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News 04 Feb 2015

The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D – Recensione

C’è qualcosa che rende Majora’s Mask un titolo unico, speciale. Laddove molti titoli iniziano, si sviluppano e finiscono in un arco determinato di tempo, questo insolito episodio di The Legend Zelda è stato in grado, con le sue storie, i suoi personaggi, le sue missioni, di divorare completamente, per anni, il cervello di quei pochi fortunati che ebbero l’occasione di giocarlo a suo tempo.

Un gioco fuori parametro anche per l’epoca, difficile da capire e spesso bistrattato in favore del fratello maggiore (Ocarina of Time), notoriamente un titolo più accessibile e “perfetto” in ogni sua sfaccettatura. Sarà per la sua trama più intima, per le meccaniche fataliste o la profondissima impalcatura di subquest messe su daAonuma, questo non lo sappiamo. Ciò che sappiamo per certo, però, è che a 15 anni di distanza, Majora’s Maskcontinua a stupire e incantare, ora come allora.

The Legend of Zelda: Majora’s Mask 3D

Piattaforma: Nintendo 3DS

Genere: Adventure

Sviluppatore: Nintendo / GREZZO

Publisher: Nintendo

Giocatori: 1

Online: Assente

Lingua: Testi in italiano

Versione Testata: 3DS

C’era una volta un regno, una principessa da salvare e un impavido eroe pronto a combattere il male supremo”. Questo a grandi linee l’incipit di ogni episodio di Zelda. Ma non è questo il nostro caso. “C’era una volta…GAME OVER”. Suona più o meno così l’intro di Majora’s Mask. Abbandonata completamente ogni sorta di velleità epica, ampiamente esplorate nel capitolo precedente, Majora’s Mask si apre con un Link a cavallo, solo, disperso nella foresta, alla ricerca di una vecchia amica. Improvvisamente un agguato, due fate, un ladro, il furto della preziosa Ocarina, un inseguimento rocambolesco e infine, la trasformazione in un “mostro”.

Trascorrono così i primi minuti nei sotterranei di Termina, ben lontani da quei caldi raggi di sole che solo qualche anno fa illuminavano i nostri passi al Villaggio Kokiri. Sono tuttavia le parole, sulle note di una canzone stonata, del venditore di maschere a rendere la vicenda ancora più angosciante: “Recupera ciò che ti è stato rubato e la mia maschera. Ma fai in fretta, hai solo tre giorni”. “72 ore alla fine”, recita il gioco. Tre giorni prima che la luna si schianti sulla terra. Panico. Un incipit insolito per una serie dove il tema del risveglio in un ambiente familiare l’ha sempre fatta da padrone. Ma ancora una volta, non è questo il nostro caso.

È tuttavia quando ti accorgi, ad anni di distanza, che una storia è ancora in grado di suscitare in te le stesse identiche emozioni dei tempi che furono,  allora capisci di essere davanti a un grande gioco, un gioco immortale. È questo il caso di Majora’s Mask.

“C’era una volta…GAME OVER”. Suona più o meno così l’intro di Majora’s Mask

Messa da parte un attimo la forte carica empatica che il gioco è in grado di trasmettere, è sopratutto nelle sue meccaniche che Majora’s Mask si discosta dagli altri episodi di The Legend  Zelda e costruisce la sua personale identità. Partendo del ciclo dei tre giorni di cui sopra, Aonuma, per la prima volta in veste di Director, concepisce un innovativo sistema che permetteva, anzi, obbligava il giocatore a ripercorrere continuamente e incessantemente gli ultimi tre giorni di vita di Termina nel tentativo disperato di trovare una soluzione all’incombente catastrofe. Un sistema che, oggi come ieri, funziona alla grande ed è in grado di dare vita alcune delle più originali ed appassionanti missioni della storia dei videogames.

Ecco quindi che il mondo di gioco procede secondo delle regole precise, si sviluppa sulla base di routine credibili, vive. Ed è questo il più grande punto di forza (da molti incompreso all’epoca) di Majora’s Mask: Un mondo pulsante di vita dove completare la solita sequenza prefissata di dungeon tematici rappresenta solo una tante cose da fare. Limitati a soli quattro in numero, i vari labirinti presentano sempre la solita combinazione riuscitissima di enigmi ambientali, chiavi da recuperare e giganteschi boss da sconfiggere. Solo che  questa volta non sono più il fulcro dell’avventura. Ciò che di contro viene enfatizzato è il modo in cui arrivare ad essi, con un un occhio di riguardo all’interazione con i vari abitanti di Termina, così bisognosi, così ignari, così condannati. Grazie a un apposito blocco note reperibile subito dopo le battute iniziali, il gioco è in grado di tenere traccia in automatico di tutti i fatti e le curiosità in cui è possibile imbattersi nel corso dell’avventura. Tale funzione, riprogrammata da capo per questa nuova versione per 3DS, permette ora anche di annotare orari e luoghi dei personaggi più importanti, così da non perdersi nemmeno un dettaglio dello splendido microcosmo che èTermina.

Un altro elemento chiave che ha fatto di Majora’s Mask il capolavoro che oggi conosciamo è sicuramente quello legato alle maschere. Al pari del ciclo dei tre giorni, la possibilità di Link di poter cambiare aspetto e abilità in base alla maschera indossata ha rappresentato una vera e propria rivoluzione per l’epoca, incredibilmente godibile ancora oggi. Sebbene la maggior parte di esse esauriscano il loro scopo esclusivamente all’interno di determinate subquest apposite, altre sono in grado di modificare profondamente l’approccio ai vari enigmi e il modo in cui relazionarsi coi personaggi secondari. Il caso più lampante è ovviamente quello legato alle maschere in grado di trasformare il protagonista in Deku, Goron o Zora.

Deku Link dei tre è indubbiamente quello più fragile e meno adatto al combattimento. Può tuttavia vantare dalla sua la capacità di poter rimbalzare sull’acqua e volare sfruttando degli appositi fiori, utili per attraversare le acque avvelenate della Southern Swamp. Di ben altra fattura è invece Goron Link: lento e pesante, ma all’occorrenza inarrestabile quando si tratta di rotolare e perdifiato lungo i pendii di Snowhead. Bisogna solo fare attenzione a non finire in acqua. Infine, l’elegante Zora Link, con tanto di chitarra elettrica, si riconferma come la scelta ideale per esplorare i fondali marini della Great Bay. Grazie alle sue innate abilità di nuotatore, l’idrodinamico Zora è in grado di esplorare liberamente il fondale e persino “elettrizzarsi” a comando.

Le maschere sono in grado di modificare profondamente l’approccio ai vari enigmi e il modo in cui relazionarsi coi personaggi secondari

Ciò che stupisce del certosino lavoro svolto da Aonuma e il suo team all’epoca è la perfetta integrazione con cui tali meccaniche risultano amalgamate in quel complesso contesto stratificato che è l’avventura principale. Oltre alle sopracitate tre maschere, pochissime sono quelle obbligatorie e, anzi, non ci sarebbe di che stupirsi se una volta completato il gioco vi accorgeste di avere recuperato a malapena metà di quelle disponibili. Ciò che spinge a collezionarle tutte 24 è, tuttavia, la loro capacità di adattarsi a alle svariate situazioni di gioco. Oltre alla voglia di aiutare il prossimo, si intende.

Ecco quindi che elementi secondari come la Maschera della Verità o le Orecchie da Coniglio assumono per la prima volta un ruolo tutto nuovo, utili per semplificare la vita di Link, fondamentali per scoprire tutti i segreti cheTermina ha da offrire. Nessuna di questa è indispensabile, ma tutte sono ugualmente utili.

Ma forse queste erano cose che sapevate già. Ciò che di nuovo ha portato questo remake per 3DS sono tutta una serie di ritocchi che vanno a smussare alcune spigolosità tipiche dell’originale. Il sistema di salvataggio, per cominciare, è stato interamente rivisto. Invece di utilizzare un sistema di salvataggi singoli, non ricaricabili durante il ciclo dei tre giorni, Majora’s Mask 3D si affida a dei normali Check Point che è possibile ricaricare in qualsiasi momento. Non solo, ora i suddetti sono anche più diffusi e meglio organizzati. Altre migliorie riguardano la presenza visibile dei punti deboli dei 4 Boss, un rinnovato sistema di nuoto più in linea coi canoni moderni dei recenti Zelda in tre dimensioni, ma soprattutto la possibilità di poter andare avanti nel tempo a piacimento selezionando un’ora specifica tramite la Canzone del Tempo Accelerato.

Una bella introduzione, considerando i tempi morti che intercorrono tra determinati eventi o gli improbabili orari in cui è possibile contattare alcuni personaggi. Sul fronte dei comandi segnaliamo il ritorno dell’ottimo inventario tattile già presente in Ocarina of Time 3D e il pieno supporto al secondo stick analogico del New 3DS (o Circle Pad Pro) per una migliore gestione della telecamera al di fuori del lock-on con il tasto L.

Ciò che di nuovo ha portato questo remake per 3Ds sono tutta una serie di ritocchi che vanno a smussare alcune spigolosità tipiche dell’originale

Per quanto concerne il comparto tecnico siamo di fronte al medesimo, e apprezzatissimo, utilizzato per il remake di Ocarina of Time. Un notevole passo avanti rispetto all’originale per Nintendo 64, in grado di esaltre maggiormente le peculiari tinte fosche di Termina. Un rinnovamento che ha interessato tutti i modelli poligonali e le texture e che non ha fatto altro che donare maggiore maestosità a un’opera già di per sé al limite della perfezione. E basta osservare la sola Luna, bellissima e terrificante, per capire di cosa stiamo parlando.

Rimangono immutate invece le musiche, un elemento su cui era veramente impossibile fare di meglio, in grado tutt’oggi di caratterizzare alla perfezione le atmosfere distorte, quasi malsane, che si respirano lungo le varie aree di Termina.

In conclusione…

Come Ocarina of Time prima di lui, Majora’s Mask 3D si riconferma come un’aggiunta irrinunciabile per la libreria 3DS. Un gioco strano, difficile da penetrare, ma in grado di regalare grandi emozioni ancora oggi. E se sulla bontà dell’episodio originale non si discute, il lavoro di restauro effettuato da Nintendo eGREZZO può dirsi più che riuscito sotto qualsiasi punto di vista. Volendo proprio sindacalizzare, una nota di biasimo sarebbe da imputare alla totale assenza di extra in termini ludici, laddove Ocarina of Time 3D proponeva una seconda avventura, Master Quest, decisamente più ostica dell’originale. Una mancanza tuttavia soppesata dal notevole sforzo profuso per ritoccare al meglio alcuni elementi principali come ad esempio il Diario Bomber e la gestione delle varie subquest.

Giocare per l’ennesima volta a Majora’s Mask 3D è un po’ come rivivere da capo gli ultimi tre giorni diTermina. Sulle prime può sembrare di trovarsi di fronte alla stessa avventura già affrontata più e più volte, ma è rielaborando che ci si rende conto di quante cose da fare, e soprattutto come farle, ci sono. Tantissime e tutte a loro modo entusiasmanti. Un titolo per cui varrebbe la pena riavvolgere il tempo solo per poterlo giocare e rigiocare. Ancora ed ancora…

Voto: 9/10

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