Corridoi bui,o alla meglio illuminati da allarmanti ed ansiolitici neon intermittenti, poche armi, condotti di areazione (tanti, troppi dannati/ amati condotti di areazione!), un inquietante Xenomorfo e una sicura morte.
Gli ingredienti, pochi, elementari, ma sapientemente miscelati dalla visionarietà di un allora esordiente O’Bannon, con il suo script pulito ed efficace, e dalla direzione di quello che poi diverrà un maestro delle distopie sci-fi cyberpunk: Ridley Scott. La potente fascinazione del primo Alien produsse naturalmente e necessariamente un universo esteso, fatto di comics sopratutto (alla Dark Horse dobbiamo il crossover Aliens Versus Predator, in realtà distaccato dalla continuity del film, e involontariamente motore per la realizzazione dei due terribili omonimi cinematografici)
I videogiochi non potevano certo essere immuni da questo influsso: in fondo non lo sono per opere cinematografiche ben meno ispirate, ma dai grossi risultati al botteghino. Purtroppo, vuoi per le limitazioni hardware dell’epoca, vuoi anche per chiara cecità degli sviluppatori (vedi il recente passo falso della stessa SEGA con Aliens: Colonial Marines), ancora non si era visto un gioco su questa intrigante licenza che non fosse un action (FPS o meno), genere che può calzare forse al secondo capitolo di Cameron, ma che non mette in risalto le peculiarità che hanno reso famoso il primo e inimitabile capitolo.
Creative Assembly è entrato a far parte della famiglia SEGA da oramai quasi un decennio, e dopo anni di strategie e gloriosi tempi antichi regalati al pubblico con la serie Total War, si è gettato a capofitto nell’arduo compito, con un team tutto nuovo e un motore proprietario sviluppato appositamente per l’impresa.
Sarà Alien: Isolation finalmente l’Alien che tutti cerchiamo da anni?
Il primo incontro con lo Xenomorfo fa balzare il cuore in gola, seppur preannunciato dall’allarme automatico che strilla e ci avvisa, con voce monotona e metallica, della presenza aliena nel laboratorio in cui stavamo tranquillamente ricercando alcuni codici, smanettando su meraviglioso terminale a tubo catodico, col suo rassicurante sfondo verde.
Infido, silenzioso, agile, rapidissimo e letale, come da copione, certo, lo conosciamo già… ma non così.
I suoi movimenti non appaiono prevedibili, individuare pattern predefiniti non è semplice: il lavoro svolto è notevole, l’IA è, come promesso dagli sviluppatori, decisamente evoluta. L’alieno indaga annusa perlustra, senza sosta e, complice gli onnipresenti condotti sui soffitti, potremo trovarcelo all’improvviso anche alle nostre spalle. A ridurre il numero delle nostre morti, che altrimenti tenderebbe all’infinito, è il rilevatore di movimento, necessario gadget di sopravvivenza per ogni emulo di Ripley che si rispetti (anche se in questo caso specifico, stiamo parlando di sua figlia… buon sangue non mente, ndr).
Azionabile con la barra spaziatrice (sulla versione PC da noi testata), il rilevatore di movimento è sicuramente l’oggetto più importante del nostro, pur fornito, inventario. Oltre a segnalare la direzione e la distanza approssimativa del mostro, e degli altri abitanti della stazione, indicherà anche generica posizione dell’attuale obiettivo. La presenza più frequente a video sarà proprio l’utile strumento, utilizzato quasi ossessivamente; per il resto lo schermo è pulito, fatta eccezione del livello della batteria della nostra torcia elettrica, scelta quasi scontata al giorno d’oggi e necessaria per ottenere la giusta sospensione dell’incredulità.
Le componenti per un perfetto survival horror ci sono tutte, paura ansia angoscia e impotenza, ora la domanda principale che ci si pone è sostanzialmente una: quanto dura?
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Chiunque abbia giocato a giochi simili, ad esempio quelli di Frictional Games, sa che dopo le prime ore, a seconda del coraggio del giocatore molte o poche (per me molte), il nemico diviene un semplice ostacolo, anche perché dopo una decina di Game Over siamo coscienti pressapoco della natura delle minacce che ci perseguitano, se non pure la loro posizione, quindi l’esperienza viene man mano svuotata della sua componente principale: l’ansia.
Con Alien questo avviene?
Sì e no.
Se da un punto di vista, dopo dieci o venti morti, con le relative cutscene (che, almeno in questa versione preview, non sono molte a dire il vero), si fa ovviamente il callo ad essere macellati dallo Xenomorfo, altri fattori sopraggiungono a prolungare lo stato di ansia e agitazione, sentimenti che si miscelano ai precedenti, un qualcosa di altamente inaspettato. Il motivo principale è la conformazione stealth che il gioco assume quando entrano in gioco gli umani e i “tostapane” (gli androidi). Dopo ore passate a strisciare sotto i tavoli, a infilarci in armadietti e box di metallo, a fuggire al fiuto e al fine udito dell’alieno, sequenze in cui il rilevatore di movimento risulta un semplice salvavita (per quanto essenziale) e ci muoviamo impotenti in un’eterna fuga, il gioco acquista un ulteriore spessore.
La presenza di questi nuovi e diversi nemici introduce una variabile intrigante. In gran parte ostili e pronti a sparare a vista, o bastonarci a morte, abbiamo con loro un nemico comune, lo Xenomorfo, ma a loro manca un’importante risorsa, il rilevatore di movimento. Da quel momento in poi il sensore di movimento, da semplice salvavita, diventa una potente arma, e comprendiamo l’utilità di tutti gli aggeggi che abbiamo via via assemblato, come molotov, casse acustiche e flashbang. Potremo tentare un totale approccio stealth, ma vi assicuro che in certi passaggi è realmente difficile; nessuno ci impedisce di tendere agguati, o semplicemente sparare in testa a chi tenti di sbarrarci la strada, ma d’altro canto gli stessi sviluppatori hanno dichiarato che il gioco è completabile senza uccidere nessuno. Ci sono quindi altre eleganti possibilità, come ad esempio attirare l’alieno verso un gruppo di nemici umani, infilarsi all’ultimo momento in un armadietto cosicché, svoltato l’angolo, invece che noi, trovino l’affamato Xenomorfo, ottimo per i sadici pacifisti. Ovviamente ci saranno altre fasi in cui il silenzio e l’oscurità saranno i nostri unici compagni, ma di sicuro il giusto dosaggio fra le fasi stealth e survival, e le loro mescolanze, sarà da valutare a gioco finito.
Altri fattori contribuiscono ad aumentare l’ansia: i salvataggi, ad esempio. Non solo, come c’era da aspettarsi, non è presente il quicksave, ma nemmeno checkpoint di alcun tipo, ed inoltre ogni salvataggio richiede una lunga animazione nella quale Ripley inserisce la sua tessera in alcuni chioschi, durante la quale saremo un’inerme preda… sadismo allo stato puro! L’assemblaggio di oggetti e armi poi, richiede un certo tempo, impossibile da eseguire tramite menu di pausa, né (molto coerentemente devo dire) all’interno di nascondigli (ad esempio, mentre stavo tranquillamente assemblando il mio kit di pronto soccorso, in un angolo buio, un rumore oramai fin troppo conosciuto ha preannunciato la mia dipartita). Infine, il cracking delle porte bloccate, da attuare con un rapido puzzle, ma mai troppo rapido quando si è braccati senza sosta, e ovviamente i rumori ambientali, che sono anche un grosso aiuto per intuire se lo Xenomorfo si trovi ad esempio sopra di noi.
I livelli di difficoltà con cui affrontare l’avventura sono tre, i classicissimi Facile, Medio e Difficile: ho affrontato il gioco come gli stessi sviluppatori consigliano, ad Hard, per avere la migliore esperienza, e in effetti a questo livello di difficoltà il gioco costringe a usare il cervello per pianificare, per quanto possibile, le proprie azioni, ma anche ad improvvisare. Quello che è evidente da subito è che i nemici ci vedono, e bene. Non solo lo Xenomorfo è suscettibile alla semplice corsa della protagonista nei metallici corridoi, ma anche i nemici umani hanno la stessa reattività, a differenza di titoli stealth troppo laschi. Qui vale veramente la regola: “se pensiamo di essere visibili, molto probabilmente lo siamo veramente”. La pervicacia dell’Alien poi è incredibile, e sembra variare con gli input ambientali; se si è fatto molto rumore usando, ad esempio, un’ arma da fuoco o con altri metodi, la sua indagine si farà molto più attenta.
Pur essendo una stazione spaziale, e non una nave, Sevastopol ricorda molto da vicino le architetture della Nostromo, ma ovviamente decuplicate. Le planimetrie e gli ambienti sembrano coerenti fra loro, e sono un perfetto campo di battaglia per l’alieno e un magnifico bel vedere per chi ama l’ambientazione, che proverà un brivido di piacere al solo percorrerla. Le zone sono credibili, zeppe di rottami, suppellettili, apparecchiature abbandonate, nello stile, oramai per noi un po’ retrò , del futuro visto dagli anni 80, con i suoi terminali CRT a prompt di comando (anche se in realtà, purtroppo, senza un prompt, ma a voci selezionabili).
Sevastopol risulta immediatamente non come un mero sfondo, ma come protagonista, non solo con le storie dei suoi occupanti che man mano andremo a scoprire e che formeranno, si spera, un nuovo solido capitolo della saga, ma anche nella pratica: potremo infatti agire su pannelli per alimentare o scollegare i vari sistemi delle stanze della stazione, come luci, impianto d’allarme, apertura portelli e via dicendo. Un ulteriore tocco di strategia, insomma, ma per valutarne il peso reale occorrerà però attendere il gioco finito. I suoni ambientali, inoltre, sono un tocco di classe, sempre efficaci e precisi, e a seconda dell’ambiente e dello specifico frangente, l’accompagnamento musicale adattivo segue e varia a seconda delle situazioni, come all’approssimarsi dell’ Alien o nelle fughe, e sembra preso di peso dal primo film, veramente notevole.
Creative Assembly, insomma, pare avercela fatta, almeno da queste prime impressioni. Alien: Isolation segue le direttrici primarie che hanno fatto grande il film di Scott, e le interpreta magistralmente con una mescolanza fra survival, stealth e strategia che appare ben bilanciata, un apparato tecnico all’altezza ed una ambientazione intrigante.
Certo, per l’ultima parola c’è bisogno di attendere un altro mesetto e mezzo, ma le premesse sono entusiasmanti … avremo forse, finalment, il nostro vero ed attesissimo “Alien“?
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