News 29 Gen 2015

Grim Fandango Remastered – Recensione

Los Angeles, Memorial Sports Arena, Sony Press Conference @E3 2014. Eravamo appostati in seconda fila, ad una manciata di metri dal palcoscenico con la salivazione già ampiamente sopra i livelli di sicurezza, quando di colpo arriva Tim Schafer. Sì, quel Tim Schafer: quello a cui devi i migliori anni della tua giovinezza videoludica, che ha condannato la tua anima ai gironi infernali più infimi dopo settimane di pixel hunting e di tentati travasi di grog da una tazza lungo le strade di Melee Island. Quel Tim Schafer che, in compagnia di altri ceffi leggendari (Ron Gilbert, tanto per dirne uno) ha creato la mai troppo compianta LucasArts, ci ha trasformato in terribili pirati o in cacciatori di tentacoli e ci è costato un capitale in mouse. E mentre sei lì immobile, con gli occhi sgranati a contemplare uno dei tuoi idoli viventi, questo se ne esce fuori dicendo che, nei mesi a venire, Double Fine avrebbe realizzato un Remaster di Grim Fandango: e no, non sta scherzando. Se riguardando il video su YouTube doveste udire un grido inumano qualche istante dopo l’annuncio, sappiate che ero io.

In questo primo anno di next generation, il fenomeno dei Remaster rappresenta una delle corsie preferenziali dell’industria videoludica. Dal recentissimo Resident Evil HD Remastered all’ottimo GTA V Next Gen, passando per una fulgida costellazione di IP blasonate (Tomb Raider, Saints Row IV, The Last of Us e parecchi altri), l’ottava generazione di console sembra quasi guardare al passato – anche recente – con occhio malinconico piuttosto che scatenare le proprie potenzialità in nuove IP. Pur essendo Grim Fandango Remastered l’ultimo esponente cronologico di questo inossidabile trend, impossibile non sentire un brivido lungo la schiena una volta avviato il gioco. Perché ok, sarà anche un IP con oltre sedici primavere sulle spalle, riservata quasi esclusivamente ad una nicchia di appassionati di avventure grafiche e, indubbiamente, non troppo vicina agli standard dei videogiocatori più recenti. Ma stiamo parlando di Grim Fandango, ragazzi: e se vi dico che è un capolavoro senza tempo e con la C maiuscola, tutti i vostri “de gustibus” ve li potete ben attaccare.

Grim Fandango Remastered

PiattaformaPS4, PS Vita, PC, Mac

Genere: Adventure

Sviluppatore: Double Fine

Publisher: Double Fine

Giocatori: 1

Online: No

Lingua: Completamente in Italiano

Versione testata: PS4

Prima di addentrarci nell’analisi di questo Remaster esclusivo per PC, PS4 e PS Vita, spendiamo qualche riga di ripasso su una delle creature più belle e coinvolgenti di LucasArts, sfortunatamente (e per certi versi ingiustamente) eclissata dalla magnificenza della saga di Monkey Island. Pur appartenendo al filone delle avventure grafiche di una volta, Grim Fandango segna un passaggio cruciale all’interno del modus operandi diLucasArts, che abbandona il leggendario sistema SCUMM adoperato sin dai tempi di Labyrinth in favore di un nuovo motore grafico tridimensionale per la realizzazione di oggetti e personaggi, che si muovono in variopinti fondali pre-renderizzati. Niente più mouse vittime di atroci sofferenze, soppiantati da tastiere o pad con cui muovere Manny Calavera (il nostro insolito eroe) all’interno del mondo di gioco: il tutto impreziosito da un nuovo sistema di inquadrature affine a quello dei primi survival horror e dal taglio squisitamente cinematografico. Una scelta che si prestava alla perfezione alle tinte noir della sceneggiatura di Schafer.

Pur essendo Grim Fandango Remastered l’ultimo esponente cronologico di questo inossidabile trend, impossibile non sentire un brivido lungo la schiena una volta avviato il gioco.

La narrativa di Grim Fandango, al di là di un humor dissacrante che la pervade dall’inizio alla fine, fonda le proprie origini sulla concezione azteca dell’aldilà, un enorme Terra dei Morti da attraversare prima di giungere all’agognata destinazione finale, il Nono Aldilà. Sin dalle prime battute di gioco è difficile non accorgersi delle influenze della cultura centroamericana sulle scelte di design: protagonista e gran parte degli NPC, ad esempio,ricordano distintamente le messicane Calacas (maschere stilizzate legate alle festività dei Morti), mentre gli edifici più imponenti hanno una struttura che richiama in modo abbastanza evidente l’architettura dei Maya. In questo “universo” memorabile si muove Manuel Calavera, per gli amici Manny, sfortunato agente di viaggio presso il Dipartimento della Morte: in pratica, uno di quegli strani individui (morti) che vende pacchetti di viaggio alle anime giunte a El Midollo, valutando quale soluzione (da quella super lusso alla più economica “gambe in spalla”) sia la più indicata al cliente in base alle sue azioni da vivo. Lungi da noi raccontarvi anche un solo dettaglio di questa storia meravigliosa, che offre twist narrativi degni del miglior noir di Hollywood gettando nel calderone personaggi esilaranti, colpi di scena impensabili e, giusto per non farsi mancare nulla, anche un pericoloso complotto ai danni della stessa Terra dei Morti. Tutto nello standard LucasArts, insomma.

Sul fronte gameplay, Grim Fandango introduce un control schema inedito nel mondo dell’adventure game, con un sistema di comandi non sempre comodissimo relativo al protagonista (analogo a quello del primo Resident Evil, per intenderci) e una componente esplorativa nettamente più evoluta rispetto ai precedenti titoli “mouse-only”. Altra innovazione del titolo è la scomparsa dell’inventario tradizionale alla SCUMM, sostituito da un’inquadratura ravvicinata dell’impermeabile di Manny da cui è possibile estrarre (ed equipaggiare) un solo elemento per volta. Le numerose azioni possibili, presenti in tutti i titoli Lucas precedenti, sono ora sostituite dalle più comode Usa o Osserva. Per parlare con altri NPC o aprire le porte, basta avvicinarsi e premere il tasto azione.

Il cuore del gioco, inutile dirlo, rimane quello caro a Schafer e soci: la risoluzione di puzzle, alcuni logici, alcuni cervellotici, alcuni al limite dell’assurdo

Il cuore del gioco, inutile dirlo, rimane quello caro a Schafer e soci: la risoluzione di puzzle, alcuni logici, alcuni cervellotici, alcuni al limite dell’assurdo, utilizzando la quantità industriale di item raccolti lungo i vari scenari. Mettiamo in chiaro sin da subito una cosa: di fronte a Grim Fandango non c’è The Walking Dead o The Wolf Among Us che tenga. Gli enigmi a cui viene sottoposto Manny partono timidamente, ma impennano alla velocità della luce costringendo le meningi del giocatore ad uno sforzo inumano. E ok che il pixel hunting è un ricordo del passato, ma preparatevi a riattraversare gli stessi scenari più e più volte senza avere la minima idea di cosa si stia cercando. E sappiatelo già da ora: nella Remastered non è stato inserito alcun sistema di aiuti integrato. Ma si sa, il fascino delle riedizioni sta anche in questo.

Quanto detto sinora, tuttavia, rappresenta il passato di Grim Fandango, rimasto inalterato in questa transizione aRemastered per quanto concerne meccaniche di gioco, enigmi e aspetti prettamente narrativi. Più che lecito attendersi qualche novità sostanziosa sul fronte tecnologico e, perché no, su quello contenutistico: e con un pizzico di malincuore dobbiamo ammettere che, sotto questa bandiera, non tutte le cose sono andate alla perfezione. Partiamo dalle note positive, prima su tutte l’introduzione del commento degli sviluppatori nelle sequenze di gioco. Attivabili attraverso la pressione del dorsale sinistro (nella versione PS4), gli appunti vocali di Schafer e del resto della squadra sono un qualcosa di imperdibile, un bacino inesauribile di curiosità e di aneddoti esilaranti sì sulla genesi del titolo, ma – e soprattutto – su dettagli insignificanti soltanto all’apparenza. Dal modello di autovettura alla scelta delle tende, ogni cosa su schermo sembra avere una storia personalissima che merita di essere ascoltata.

Gli appunti vocali di Schafer e del resto della squadra sono un qualcosa di imperdibile.

In maniera analoga a quanto osservato nelle Special Edition dei primi due Monkey Island, Grim Fandango Remastered permette di modificare le proprie vesti grafiche, alternando la versione “moderna” a quella originale: ed è proprio qui che, purtroppo, sorgono i primi nodi al pettine. I modelli dei personaggi rappresentano l’unico elemento figlio di un revamp grafico, laddove pur essendo rimasto invariato il numero di poligoni per primari e comprimari è evidente una maggior pulizia dell’immagine su schermo e una cura maggiore del dettaglio. I fondali pre-renderizzati di cui abbiamo parlato poco fa, per quanto sgargianti e ben realizzati, rimangono immutati: il che non è necessariamente un male, trattandosi comunque di un materiale affascinante, ma nell’ottica della riedizione in alta definizione qualche dubbio lo fa venire. L’impressione iniziale, purtroppo non destinata a mutare, è che Double Fine si sia limitata un po’ troppo per quanto riguarda l’impianto grafico, limando esclusivamente lo stretto necessario e affidando tutto il resto al fattore nostalgia. Tale supposizione si fa amara realtà selezionando dalle opzioni la modalità wide-screen: contrariamente al già citato Resident Evil HD Remastered, si assiste ad un impietoso “stretching” dell’immagine originale in 4:3, con scenari vistosamente fuori proporzione e un Manny Calavera tutto tranne che in forma. Tocca dunque accontentarsi del setup di default, il 4:3 con bande verticali laterali, laddove esse possono essere rimosse (o meglio, sostituite con due bande nere) dal medesimo menu. Lo ripetiamo, non si tratta certo di un difetto capace di inficiare in alcun modo la magnificenza di un opera come Grim Fandango, ma trovandoci a valutarne una Remastered Edition, un minimo di sforzo tecnologico in più da parte dello sviluppatore non avrebbe certo dato fastidio. Anche il comparto sonoronon gode di particolari novità: ma di fronte alla maestosità del materiale originale, doppiato alla perfezione in lingua italiana, possiamo solo essere soddisfatti.

Il trailer di Grim Fandango Remastered

In Conclusione …

Dare un voto a Grim Fandango quando con Manny Calavera avete trascorso mesi e mesi della vostra giovinezza, è uno dei compiti più ingrati che possa capitare ad un fanatico della LucasArts. Può sembrare facile retorica, ma nel primo excursus a tre dimensioni della prodigiosa software house statunitense non c’è nulla, e sottolineo nulla, di fuori posto: narrazione strepitosa, personaggi carismatici e indimenticabili, enigmi stimolanti e persino una colonna sonora memorabile. Anche la grafica, sedici anni or sono, riusciva a placare i palati più esigenti: questo perché, alla resa dei conti, Grim Fandango era (ed è tutt’ora) un’esperienza unica nel suo genere, un viaggio affascinante ed avvincente in una Terra dei Morti dove l’unico rischio effettivo è quello di crepare dalle risate. C’è poco da fare, il DNA non mente mai: e in quello di Grim Fandango c’è scritto capolavoro a lettere cubitali.

Premesso questo, dovendo valutare a mente lucida la riedizione HD di un titolo di tale eco, è difficile chiudere un occhio su alcune scelte tecnologiche non propriamente condivisibili. Passino i fondali inalterati, passi una resa poligonale sì accettabile ma ampiamente migliorabile, ma uno sforzo maggiore per rendere effettivamente “wide” l’inedita modalità wide-screen di questa Remastered non era soltanto auspicato, ma dovuto. Double Fine scivola forse sull’aspetto che tutti davamo maggiormente per scontato, specie dopo la scorpacciata di riedizioni in alta definizione che si è susseguita negli ultimi mesi: e lasciatecelo dire, è un peccato. Al netto di questo, una cosa rimane fuori dubbio: Grim Fandango Remastered merita di essere giocato. In 4:3 con le bande laterali, in 4:3 senza bande laterali o addirittura in wide-screen, per quanto possa essere agghiacciante, ma rimane una delle avventure grafiche più belle di sempre. Raggiungete i suoi credits, e allora capirete la vera essenza del Nono Aldilà.

Voto: 8/10

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