Lo devo ammettere, non sono mai stato un fulmine di guerra con i simulatori di volo. Nel corso della mia lunga “carriera” da videogiocatore penso che gli episodi più memorabili in cui mi sono ritrovato come pilota a bordo di un aereo siano stati in un paio di capitoli di IL-2 Sturmovik, e sempre con risultati disastrosi: quindi sì, affermare che il mio biglietto da visita non sia dei più rassicuranti è un eufemismo al limite del ridicolo. Ma lo sapete, arriva sempre un momento per il videogiocatore in cui redimersi, dove riscattare le proprie colpe e affrontare una volta per tutte i demoni del passato: e questo momento è arrivato per me giusto la settimana scorsa, quando mi sono imbattuto in una copia fiammante di Air Conflicts: Vietnam per PlayStation 4. Che poi ad essere onesto soffro pure di vertigini, ma questa è un’altra storia.
Non serve essere discendenti di Sherlock Holmes per contestualizzare cronologicamente il titolo di Games Farm e BitComposer Games, uscito su PC e su console previous generation da circa un anno e da pochi giorni riproposto in esclusiva su PS4, con tanto di dicitura Ultimate Edition. Vietnam, anni sessanta, il cuore di quel conflitto che per la prima volta mise in ginocchio lo strapotere bellico statunitense e che, negli anni a seguire, tante conseguenze portò alla popolazione americana. Contrariamente a titoli “tematicamente affini” come Vietcong, che catapultava maliziosamente il giocatore nel cuore di foreste asiatiche zeppe di trappole letali e di soldati nemici, Air Conflicts offre un approccio più “arioso”: a bordo di caccia militari, elicotteri armati di tutto punto e una pletora di altri velivoli rigorosamente war-style accompagneremo i soldati US nell’attacco e nel bombardamento di piccoli villaggi vietnamiti, insediamenti militari e vere e proprie basi strategiche. Ma la guerra non si esaurisce nel vomitare piombo e bombe: sarà necessario dislocare truppe in zone specifiche (ovviamente pattugliate giorno e notte dai Charlie), scortare enormi bimotore in spazi aerei pericolosi e, tanto per non dimenticarci delle foreste, planare poco sopra le vette degli alberi scaricando letali agenti chimici per stanare la resistenza nemica.
Che si tratti di un simulatore di guida a quattro o due ruote, navale o – come in questo caso – di volo, a decretare il successo del titolo è la reattività e l’efficacia del sistema di controllo. Un control scheme eccessivamente realistico può rivelarsi troppo difficile per i giocatori che non hanno mai provato un titolo della serie, come dall’altro lato una semplificazione esagerata dei comandi rischia di abbattere sensibilmente il coefficiente di sfida progettato originariamente e rendere il playthrough una semplice scampagnata tra le nuvole. Air Conflicts: Vietnam UE cerca di collocarsi nel mezzo, riuscendoci per certi versi (e con buona approssimazione) pur non dimostrandosi proprio un campione di gentilezza nelle missioni introduttive, dove vengono spiegati i comandi per muovere rispettivamente aerei ed elicotteri. Nulla di trascendentale, per carità, ma un paio di spiegazioni in più e la possibilità di invertire direttamente in game l’asse Y senza dover andare a cercare l’esatta opzione nell’apposito menu non avrebbero certo stonato.
Nettamente più fastidioso è il fallimento di specifici compiti -o in alcuni casi di intere missioni – legato al mancato riconoscimento da parte del sistema della pressione del tasto indicato. Non si tratta certo di un’evenienza così frequente, anche se trovarsi a dover ripetere un’intera sezione ad un passo dal suo epilogo solo perché il tasto L1 non disloca i soldati come dovrebbe o perché per qualche ragione oscura il carrello dell’aereo non ne vuole sapere di uscire rischia di infastidire non poco il giocatore, specie nelle fasi iniziali di gioco quando il sistema di comandi (complice il citato tutorial poco loquace) non è ancora digerito appieno.
La situazione tuttavia non migliora all’aumentare della padronanza degli aerei, non tanto per una possibile ripetitività delle missioni (che, a conti fatti, sono abbastanza varie e ben distribuite) quanto piuttosto per un set di meccaniche un po’ troppo semplicistiche e poco brillanti. L’esempio più eclatante coincide con le fasi di attacco: quando si pensa ad una battaglia aerea si è portati a pensare a caccia che sfrecciano alla velocità della luce, pieni zeppi di munizioni e con sistemi di “targeting” rapidi ed efficaci. In Air Conflicts il giocatore è costantemente obbligato a rallentare se vuole colpire il nemico, visto e considerato un sistema di mira alquanto farraginoso. Di tanto in tanto riusciremo anche ad agganciare gli aerei avversari, ma cercare di colpire quelli più distanti con missili o bombe è un’autentica questione di fortuna. Stesso discorso vale per le postazioni antiaereo disseminate nella mappa, di dimensioni al limite del visibile e proprio per questo ancor più difficili da abbattere – preparatevi dunque ad un ragionevole numero di retry, specie nelle sezioni più avanzate. In parecchi punti della campagna, poi, il nostro alter ego si troverà seduto dietro una comoda torretta montata su elicottero a far piazza pulita dell’incombenza Charlie: se da un lato questi brevi estratti danno un po’ di respiro ad un gameplay privo di acuti significativi, dall’altro sono così semplici ed elementari da non contribuire in modo significativo nell’intera economia del titolo.
Anche sul fronte tecnologico, duole dirlo, la battaglia ha intrapreso una piega poco incoraggiante. L’enorme potenza di calcolo della nuova ammiraglia Sony viene sfruttata solo in minima parte da questo Air Conflicts, che già dopo aver inserito il disco offre delle cutscenes blande e poco ispirate ben lontane dagli standard odierni fatti da una computer graphic accattivante o, per le produzioni a budget maggiore, dallo stesso motore di render del gioco. Posto che la grafica non è tutto in un videogioco, il layer tecnologico è carente sia nella modellazione dei velivoli, non certo prodiga in poligoni o cura del dettaglio, sia nell’intero contorno – che oltre a fenomeni di tearing e di pop up abbastanza evidenti non brilla certo per pulizia o dettaglio. E non provate a dire che è colpa della velocità: le numerose volte in cui vi schianterete al suolo (altro passaggio su cui, oggettivamente, si sarebbe potuto fare qualcosa di più – quantomeno in varietà) i difetti dell’ambientazione vi colpiranno come uno schiaffo in volto.
L’impianto sonoro quanto meno ci mette del proprio, cercando di coinvolgere il giocatore negli eventi narrati con sonorità inerenti e ben orchestrate. I menu di gioco alternano tamburi, trombe e altre sinfonie di chiara ispirazione militare; peccato che questo set di musiche permanga a volume esagerato anche una volta a bordo dei vari mezzi, riuscendo persino a coprire i rumori dei motori e di gran parte della battaglia. E ok che il rock non si disprezza mai, ma lasciare i rumori della guerra aerea avrebbe donato al titolo quel pizzico di realismo in più cercato dagli affezionati del genere, che rischieranno invece di essere distratti da una schitarrata imprevista.
In conclusione…
Leggendo “Ultimate Edition”, una delle prime cose che si è naturalmente portati a pensare è l’introduzione di qualcosa di nuovo, sia esso un set di livelli aggiuntivi, una revisione più o meno profonda alle meccaniche di gioco, un revamp grafico in alta definizione o anche qualche semplice add-on, ad un titolo dal successo più o meno marcato già disponibile nei negozi. Da Street Fighter al recente Child of Light per PS Vita, le ultimate/deluxe/super Edition rappresentano una costante ormai abituale nell’industria, che dopo una legittima diffidenza iniziale del consumatore hanno saputo mostrare (come nel caso di Sniper Elite v2) la propria ragion d’essere. Questo discorso, tuttavia, non trova applicazione alcuna per Air Conflicts: Vietnam Ultimate Edition, che non offre nulla – anche solo di appena visibile – in più rispetto all’edizione per PC uscita nello scorso anno.
La migrazione all’hardware prestante di PlayStation 4 non ha donato al titolo targato Games Farm una patina elegante e al passo coi tempi, collocandolo di fatto (in termini tecnologici) alla prima età gestazionale di PS3: modelli appena sufficienti, effetti particellari datati, animazioni non sempre fluide e un setting accattivante sulla carta ma, visto su schermo, nettamente al di sotto delle aspettative/potenzialità. Se a questo aggiungiamo delle meccaniche di gioco ben lontane dal concetto di frenesia delle battaglie aeree, con conseguente assenza di momenti davvero memorabili per l’intero playthrough, il quadretto finale che se ne delinea non è certo dei più invitanti. Un po’ come è stata la guerra del Vietnam per i soldati americani.
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