Armored Core VI: Fires of Rubicon, in uscita il prossimo 25 agosto e già prenotabile da GameStop, è figlio di una From Software profondamente diversa rispetto a quella che diede i natali al diretto predecessore. Pubblicato nel 2012, a pochi mesi di distanza dall’esordio del primo Dark Souls, che si affacciò sul mercato nel settembre del 2011, si trattava dell’ennesimo rappresentante di una saga amatissima da una ristretta cerchia di videogiocatori, per lo più nipponici, affezionati da tempo al semisconosciuto team già allora capitanato dal brillante Hidetaka Miyazaki. Software house nota a pochi, gioco per pochi dunque.
Milioni di copie vendute e decine di premi vinti dopo, le percezioni e dimensioni di quel piccolo studio giapponese sono completamente mutate e, con essa, l’impatto delle sue proprietà intellettuali. Anche in modo retroattivo s’intende, con una riscoperta, quanto meno mediata e parziale, non solo di Demon’s Souls ovviamente, ma anche della saga a base di mech e polvere da sparo qui presa in esame.
C’è insomma molta curiosità intorno ad Armored Core VI: Fires of Rubicon, primo capitolo post-fama e successo di From Software. Grazie ad un breve, ma esauriente hands-off, siamo riusciti a scoprire qualcosa di più di un titolo che, per ammissione dello stesso team di sviluppo, non ha le ambizioni di Elden Ring, ma che comunque, più di ogni altra cosa, vuole proporre al grande pubblico mood e feeling di una saga che, in fin dei conti, intrattiene i videogiocatori di tutto il mondo dall’ormai lontano 1997.
I pilastri su cui poggia questo nuovo capitolo, del resto, sono gli stessi di sempre: personalizzazione del mech, libera esplorazione degli scenari, combattimenti adrenalinici ed inspessiti da non secondarie esigenze strategiche.
Per chi non lo sapesse, parliamo di uno sparatutto in terza persona, ambientato in un futuro in cui l’umanità, pur sempre in lotta contro sé stessa, ha colonizzato mondi alieni. Ai comandi di un corazzatissimo mech d’assalto, si tratterà per lo più di muoversi in scenari tridimensionali a caccia di altre unità meccanizzate da abbattere utilizzando mitra, missili, laser e pesanti spade.
Armored Core VI: Fires of Rubicon non cambia di una virgola questa formula di gioco, ma la adatta alla contemporaneità. Innanzitutto, oltre alla campagna in singolo è prevista anche una modalità PvP che consentirà agli utenti di testare le proprie abilità con il pad, oltre che l’efficienza dei mezzi assemblati tramite apposito editor. Inoltre, gli sviluppatori si sono concentrati come mai prima d’ora nel creare scenari zeppi di sentieri alternativi, così da stimolare la creatività e le capacità strategiche nel superamento dei medesimi ostacoli. Infine, facendo tesoro delle lezioni apprese con i vari Dark Souls, From Software, almeno nelle sue intenzioni, vuole offrire all’utenza un gioco in cui la sconfitta degli avversari regali soddisfazione e gioia.
A scanso di equivoci, anche nel corso della presentazione sono state sottolineate due caratteristiche. Armored Core VI: Fires of Rubicon non è un open-world, ma propone livelli dalle dimensioni piuttosto ampie, liberamente esplorabili in lungo e largo. Inoltre, non si tratterà di un Soulslike, per innumerevoli motivi diversi, quanto di un gioco che intende comunque essere impegnativo.
Armored Core VI: Fires of Rubicon non vuole essere particolarmente punitivo
La breve demo che ci è stata mostrata ostentava efficacemente tutte le qualità e feature che caratterizzeranno l’esperienza.
Tutto inizia con il briefing della missione di turno. Obiettivi, principali caratteristiche della mappa, potenziali nemici incontrati lungo il percorso, un video introduttivo consente una carrellata utile per farsi un’idea delle difficoltà che si potrebbero incontrare per strada.
Successivamente si viene condotti nell’hangar dove è possibile amalgamare il proprio mech a partire dai pezzi sbloccati fino a quel momento. Ogni parte del mezzo può essere personalizzato e ha le sue dirette ripercussioni sul campo di battaglia. Ne abbiamo avuto una prova empirica, durante la demo, quando è stato sufficiente montare un paio di gambe differenti per donare slancio e tempi di reazioni completamente differenti rispetto alla partita precedente. A quanto pare, ma la cosa verrà confermata solo quando il gioco debutterà tra qualche settimana, anche nel corso della missione, tra un game over e l’altro, potrete apportare modifiche al mech, segno che Armored Core VI: Fires of Rubicon non vuole essere particolarmente punitivo, sebbene ci tenga ad incentivare costantemente un approccio strategico alla battaglia.
Cingoli, razzi propulsori, braccia più o meno articolate, dal rapido elenco mostratoci dagli sviluppatori sembra davvero che le combinazioni possibili saranno innumerevoli e solo un’attenta analisi preliminare del terreno di scontro e degli avversari vi permetteranno di costruire il mech più adatto al compito.
L’impatto grafico del gioco, una volta scesi sul campo di battaglia, è innegabile. Se la complessità poligonale e l’effettistica non fanno gridare al miracolo, il livello di dettaglio dello scenario e la resa delle animazioni soddisfano e regalano un colpo d’occhio assolutamente convincente e al passo con la generazione di hardware attuale.
Con l’obiettivo di liberare una fabbrica dalla presenza nemica, l’hands-off ci ha dato modo di ammirare la complessità dello scenario che, estendendosi per centinaia di metri tutto intorno al mech, ostentava un’insospettabile verticalità. Grazie ai razzi di cui è dotato il mezzo, ci si potrà librare in volo e scattare in qualsiasi direzione lo si voglia. Il tutto è ovviamente vincolato ad una barra che tenderà a ricaricarsi dopo un breve tempo di cooldown, ma sarà fondamentale raggiungere piattaforme sopraelevate, o lasciarsi cadere per decine di metri, per scovare tunnel nascosti, raggiungere zone altrimenti inaccessibili, eludere o attaccare i nemici da posizioni vantaggiose.
Al cospetto dei primi nemici, il ritmo adrenalinico di Armored Core VI: Fires of Rubicon si è palesato in uno scontro rapido e scenograficamente spettacolare
L’esplorazione è piacevole, immediata, fluida. Nonostante ci si trovi ai comandi di un’accozzaglia di pesantissimo metallo, il controllo è diretto e tempestivo, segno che non c’è alcuna intenzione di realismo, quanto di proporre uno sparatutto incentrato sull’azione. Non sappiamo ancora se ogni livello proporrà un alto numero di strade alternative per raggiungere la stessa location, ma nella demo mostrataci si poteva raggiungere in vari modi l’interno della fabbrica. C’era un lungo ponte pesantemente pattugliato, per esempio. Oppure, aguzzando la vista e osservando attentamente la conformazione dell’esterno dell’edificio, un intricato ginepraio di strutture, tubi e piattaforme, si poteva raggiungere l’obiettivo prefissato compiendo un giro più largo, saltando da un fabbricato all’altro.
Al cospetto dei primi nemici, tutto il ritmo adrenalinico di Armored Core VI: Fires of Rubicon si è palesato in uno scontro tanto rapido, quando scenograficamente spettacolare. Il lock-on sui nemici fa il grosso del lavoro mentre si dà fondo al proprio arsenale fatto di missili, proiettili, laser. I colpi melee non sono affatto di secondaria importanza, tanto più se opterete per un mech particolarmente rapido e agile.
Contro i nemici più corazzati, sarà fondamentale causarne il sovraccarico dei sistemi, eventualità che li metteranno fuori gioco per una manciata di secondi in cui potrete apportare attacchi particolarmente efficaci. Una barra specifica vi segnalerà l’avvicinarsi di questo stato alterato, che sarà indotto mettendo a segno attacchi base rivolti a specifiche parti del mezzo avversario.
Per sopravvivere, lo abbiamo visto soprattutto nella sequenza finale contro un colossale boss dotato di cingoli e colossali braccia, sarà fondamentale usare la schivata. Dosare il sovraccarico dei razzi, un po’ la stamina di questo gioco, si rivelerà vitale e solo sviluppando il giusto tempismo potrete eludere le offensive nemiche.
Armored Core VI: Fires of Rubicon sembra avere tutte le carte in regola per configurarsi come il miglior capitolo della serie. Pur trattandosi di un progetto sensibilmente meno ambizioso di Elden Ring, potrebbe rendere mainstream una saga che fino ad oggi ha avuto pochi, ma passionali estimatori. Solo dopo la release, prevista su PC, PlayStation 4, PlayStation 5 e Xbox, sapremo dirvi se la qualità del level design, la profondità dell’editor, la precisione del sistema di controllo e il comparto grafico saranno in grado di consegnarci un gioco poco più che discreto o un capolavoro del genere.
Questo hand-off, tuttavia, ci ha suscitato ottime impressioni, oltre che una smodata voglia di mettere le mani sulla versione finale del gioco.
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