti più pericolosi. Ma almeno ho avuto la soddisfazione di esser riuscito a superare l’ultima zona infestata senza riportare danni e senza che gli “ospiti” presenti si accorgessero della mia tranquilla passeggiata di piacere. Ottimo anche il sistema di creazione degli oggetti di prima utilità, che in un ambiente in cui non esistono negozi, è praticamente la fonte primaria per la sopravvivenza.
Non posso fare altro che affermare quindi che The Last of Us è un titolo che merita veramente tanto, perché riesce a trasmettere perfettamente al giocatore tutte le sensazioni di suspence e tensione che i sopravvissuti provano nell’attraversare le zone del paese che oramai… non sono più sicure…
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Prime impressioni di Sabrina “Sabrine” Moles
Era da tempo che nel panorama videoludico non si vedeva un serio survival, degno di essere chiamato tale. Munizioni che scarseggiano, armi visibili sul personaggio, mattoni e bottiglie che, lanciate, distraggono i nemici. Non è più il tempo di lanciarsi nella mischia urlando “morite tutti brutti b***rdi!“, a morire nella mischia sarete sicuramente voi. Un’atmosfera che tiene in tensione dall’inizio alla fine, in uno scenario dove ogni cosa è curata: dalla pioggia e i rivoli d’acqua, fino al rumore che contraddistingue i diversi nemici. Note disseminate come collezionabili, apparentemente di poco conto, ma che una volta ispezionate forniscono dettagli che aumentano ancora di più l’alone di mistero attorno a Ellie, la ragazzina che, seppur non sia la vera protagonista, è molto probabilmente il personaggio principale del gioco.
La possibilità di ideare nuove strategie aumenta di molto sia la rigiocabilità del titolo, che la possibilità di ingegnarsi nell’affrontare situazioni pericolose che inizialmente potrebbero risultarvi insormontabili. Niente titolo “spacca-zombi“, anzi, un gioco che reinventa il significato di “zombi” con un’idea originale, dove gli infettati non sono mostri incapaci di saltare e arrampicarsi, ma persone estremamente aggressive che, sebbene non più padrone della propria volontà, svolgono comunque ogni funzione che ci si può aspettare da un essere umano: corrono, si arrampicano, muoiono se cadono in malo modo da una certa altezza, colpiscono.
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