Mecha. Mecha ovunque.
A circa un anno e mezzo dall’uscita dell’ultimo capitolo, tornano sulle console casalinghe i famosissimi mecha di Armored Core, la saga di From Software che fin dal lontano 1997 ci mette alla guida di giganteschi robottoni. Ma sarà giusta la direzione in cui si sta evolvendo questa fortunata serie che dura dalla bellezza di sedici anni?
Lo ameranno: principalmente i fans della serie.
Lo odieranno: probabilmente tutti gli altri…
E’ simile a: Armored Core 4, Armored Core: For Answer, Armore Core V.
Titolo: Armored Core: Verdict Day
Piattaforma: Playstation 3, Xbox 360
Sviluppatore: From Software
Publisher: Namco Bandai
Giocatori: 1
Online: 10
Lingua: Italiano (Testi) – Inglese (Parlato)
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Un Big Mech per favore…
La lunga e longeva saga di From Software dedicata all’universo simulativo fatto di robot giganti che si danno cruente battaglie, mette in campo il suo quindicesimo episodio per console. Forti del fatto di produrre uno dei pochissimi titoli esistenti sul genere, gli autori di Dark Souls vanno all’attacco del terreno ancora caldo per proporre una nuova uscita robottonica. Una cosa però diciamocela subito: Armored Core Verdict Day non è il seguito ufficiale di Armored Core V, ma una sorta di grossa espansione, un DLC troppo cresciuto che tende ad estendere l’esperienza di gioco del suo predecessore elevandola a potenza.
Come ben ci ricorda una vecchia citazione pubblicitaria però, “la potenza è nulla senza il controllo”, e di controllo ce ne vuole parecchio se si vuole sopravvivere alla marea di schermate di disclaimer, avvisi, controlli, salvataggi ed informazioni di tutti i tipi, che saranno presentate prima di accedere al tutorial iniziale ed al successivo menù principale. Superati questi ostacoli però, sarete catapultati in mondo interamente in conflitto (tanto per cambiare), dove tre grandi fazioni stanno combattendo per conquistare il dominio globale su tutte le terre conosciute e non. Uno scenario abbondantemente già visto, che rimanda ad un plot e ad una trama che potremmo definire ormai usati ed abusati da tutta la serie.
Ogni fazione è in lotta con le altre, ma tra di loro si insinua un quarto attore nel teatro della guerra; qualcuno che agisce seguendo soltanto i propri profitti, e che dagli scontri tra le fazioni ci può solamente guadagnare. Questo qualcuno è la Signs, una classica agenzia di mercenari pronta a dare man forte in cambio di cospicue somme di denaro, indipendentemente dall’esito. Eh sì, perché la particolarità dei servigi di questa agenzia è che loro “affittano” semplicemente i loro sottoposti al cliente che li richiede, ma senza fornire nessuna garanzia sul risultato dell’incarico stabilito (cosa che si traduce quindi come la classica incognita che può destabilizzare qualunque stratega). Dalla presenza in gioco di questa organizzazione mercenaria, prende giustificazione il comparto single player del titolo. Sfortunatamente però, anche se presente e dotato di un impatto alla complessità che potremmo definire “poco morbido”, la modalità Storia è una parte che si può considerare secondaria. Vane quindi sono le speranze di coloro che si aspettavano un single player migliorato, avvincente e più accattivante, in quanto la sua qualità viaggia sulle stesse frequenze d’onda di quella del precedente episodio.
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Viti e bulloni
Il perno attorno al quale gira perennemente il mondo di questi giganti di metallo è indubbiamente l’officina, ovvero il luogo in cui tutti i giocatori indossano tuta e cappello e si accingono, con la matita infilata dietro l’orecchio e la chiave inglese nella tasca posteriore, a montare e smontare il proprio mecha cercando disperatamente la configurazione migliore. Infinite sono le possibili combinazioni che si possono realizzare con la marea di pezzi disponibili in tutto il gioco. Restano però validi i limiti da rispettare in peso e potenza, e le conseguenti compatibilità tra i vari componenti e le armi da montare (ma a questo ci siamo abbondantemente abituati fin dal primo capitolo). Non pensiate comunque che calibrare alla perfezione tutto quanto sia una cosa facile, perché per ogni caratteristica sensibilmente migliorata potrebbe portare per esempio ad uno scompenso energetico oppure ad un sovraccarico rispetto al massimo del peso consentito, richiedendo così ulteriori modifiche su altre componenti. Proprio per questa ragione bisogna sempre fare attenzione ai propri acquisti, in modo da non ritrovarsi con qualcosa di momentaneamente inutile o del tutto inservibile.
Va da sé quindi che con tante tipologie differenti di mecha, e la varietà degli armamenti da poterci montare, il giocatore dovrà assumere e sviluppare di volta in volta una strategia di gioco differente, da modellare attraverso la consapevolezza delle risorse a propria disposizione, sia a livello di macchina (potenza, energia, munizioni, gittata delle armi etc.), che più semplicemente in base alla conformità dell’ambiente in cui si combatte (ripari, postazioni adatte per attacchi a distanza, percorsi sicuri dove agire senza essere individuati etc.). L’esperienza sul campo, è di conseguenza una componente molto incisiva, in grado di influenzare fortemente l’andamento delle battaglie.
Particolarmente utile invece la nuova possibilità che consente di sfruttare mecha controllati dall’IA del sistema durante il gioco. Questa nuova feature infatti, non solo aiuta a poter giocare da soli in caso di mancanza del numero necessario di compagni, ma aumenta a volte lo spessore strategico delle sortite portando gli scontri ad un livello leggermente differente. E’ chiaro che un mecha guidato dall’IA potrebbe non avere una vita eccessivamente lunga o facile una volta entrato in conflitto con una squadra umana affiatata ed esperta, ma a parità di gioco si potrebbe assistere a scontri veramente interessanti. A migliorare in parte questa situazione infatti, interviene il sistema di configurazione e di miglioramento di questi mezzi di supporto, che in cambio ovviamente di sonante pecunia possono migliorare le proprie caratteristiche e le rispettive performance in battaglia.
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Lock on
Graficamente, il titolo non colpisce per nulla, ed il suo sviluppo sembra essersi fermato ai livelli già visti in passato. Pochi infatti sono i passi in avanti che sono stati fatti a livello estetico rispetto al capitolo precedente, e ciò fa intuire che questo è un aspetto che molto probabilmente è stato volontariamente trascurato. Entrando nelle ambientazioni si ha l’impressione che il tutto sia eccessivamente spigoloso e poco curato; cosa che a prima vista potrebbe far pensare a chi guarda di essere di fronte ad un titolo di qualche anno fa.
Anche non in missione, l’impatto visivo in generale ha la tendenza ad apparire abbastanza confuso per la maggior parte del tempo, e questo perché forse la voglia di dare quante più informazioni possibili al giocatore è stata spinta troppo oltre. Per fare l’esempio più semplice, anche leggere delle comuni righe di testo a schermo risulta difficoltoso, e sorvolando sui vari problemi di vista che ogni persona può avere, l’uso di una misura dei caratteri leggermente più grande non avrebbe guastato (fate conto che anche su un 55″ potrebbe addirittura risultare poco leggibile ad una distanza corretta).
Passando al comparto audio, la parte migliore è che permangono le frasi che ci hanno sempre accompagnato in queste avventure robotiche; il resto, come da manuale, non sorprende e non si discosta dalla media del titolo. La lingua dei dialoghi (se così li possiamo chiamare), è chiaramente l’inglese, ma in compenso i testi sono stati tradotti in italiano (la maggior parte almeno). Potrà in effetti succedere di trovare comunicazioni o informazioni non nella nostra lingua, ma non in quantità così eccessiva da minare la comprensione del complesso.
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Porta un amico sulla nave…
Come il suo predecessore, anche Armored Core Verdict Day punta principalmente sul comparto online, all’interno del quale però sono presenti delle regolamentazioni che, ad una prima lettura del disclaimer, lasciano leggermente basiti. La disconnessione prematura e volontaria dalle partite infatti, sembra essere un reato molto grave, punibile dapprima con l’assegnazione di alcuni punti che fungono da semplici ammonizioni, e successivamente con l’impossibilità di partecipare alle sortite sia in singolo che di squadra.
A parte questo discorso puramente “giuridico”, il comparto multi-giocatore poggia su una struttura particolare. Ogni giocatore, una volta cominciata la sua avventura in Verdict Day, entra in un mondo condiviso con gli altri utenti, dove ogni battaglia vinta o persa, modifica in qualche modo lo svolgimento della guerra globale tra le varie fazioni. Partecipando attivamente a questa guerra infatti, si potranno occupare dei nuovi territori per la fazione per la quale si scende in campo, oppure si potrà fornire man forte nella difesa dei territori già conquistati. Immaginate quindi una specie di immenso Risiko del futuro, dove al posto dei piccoli carri armati che conosciamo ci sono tanti bei mecha-robot di tutti i tipi che si danno battaglia in più di cinquanta ambientazioni differenti. Questo susseguirsi di scontri, battaglie e territori persi e poi riconquistati, continuerà finché una delle tre fazioni non estenderà il suo potere su tutti i territori possibili, o finché non scadrà il tempo a disposizione per ottenerne l’egemonia. Decretato il vincitore, tutto si azzererà, e si potrà ricominciare de capo con un nuovo conflitto mondiale.
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Return to normal mode…
Anche da non patito del genere, quando giocai per la prima volta al primo Armored Core sullo scatolotto grigio di Sony, non ci misi molto ad essere rapito da quel mondo fatto di robottoni giganti, missioni da portare a termine, e soprattutto ore ed ore passate in “officina” per cercare di realizzare un mecha quanto più performante e perfetto possibile. Ahimè però, già dal capitolo successivo, quella novità e quella magia cominciarono a scemare. La saga ha quindi cercato una nuova vita con il quinto capitolo ufficiale, che ha cercato di puntare principalmente sul gioco multiplayer online. La cosa ha destato indubbiamente un certo interesse, ed ha raccolto un discreto numero di aficionados che probabilmente ancora scorrazzano in questo mondo virtuale. Armored Core Verdict Day è praticamente destinato a questi particolari fans della serie ed ovviamente anche agli amanti del genere che distingue il titolo. Il suo scopo è chiaramente quello di cercare in tutti i modi di tenere legata al brand tutta l’utenza raccolta col capitolo precedente, cercando con il giusto compromesso di ritrovare i vecchi fasti che resero indimenticabile il primo episodio.
Proprio per queste ragioni però, il titolo in questione si posiziona in quella categoria di giochi che o si amano alla follia o non si riescono a giocare per più di cinque minuti di fila. Tutto sta nello scoprire verso quale delle due categorie si è più protesi. Se amate quindi questi giganti di metallo, e riuscite a superare la barriera della qualità estetica, l’impatto con la complessità dei controlli, nonché la dura legge del più forte (leggasi esperto), potrebbe essere il gioco che fa per voi.
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