L’esordio su un nuovo sistema videoludico non è mai esente da rischi. In particolar modo quando il genere di appartenenza ed alcune specifiche caratteristiche di una meccanica di gioco più che collaudata non si prestano certo ad una rivoluzione, il compito di un team di sviluppo si limita spesso ad apportare quelle novità utili e necessarie a migliorare quanto di buono era stato fatto in precedenza. Con questa premessa, numerosi capitoli alle spalle tra episodi ufficiali e spin-off, oltre che un’esperienza ormai ben più che collaudata, il team Gust, sotto l’occhio vigile di Koei Tecmo, ha deciso di portare Atelier Sophie: The Alchemist of the Mysterious Book su PS4. Scelta decisamente importante perché consentirà ad una nuova generazione di giocatori di avvicinarsi a questa popolare serie, ma che alla lunga potrebbe rischiare di fallire nei confronti degli storici appassionati, che più di tutti potrebbero avere alte aspettative.
Trattandosi del primo episodio di quello che molto probabilmente andrà a costituire un nuovo arco narrativo per la serie, il gioco offre spunti interessanti partendo proprio dal fatto che non occorre avere avuto alcuna esperienza con i precedenti capitoli, ma è sufficiente avere passione e predisposizione per i GDR di stampo giapponese. Non si tratta dunque di un titolo che parte con l’idea di innovare o di reinventare qualcosa, ma non per questo un genere tutto sommato appartenente a retaggi culturali e videoludici non recenti potrebbe avere meno possibilità di risultare divertente. Scopriamo insieme se la formula alchemica studiata dal team di sviluppo avrà beneficiato dei giusti ingredienti.
Uno degli elementi di maggior rilievo nonché interessante per potenzialità di implementazione all’interno della serie di Atelier è sempre stato costituito dalla magia, o meglio dall’alchimia. Riteniamo infatti importante dover sottolineare questa fondamentale differenza in quanto negli anni numerosi film, fumetti e libri hanno attinto a piene mani a questo insieme di principi filosofici ed esoterici che da sempre legano insieme elementi quali la chimica, l’astrologia, la metallurgia e la medicina, sconfinando in propositi più o meno imponenti quali ad esempio la ricerca dell’onniscienza.
Senza arrivare a tanto, né scomodando illustri maghi, questa premessa serve giusto per spiegare a coloro che non avessero avuto modo di giocare ai precedenti episodi di Atelier di come tutta una serie di attività legate alla storia ed alla meccanica di gioco siano legate a doppio filo con l’alchimia. A partire da quelle che saranno le caratteristiche dei personaggi presenti e senza trascurare la protagonista della vicenda, una giovane apprendista di nome Sophie. Intenzionata a ripercorrere le orme della sua cara nonna, Sophie si ritroverà ben presto con non poche difficoltà per apprendere quanto le servirebbe per potersi definire una vera alchimista. Difficoltà che partiranno da un evento ben specifico. Il libro ricevuto in eredità dalla giovane, che ha per nome Platcha, non soltanto possiede una propria personalità ma, cosa più importante, risulta mancante delle formule alchemiche che avrebbe dovuto contenere, il che non è certo una bella notizia per Sophie. Questo infatti rappresenta il primo ostacolo da affrontare e su cui si baseranno numerose delle attività quotidiane della giovane, in modo da poter recuperare le formule alchemiche andate perse.
La vita di Sophie assumerà i connotati di un’avventura ricca di sottotrame
A differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, proprio laddove si renderebbe necessario un contesto narrativo di maggior spessore e profondità, tale da calamitare l’attenzione del giocatore in maniera vincolante, emergono i principali limiti del gioco. Manca infatti il cosiddetto cambio di marcia, quel catalizzatore in grado di trasformare l’esperienza videoludica in qualcosa di davvero avvincente e soprattutto in linea con produzioni attuali.
La scelta di focalizzare tutto sullo svolgimento di attività di “vita quotidiana” al fine di recuperare la memoria perduta da Platcha ed al tempo stesso migliorare la propria esperienza di alchimista porta a rischiare il meno possibile in termini di sperimentazione di nuove dinamiche e pur risultando possibile riscontrare una certa cura per quel che riguarda la storia di Sophia, le vicende parallele che si potranno sviluppare, i rapporti con gli altri personaggi e le relazioni che sarà possibile instaurare acquisendo vere e proprie missioni da compiere al fine di raggiungere determinati obiettivi è indubbio che il lavoro svolto non possa dirsi pienamente convincente.
Questo a fronte del fatto che per quanto interessanti possano considerarsi gli eventi narrati, il livello di coinvolgimento offerto al giocatore è buono ma discontinuo e non sempre in grado di calamitare la giusta attenzione, a fronte di una trama semplice che alla lunga si dimostra fin troppo lineare, per quanto gradevole nel complesso e supportata da un buon numero di colpi di scena. Di certo, approcciandosi per la prima volta ad Atelier, sarà difficile andare incontro a frustrazione o trovare punti particolarmente proibitivi da superare, ma per fortuna a bilanciare questo aspetto arriva la meccanica di gioco, da sempre il vero punto di forza del gioco ormai da diversi anni a questa parte.
Come da tradizione della serie, anche Atelier Sophie propone un gameplay contraddistinto e sorretto da due colonne principali e strettamente correlate tra loro. Il passaggio su PS4 non è stato sufficiente a proporre una qualche innovazione degna di nota, ma è pur vero che non sempre è possibile cambiare laddove la struttura videoludica richieda un certo equilibrio per risultare funzionale e, soprattutto, divertente. Così, se una buona parte del tempo sarà dedicato ad una corposa fase di combattimento, dall’altra il crafting richiederà pazienza e ragionamento per essere padroneggiato al meglio. Entriamo ora nel dettaglio di questi due emisferi, cercando di analizzare al meglio cosa propone il gioco.
Parlando del combat system ci troviamo di fronte ad una formula piuttosto classica e che certamente avrebbe potuto beneficiare di una rielaborazione al fine di un generale miglioramento per possibilità offerte all’utente. Tra utilizzo di attacchi standard, l’impiego di abilità ed oggetti presenti nel vostro inventario, sarà possibile caricare un’apposita barra di energia, che una volta riempita consentirà di dare origine ad un’azione difensiva o offensiva di particolare efficacia e forza, in base ai pattern comportamentali che saranno stati adottati dal personaggio al vostro comando.
Trovare le giuste combinazioni per superare un combattimento particolarmente impegnativo si rivela semplice e non richiede particolare sforzo nel ragionamento, cosa che da un lato appare come un convincente punto a favore per chi non ha molta esperienza con questo genere, ma allo stesso modo può essere apprezzato anche dagli appassionati della serie, grazie alla possibilità di lanciarsi in sfide piuttosto impegnative scegliendo il livello di difficoltà che meglio si adatta alle proprie esigenze.
Il crafting rappresenta uno degli storici pilastri su cui poggia la meccanica di gioco
Pur non andando mai al di fuori di uno schema classico, il combat system funziona discretamente bene in particolar modo per la necessità di dover agire con un certo criterio per quel che riguarda la scelta delle azioni da effettuare in presenza di nemici particolarmente resistenti. Il rovescio della medaglia risiede appunto in una generale mancanza di originalità, che alla lunga ridimensiona la giocabilità del titolo rendendolo di fatto troppo simile ai precedenti episodi e soprattutto poco attrattivo per quei giocatori ormai abituati a meccaniche di gioco più ricercate ed orientate alla dinamicità. Non si tratta di veri e propri difetti, ma appare evidente che con Atelier Sophie il team di sviluppo non abbia cercato di proporre qualcosa di più rispetto agli altri episodi della serie e questo lascia un po’ di rammarico.
Parlando di crafting, invece, tema molto caro ed ormai familiare a qualsiasi giocatore che si rispetti, il gioco mostra finalmente qualche novità interessante, andando a proporre alcune idee di pregevole fattura. L’elemento principale attraverso il quale potrete creare i vostri oggetti prende il nome di sintesi alchemica e, come è facile supporre, si tratterà di assemblare insieme gli elementi richiesti da una particolare ricetta. Tali materiali si riceveranno a seguito della sconfitta di particolari tipologie di creature oppure esplorando un’area della mappa in presenza di specifiche condizioni.
Da questo punto di vista è interessante notare come sia il passaggio dal giorno alla notte che i cambiamenti climatici influenzeranno la presenza o meno di determinate creature, la cui sconfitta contribuirà ad incrementare la soglia necessaria per poter avviare la realizzazione della ricetta. Vi sono inoltre delle condizioni ulteriori da considerare, oltre alla scelta dei materiali, che influenzeranno gli esiti portando ad ottenere bonus o malus in base alle diverse combinazioni ottenibili ed al posizionamento degli stessi ingredienti nel calderone alchemico. Questa volta con il massimo della calma, a differenza di altri episodi della serie, in quanto non vi è alcun tempo limite per eseguire l’azione.
Analizzando il gioco nel complesso, dal punto di vista del gameplay ma più in generale negli elementi proposti da questo specifico capitolo, emerge chiaramente la volontà del team di sviluppo fosse quella di proporre un gioco degno di nota. La rielaborazione del mondo è stata oggetto di un lavoro apprezzabile e la sintesi alchemica funziona bene anche grazie ad una struttura vagamente orientata agli enigmi per quel che riguarda l’assemblaggio degli ingredienti. Il buon numero di attività quotidiane che si potranno svolgere variano dalla raccolta all’esplorazione, fino ai combattimenti.
La possibilità di avviare delle interessanti relazioni con gli altri personaggi, cooperando con loro anche durante le fasi di combattimento, rende certe dinamiche divertenti anche se non certo originali. Si avverte certamente il peso degli anni, oltre che la volontà di non staccarsi ancora in maniera netta dalla precedente generazione di console, come dimostra anche il rilascio della versione PS3 in territorio nipponico. L’insieme di tutti questi elementi contribuisce a rendere il risultato finale apprezzabile ma non certo indimenticabile, seppur risultando migliore rispetto ad alcuni episodi pubblicati nel recente passato. Probabilmente il fatto di non aver operato delle scelte più nette in termini di focus target ha finito per accontentare tutti, senza però offrire un livello qualitativo che sotto diversi punti di vista avrebbe potuto raggiungere cime più elevate, soprattutto in termini di varietà offerta.
L’esordio su PS4 alterna buone idee ad altre riconducibili al passato della serie
Proprio in relazione ai limiti mostrati appare evidente che non si tratti di difetti da ricercare in questo specifico capitolo quanto strutturali della serie. Soprattutto analizzando il comparto grafico, infatti, appare evidente che il gioco non sia ancora stato allineato a degli standard più attuali e che l’esordio su PS4 avrebbe meritato maggiore cura in tal senso. Il character design non convince pienamente, risultando privo di carisma e poco incisivo, gli scenari sono spesso poveri di dettagli e la stessa qualità delle texture non aggiunge nulla di nuovo a quanto già visto seppur risultando di discreta fattura. Particolare il caso dei NPC, che dovrebbero rappresentare un elemento importante nell’economia del gioco e non essere unicamente di contorno, ma che appaiono invece stranamente ridotti rispetto agli standard, per fortuna senza compromettere nulla in termini di azioni che si potrebbero svolgere.
Il livello di sfida contribuisce a rendere il gioco sempre interessante ed il divertimento ad un buon livello, consentendo a chiunque di poter godere di un’esperienza videoludica sempre appagante. Le attività che ruotano attorno al crafting ed alla sintesi alchemica sono state ben studiate e funzionano senza intoppi, ma bilanciano un combat system che come abbiamo descritto non riesce ad andare oltre a scelte già consolidate che, seppur apprezzate in passato, ad oggi risultano poco attraenti e troppo scontate per soluzioni proposte. Nel complesso un buon esordio che lascia ben sperare per il futuro.
L’esordio su PS4 di Atelier Sophie: The Alchemist of the Mysterious Book può dirsi positivo nel complesso ma troppo legato alle sue origini. La meccanica di gioco, per quanto contraddistinta da alcune novità e da un crafting ben funzionante, soffre di un combat system decisamente troppo limitato e poco coinvolgente, risultando semplice da padroneggiare ma senza mai toccare vette di eccellenza. Il comparto tecnico, valido nel complesso, ha come peggior difetto quello di non essere stato rielaborato in considerazione delle caratteristiche tecniche dell’ammiraglia Sony, risultando più vicino alla precedente generazione rispetto a quella attuale. Il risultato è un’esperienza videoludica certamente positiva e che troverà numerosi consensi tra gli appassionati di questa serie, ma che di certo non può dirsi indimenticabile per via delle piccole mancanze evidenziate in sede di recensione. Il lavoro svolgo da Gust, soprattutto alla luce della grande esperienza maturata, avrebbe dovuto concentrarsi maggiormente sul rielaborare e migliorare più che sul mantenere scelte consolidate con il rischio di renderle ormai inflazionate e poco convincenti. Non resta dunque che attendere fiduciosi per un prossimo capitolo, in cui la struttura narrartiva dovrebbe poter beneficiare di maggiore profondità ed anche il comparto tecnico potrebbe finalmente elevarsi ad uno status di maggior qualità complessiva e scelte stilistiche più convincenti. Insomma, un buon titolo con margini di miglioramento. |