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A Fisherman’s Tale – Recensione

A Fisherman’s Tale non è un titolo originale, al debutto su PlayStation VR 2 (che potete acquistare sullo shop di GameStop cliccando qui) sul finire di questa caldissima estate. Il gioco sviluppato da InnerspaceVR ha un paio d’anni sul groppone e ha già dimostrato di che pasta sia fatto sul diretto predecessore della periferica di Sony, ai tempi di PlayStation 4, nonché su PC via Oculus Quest.  

Nonostante si tratti in tutto e per tutto di un porting, che non aggiunge alcunché in termini prettamente contenutistici, siamo di fronte ad un gioco di cui il visore nipponico ha estremamente bisogno. La calma piatta che circonda l’hardware, dopo la scorpacciata post-lancio, è per certi versi preoccupante e in un momento del genere persino una trasposizione nuda e cruda ha un valore enorme, quantomeno per ravvivare ed ingrandire la line-up di PlayStation VR 2. 

Al tempo stesso, siamo innegabilmente di fronte ad un ottimo gioco, che sfrutta in maniera intelligente la tecnologia alla base del progetto. Ed è sempre cosa buona e giusta potersi godere i bei giochi su quante più piattaforme possibili. 

Un porting di per sé pigro, insomma, ma comunque benaccetto, dal momento che A Fisherman’s Tale è una brillante avventura, un concentrato di puzzle sorprendenti e dalle soluzioni geniali.  

Graficamente, l’upgrade a PlayStation VR 2 ha certamente fatto bene alla produzione di Vertigo Games. Sebbene permanga una certa opacità di fondo, segno che gli schermi OLED capaci di grande luminanza non sono stati sfruttati appieno, la pulizia d’immagine, la quasi totale assenza di aliasing e l’ottima definizione di ogni elemento sullo schermo, sono prove tangibili del lavoro di potenziamento svolto dagli sviluppatori. La discendenza da hardware meno performanti si intuisce, insomma, ma non costituisce di per sé un vero e proprio problema alla fruizione, tanto più che l’art design, colorato e dalle proporzioni deformate quanto basta, proietta l’utente in quella che è, in tutto e per tutto, una favola i cui titoli di coda distano solo un paio d’ore dalla schermata principale con cui il software accoglie l’utente.  

Se amate i film di Charlie Kaufman almeno quanto il sottoscritto, avete sicuramente visto lo splendido e complesso Synecdoche, New York, film con protagonista il compianto Philip Seymour Hoffman. Nella pellicola, l’eclettico regista teatrale, nel tentativo di ricreare uno spaccato di vita quanto più fedele alla realtà possibile, finisce per ricostruire un intero quartiere della Grande Mela nel capannone in cui lavora al suo ultimo e definitivo spettacolo. Una piccola New York, dentro New York, una sineddoche appunto. 

L’avventura non conosce battute di arresto, momenti di stanchezza, riciclo di situazioni già viste 

A Fisherman’s Tale ripropone, quasi identico, lo stesso concetto. Il guardiano del faro, che ha come obiettivo ultimo quello di raggiungere la sommità dell’edificio durante una forte tempesta, ha ricostruito tutto il complesso in un modellino che tiene al centro della stanza.  

Per motivi inizialmente inspiegabili, vengono a crearsi tre dimensioni, l’una custodita dentro l’altra: quella minuscola della miniatura, quella a dimensioni normali in cui generalmente l’utente si muove, quella gigantesca che sovrasta e racchiude le prime due.  

Nel tentativo di sbloccare una porta dopo l’altra, garantendosi così l’accesso alla sommità del faro, l’utente è dunque chiamato ad operare in due modi differenti. Da una parte, torna sempre utile il guardarsi intorno a caccia di elementi dello scenario e “personaggi” (virgolette d’obbligo) con cui interagire. Dall’altra è imprescindibile l’utilizzo del plastico per far apparire oggetti opportunamente rimpiccioliti o ingigantiti.

Questa meccanica, ce ne rendiamo conto, è difficile da spiegare in forma scritta, ma all’atto pratico funziona splendidamente. Faremo un solo esempio, per non rovinare troppo la sorpresa. Una gigantesca ancora ostruisce il passaggio, come fare per spostarla? Semplice: basta afferrarne la riproduzione, minuscola e leggera, all’interno del modellino per muoverla a proprio piacimento.  

Tutto il gameplay di A Fisherman’s Tale ruota attorno a questa meccanica, con soluzioni di design davvero sorprendenti e a tratti quasi disorientanti. Pur senza l’introduzione di nuove feature, pur contenuta all’interno di una manciata di stanze, l’avventura non conosce battute di arresto, momenti di stanchezza, riciclo di situazioni già viste. 

A preservare la freschezza del titolo è naturalmente complice la ridottissima longevità. Due ore potrebbero sembrarvi pochissime e in effetti siamo di fronte ad un gioco che dura persino meno di certi film. Sul fronte prettamente quantitativo ci sono poche scuse, nonostante da sempre le esperienze in realtà virtuali non brillino per questo aspetto. Eppure, per quanto compressa, è un’avventura piena, senza vuoti, ben ritmata. Solo due ore, è vero, ma quasi indimenticabili soprattutto per chi ama misurarsi con puzzle di un certo livello. 

Conclusioni

A Fisherman’s Tale non è un gioco originale, ma un porting di Oculus Quest e del primo PlayStation VR. Le origini sono ravvisabili in un comparto grafico all’altezza, ma che non sfrutta appieno le specificità del nuovo hardware di Sony.  

Preso di per sé, siamo di fronte ad un puzzle game geniale, brillante, basato su un concept già visto altrove, ma magistralmente declinato. La longevità è estremamente contenuta, ma si tratta di due ore che difficilmente dimenticherete.  

Se cercavate una scusa per reimmergervi nei mondi virtuali di PlayStation VR 2, A Fisherman’s Tale è in tutto e per tutto uno dei migliori giochi disponibili sull’add-on di Sony. Se lo avete già amato ai tempi della sua release originaria, vista l’assoluta assenza di nuovi contenuti, potete tranquillamente farne a meno. Ma questo è l’unico motivo per cui potete farvelo scappare. 

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