Los Angeles – A Xbox si potrà anche criticare una line-up non esattamente colma di vere esclusive. Eppure, la strada che hanno intrapreso con ID@Xbox è sicuramente quella giusta per portare sul mercato giochi meritevoli. Non è necessario che siano assoluti fenomeni, basta che riescano a catturare l’attenzione per un qualche dettaglio e conquistare poi il giocatore con tutto il resto della loro offerta.
È successo più o meno questo con me per Ashen, un gioco che difficilmente avrei tenuto in considerazione se me l’avessero descritto come orbitante attorno al genere dei soulslike. Provato allo showcase di Microsoft, mi ha colpito non solo per le scelte stilistiche, ma anche per alcuni dettagli del gameplay così semplici, eppure interessanti.
Ashen è esclusivo per Xbox One e Windows 10 e tratta di un viaggio alla ricerca della luce perduta. L’oscurità viene da una serie di eruzioni che illuminano il mondo al posto del Sole, coprendolo costantemente di cenere. Il silenzio è spezzato dalla violenza che regna nei poligonali panorami da esplorare, che vanno da radure grigiastre a oscuri dungeon labirintici.
Contrariamente a quanto visto l’anno scorso, questa demo di Ashen mi ha portato allo scoperto dove un po’ di luce ancora c’è. Insieme al mio compagno di viaggio mi sono alzato per raggiungere una piccola valle.
L’obiettivo era recuperare due oggetti, in modo da prendere il controllo di un centro potenzialmente abitato. Dico solo “potenzialmente” perché ancora non c’è nessuno: gli abitanti arriveranno nel tempo tramite una meccanica davvero interessante: saranno gli altri giocatori incontrati durante l’esperienza a diventare i compaesani.
Ashen è infatti un gioco silenziosamente multiplayer, in cui chi entra può incontrarsi casualmente nelle mappe e aiutarsi in determinate missioni. La morte è dietro l’angolo per tutti, ma se si riesce a portare qualcuno al proprio villaggio, esso diventa un NPC offline in grado di costruire una casa e dedicarsi a una certa attività utile. I compagni incontrati arrivano dunque per restare e diventare parte integrante del gioco.
Almeno questo è quello che uno sviluppatore mi ha raccontato, non essendo possibile una simile prova con le altre persone sullo stand.
A seguirmi è stato dunque un compagno di viaggio interamente virtuale, che mi ha salvato la pelle parecchie volte. I personaggi di Ashen sono prima di tutto senza volto, con una storia da scrivere grazie alle loro gesta future. Una scelta interessante per la trama del gioco, ma anche per il design globale, che si fonde perfettamente con una grafica pulitissima in cel-shading e con colori volutamente poco vividi che infondono la giusta tristezza di un mondo senza luce.
Nella missione proposta ho potuto combattere contro un manipolo di nemici armati più della disperazione che non di spade. Nonostante questo sono stati piuttosto violenti nell’approccio, attaccando sempre nel momento più opportuno dopo un momento di studio. Ashen permette di tirare fendenti a destra e a manca, di parare e di schivare, di focalizzarsi su un nemico in particolare.
Tutto questo con una stamina da utilizzare e una barra vitale decisamente corta. Il tempo di cura è inoltre molto più lungo da parte degli altri personaggi, che rischiano di cadere assieme al protagonista. Morire però non è la fine del mondo come in Dark Souls: i progressi vengono infatti mantenuti e sul luogo di morte si possono recuperare gli oggetti persi.
In Ashen è possibile personalizzare l’equipaggiamento in base alle preferenze e alle necessità. Una spada e uno scudo vanno più che bene in situazioni generiche, anche quando sono i nemici a scagliare lance come se non ci fosse un domani. Non si può però parare alcun attacco se si usano armi a due mani. Inoltre bisogna stare attenti a scappare perché la mappa nasconde parecchie insidie, come altri nemici accampati dietro una sporgenza.
L’ostacolo peggiore è però l’acqua: nel tentativo di beffare i miei inseguitori mi sono tuffato nel fiume, annegando lentamente. Ero addirittura convinto di non avere ancora le abilità necessarie per nuotare, eppure uno sviluppatore mi ha confermato che non sarà possibile nemmeno col progredire del gioco. State dunque lontani dall’acqua.
La caratteristica di Ashen che mi ha lasciato maggiormente perplesso è purtroppo proprio il combattimento, anche se lascio il beneficio del dubbio per non essere di mio un amante dei soulslike.
Non sono rimasto impressionato ad esempio dall’efficienza degli attacchi, molto spesso per colpa di hitbox apparentemente non registrate. Mi è capitato dunque di tirare fendenti e colpire palesemente il nemico, senza arrecare danni e addirittura subendone da uno contemporaneo. Per fortuna le schivate funzionano, ma la paura che simili situazioni si ripetano porta ad evitare lo scontro anche quando purtroppo è necessario.
Resta inoltre il dubbio sulla funzione più interessante del gioco, quella che permette di creare comunità offline partendo da veri giocatori incontrati sul cammino.
Serve capire quanti siano i giocatori potenzialmente incrociabili con la propria storia. Oltre a questo, anche in che modo si possa poi interagire una volta inclusi nel villaggio.
Ashen è un gioco che cattura subito per la sua grafica particolare. È quando si guarda il trailer dello scorso E3 2017 che si capisce però quanto di potenziale ci sia dietro.
Purtroppo non è arrivato un nuovo video a rendere giustizia del progetto durante la conferenza di quest’anno. La demo mostrata durante lo showcase è stata però diversa, il che fa pensare bene per lo sviluppo del gioco.
La gamescom 2018 potrebbe essere una valida piazza non solo per far vedere un nuovo trailer, ma anche per mettere in mostra la modalità multiplayer passiva di cui gli sviluppatori amano tanto parlare. Io, sinceramente, ascolterò ancora una volta con piacere.