Nel corso degli ultimi mesi Assassin’s Creed Origins ci ha tenuto compagnia a più riprese, con un supporto post lancio gratuito e costante da parte di Ubisoft e delle vere e proprie espansioni che ne ampliassero non solo l’offerta contenutistica ma che in qualche modo continuassero la storia di Bayek per i paesaggi sabbiosi dell’Egitto.
Dopo aver vissuto l’evoluzione della confraternita e della loro morale in Gli Occulti, questa seconda ed ultima espansione ci porta nella leggendaria Tebe ma, soprattutto, nella Valle dei Re. La Maledizione dei Faraoni si potrebbe considerare sì come un prosieguo delle avventure di Bayek e del Credo, ma anche come un’occasione per i videogiocatori di vivere la follia della ricostruzione storica della serie in un modo tutto nuovo. I fan più ligi alle avventure degli assassini si ricorderanno il (discutibile) DLC legato a George Washington, trasformato in un brutale tiranno in Assassin’s Creed 3 o quello di Jack lo Squartatore, interpretazione bizzarra e malata del leggendario killer inglese in Syndicate.
La Maledizione dei Faraoni rientra in questo filone “esagerato” che lascia la pretesa della rigida ricostruzione storica in favore di una folle e incredibile scampagnata verso i miti degli antichi faraoni egizi.
Il come è presto detto: Bayek, in viaggio per Tebe alla ricerca di un manufatto, si ritroverà ad assistere ad una bizzarra quanto inquietante visione, quella di spiriti dei faraoni che appaiono in città come vere e proprie maledizioni divine per uccidere e razziare i poveri abitanti. Per quanto il nostro protagonista sia legato alla sua religione e alle divinità che la compongono, c’è qualcosa di strano in spiriti ultraterreni che vagano uccidendo innocenti, idea che ci porterà a recuperare quello che appare come un uso improprio di uno dei manufatti dei precursori, elemento oramai assodato nel lore della saga. Da questo presupposto inizia il nostro viaggio verso le nuove aree di gioco, più grandi del Sinai della scorsa espansione e ricche di contenuti e missioni da portare a termine. In questo senso la Maledizione dei Faraoni non offre particolari novità e sguazza più o meno agilmente in strutture di gioco già viste nell’esperienza base: missioni legate alla liberazione di prigionieri, pedinamenti, recupero oggetti o il classico farsi strada tra nemici secondo il nostro approccio omicida preferito.
Un ottimo contenuto se non avete ancora detto basta all’Egitto made in Ubisoft
Tutto già visto quindi, pur non rinunciando alla qualità: ma la vera “follia” di questa espansione risiede nei quattro aldilà a cui sarà possibile accedere attraverso le tombe dei faraoni, con ambientazione bizzarre, fantastiche e mitologiche che interpretano e rivisitano elementi della cultura egizia in modi incredibili e affascinanti. Ecco quindi che i quattro aldilà, ognuno con la propria mappa, missioni e collezionabili, diventano il mezzo perfetto per rendere questa ultima esperienza su Assassin’s Creed Origins qualcosa di nuovo e accattivante per il giocatore, esplorando con alcune quest gli elementi alla base della cultura religiosa egizia, con i suoi misteri e con i suoi faraoni, che diventano veri e propri boss da affrontare, ognuno con differenti move-set e strategie da mettere in atto, spesso mettendo in difficoltà il giocatore e richiedendo un approccio più ragionato, che ben si sposa con il sistema di combattimento rivoluzionato che abbia imparato a conoscere e apprezzare.
Finire nei Campi dei Giunchi, con le loro distese di prati dorati e le navi che li attraversano quasi come volassero è bellissimo ed incredibilmente affascinante, pur non tradendo affatto in termini di gameplay quello che resta il “solito” Assassin’s Creed Origins. Ma affrontare Nefertiti o Akenathon si pone come un’esperienza ben diversa: La Maledizione dei Faraoni è la perfetta espansione per chiudere il cerchio perché è pensata come un contenuto end-game, con un livello di sfida abbastanza alto (con conseguente aumento del level cap al 55) che vede negli scontri con i faraoni non solo un gradevole diversivo, ma anche un approccio al gameplay tipico della serie che vada oltre l’ammazzare individui generici e banali. I faraoni spesso picchiano duro, intimoriscono e danno la sensazione di essere dei potenziali boss di Dark Souls, meno le numerose morti e la complessità degli scontri, ma non per questo meno avvincenti o appaganti. È questo l’Assassin’s Creed che conoscevamo? Non proprio, ma appare chiaro come Origins sia stato un ottimo terreno per Ubisoft per sperimentare con la sua formula e per tracciare quello che inevitabilmente segnerà il futuro prossimo della saga, che con follie fantasy e base di aldilà e maledizioni ha comunque prepotentemente scalciato esempi non del tutto riusciti come La tirannia di Re Washington e la sfida a Jack lo Squartatore.
Assassin’s Creed Origins: La Maledizione dei Faraoni è quello che si definirebbe un buon “more of the same”, ovvero qualcosa che non propone elementi realmente nuovi o particolarmente distanti dall’esperienza originale, ma che allo stesso tempo non ne pregiudicano affatto la qualità. Si tratta di un’espansione che porta ulteriormente in avanti la storia di Bayek senza particolari sorprese, proponendo una nuova mappa, piuttosto grande con ben quattro aree contraddistinte tra cui la città di Tebe, piena di nuove attività e di storie da raccontare. Storie di miti e divinità, che trovano sfogo nei faraoni che danno titolo a questa espansione: nemici temibili ed entusiasmanti che risiedono e aspettano Bayek nei loro aldilà, due degli aspetti che più risaltano e che faranno la gioia degli appassionati. Sia chiaro che La Maledizione dei Faraoni non è un’esperienza imprescindibile e da giocare a tutti i costi, ma è qualcosa che amplia ulteriormente l’offerta di Origins con stile e un gusto a tratti unico, quanto basta per porsi come un ottimo contenuto se -ancora- non avete detto basta all’Egitto made in Ubisoft. |