Illudersi è questione di un attimo. I trailer, le immagini, l’altisonante nome del brand, ormai conosciuto da chiunque mastichi un minimo di videogiochi, tutti fattori che lasciavano ben presagire, sperare, immaginare. Realtà virtuale e dinosauri, del resto, sono un binomio vincente, non fosse altro che i grandi di oggi sono quasi di sicuro cresciuti, tra un episodio di Jurassic Park e l’altro, con il sogno di diventare affermati paleontologi.
Come se non bastasse, c’è un pesante, importante ed ammaliante, precedente: Robinson: The Journey, uno dei primi giochi a dimostrare empiricamente, e con forza, quanto la VR fosse effettivamente promotrice di esperienze uniche, coinvolgenti, magiche, una certezza conquistata con la solidità di un comparto grafico di prim’ordine e l’impatto scenografico garantito, per l’appunto, dalla presenza di giganteschi Brontosauri e terrificanti T-Rex.
ARK Park, nonostante le belle premesse, nonostante un concept sulla carta infallibile, delude, annoia, mortifica. I primi minuti, a dire la verità, sono incoraggianti, l’incipit ideale di un titolo che sembra volersi diramare attraverso differenti sezioni, ognuna caratterizzata da specifiche meccaniche di gameplay.
Purtroppo, sin dall’arrivo nel parco vero e proprio, dopo un lungo viaggio su una monorotaia sospesa sull’oceano, viene a galla il primo, grande limite della produzione: la grafica raffazzonata, scialba, generalmente poco attenta ai dettagli. I modelli poligonali, per quanto ben disegnati, non ostentano animazioni di buona fattura. Buona parte delle texture lasciano a desiderare quanto a definizione. Ogni dinosauro, piuttosto che ostentare la sua imponenza, facendoci “sentire” e vedere tutto il suo peso, sembra pattinare sul terreno, come fosse sospeso a pochi centimetri dal terreno.
Poco male, verrebbe da dire, se il resto funzionasse a dovere. Di per sé, la netta tripartizione del gameplay, per quanto in controtendenza con i dettami del titolo a cui ARK Park si rifà, ha l’indiscutibile pregio di rendere il titolo fruibile anche da un pubblico meno smaliziato. Inoltre, semplifica enormemente un’esperienza che, per precisa scelta degli sviluppatori, avrebbe dovuto puntare per lo più sul coinvolgimento e sull’impatto garantito dalla realtà virtuale.
A poco può la buona volontà del videogiocatore, quando il gameplay si rivela povero, ridondante, avaro di momenti realmente appaganti
Sfortunatamente, bastano pochi minuti per accorgersi come il tutto sia profondamente rovinato da un sistema di controllo macchinoso ed impreciso. Che si preferisca il Dualshock 4 alla coppia di Move cambia davvero poco: in ogni caso giocare con ARK Park sarà frustrante. Se poter scegliere tra lo spostamento tramite teletrasporto, tecnica ormai standard per le produzioni in VR, e uno più classico, è un ottimo espediente per permette a chiunque di plasmare la partita attorno alle proprie necessità, ed eventuali difficoltà nel combattere la motion sickness, resta da capire perché gli sviluppatori abbiano deciso di rendere l’esecuzione di ogni azione difficile, inutilmente complicata, poco intuitiva.
Al di là della distribuzione dei pulsanti a dir poco schizofrenica, ostacolo sormontabile con un po’ di pratica, non si comprende la decisione degli sviluppatori di architettare una serie di menù, utili alla gestione dell’inventario e non solo, ingombranti, poco leggibili, dalla difficile navigazione.
A poco può la buona volontà del videogiocatore, determinato a chiudere un occhio anche su questa problematica, quando il gameplay si rivela povero, ridondante, avaro di momenti realmente appaganti.
La prima sezione in cui è tripartita la produzione è quella che, in qualche modo, potremo definire didattica, a suo modo interessante. Tramite un paio di hub interattivi potrete scoprire qualche dettaglio in più sulla flora e sulla fauna che abitano il parco, sia giochicchiando con alcuni menù olografici, sia interagendo direttamente con alcuni dinosauri che potrete far nascere prendendovi cura delle uova che raccoglierete o otterrete proseguendo nell’avventura. Si tratta, beninteso, di un’interazione superficiale e, anche in questo caso, limitata. Potrete dargli da mangiare, osservarli mentre passeggiano in un’area ristretta, persino cavalcarli, nonostante in questo caso sarete costretti nei panni di meri spettatori.
Non se la cava meglio la sezione di esplorazione dove, armati di scanner, potrete ottenere nuove informazioni sugli animali che incontrerete. Il già criticato sistema di controllo, oltre alla sensazione di trovarsi in scenari dal percorso prefissato, rendono queste fasi poco attrattive, quasi immediatamente ripetitive.
Ancora peggio quando si scopre l’anima action di ARK Park, che consiste in una modalità orda all’acqua di rose. Soprassedendo su un sistema di mira non proprio precisissimo, complici anche degli hit-box spesso e volentieri arbitrari, perderete interesse piuttosto in fretta dal difendere una postazione dai continui attacchi di dinosauri di ogni genere e forma, contando su un arsenale che progressivamente si amplierà, non appena vi accorgerete che i “nemici” si comportano tutti similmente, permettendovi così di avere successo utilizzando sempre e costantemente la stessa tattica.
ARK Park è un autentico disastro. Graficamente non all’altezza, mortifica ogni nostra ambizione di tramutarci in provetti esploratori di un’isola popolata da dinosauri con un sistema di controllo frustrante ed un gameplay rivedibile, limitato, insoddisfacente in ogni suo ambito. Un abominio da evitare a tutti i costi, non fosse altro che per soddisfare certi desideri e bisogni, è sufficiente recuperare o immergersi nuovamente nei meravigliosi paesaggi digitali offerti dal ben più appassionante Robinson: The Journey. |
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