Siamo finalmente arrivati a mettere le mani su di uno dei giochi più attesi dell’anno. Anthem, ultima enorme fatica di BioWare dopo il non proprio memorabile Mass Effect Andromeda, è finalmente disponibile per tutti. La software house canadese ha puntato moltissimo su Anthem, un gioco che dovrebbe – stando a quanto dichiarato in precedenza dalla stessa EA – coinvolgere i giocatori per mesi, se non per anni. Questa previsione mi sembra piuttosto ottimistica, considerando come il mondo dei “games as service” stia cambiando in tempi sempre più brevi.
Ma partiamo dall’inizio: Anthem vi offre un mondo all’apparenza bellissimo e quasi ipnotico. Devo ammettere che il mio primo contatto con Bastion, il pianeta che funge da ambientazione del gioco, mi ha stupito. Immensi panorami composti da giungle lussureggianti, montagne ghiacciate, antiche rovine da esplorare, laghi pieni di colore e vita, creature dall’aspetto bizzarro e affascinante. I primi istanti su Bastion sono davvero incredibili: volare attaverso cascate, immergersi in canali sconosciuti, affrontare nemici inquetanti assieme ad altri amici.
Il mondo di Anthem è stato creato da una civiltà scomparsa, alla quale ci si riferisce semplicemente con il nome enigmatico ed evocativo di “creatori”. Questi architetti alieni non sono riusciti a terminale il lavoro sul pianeta, che + rimasta un’opera incompiuta. La sparizione dei creatori ha avuto però un pesante lascito: le macchine terraformanti sono così avanzate da essere quasi incomprensibili, ma funzionano ancora: l’inno della creazione genera montagne, inverte la gravità, dà vita a mostri incredibili. Tutto questo avviene praticamente senza controllo.
In Anthem assumeremo il ruolo di uno specialista, un difensore “freelance” delle città degli uomini in grado di pilotare lo Strale (in inglese Javelin), una sorta di armatura potenziata che tanto ricorda quella iconica di Iron Man. Lo Strale sarà il nostro compagno più fidato, il mezzo sul quale Anthem costruisce tutto il gameplay e di conseguenza il divertimento che l’esperienza di gioco può offrire.
Sulla carta sembra tutto bellissimo, ma a livello pratico l’ultimo lavoro di BioWare mantiene tutte le sue promesse? La risposta è più complessa di quanto immaginiate. Nonostante i personaggi non giocanti e la storia in generale siano spesso un esempio di quanto BioWare abbia talento nel creare racconti convincenti, qualcosa non gira come dovrebbe. Come una macchina che ha qualche componente fuori posto, che fa il suo dovere ma dà a chi la guida una sensazione strana. Esattamente come il mondo di gioco, anche Anthem sembra un’opera a cui manca qualcosa. I personaggi non giocanti a volte non reagiscono come dovrebbero allo scorrere degli eventi, asserendo frasi fuori luogo o irrilevanti per il momento. Inutile negarlo, questo spesso stona pesantemente con la storia stessa (che rimane però godibile).
Inoltre, per quanto i personaggi secondari mi abbiano generalmente dato una buona impressione, l’illusione della loro credibilità è stata brutalmente spezzata da quelle che sembrano essere vere e proprie meccaniche da MMO. Mi spiego meglio: quando non indosserete lo Strale sarete in un luogo chiamato Fort Tarsis, una sorta di hub di gioco dove accettare quest e accedere alla fucina per migliorare la vostra armatura. In questo posto la visuale sarà in prima persona e troverete molti NPC che spesso rimarranno sempre negli stessi luoghi: nessuno di loro vi seguirà in missione, rimanendo ancorati al quel posto come da una catena invisibile. Fort Tarsis e le lande selvagge di Bastion sono due parti di Anthem praticamente separate che falliscono nel tenere il giocatore incollato agli avvenimenti.
Anche Anthem, come il mondo in cui è ambientato, sembra un’opera a cui manca qualcosa
Il gameplay è invece un rollercoaster di emozioni: nonostante sia incredibilmente esaltante poter volare, sparare, immergersi in questo mondo lussureggiante e credibile, c’è sempre qualcosa che frena il suo potenziale. Il volo stesso, così ben realizzato e piacevole, è legato a una spiacevole meccanica di surriscaldamento dei reattori che vi impedirà di volare quanto volete, costringendovi ad atterraggi più o meno bruschi dopo una un po’ di tempo (che varia a seconda del vostro equipaggiamento).
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Tutte le missioni che ho intrapreso sono risultate brevi ma intense, e tutte necessitavano di matchmaking, allungando un po’ i tempi di caricamento. Vi ritroverete con altri tre amici (o tre sconosciuti) per le giungle di Bastion, abbattendo orrendi scorpidi, traditori o metamorfici. Tuttavia dopo le prime esaltanti ore, anche questa feature tende al ripetitivo: mi sono ritrovato a fare così tante quest simili fra loro (abbattere un nemico, silenziare un artefatto, fetch) che a un certo punto non stavo nemmeno più ad ascoltare gli NPC che mi parlavano nel casco durante la missione. Il mio solo obiettivo era continuare ad abbattere e uccidere nemici, sperando di trovare un loot decente per il mio strale. Insomma, grinding allo stato puro.
C’è sempre qualcosa che frena il potenziale del gioco
La vera bellezza di Anthem risiede nei quattro Strali disponibili, molto diversi fra loro per caratteristiche e aspetto. Il Guardiano, forse il più bilanciato fra tutti, è quello che ho utilizzato di più. Ma ho trovato molto divertenti Intercettore e Tempesta, lasciando per ultimo il lento colosso. Ovviamente è chiaro che non avendo una sezione PvP (per ora, anche se BioWare potrebbe implementarla in futuro), Anthem punta tutto sull’affezionarsi al proprio strale e cercare nuove armi, equipaggiamenti e skin in giro per il vasto mondo di gioco. Inutile dirvi che (come in tanti giochi EA) è presente uno shop cosmetico dal quale comprare questi elementi estetici a suon di monete di gioco (tantissime) o tramite la cara vecchia carta di credito. Non è nemmeno possibile modificare le armi di gioco: se un fucile non è alla nostra altezza, dobbiamo ritornare in campo a cercarne un altro. Non c’è altro modo. L’equipaggiamento più pregiato può essere trovato solo completando la storia e raggiungendo il level cap (30), il che potrebbe frustrare parecchi giocatori.
Anthem è un gioco diviso. Da un lato troviamo un mondo bellissimo, realizzato con cura, nel quale muoversi, volare, combattere e vincere. Dall’altro le meccaniche da MMO fortemente legate al grinding e a personaggi non giocanti non proprio memorabili vanno a inficiare una bella storia e alcuni ottimi spunti narrativi. Un comparto audio interessante corona il tutto ma non riesce a portare Anthem a livelli di eccellenza. Insomma, c’è tantissimo potenziale nell’ultimo lavoro di BioWare: del resto, la software house canadese ha già svelato una roadmap che sembra ricca di eventi ed espansioni per il futuro. Il supporto al gioco c’è, ed è anche innegabile che Anthem diverta tantissimo se giocato con amici. Peccato per quei personaggi non giocanti davvero piatti e per la sezione di Fort Tarsis, che spesso sembra fare parte di un altro gioco. Ma per volare nei cieli di Bastion si fa questo e altro. |