La prima domanda da porsi, urgente e per molti versi fondamentale, è di carattere quasi storico, per non dire ontologico, nella misura in cui scava nelle profondità recondite dell’essenza stessa di Assassin’s Creed III, a caccia di una risposta che non ammette molte risposte possibili oltre ad un convinto sì, o un secco ed inamovibile no.
Dall’ormai lontano 2012 sono passati anni, generazioni di console, modalità di concepire e sviluppare i videogiochi, evoluzione concettuale che ha investito con particolare potenza la saga di Ubisoft, quasi costretta a cambiare pelle per volere del pubblico e di trend ormai non più ignorabili.
Vale quindi la pena iniziare proprio da qui: ha senso riaffrontare, o affrontare per la primissima volta, l’epopea di Connor Kenway in pieno 2019?
Senza alcun dubbio, sì. Nonostante il prepotente cambio di setting e il trattamento non proprio avveduto riservato alle gesta di Desmond Miles, in quelle (terribili) sezioni di gioco in cui ci si ritrova nei suoi panni, furono due fattori che all’epoca della release originale indispettirono i fan, con il senno di poi, è innegabile che ci troviamo di fronte ad uno degli intrecci narrativi più interessanti, profondi e maturi dell’intera serie e non solo. La controversa cavalcata del buon Ratonhnhaké: ton, vero nome dello sfortunato protagonista del gioco, che fondamentalmente accompagna e concorre alla rivolta dei nascenti Stati Uniti D’America all’oppressione inglese, ci mostra un Assassino progressivamente disilluso, sconvolto dai metodi utilizzati dalla Confraternita, scottato dai risvolti di uno scontro che vede come vittime sacrificali proprio i nativi americani, la sua gente per l’appunto.
Inoltre, ciò che questo capitolo perse in termini di art design rispetto al ben più spettacolare Assassin’s Creed II, contrappasso inevitabile vista l’ambientazione architettonicamente più arida, lo recuperava in termini coreografici in scontri all’arma bianca tutt’ora avvincenti, esaltanti e appassionanti, nonostante lo sminuimento della componente ruolistica, in auge a partire da Origins, possa disorientare i videogiocatori appassionatisi solo recentemente al brand di Ubisoft.
Per quanto riguarda le novità di questa Remastered, possiamo dirci generalmente soddisfatti, nonostante qualche piccola sbavatura
Anche le battaglie navali, seppur meno raffinate rispetto a quelle vissute in Black Flag, hanno retto strepitosamente il peso degli anni, dimostrandosi nuovamente un’attività piacevole e soddisfacente con cui spezzare la routine di missioni ed esplorazione che compongono la maggior parte dalla campagna principale.
In conclusione, Assassin’s Creed III è un gioco con diritto d’esistenza anche oggi, capace di intrattenere più che degnamente, soprattutto se si è appassionati di avventure open-world ambientate in contesti pseudo-storici.
Per quanto riguarda le novità di questa Remastered, possiamo dirci generalmente soddisfatti, nonostante qualche piccola sbavatura. Il rinnovato comparto grafico, per quanto goda di una risoluzione massima di 4K e dei benefici dell’HDR, avrebbe sicuramente necessitato di una maggior rifinitura. Molte animazioni lamentano una tremenda arretratezza, mentre alcuni modelli poligonali, complici effetti luce e HDR, risultano persino più rozzi di quanto non lo fossero nell’edizione originale.
Fortunatamente, di motivi per accogliere a braccia aperte questa versione non mancano. Innanzitutto, incluso nel pacchetto potrete godervi le missioni di Benedict Arnold, l’espansione La Tirannia di Re Washington e, soprattutto, Assassin’s Creed: Liberation, spin-off pubblicato su PS Vita che narra delle peripezie dell’Assassina Aveline de Grandpré, nella sua lotta contro i Templari in Louisiana.
Non mancano nemmeno piccole novità sul fronte del gameplay. Ora Connor può attirare i nemici mentre è nascosto tra la vegetazione ed esibirsi in spettacolari doppie eliminazioni. Infine è stato introdotto un sistema di crafting, utile per creare oggetti che potenzieranno l’avatar.
Assassin’s Creed III Remastered è una riedizione che accogliamo con piacere, non fosse altro che permetterà a moltissimi di riscoprire uno dei migliori capitoli della serie sotto il profilo narrativo. Il gameplay, dal canto suo, non vanta la profondità sfoggiata dai recenti Origins e Odyssey. Eppure, tra spettacolari duelli all’arma bianca e coinvolgenti battaglie navali, annoiarsi è davvero difficile. Se 4K (o HD, a seconda della console di riferimento) e HDR fanno il loro lavoro, ci saremmo aspettati qualcosa di più dal punto di vista grafico. Modelli poligonali e animazioni, infatti, spesso e volentieri lasciano l’amaro in bocca. Graditissima, invece, l’aggiunta di Liberation, spin-off tutt’altro che disprezzabile. Non il migliore degli Assassin’s Creed mai realizzati, ma questa Remastered farà al caso di chi se lo fosse perso per strada al tempo o di chi è sempre stato attratto dal periodo storico in cui è ambientata l’avventura di Connor Kenway. |
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