Los Angeles – Se il nome di Matt Nava non vi dice nulla, avete un problema. Un grosso problema, visto che vorrebbe dire ignorare l’esistenza di una delle geniali menti dietro alla creazione del titolo indipendente più affascinante e carismatico presentato in questo E3 2016: ABZÛ. Dal nostro primo incontro con questa IP così peculiare, grossomodo un anno fa proprio in quel di Los Angeles, ad oggi, l’emozionante avventura imbastita dai ragazzi di Giant Squid ha preso progressivamente forma e consistenza, convincendo pur nella sua totale originalità una frangia di giocatori sempre più grande – attratta dalle atmosfere incredibili e quasi oniriche offerte dai fondali oceanici.
Che poi diciamocelo, Nava non è l’unico ex membro illustre di ThatGameCompany. E il paragone con Journey, indiscusso capolavoro indie apparso prima su PS3 e, soltanto dopo, rimasterizzato su PS4, viene naturale sin dall’istante in cui si prende in mano il pad e, pinnata dopo pinnata, si parte con l’esplorazione. Questo perché ABZÛ è un titolo obliquo, uno di quelli dove la solitudine e la riflessione fanno da padrone per tutta la durata dell’avventura, dove l’unico ritmo è quello che il giocatore decide di abbracciare e dove, una volta immersi, sarà possibile prendersi il lusso di girovagare in lungo e in largo mossi solo dalla curiosità, dal desiderio di vedere cosa nascondano quelle acque così terse in superficie ma buie come la notte, quando si approcciano i fondali più bassi.
ABZÛ, vi fosse sfuggito, non prevede una situazione di Game Over. Delle oltre 200 specie reali di pesci (e con reali intendiamo dire davvero reali), nessuna rappresenterà mai un pericolo per il nostro alter ego, nemmeno l’enorme squalo tigre – che, da quanto ci è stato detto, riveste un ruolo primario nella narrativa del titolo. Una scelta che va a braccetto con un’altra intuizione dei designer, quella di non vincolare la nostra esperienza alla ricerca di bombole di ossigeno o strumentazione marina per respirare: mettiamola così, branchie. O un respiratore minuscolo dalla capacità infinita, o quello che vi pare: la realtà è davvero “chi se ne frega” di come sia possibile resistere per ore lì sotto, a temperature gelide, pressioni non certo trascurabili e senza manco respirare. In ABZÛ il focus è la ricerca, l’esplorazione, la scoperta di segreti incredibili che mescolano architetture sommerse da migliaia di anni a strutture geometriche futuristiche, di chiara matrice spaziale.
Cosa dovremo fare in ABZÛ, a parte nuotare e usare i piccoli droni marini per aprirci specifici percorsi bloccati, non ci è stato detto. Nel corso della prova, una demo di una ventina di minuti circa collocata proprio all’inizio dell’avventura, l’unica indicazione che abbiamo ricevuto è stata “Nuotate, sentitevi liberi e godetevi ABZÛ al meglio“. Un consiglio banale all’apparenza, ma che nel silenzio della Permanent Room di 505 Games ha rappresentato un meraviglioso stacco dalla frenesia di tre giorni di fiera. Le musiche soavi di Austin Wintory che abbandonano le nostre pinnate e sottolineano con un picco la scoperta di un luogo magico o la comparsa di nuove specie di pesci, unite alle atmosfere al limite del caleidoscopico regalate da una direzione artistica geniale e stupefacente nella propria semplicità hanno fatto il resto, isolandoci completamente a ventimila leghe sotto i mari. Alla ricerca di qualcosa di cui, oggettivamente, nemmeno noi avevamo un’idea chiara: ma valeva la pena continuare a nuotare e, non senza un certo stupore, guardare l’universo attorno a noi.
Una novità introdotta da questa nuova release del titolo sarà infatti la meditazione, la possibilità di sedersi su uno scoglio sottomarino e osservare i branchi di pesci e la vegetazione della specifica area. Giant Squid non ha voluto ricreare dei fondali oceanici realmente esistenti, ma l’intera struttura che ha messo in piedi, da un punto di vista geologico, è reale da un punto di vista di conformazione strutturale. Fondali analoghi a quelli veri, insomma, in qui sguazzano simultaneamente centinaia di pesci esistenti e trasposti digitalmente per l’occasione – a tal proposito, durante la meditazione sarà possibile osservare da vicino il comportamento di ciascun animale, ricevendone informazioni specifiche – come il nome, la specie e il luogo di provenienza.
Parlando più da vicino di level design, ABZÛ – contrariamente alle chiacchiere iniziali sul titolo – non è un open world. Per esigenze narrative, come da ammissione dello stesso Producer del gioco con cui abbiamo scambiato qualche parola, la struttura di ABZÛ si basa in un enorme set di stanze, una sequenziale all’altra, che compongono l’ossatura principale del gioco. Attorno a queste sono tuttavia presenti un numero esagerato di percorsi segreti nascosti, che danno l’accesso ad aree speciali al cui interno, a fianco dei tradizionali collectibles, il giocatore potrà trovare ulteriori approfondimenti sulla sceneggiatura del titolo. Qualcosa dell’ordine di vecchi templi con geroglifici, strutture secolari ricche di storia e inspiegabilmente andate sommerse e via dicendo. Le sole aree obbligatorie, per dovere di cronaca, vantano comunque dimensioni generose, e nascondono così tanti dettagli interessanti – alcuni utili, altri no – che difficilmente vi ritroverete a nuotare come degli squali per raggiungere i credits il più in fretta possibile.
ABZÛ ambisce a diventare una delle esperienze emotive, personali e introspettive più belle di questa generazione.
Credits che, stando a quanto riferitoci, richiederanno circa due ore e mezza di nuotata agli speed runner, per nulla incuriositi dalla “lore” di ABZÛ ma desiderosi piuttosto di vedere come finisce. Per tutti gli altri, desiderosi di assaporare tutte le verità nascoste di questo oceano surreale e onirico, l’immersione sarà destinata ad aumentare sensibilmente, sino quasi a raddoppiare nella durata. Dal canto nostro, possiamo solo dire che ci è bastato giocare una demo di poco più di 20 minuti – che ci ha visti accedere persino ad un’altra dimensione oceanica, ancora più incantevole e assurda – per uscire dalla Permanent Room di 505 Games ancora più innamorati di questa piccola perla. Proprio come successe con Journey, ABZÛ ambisce a pieno merito a diventare una delle esperienze emotive, personali e introspettive più belle di questa generazione: e mentre un enorme manta trasportava il nostro alter ego a spasso per le profondità marine, facendogli lambire la pinna di uno squalo tutto tranne che minaccioso, anche solo per un attimo, non eravamo più immersi nell’inferno del Convention Center. Ed eravamo davvero felici.