L’umanità da sempre adora rompere gli schemi che le vengono proposti dalla natura, superare la gabbia in cui i propri limiti fisici la imbrigliano e la costringono. Uno dei più pesanti fra questi è sicuramente la gravità, il superamento della quale permette il raggiungimento di uno degli estremi che l’uomo adora affrontare: ovvero l’ipervelocità.
La geniale idea fu, quasi trent’anni fa, di Nintendo. Da F-Zero in poi la passione per le corse antigravitazionali non è mai veramente scemata, e venne elevata al massimo livello audiovisivo, di gameplay, e di popolarità, dalla saga di Wipeout, che entrò definitivamente nell’immaginario mainstream di larghe schiere di videogiocatori.
Per la gioia degli amanti del genere nel post-Studio Liverpool si sta assistendo a un buon numero, spesso di buona/ottima qualità, di nuovi titoli: tutti cercano una propria visione personale, ovviamente, per non essere meri sbiaditi simulacri di quel che fu Wipeout. Lo stesso vale per i ragazzi di Cybernetic Walrus, autori di questo nuovo, sfrenato Antigraviator.
Appena lanciato, il gioco ci presenta un rapido tutorial, sulle meccaniche base, un paio di giri che, va detto, mostrano subito di che pasta sia fatto: sontuoso visivamente, con una grafica brillante ed incredibilmente fluida, uno sforzo enorme profuso, volto a trasmettere la sensazione di ipervelocità al giocatore, ma anche una rapida introduzione, una prima intuizione di quello che si cela sotto la scocca. Elaborando le impressioni dei primi giri a caldo, sembra di aver a che fare con un tentativo di sintesi fra quello che fu Wipeout degli anni della gloria, il suo spirito arcade più puro miscelandolo con la visione più moderna, (e per molti versi matura) dell’ultravelocità di RedOut (l’ottimo titolo degli italiani 34BigThings), aggiungendo un ulteriore strato di tattico gameplay dato dalla meccanica delle trappole attivabili sul tracciato, che ricorda Split/Second. Un mix che, a dirla tutta, può essere difficile e problematico da miscelare con ottimi risultati.
Dopo l’antipasto del tutorial, Antigraviator ci presenta il suo menu. Possiamo quindi procedere ad affrontare una gara rapida , su qualsiasi tracciato, oppure lanciarci in una campagna, o infine sfidare avversari umani online. La campagna, classica nella sua struttura, ci impegna contro sette avversari governati dalla IA, in quattro sfide che possono essere la Gara Singola, classica sfida su più giri per conquistare il primo posto, la Deathrace, anche questa modalità piuttosto conosciuta, nella quale l’ultimo posto “esplode” al compimento del giro, ed infine la modalità “Conto alla rovescia”, in cui dovremo cercare semplicemente di essere più veloci del cronometro aumentando il nostro tempo a disposizione infilando più checkpoint possibili e macinando km. Ci sono ben 8 leghe da affrontare, e per poter gareggiare in quelle avanzate, oltre che conquistare il podio alla precedente, va pagata una quota di iscrizione: ogni volta che decidiamo di affrontare una lega, sopratutto avanzata, va quindi ben ponderata la scelta, visto che si possono dilapidare inutilmente crediti se si dovesse fallire.
Antigraviator appare come un tentativo di sintesi, riuscito, dello spirito arcade di Wipeout, con la matura concezione dell’ultravelocità di RedOut
Lo stile di guida è essenziale ma impegnativo: i Grav (il nome dei bolidi) hanno una fisica molto pesante, tendono ad essere controllati e poco nervosi, ed è assente la possibilità di imbardare il mezzo, che è coerente con lo stile di gioco, in quanto, considerata la natura dei tracciati e l’enorme velocità che si raggiunge, non si avrebbe il tempo di preoccuparsene. Assente la visuale dall’interno dell’abitacolo, per molti forse superflua, ma credo che invece avrebbe donato maggiore profondità. È presente un solo aereofreno, non doppio stile Wipeout ma singolo, un freno che decelera il mezzo e ci aiuta nelle entrate in curva e negli aggiustamenti, sopratutto con Grav meno manovrabili, azione che vi assicuro, compirete spesso. Infine con la levetta destra possiamo compiere una rapidissima rotazione che ci offre un leggero ma immediato scarto per evitare ostacoli, oppure per aggredire a “sportellate” un avversario.
Non vi è una barra per gli scudi, semplicemente a seconda della resistenza di ogni Grav, numerosi impatti in un breve lasso di tempo faranno lampeggiare di un pericoloso rosso lo schermo, lasciando intendere che è arrivato il momento di preoccuparsi di una eventuale esplosione. L’HUD, d’altronde, è per la maggior parte concentrato posteriormente al mezzo, scelta dovuta al fatto che in effetti nelle gare più tese difficilmente si staccheranno gli occhi dal nostro Grav.
Il track design è molto buono, garantisce una sfida ardua e non banale. Pur dovendosi adattare allo stile iperveloce del gioco, non lo fa appiattendosi su rotaie e corridoi sterili e noiosi; non mancano i bivi, le strade alternative, le odiose curve da ricordare per assicurarci una perfetta traiettoria e conservare la posizione, e nemmeno i salti nel vuoto, tra alcuni molto tesi e pericolosi se presi sottogamba (o a velocità appena sottostimata) e altri ampi ma con il baratro sempre ad un passo. Ben quindici tracciati, con il loro corrispettivo a specchio si arriva a 30, e con una ampia varietà di ambienti ben contestualizzati che ci permettono di visitare vari ambienti, dai deserti assolati al freddo artico, allo spazio con vista Terra, e sono un enorme piacere per gli occhi, Il team ha studiato ottimamente la resa in velocità del comparto grafico, che stupisce in più di un’occasione, sia per l’impatto visivo ma anche per l’ottimizzazione del motore, che anche su macchine non di alta fascia si dimostra limatissimo. Un aspetto sempre molto delicato, sopratutto per un racer di questo genere quello dell’ideazione delle piste, su cui Cybernetic Walrus non ha deluso.
Non avremo le classiche armi e potenziamenti da raccogliere ma sul tracciato troveremo i familiari attivatori per il turbo e alcuni cilindri che consentiranno di caricare una barra di energia in basso. L’uso dell’energia incamerata può essere quello di concederci uno o più turbo a comando (sostanzialmente simile all’acceleratore sul tracciato) oppure l’attivazione di trappole. Similmente a quanto visto in Split/Second, in alcuni punti del tracciato ci sarà data la possibilità di attivare una tipologia di trappola, la cui varietà è veramente elevata: si va dal classico missile all’inversione dei comandi, passando per disturbo della visuale, ostacoli sulla pista e via dicendo. L’attivazione della trappola ci assicura anche uno scudo, per un certo lasso di tempo.
A conti fatti questa implementazione ad un primo approccio può sembrare quasi superflua, e nelle prime gare si potrà praticamente ignorare, ma con il proseguire della campagna e l’aumentare dell’aggressività dei nostri avversari (sia umani che non) diventa evidente che se si vuole uscire dalla mischia, l’unico modo è essere pieni di energia per aggredire gli altri piloti, o per guadagnare la barriera e infilare lunghe combo di turbo, altro punto di forza del gioco. Con la giusta abilità si raggiungono velocità veramente da brivido. Diverso il discorso se ci troviamo in testa, in prima posizione non avremo alcuna possibilità di attivare trappole e quindi di avere una barriera: potremo contare solo sulla nostra abilità, velocità, e l’abilità di rotazione per schivate all’ultimo momento, venendo totalmente meno l’uso di trappole e scudo. In definitiva il sistema delle trappole è una discreta variabile tattica, in svariati frangenti, e certamente caratterizza e distingue Antigraviator, ma rimane sottotraccia la sensazione che il team l’avrebbe potuta rendere più incisiva.
Le scuderie sono solo tre, i tre Grav hanno diverse caratteristiche di partenza, e sono customizzabili spendendo i crediti in gioco che guadagneremo gareggiando: potremmo agire sull’ala sulla schermatura e il motore, oltre che moddare esteticamente il nostro mezzo, per distinguerci nelle gare in compagnia. Si poteva far di più sulla differenziazione fra le scuderie, magari aumentandone il numero, e marcando maggiormente le differenze, in quanto le tre proposte paiono troppo simili fra loro e si sente poco l’esigenza di esplorarle tutte.
Sembra non esserci limite alla velocità che possiamo toccare, acquisita la giusta padronanza dei Grav e della pista
Il gioco gira perfettamente sulla configurazione consigliata (si parla di una GTX 1060 e 16GB di RAM) ed è stato testato proprio su una macchina (da salotto) con a bordo questa configurazione e un i5 6600; Antigraviator viaggia solido, abbondantemente oltre i 60fps (a 1080p) con tutte le opzioni massimizzate, rinunciando giusto al V-Synch; aumentando la risoluzione a 1600p con le stesse configurazioni (magari per un setup da salotto su ampia TV 4K) si scende sui 30fps, rimanendo comunque giocabile, mentre con una GTX 1070 i 4K fluidi sono assicurati. Insomma, l’ottimo lavoro su Unity del team ha reso Antigraviator un prodotto ben scalabile e adatto pratiamente a tutte le configurazioni.
Per quanto riguarda il comparto audio, sufficiente riguardo gli effetti, classici ma adatti, una menzione particolare invece merita la colonna sonora, che sa distinguersi; pur presentando una schietta techno strumentale che occasionalmente vira sull’ambient, è perfetta per accompagnare le iperboliche fughe al neon che ci impegnano durante tutto il gioco. Infine il multiplayer: oltre alle classiche sfide online con un ranking da poter scalare, non si può che lodare l’implementazione del classico caciarone split screen, per le sfide da divano vecchia scuola con gli amici. A proposito, sono ben supportati i pad classici Ps4 e One, e ovviamente lo Steam Controller.
Si deve dare atto a Cybernetic Walrus di aver sfornato un ottimo racer futuristico, senza dubbio pulito, estremamente veloce, giocabile e godibile. La necessità di spingersi sempre oltre è presente per molte molte ore di gioco, la soddisfazione di padroneggiare le numerose piste, ben strutturate, e con la variabile strategica delle trappole, ci invita a tornare in pista ancora una volta, complici anche le poderose musiche techno, per tentare di superare il nostro precedente traguardo, o magari per sfidare amici in locale, tradizione che per fortuna alimenta (e non fa spegnere), o anche, perché no, cercare semplicemente di lanciarsi a velocità maggiore su quel tratto di pista. I pochi nei, come la mancanza di visuale interna, che è una feature che non va sottovalutata, la scarsità di Grav a disposizione e la meccanica delle trappole che, seppur funzionale sembra, non del tutto sfruttata, non compromettono la resa complessiva. Antigraviator, insomma, riesce a distinguersi dalla recente ondata di genere, offrendo sia un avvincente veloce e competitivo racer per i neofiti che nuove sfide, e motivi, ai veterani, per tornare a sfidare la gravità a velocità impossibili. |
Good
Meccanica delle trappole, dona una certa innovatività Fluido, e ben ottimizzato Tracciati numerosi e ben congegnatiBad
Pochi mezzi a disposizione mancanza visuale interna
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