Ventuno anni fa arrivava su PC uno dei giochi strategici che sarebbe diventato un punto di riferimento per gli anni a venire, rivoluzionando il genere e creando un brand che sarebbe stato il più famoso del settore per moltissimo tempo. Stiamo parlando di Age of Empires, che sconvolse l’allora tiepido mercato degli RTS con una valanga di novità e un comparto grafico per l’epoca davvero straordinario. Dopo tutti questi anni, Microsoft ha rimesso mano alla proprietà intellettuale per cercare di riportare il primissimo capitolo nuovamente sotto le luci della ribalta. Appoggiandosi al piccolo studio indipendente di Forgotten Empires nasce Age of Empires: Definitive Edition, una riedizione completa della prima iterazione del franchise, rimasterizzata per i giocatori moderni.
Nonostante le buone intenzioni, Microsoft Studios ha dovuto ritardare l’arrivo di Age of Empires: Definitive Edition di qualche mese, prendendo più tempo per permettere a Forgotten Empires di correggere e sistemare i vari problemi che hanno afflitto lo sviluppo del titolo, risultando in una gestazione forse fin troppo travagliata per un gioco di questo calibro. Il punto di partenza era indubbiamente l’originale che Ensemble Studios e Microsoft Games Studios portarono alla luce nel 1997, e questa nuova versione vuole riproporre praticamente inalterato non solo il feeling e lo spirito del gioco di ventun anni fa, ma anche il gameplay per come era stato progettato. Purtroppo per noi Age of Empires arriva da un’altra epoca videoludica, e quello che poteva funzionare due decadi fa adesso rischia di apparire esageratamente vetusto. Ma andiamo con ordine.
Per le poche persone che non lo conoscessero, Age of Empires è un gioco strategico in tempo reale che amalgama le meccaniche gestionali di un campo base in continua evoluzione con la possibilità di conquistare militarmente territori, città e popolazioni intere. Il suo arrivo sul mercato fece scalpore e conquistò il cuore di migliaia di fan, che oggi possono ritrovare lo stesso feeling con questa Definitive Edition. Il primo impatto con il gioco è infatti, senza dubbio alcuno, nostalgico: l’interfaccia, semplice e pulita, rimanda immediatamente a quella che i giocatori stagionati ricordano bene dal 1997. Anche le opzioni sono ridotte al minimo, forse per spingere il giocatore su quello che conta di più: il gioco stesso. Possiamo decidere se iniziare la nostra avventura con Age of Empires: Definitive Edition partendo da una delle dieci campagne disponibili (una delle quali è specificamente progettata per fare da tutorial) o buttarci a capofitto nel comparto multigiocatore.
Qualunque sia la nostra scelta, il punto di partenza sarà sempre lo stesso: il nostro fedele abitante del villaggio, che è il fulcro di tutta la catena di costruzione del nostro avamposto. Il nostro lavoratore può costruire edifici o essere relegato a una delle funzioni primarie come caccia o coltivazione, raccolta di legname, di pietre o di oro: le quattro risorse principali sulle quali Age of Empires muove il suo intero sistema gestionale. Il primo impatto con il gameplay del gioco rimanda ovviamente a quello di due decadi fa, risultando molto simile alla primissima incarnazione del gioco. Passeremo il primo quarto d’ora a raccogliere risorse, evolvere il nostro centro città, esplorare i dintorni limitrofi e preparare le nostre unità militari per la difesa (o l’attacco). I miglioramenti a unità ed edifici arriveranno contestualmente all’evoluzione del nostro avamposto attraverso le varie ere storiche. Ogni miglioramento darà accesso a nuovi edifici e ad altri potenziamenti acquistabili in strutture specifiche al fine di migliorare le caratteristiche delle nostre unità o di influenzare la loro capacità di produzione.
Il primo impatto con il gioco è, senza dubbio alcuno, nostalgico
La nostra civiltà si differenzia dalle altre solamente per il design degli edifici, dato che il ramo di sviluppo sarà identico per tutti e sedici i popoli disponibili. Le meccaniche di gioco sono rimaste le stesse di vent’anni fa, e purtroppo sono rimasti gli stessi anche i problemi: è chiaramente inaccettabile vedere in uno strategico moderno un’unità di raccolta costretta a fare un giro mostruoso per portare unità di cibo fra un porto e un granaio, i quali distano un tiro di schioppo l’una dall’altra, a causa delle limitazioni dei confini degli edifici, che non permettono il passaggio delle unità all’interno della loro area. Incredibili anche le code di costruzione, che non permettono di costruire due unità diverse contemporaneamente. Ancora peggio, capita spesso di vedere un guerriero incastrarsi contro un albero per venire poi immediatamente massacrato dai nemici. Più in generale, tutte le unità presentano problemi più o meno gravi di pathfinding, costringendo il giocatore a tenere sotto controllo costantemente l’operato di tutti i suoi lavoratori e guerrieri.
Questi ultimi poi, sono forse fra i più frustranti da gestire; ordinare l’attacco di truppe nemiche vuol dire costringersi a seguire in prima persona l’intera procedura, perché i nostri soldati attaccheranno solo le unità nemiche limitrofe ignorando, ad esempio, gli arcieri che inevitabilmente stermineranno l’intera truppa che rimarrà immobile a farsi bersagliare. Anche l’intelligenza artificiale dei nemici è rimasta pressoché invariata rispetto alla sua controparte originale: nonostante i cinque gradi di difficoltà a nostra disposizione (facile, normale, medio, difficile, molto difficile), il comportamento dei nemici guidati dall’IA sarà sempre lo stesso. Aumentare la difficoltà si traduce sostanzialmente in un incremento (ingiusto) di velocità nella raccolta delle risorse del nostro avversario artificiale, che produrrà quindi più unità per continuare a bersagliarci con i suoi (prevedibili) attacchi.
Certo, Forgotten Empires ha introdotto anche delle gradite migliorie tratte dai capitoli successivi o create ad hoc per questa nuova iterazione del franchise: è finalmente presente un indicatore per i lavoratori inattivi che ci permetterà di tenere d’occhio i nostri popolani tuttofare; questi ultimi sono dotati anche di maggiore autonomia e inizieranno a raccogliere risorse già dopo la costruzione di un magazzino senza bisogno del nostro intervento. Interessante anche la possibilità di poter impostare un punto di raccolta delle unità, ma la vera novità riguarda le fattorie, che sono fin da subito attraversabili da tutte le unità, che non sono quindi costrette al giro di boa sopracitato. Tenendo a mente quest’ultima, piccola miglioria è ancora più inspiegabile il fatto che le aree degli altri edifici siano completamente sigillate impedendo qualsivoglia movimento. Sembra che il team di sviluppo abbia iniziato a introdurre alcune migliorie importanti che incrementano la possibilità di fruizione del gioco anche per le generazioni più moderne, ma successivamente (e inspiegabilmente) abbia arrestato questo processo di innovazione del gioco. Purtroppo, dato lo sviluppo travagliato e fumoso che Age of Empires: Definitive Edition ha subito, è chiaro che la verità non la sapremo mai. Certo è che il titolo di Microsoft Studios lascia in bocca al giocatore un retrogusto amaro che sa di occasione sprecata.
A sostegno di questa testi arriva anche l’analisi del comparto single player. Infatti è piacevole vedere che le campagne disponibili comprendono anche quelle dell’espansione Rise of Rome, che è stata integrata nel gioco principale, più una inedita avventura realizzata appositamente da Forgotten Empires ambientata durante la prima Guerra Punica, che per la gioia di noi italiani ha come protagonisti i sempreverdi centurioni romani. Purtroppo però arriva una pesante nota negativa anche qui, perché in Age of Empires: Definitive Edition sono state eliminate del tutto le cutscene che intramezzavano le campagne originali, le quali sono state sostituite da una schermata triste con una voce narrante in stile Piero Angela che vi racconterà quello che sta succedendo alla vostra civiltà in quel determinato periodo storico, rischiando di risultare più fastidiosa che utile. Insomma, le campagne hanno subito un processo di depersonalizzazione che le vede come semplici missioni a obiettivi piuttosto che a ricostruzioni storiche delle più iconiche schermaglie del passato. Insomma, nonostante le campagne siano interessanti e portino via decine di ore per essere completate, si ha la chiara sensazione che Forgotten Empires poteva (e doveva) fare di più per rendere memorabile una parte molto importante del gioco.
Age of Empires lascia in bocca al giocatore un retrogusto amaro che sa di occasione sprecata
Una volta presa dimestichezza con le meccaniche di gioco potremo cimentarci in partite costruite ad hoc contro la CPU o contro altri avversari nel comparto multigiocatore. L’editor delle partite è abbastanza completo e ci permetterà di regolare le condizioni di vittoria, le alleanze e persino la morfologia del terreno di gioco. Il comparto multigiocatore sembra aver risolto finalmente i problemi di lag e crash emersi durante la beta, e le partite online di prova da noi effettuate non hanno avuto nessun intoppo. Le partite possono facilmente essere personalizzate con l’editor sopracitato, e i puristi del gioco passeranno sicuramente ore a fare decine e decine di partite online, confrontandosi con i giocatori di tutto il mondo per arrivare alla strategia migliore. Bisognerà comunque aspettare ancora qualche settimana prima di poter constatare la stabilità totale dei server, ma per ora c’è da dire che il lavoro di Microsoft Studios sulla componente multiplayer è ottimo. Anche la colonna sonora è stata piacevolmente rivista e rimasterizzata, e rappresenta sicuramente un valore aggiunto al lavoro di Forgotten Empires.
Il comparto tecnico però non è sempre all’altezza delle aspettative. Abbiamo constatato che lo studio di sviluppo statunitense ha preferito utilizzare il vecchio motore di gioco Genie per aumentare la fedeltà visiva di Definitive Edition rispetto alla controparte originale di ventuno anni fa. Tuttavia utilizzare e adattare un motore così vecchio ai sistemi più moderni non ha dato i risultati sperati, e il gioco purtroppo ne ha risentito. Se dal punto di vista puramente visivo ci troviamo di fronte ad una versione migliorata e abbastanza gradevole di Age of Empires, dal lato tecnico la realizzazione presenta diversi problemi: innanzitutto il gioco è pesante e richiede prestazioni hardware decisamente sovradimensionate per quella che dovrebbe essere un’esperienza di gioco piuttosto lineare e datata, con cali di frame rate vistosi e, francamente, totalmente inaccettabili nel 2018. Questo spiacevole inconveniente si manifesta anche mantenendo la risoluzione al “modesto” Full HD, senza scomodare la ultra definizione in 4K. Insomma, si ha la sensazione che il titolo sia ancora piuttosto acerbo, e che probabilmente le ultime fasi dello sviluppo siano state accelerate per rimanere all’interno della finestra di lancio prestabilita. Sicuramente i puristi del genere apprezzeranno moltissimo questa edizione rivista di uno dei classici della strategia videoludica, ma come abbiamo affermato in passato l’eccessiva specularità con l’originale del 1997 rappresenta sia uno dei più grandi pregi che uno dei peggiori difetti di questa produzione Microsoft Studios, e per quanto all’epoca il primo Age of Empires rivoluzionò il settore, nei giorni odierni sembra solamente un residuato anacronistico.
Dare un giudizio ragionato su Age of Empires: Definitive Edition non è affatto facile. Da un lato la nostalgia fa il suo lavoro, tenendoci incollati allo schermo a completare le oltre 25 ore di campagna principale, ricostruita per dare lo stesso feeling di ventuno anni fa, con musiche ispiratissime e un’esperienza di gioco dallo stile intramontabile. Il gioco su cui metterete le mani è praticamente lo stesso del 1997, difetti inclusi. Sicuramente i veterani e i puristi apprezzeranno questa Definitive Edition, tuttavia il comparto tecnico è davvero acerbo e a tratti davvero imbarazzante. Anche volendo chiudere un occhio sui difetti di anzianità del titolo, è incredibile che Age of Empires, un gioco così rinomato e impresso nella memoria videoludica collettiva e con un’eredità gigantesca sulle spalle, sia così tanto esoso di risorse hardware e così carico di difetti dal punto di vista tecnico. La sensazione è quella di un titolo sviluppato con eccessiva fretta, probabilmente per correre dietro ad una data di uscita forse troppo ottimistica. Insomma, il lavoro di Forgotten Empires si guadagna una sufficienza tirata, complice il fattore nostalgia e un prezzo di lancio di circa venti euro. L’acquisto però rimane consigliato ai soli puristi del genere e agli appassionati di retrogaming: tutti gli altri troveranno sicuramente di meglio per lo stesso prezzo. Insomma, occasione sprecata per un brand che ha fatto la storia dello strategico, un successo mancato che fa anche un po’ male. |
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